Zoppie e impatto ambientale nelle stalle da latte, qualche stima

Nel post precedente, si è parlato dell’impatto ambientale della produzione di latte dovuto alle infezioni mammarie. Vedremo, però, che la mastite non è l’unica patologia impattante; lavorando a 360 gradi su salute e benessere animale, molto altro si può ancora fare per ridurre le emissioni del settore.

Tra le patologie più diffuse nelle stalle di bovine da latte vi sono, infatti, le zoppie, intese come qualsiasi alterazione della normale andatura dell’animale, dovuta, per esempio, a infezioni o a lesioni degli zoccoli. Le zoppie comportano una riduzione produttiva di latte non irrilevante: le bovine zoppe, infatti, faticano a raggiungere la mangiatoia e trascorrono molto più tempo coricate, riducendo, quindi, il tempo della giornata dedicato all’alimentazione. In conseguenza a ciò, si riduce l’efficienza alimentare e aumenta, invece, l’impatto ambientale della produzione di latte. Oltre alla perdita produttiva, gli animali con zoppia hanno performance riproduttive più basse e vi è, per questi animali, un maggior rischio di abbattimento.

Questa patologia, però, è spesso sottovalutata dagli allevatori, che non sono realmente consapevoli della sua diffusione all’interno della mandria (Van De Gucht et al., 2017). Basterebbero una maggiore consapevolezza e una buona prevenzione per ridurre i casi di zoppie, le perdite economiche e l’impatto ambientale che ne consegue.

Un lavoro del 2016 ha voluto quantificare l’impatto ambientale delle zoppie attraverso uno studio Life Cycle Assessment (LCA) e la creazione di 6 scenari con prevalenza e gravità di zoppia differenti (Chen et al., 2016). Si è calcolato un potenziale aumento del livello di impatto aziendale dal 7 al 9% a causa di zoppie, considerando le principali categorie di impatto: riscaldamento globale, potenziale di acidificazione ed eutrofizzazione ed esaurimento dei combustibili fossili (Chen et al., 2016).

Uno studio più recente ha stimato un aumento delle emissioni di gas a effetto serra in media del 1.5% (CO2eq per tonnellata di latte corretto in grasso e proteine) per caso di zoppia (Mostert et al., 2018). A seconda della tipologia di zoppia, erano fattori diversi a pesare sull’aumento di emissioni: nel caso di animali con dermatite digitale, ad esempio, era principalmente l’aumento dell’intervallo inter-parto a determinare l’impatto ambientale; in caso, invece, di malattia della linea bianca o ulcera della suola, l’impatto era determinato in gran parte dalla riforma dell’animale, più frequente per questo tipo di patologie.

Prevenire le patologie podali può quindi ridurre l’impatto ambientale della produzione di latte.

Quando la prevenzione non è sufficiente, intervenire tempestivamente è fondamentale. In questi termini, l’uso di telecamere o sensori in grado di rilevare le zoppie può aiutare l’allevatore, specialmente nei grossi allevamenti, dove la sola osservazione visiva non è sempre attuabile o sufficiente.

L’intervento tempestivo dell’uomo per preservare salute e benessere degli animali è, quindi, un’ottima strategia di mitigazione dell’impatto ambientale. Spesso, però, l’allevatore non è in grado di controllare l’ambiente della stalla per mantenere condizioni ottimali, per esempio, di temperatura e umidità, e tutelare, come vorrebbe, la salute delle bovine. Vedremo, nel prossimo articolo, come la tecnologia può essere utile anche in queste situazioni.

BIBLIOGRAFIA:

  • Van De Gucht T., Saeys W., Van Nuffel A., Pluym L., Piccart K., Lauwers L., Vangeyte J., Van Weyenberg S. 2017. Farmers’ preferences for automatic lameness-detection systems in dairy cattle. Jpurnal of Dairy Science 100: 5746–5757. Clicca qui per leggere l’articolo
  • Chen W., White E., Holden N.M. 2016. The effect of lameness on the environmental performance of milk production by rotational grazing. Journal of Environmental Management 172: 143-150 Clicca qui per leggere l’articolo
  • Mostert P.F., Van Middelaar C.E., De Boer I.J.M., Bokkers E.A.M. 2018. The impact of foot lesions in dairy cows on greenhouse gas emissions of milk production. Agricultural Systems 167: 206-212 Clicca qui per leggere l’articolo