Consigli pratici emersi dalla sperimentazione e sintesi dei risultati

Epoche di semina e di terminazione delle cover crop in funzione delle specie e dell’areale

L’epoca di semina e di terminazione delle cover crop rappresentano un momento cruciale per la buona riuscita di queste colture e, di conseguenza, per la coltura principale.
Come per qualsiasi coltura, le condizioni di temperatura e di umidità del suolo sono fondamentali per garantire la corretta e completa germinazione della cover crop.
Nel nostro contesto è stato osservato che il periodo migliore per la semina delle cover crop va indicativamente dalla fine del mese di agosto alle prime due settimane di settembre. La semina effettuata in questo periodo, se le condizioni di umidità del suolo sono adeguate, garantisce una buona germinazione dei semi ed emergenza delle plantule e consente di arrivare all’inizio dell’inverno con una buona biomassa aerea. Semine troppo anticipate (metà di agosto) di colture a rapido sviluppo come la senape possono portare la coltura alla fioritura con conseguenti problemi per la successiva coltura principale. Se invece la semina viene effettuata troppo tardi (fine di settembre) le specie a sviluppo più lento (le leguminose, e alcune graminacee) non riescono a raggiungere una biomassa che copra il suolo e ad apportare azoto e sostanza organica in maniera significativa.
Per quanto riguarda la terminazione delle colture di copertura, è possibile considerare la suscettibilità al gelo come un parametro importante nella scelta della specie da seminare. Le specie che gelano durante l’inverno hanno il vantaggio di non dover richiedere l’impiego di mezzi chimici o meccanici con conseguente riduzione dei costi e minori problemi di gestione del residuo colturale della cover crop prima della semina della coltura principale.
Le tempistiche di terminazione sono legate alla semina della coltura successiva e alla tipologia di cover crop seminata. Le specie che non muoiono durante l’inverno possono riprendere la crescita alla fine dell’inverno. Questa caratteristica può anche essere sfruttata positivamente, ad esempio nel caso delle leguminose la cui crescita primaverile può contribuire ad incrementare ulteriormente il contenuto di azoto nel suolo.

Specie e miscugli raccomandati negli areali oggetto della sperimentazione

La scelta della specie o dei miscugli di cover crop è determinata dagli obiettivi che l’azienda agricola vuole raggiungere in funzione della sua tipologia. Nel contesto lombardo si distinguono principalmente due categorie di aziende agricole:

  • Azienda agricola zootecnica: in questa tipologia di azienda la scelta delle colture di copertura ha lo scopo di valorizzare la sostanza organica apportata mediante la distribuzione dei reflui zootecnici. La scelta della specie sarà quindi indirizzata verso specie appartenenti alla famiglia delle brassicacee o delle graminacee, che possono asportare importanti quantità di azoto rese disponibili dalla mineralizzazione della sostanza organica presente nel terreno, e sottrarlo alla lisciviazione; nei nostri areali le specie maggiormente impiegate sono:
    Senape bianca: è una specie caratterizzata da un rapido sviluppo iniziale ed elevata biomassa. È inoltre caratterizzata da un’elevata suscettibilità al gelo invernale: in condizioni di temperature minime al di sotto dello zero per pochi giorni, la pianta muore. Questo porta ad avere meno problemi per quanto riguarda la gestione del residuo colturale della coltura di copertura e consente una rapida preparazione del terreno per la semina della coltura principale successiva (mais) che, in alcuni areali lombardi, avviene entro la fine del mese di marzo.
    Rafano (Tillage Radish): questa brassicacea è caratterizzata dallo sviluppo di una radice fittonante che può raggiungere dimensioni consistenti (profondità fino a 40 cm) che, oltre ad assimilare l’azoto e gli altri nutrienti, effettua un’azione fisica di decompattazione del suolo. Nelle aziende zootecniche caratterizzate dall’elevato passaggio in campo di mezzi pesanti per la distribuzione del liquame e per la raccolta di mais da trinciato, l’utilizzo di questa specie può essere particolarmente consigliato.
    Avena: fra le graminacee è quella maggiormente impiegata, sia da sola sia in miscuglio, per il suo rapido sviluppo e la sua elevata capacità di assimilare nutrienti e renderli disponibili per la coltura successiva (viene definita una “catch crop”). Fra le diverse specie di avena, l’Avena strigosa è quella che presenta la maggiore sensibilità al freddo invernale e, nei nostri contesti, può gelare.
  • Azienda agricola non zootecnica: le aziende che non hanno un’elevata disponibilità di sostanza organica e azoto possono indirizzare la loro scelta verso specie leguminose in grado di fissare l’azoto atmosferico e renderlo disponibile per la coltura principale successiva. Le specie leguminose maggiormente diffuse sono la veccia e il trifoglio. Presentano caratteristiche simili (lento sviluppo iniziale e necessità di un buon contenuto di umidità alla semina) e, non essendo gelive, possono ricacciare a fine inverno. La veccia del Bengala e il trifoglio alessandrino presentano una maggiore suscettibilità al gelo invernale rispetto alle altre specie.
    Le leguminose, ed in particolare la veccia, possono essere utilmente impiegate in miscuglio con una graminacea al fine di sfruttare le caratteristiche positive di entrambe le specie (Avena-Veccia).
    Il miscuglio di una leguminosa con la senape invece, non è particolarmente consigliato in quanto il rapido sviluppo iniziale di quest’ultima limita ancora di più la crescita della leguminosa che, in tale modo, non raggiunge una biomassa significativa e non è in grado di apportare i benefici previsti.

Elenco delle barriere all’adozione delle cover crop e possibili opzioni di gestione

L’approccio alla coltivazione delle colture di copertura può generare perplessità o difficoltà da parte delle aziende agricole, soprattutto inizialmente.
I primi aspetti critici da affrontare sono la scelta della specie, l’epoca e la modalità di semina. Oltre a quanto già descritto precedentemente, è fondamentale che in azienda venga fatta un’attenta programmazione iniziale relativamente alle colture da reddito e, conseguentemente, alle cover crop. Questo permette la scelta della specie idonea di cover crop, che possa apportare il maggior numero di vantaggi alla coltura principale successiva. Un’attenta pianificazione iniziale consente anche di collocare la semina della cover crop nel periodo ottimale e la verifica della disponibilità dei mezzi tecnici necessari (gestione del residuo colturale della coltura precedente, macchina per la lavorazione del terreno, seminatrice).
La gestione del residuo colturale di mais è sicuramente un aspetto critico in particolare nel caso in cui questo non venga asportato ma lasciato completamente sul terreno. In questo caso lo sminuzzamento del residuo, un leggero interramento (passaggio con un erpice a dischi) e la distribuzione di liquame sono tutte operazioni che favoriscono una degradazione più rapida del residuo e facilitano la semina della cover crop.
Un ulteriore aspetto critico riguarda la gestione del residuo di cover crop nel caso in cui la coltura non muoia durante l’inverno. Benché l’impiego del diserbo chimico sia consentito, è sempre bene valutare la reale necessità di tale operazione (quantità di cover crop viva a fine inverno e suo eventuale ricaccio; tempi e tipologia di semina della coltura principale). Su specie che non producono molta biomassa e che non hanno apparati radicali molto profondi e sviluppati (leguminose, brassicacee) è possibile considerare anche una terminazione di tipo meccanico che può anche fungere da preparazione del suolo per la successiva semina.
Vi è infine da fare un’ultima valutazione di tipo economico. La maggior parte delle aziende agricole che si approccia a questo tipo di coltivazioni pratica già tecniche di agricoltura conservativa e vede nelle cover crop la possibilità di ottenere ulteriori benefici: incremento della sostanza organica e dei nutrienti, miglioramento della struttura e riduzione del compattamento del suolo, incremento della ritenzione idrica, diminuzione della pressione delle infestanti e, conseguentemente, dell’impiego di diserbanti. Tuttavia, il vantaggio economico collegato a tali benefici non è sempre percepibile dall’agricoltore e, soprattutto, è difficilmente dimostrabile dopo pochi anni di introduzione. Il costo di lavorazione, semina ed eventuale terminazione di queste colture rappresenta quindi sicuramente una possibile barriera alla loro diffusione. Le sperimentazioni condotte negli ultimi anni su diverse specie e miscugli di cover crop nel contesto lombardo, hanno permesso di ricalibrare alcuni parametri e di fornire informazioni importanti anche per la riduzione dei costi:
• la cover crop non è una coltura da reddito, quindi la dose di semina deve essere la quantità minima di semente che garantisca la copertura del suolo e uno sviluppo significativo di biomassa (ad esempio per la senape è stato osservato che sono sufficienti 20 kg seme/ha);
• nonostante la semina sia l’operazione più importante a garantire una buona riuscita della cover crop, in contesti in cui sia necessario ridurre al massimo i costi, è possibile seminare la coltura con uno spandiconcime aziendale, limitando quindi i costi di impiego di una seminatrice;
• l’utilizzo di specie sensibili al gelo seminate in epoca opportuna permette una terminazione naturale della cover, senza l’impiego di sostanze diserbanti.

Sintesi dei risultati

Tra gli obiettivi del progetto vi era la sintesi dei risultati ottenuti negli esperimenti condotti presso Fondazione Morando Bolognini e Agricola Motti e di quelli reperiti in letteratura.

La sintesi dei risultati è fruibile al pubblico attraverso l’uso dello strumento decisionale, che può essere scaricato dalla pagina di download.

Riportiamo qui in breve quanto è stato realizzato per le cinque specie di cover crop studiate nel progetto (Avena strigosa, Senape bianca, Segale, Veccia vellutata, Trifoglio alessandrino):

  • Tutte le coppie di valori (biomassa aerea e concentrazione di azoto) reperite in bibliografia e misurate negli esperimenti sono state raccolte in un unico database; da questo sono state derivate le informazioni, usate nello strumento decisionale, che forniscono le stime di biomassa aerea e di concentrazione di azoto agli utenti che non hanno misurato i valori delle due grandezze nella propria condizione.
  • Le regressioni che consentono di stimare la biomassa della coltura in base all’altezza sono state anch’esse inserite nello strumento decisionale; di conseguenza l’utente che ha misurato l’altezza può automaticamente ottenere una stima della biomassa della propria cover crop.
  • Per la stima dell’efficienza apparente dell’azoto, poiché i dati di pieno campo disponibili in letteratura erano molto scarsi, è stata costruita una regressione tra i valori di mineralizzazione netta di residui vegetali misurati in esperimenti di incubazione e il relativo rapporto C/N. Anche tale regressione è stata utilizzata nello strumento decisionale.