N. 03 – settembre 2021 Il ruolo dell’allevatore: quali scelte gestionali consentono la produzione di un latte più sostenibile – parte II

La produzione di latte, come tutte le attività umane, si sa, ha un certo effetto sull’ambiente. In questo terzo depliant, il progetto Clevermilk si propone di illustrare in breve alcuni tra gli aspetti gestionali a cui prestare maggiormente attenzione per la produzione di un latte più sostenibile.

Uno studio americano di Capper et al. (2009) ha confrontato l’impatto della produzione di latte negli anni ‘40 con l’impatto della produzione moderna, all’anno 2007. Il risultato ottenuto mostra che le aziende moderne richiedono un quantitativo nettamente inferiore di risorse per unità produttiva di latte rispetto al passato; nello stesso tempo, per queste aziende, la produzione di deiezioni, metano e protossido di azoto per kg di latte prodotto risulta essere di gran lunga inferiore rispetto al 1944. L’aumento dell’efficienza produttiva aziendale, che si sta verificando, ha quindi, contemporaneamente, portato a un beneficio per l’ambiente.

Perseguire la riduzione dell’impatto ambientale della produzione di latte deve essere uno degli obiettivi della zootecnia moderna; oltre al miglioramento della genetica degli animali, sono le scelte gestionali da parte degli allevatori ad avere un peso importante sulla sostenibilità ambientale. Infatti, l’efficienza produttiva è migliorabile, come già visto, aumentando il benessere, preservando la salute degli animali e curandone l’alimentazione (N.02 – giugno 2021). Inoltre, una gestione ottimale dell’allevamento deve considerare alcuni aspetti aziendali di cui ancora non abbiamo parlato:

  • Gestione delle deiezioni

Dalle deiezioni animali derivano alcune sostanze che contribuiscono all’impatto ambientale della produzione di latte. Tra queste, ci sono l’ammoniaca, precursore di N20 e particolato atmosferico, responsabile di acidificazione dei suoli e eutrofizzazione delle acque, il protossido di azoto e il metano, due tra i principali gas a effetto serra.

L’entità di queste emissioni aumenterà o diminuirà a seconda della temperatura e dell’umidità ambientali, del tipo di alimentazione degli animali, della stabulazione degli stessi e della tipologia di pavimentazione dei ricoveri, e ancora, in base alle modalità di rimozione e stoccaggio e ai trattamenti delle deiezioni; infine, le emissioni dipendono anche dalle modalità e tempistiche di distribuzione al campo dei reflui.

Sono quindi diversi gli accorgimenti utili a favorire la riduzione delle emissioni da reflui zootecnici, eccone alcuni:

  • Coibentazione della stalla e adozione di sistemi di ombreggiamento, ventilazione, raffrescamento
  • Rimozione frequente delle deiezioni dalle corsie, per evitare il contatto prolungato tra feci e urine e ridurre il tempo di esposizione all’aria delle deiezioni
  • Stoccaggio coperto, per ridurre l’ingresso di acque meteoriche e l’esposizione all’aria della superficie. L’applicazione di una copertura alla vasca di stoccaggio può ridurre del 77% circa le emissioni di NH3 provenienti dalla stessa (Deng et al., 2015)
  • Trattamenti dei reflui – Digestione anaerobica: riduce del 22% il riscaldamento globale potenziale (Bacenetti et al., 2016)
  • Distribuzione e incorporazione contestuale del liquame nel terreno, rispetto alla sola distribuzione superficiale, può ridurre le emissioni di ammoniaca. Applicando uno spandimento rasoterra in banda o uno spandimento sotto superficiale a solco chiuso si sono ottenute riduzioni di NH3 rispettivamente del 42% e del 73% (Finzi et al., 2019)
  • Pianificazione della distribuzione dei reflui al campo in termini di tempistiche, quantità e uniformità. Gli strumenti di precisione possono aiutare in tal senso
  • Sistemi foraggeri

È possibile ridurre l’impatto ambientale della produzione di latte anche ottimizzando i sistemi foraggeri. Una parte importante delle emissioni aziendali deriva, infatti, dalle colture e dagli alimenti acquistati. Si riportano di seguito alcune strategie gestionali dei sistemi foraggeri che possono contribuire alla riduzione delle emissioni della produzione di latte:

  • Aumentare l’autosufficienza aziendale, riducendo la necessità di acquistare alimenti dall’esterno. Importante è anche gestire la conservazione degli alimenti per ridurne lo scarto
  • Aumentare la superficie agricola a leguminose, strategia che può ridurre del 10% circa le emissioni di CO2eq. per kg di latte (Forage4climate.crpa.it); inoltre, grazie alla coltivazione di azotofissatrici, è possibile ridurre la fertilizzazione con azoto di sintesi chimica
  • Reintrodurre i prati permanenti e semipermanenti per aumentare il sequestro di carbonio
  • Abbandonare la monocoltura, a favore delle rotazioni
  • Favorire coltivazioni ad alto valore nutritivo, come il pastone di mais o i fieni insilati, per migliorare la conversione degli alimenti

Si riporta, infine, il caso studio di una azienda in cui è stata introdotta la soia insilata a pianta intera, in sostituzione ad altre colture. Questa soluzione ha consentito di dimezzare l’azoto di sintesi somministrato alle colture in un anno e di ridurre per più del 26% l’acquisto di mangimi proteici a base di soia in un anno. Questo tipo di scelta gestionale ha contribuito, complessivamente, a ridurre l’impronta di carbonio aziendale del 19% circa, passando dall’emissione, nel 2016, di 1,71 kg di CO2eq. a 1,39 kg di CO2eq. per kg di latte corretto, nel 2019 (Forage4climate.crpa.it).

Molti dati sono stati ottenuti all’interno del progetto Forage4climate: http://forage4climate.crpa.it/nqcontent.cfm?a_id=14261


Iniziativa realizzata nell’ambito del progetto CLEVERMILK, cofinanziato dall’operazione 1.2.01 “Informazione e progetti dimostrativi” del Programma di Sviluppo Rurale 2014 – 2020 della Regione Lombardia. Il progetto è realizzato da Università degli Studi di Milano e Associazione Regionale Allevatori Lombardia
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