Ingo Schütze
Organologia e filosofia naturale in Cardano *



Lo stereotipo del filosofo rinascimentale come genio enciclopedico non prevede una sua attività di musicista perché si pensa che la filosofia con i suoi rami del sapere è lontana dalla prassi di uno strumento e si presuppone inoltre che la teoria filosofica della musica consiste nella contemplazione dei fenomeni musicali e che si avvicini solo come ascolto estetizzante ai suoni reali. In contraddizione a questa immagine dell’enciclopedista rinascimentale, Girolamo Cardano si è occupato sia in teoria che in pratica degli strumenti musicali con il risultato di avere scritto, come noto, alcune pagine importanti per la nostra conoscenza di tali strumenti e della loro prassi di esecuzione nel Cinquecento.[1]
Basandosi soprattutto sul metodo del flauto dolce, il musicolo
go americano Clement A. Miller ha dimostrato che Cardano, per le sue conoscenze tecniche specifiche, deve essere considerato un teorico minore della musica, ma comunque ben ambientato nella letteratura cinquecentesca degli strumenti musicali. Come Martin Agricola in Musica instrumentalis deudsch (Wittenberg 1529) e soprattutto il flautista veneziano Silvestro Ganassi nell’Opera intitulata Fontegara (Venezia 1535), il filosofo milanese partecipa, da intenditore della musica, alla nuova tendenza della musica instrumentalis in quanto descrive realmente e praticamente gli strumenti e non li trascura all’interno della teoria musicale. E’ proprio in tal senso che le moderne ricerche musicologiche hanno rivalutato l’importanza di Cardano per la teoria musicale. Ma è stata finora trascurata la domanda, rilevante per la nostra immagine del filosofo milanese e dell’enciclopedismo rinascimentale, su come si inserisse il suo concetto della teoria degli strumenti musicali, cioè dell’organologia, nel sapere enciclopedico e quale fosse la relazione di tale ramo con la filosofia naturale o, in altre parole, quale fosse il ruolo e l’influenza della filosofia naturale nello sviluppo della teoria musicale e viceversa come hanno contributo la teoria della musica e la considerazione degli strumenti musicali alla nascita delle scienze naturali moderne dal grembo della filosofia naturale.[2]

La minuziosa autobiografia cardaniana De vita propria ci permette di stabilire un primo rapporto tra orientamento enciclopedico e strumenti musicali. Il filosofo milanese suonava per lunghi periodi della sua vita giornalmente vari strumenti e considerava la musica un’attività ricreativa, come passeggiare e cacciare.[3]Cardano suonava oltre ai vari flauti dolci – appresi dal suo maestro di musica Leo Oglonus o Uglonus[4]– probabilmente anche la lira, il liuto e la lira da braccio.[5] A questa vasta conoscenza degli strumenti corrispondeva il noto interesse enciclopedico di Cardano nel collezionare le varietà delle cose[6]. Infatti il testamento del 14 luglio 1559 conferma che il filosofo milanese possedeva una piccola collezione di strumenti preziosi per un valore di 60 lire imperiali[7] e alcuni libri di musica. In quello nuovo del 7 agosto 1560 leggiamo che aveva l’intenzione di donare al suo allievo Ercole Visconti un clavicor­dium et sex copias librorum canendi.[8]

L’autore afferma ripetutamente nel De vita propria che l’usus musicae è uno dei passatempi più piacevoli in quanto voluptas.[9] L’effetto positivo sulla salute psichica dell’esercitarsi con gli strumenti musicali (musicae operam dare) e della musica in generale viene teorizzato da Cardano, quando definisce la parte pratica della disciplina della musica nell’altro scritto autobiografico De libris propriis: “Musicae comtemplatio quid peculiare est habetque quasi medelam usus scilicet moderationem ac participationem: […]. Usus est demulcere affectus, delectare animos, et laetitiam gignere.” (OP I 143b) Il passo citato è ovviamente un accenno alla conosciuta teoria degli affetti, nella quale Cardano, partendo dalla tradizione aristotelica e dalla sua filosofia naturale, dimostra l’influenza forte ed efficace della musica sull’anima umana.[10] L’effetto della musica sulla salute, come tutti i rimedi, può essere positivo o negativo. In tale senso l’autore descrive nel De utilitate ex adversis capienda la malattia psichica del suo maestro Leo Oglonus e gli prescrive l’astinenza dalla musica.[11] Inoltre afferma che tutti i musicisti professionisti soffrono di impazienza e vengono corrotti nel loro carattere dal modo di vita lascivo.

L’autobiografia non si limita a descriverci soltanto l’effetto psichico della voluptas, ma mette anche in rilievo che Cardano viveva la musica come attività sociale, infatti suonava regolarmente con l’amico giocatore d’azzardo Ambrosius Varadeus[12] e inoltre ospitava nella sua abitazione allievi ”musici“ che venivano chiamati in casi di necessità per suonare le messe.[13]

Infine Cardano sottolinea nel De vita propria che egli non si considerava tanto un bravo musicista, quanto piuttosto un teorico della musica: “in musica ineptus usui fui, contemplationi non impar: […].“[14] Con la stessa intenzione di mettere in risalto le sue capacità scientifiche, il nostro autore elenca orgogliosamente le sue invenzioni teoriche per la musica, in quanto pretende di aver scoperto nuove note, intervalli e scale, basati sull’uso dei microtoni, e di aver rinnovato la prassi della musica tramite Tolomeo e Aristosseno.[15] Questo suo orientamento scientifico, che comprende anche la parte pratica della disciplina, evidenzia che l’enciclopedista rinascimentale tratta la teoria della musica come disciplina tradizionale e possiede, come abbiamo visto, una buona e diretta conoscenza degli strumenti musicali.

Dunque si può dire che da un lato l’enciclopedista rinascimentale, nella persona di Cardano, si impegnava costantemente e con passione nell’esercitazione della musica in quanto attività dietetica, possedeva o collezionava degli strumenti e libri di musica preziosi ed era uomo dalle molte esperienze musicali e dall’altro lato non si considerava un bravo musicista, ma piuttosto uno scrittore scientifico che ha lasciato alcuni contributi ai posteri sulla teoria della musica.

Uno sguardo panoramico sulle opere cardaniane rileva, come ha reso noto nel 1973 C. A. Miller, che l’autore milanese si è occupato nella sua ricerca enciclopedica anche della teoria musicale e nello specifico dell’organologia.[16] Nel De libris propriis Cardano descrive accuratamente uno scritto, il De musica, datando la sua prima stesura intorno al 1547 con un volume di 170 carte e una divisione in cinque libri.[17] Per la nostra ricerca sull’organologia cardaniana è di particolare interesse il quinto libro intitolato De structura et usu instrumentorum, che contiene, come dice il titolo, un’organologia. Questa affermazione viene pienamente confermata dal De libris propriis nella versione del 1550, dove si legge addirittura che l’organologia del quinto libro è completa e tratta anche di nuovi strumenti ed altre invenzioni: “In quinto declarantur instrumentorum omnium rationes, tum ea pulsandi, tum etiam instrumenta nova et novae inventiones tractandi illa.”[18] Però la storia del testo non ci consente di verificare il contenuto del suddetto libro, poiché la versione del De musica descritta nel De libris propriis non è stata trasmessa fino a noi. In alcuni scritti, per esempio nel De subtilitate[19] del 1554/60 e nel De rerum varietate[20]del 1557, si ritrovano tracce o residui che si referiscono a questo quinto libro della versione scomparsa.

Oltre alla prima stesura si può stabilire filologicamente una seconda redazione del De musica, databile intorno al 1566, giacché Cardano, da quanto risulta da uno dei suoi testamenti, ha rielaborato radicalmente il testo prima di tale data con il risultato che le 170 carte sono state sintetizzate solamente in 28, ancora distribuite su cinque libri.[21] La storia della trasmissione dei testi cardaniani ha fatto sopravvivere un frammento, probabilmente l’unico testimone parziale di questa seconda redazione, cioè il testo stampato da Charles Spon nelle Opera omnia, intitolato anch’esso De musica.[22]Quest’ultimo sarebbe da collocare dopo il 1550, quindi dopo la prima stesura del 1547, perché cita un passo sulla definizione del bello riportato nel De subtilitate.[23] Questo scritto contiene oltre alla descrizione generale dei principi della musica (OP X 105-109a) anche una sistematica, ma incompleta organologia (OP X 109b-116b). In seguito sarà innanzitutto questo testo la fonte principale per l’interpretazione dell’organologia cardaniana.

L’ultima redazione del De musica del 1574 è, come scrive l’autore stesso nel De vita propria, una versione corretta e rielaborata.[24] E’ molto probabile che l’unico manoscritto del testo completo, custodito gelosamente dalla Biblioteca Vaticana,[25] sia proprio questa redazione del 1574. Il testo mantiene la quantità di 28 carte della redazione precedente e unisce i cinque libri in uno solo. Per meglio intendere il lavoro di Cardano sui suoi testi e la relazione tra di loro, è da sottolineare che il De musica del 1574 riporta un intero passo del primo libro De tranquilitate dell’opera Theonoston.[26] Lo studio della versione del tardo manoscritto evidenzia inoltre che il testo dal capitolo 41 fino all’ultimo corrisponde presumibilmente alla rielaborazione del quinto libro della seconda redazione (1566), questi capitoli infatti formano la parte organologica dell’opera. Anche se in generale il manoscritto segue un tono colto e con frequenti riferimenti all’antichità, il passo sull’organologia è inspiegabilmente meno sistematico del frammento delle Opera omnia, così appare quasi giustificata la sopravvivenza di quest’ultimo inclusa la parte più elaborata sugli strumenti musicali.[27]

Visto che lo scopo di questo studio è determinare sia il rapporto dell’organologia verso la filosofia naturale sia l’influenza della teoria musicale nella filosofia, è di particolare interesse il fatto che Cardano esamini gli strumenti musicali anche negli scritti di filosofia e di storia naturale. Nel De subtilitate parla non solo della disciplina della musica [28], ma anche degli strumenti come dei flauti, della lira, del liuto, dell'organo e dell’archicembalo di Nicola Vincentino (1511-92), famosa invenzione del contemporaneo di Cardano.[29] Inoltre l’autore considera nella sua enciclopedia, come nell’autobiografia, i vari effetti sull’anima umana prodotti dai diversi tipi di strumenti.[30] Infine nello scritto matematico De proportionibus (1570), che comprende anche diverse discipline di matematica applicata come meccanica e statica, si trovano alcune osservazioni importanti attinenti l’organologia, in quanto le proporzioni musicali costituiscono i fondamenti per la spiegazione di alcune macchine ed alcuni strumenti.

L’organologia ebbe per tutto il medioevo un’importanza marginale all’interno della teoria della musica in quanto matematica delle proporzioni degli intervalli. Già nell’antica tripartizione boeziana in musica mundana, musica humana e musica instrumentalis le parti più rilevanti erano la musica mundana, considerazione delle armonie celesti, e la musica humana, ricerca delle armonie dell’anima e della sua relazione con il corpo umano. Il soggetto della musica instrumentalis, parte che considera i suoni prodotti da strumenti naturali, come la voce umana, o artificiali, attraverso strumenti, si esauriva invece nella suddivisione di tre specie di essi secondo la generazione del suono: quelli a corda, a fiato e a percussione. Come è noto, ancora nel Cinquecento questa tradizione boeziana era largamente in uso, perciò è quasi superfluo indicare come fonte delle conoscenze cardaniane di tale tradizione Fra’ Angelo Da Picitono[31]. Il frate organista divide nel suo libro Di musica (1547) la disciplina della musica secondo Boezio nelle tre parti e classifica anche gli strumenti attraverso il criterio della produzione del suono.[32]

Anche se la divisione della musica in mundana, humana ed instrumentalis non riaffiora in Cardano, perché secondo lui la musica è una, cioè “disciplina quae vim sonorum docet agnoscere”[33], l’autore segue nel frammento delle Opera omnia la tradizione boeziana in quanto classifica gli strumenti musicali secondo la generazione dei suoni.[34] Tuttavia il filosofo milanese va oltre la tradizione nel modo in cui deduce i vari generi di strumenti, perché non si basa semplicemente sui tre generi “da corde, et da fiato, et da battimento”, ma ricava la differenza delle specie dalla fonte sensitiva della produzione del suono, cioè dalla percussione dell’aria, basandosi sulla teoria aristotelica per cui il suono è l’effetto sull’udito in quanto è aria percossa[35]. Di conseguenza Cardano distingue i seguenti casi secondo il luogo e il modo in cui l’aria percossa produce suoni: o il suono sorge nella gola, o viene prodotto dall’aria che esce dalla bocca, o dall’aria che non ha niente a che fare con il nostro fiato. Infine il suono può essere classificato attraverso la differenza tra aer collectus e aer liber, cioè gli strumenti a corda producono il suono attraverso l’aria libera, vibrazioni libere dell’aria, variando il suono solo con la variazione dello spessore o della lunghezza della corda. Il suono è prodotto invece aere collecto quando le vibrazioni dell’aria vengono variate per la creazione del suono, come nei casi della gola e del fiato. L’autore può ora dedurre quattro generi di strumenti: (1) il fischietto (fistula), che produce il suono solo nella gola, (2) gli strumenti a fiato come strumenti che producono il suono attraverso il respiro, (3) l’organo, che produce il suono attraverso l’aria senza il nostro fiato, ed infine (4) quelli a corda, che producono il suono attraverso percussioni libere dell’aria. In questa classificazione è degno di attenzione il fatto che gli strumenti a corda non sono determinati sulla base del moto o del pizzicare di una corda, ma attraverso la teoria aristotelica dell’udito come percezione del movimento dell’aria. Perciò si può affermare che Cardano accentua notevolmente un’analisi filosofica delle percussioni dell’aria negli strumenti, che troverà nel secolo successivo ulteriori sviluppi scientifici.[36]

Mentre l’esposizione tradizionale della musica instrumentalis termina già con la definizione dei vari generi di strumento, Cardano continua invece il discorso nel frammento De musica aggiungendo alla classificazione la considerazione del materiale degli strumenti (Cap. 5: De causa et materia soni instrumenti et differentia ex materia, ex qua instrumenta constant) e della loro perfezione (Cap. 6: De Instrumentorum nobilitate). Così l’autore affronta nel quinto capitolo il problema del modo, in cui il materiale degli strumenti forma la base corporea e fisica per la produzione dei suoni, utilizzando nuovamente la teoria aristotelica della percezione dei suoni, per quanto i suoni devono essere intesi come la percussione tra due corpi aventi determinate proprietà fisiche.[37] Conforme a questo punto di vista della filosofia naturale tradizionale Cardano considera la materia degli strumenti nella sua struttura fisica, ricorrendo ai tre principi naturali cavitas, aequitas e lenitas, in parte già formulati da Aristotele nel De anima, che caratterizzano un ottimo materiale sonoro.[38] Il materiale degli strumenti non deve essere né troppo pesante né troppo spesso, piombo e oro per esempio  sono tanto pesanti e spessi, - non contengono vacuo (“nihil vacui in se continet”) - che non producono un suono elevato e non possiedono nemmeno risonanza. Infine l’autore espande la sua ricerca ai vari metalli (aes, orichalcum, stamnum, cuprum, argentum e ferrum) e a vetro, avorio e osso per trattare le loro proprietà sonore.[39]

Se Cardano esamina nel De musica il materiale degli strumenti musicali dal punto di vista filosofico, non sembra un’ipotesi azzardata il dire che anche le opere cardaniane di filosofia naturale dovrebbero considerare le proprietà sonore dei materiali oltre alle loro qualità naturali. Ed infatti nel De subtilitate si trovano alcune considerazioni dei timbri dei materiali, soprattutto del vetro e del bronzo.[40] Da questo fatto si può dedurre che Cardano esamini attentamente gli strumenti musicali nella sua ricerca enciclopedica della filosofia naturale in quanto essa comprende non solo le cose naturali, ma anche gli artefatti come esempi delle proprietà naturali. In questo senso gli strumenti compaiono nel De musica sotto una luce filosofica e nella stessa maniera sono adottati dal De subtilitate come applicazioni delle conoscenze naturali nelle arti meccaniche.

Nel sesto capitolo del frammento De musica Cardano analizza le ragioni per un giudizio sulla nobilitas o perfezione degli strumenti, applicando esclusivamente criteri musicali. Nella sua maniera esaustiva di classificare, l’autore raccoglie nove criteri necessari per giudicare la perfezione degli strumenti: [41] (1) amplum systema, (2) suavi soni, non aspera non obstrepente, (3) quod facile pulsentur, (4) cum humana voce et aliis instrumentis facile conveniant, (5) polyphona, (6) vocem retinent, (7) vocem amplam, non tenuem, (8) minimis intervallis ac frequentioribus divisum habent systema, (9) quae inflantur, quoiam humanae voci sunt similia. Secondo queste conditiones si può determinare esattamente il valore di uno strumento, con il risultato che l’organo è lo strumento perfetto. Dal confronto del frammento con il manoscritto ci balza agli occhi che Cardano si ravvede scrivendo nella tarda versione che la lyra (citara) è lo strumento più elegante.[42] Il filosofo lombardo giustifica esplicitamente questa alterazione del giudizio sugli strumenti nel primo libro De tranquilitate dello scritto Theonoston, quando uno degli interlocutori del dialogo chiede, perché non si consideri più l’organo lo strumento perfetto.[43] L’autore aggiunge ai criteri puramente musicali quelli pratici e morali, in quanto la lyra è uno strumento ideale per l’educazione, la tranquillità dell’anima e l’armonia tra musica e lettura di poesie. E’ evidente che Cardano con questo ragionamento rientra nella discussione aristotelica della Politica,[44]nella quale si disputa, se e quale strumento si dovrebbe suonare nella gioventù, argomento che in precedenza sembra aver evitato.

Alla famiglia dei flauti dolci Cardano presta una particolare attenzione, in quanto, come già detto, non solo egli stesso suona le diverse taglie del flauto sotto la guida del maestro Leo Oglonus, ma dedica anche alcune pagine dello scritto De musica delle Opera omnia alla descrizione dettagliata della tecnica e della costruzione di questi strumenti, proponendo una considerazione quasi ‘scientifica’ e in parte filosofica all’organologia.

Secondo Cardano gli strumenti a fiato meritano un’esposizione speciale nel confronto con altri strumenti, perché il loro principio o funzionamento (ratio) non è veramente chiaro. L’autore spiega questa ratio, sotto la prospettiva di analizzare la costruzione di tale strumento, attraverso una classificazione dei vari fori e dei loro effetti per la produzione del suono, definendo due generi di fori necessari, l’imboccatura e il foro del piede e un terzo, quello dei fori del corpo, utili per le modulazioni che operano in tre modi sul suono: reddere vocem faciliorem, vocem modulari e vocem acuere.[45] Inoltre Cardano aggiunge una dimostrazione strutturale ed acustica, perché il suono (vox) esce dal foro del piede del flauto e non dagli altri fori, dimostrazione che l’autore svolge addirittura in quattro modi evidenziando la vastità del campo dell’organologia. E’ da sottolineare che Cardano analizza e risolve il problema della ratio degli strumenti a fiato con una metodologia ben precisa, classifica le possibilità e descrive esattamente i principi della creazione del suono, facendo uso delle lettere e di un corrispondente disegno.

                      

Figura 1 : Il flauto secondo OP X 111b

Nell’ottavo capitolo del frammento De musica Cardano analizza gli aspetti fondamentali della tecnica degli strumenti a fiato, cioè la diteggiatura, il fiato e l’articolazione. Nella sua impostazione l’autore segue nettamente gli argomenti trattati dalla letteratura contemporanea sul flauto, come l’Opera Intitulata Fontegara di Silvestro Ganassi, il quale è ben noto a Cardano e lo cita esplicitamente nel De musica come punto di riferimento ed autorità per le varie diteggiature.[46] Il musicologo Miller ha affermato nei suoi studi che il discorso cardaniano sul flauto è orientato nello scopo e nel contenuto all’antecendente trattato di Ganassi e ha interpretato i capitoli del filosofo milanese come una ricezione del famoso musicista veneziano.[47] A conferma della tesi di Miller i tre aspetti fondamentali si ritrovano sia in Ganassi che nello scritto di Cardano, cioè nell’autore veneziano “el fiato, la mano e la lingua” e nel filosofo milanese varietas digitorum, spiritus e lingua.[48] Una lettura attenta dello scritto cardaniano fa però notare che non tutte le sue regole e descrizioni sono dipendenti da Ganassi e che l’autore svolge una ricerca più ampia e precisa all’interno del suo mondo enciclopedico filosofico.

Per quanto riguarda il fiato (spiritus) Cardano distingue i vari fenomeni attraverso le qualità magnitudo ed impetus, che possono realizzarsi ognuna o in uno dei due estremi o nel loro mezzo, cioè la magnitudo dell’emissione del fiato può essere o plenus o vacuus o il mezzo tra di loro, l’impetus del fiato può essere o remissus o incitatus o il mezzo.[49] Qui ci balza agli occhi che Cardano parla della quantità del fiato tra pieno e vacuo, due estremi che l’autore determina nella sua filosofia naturale invece come magnitudo e parvitas della materia dimostrando che il vacuo non esiste. Perciò il vacuo del fiato non deve essere inteso come vacuo della materia, ma come mancanza o privazione di fiato. Relativamente al principio dialettico, principio molto usato da Cardano in tutti i suoi scritti, della definizione di una proprietà tra due estremi e il loro mezzo sappiamo che è fondamentale per la metodologia aristotelica della definizione scientifica delle cose, ma il suo uso per la definizione della tecnica flautistica dimostra la vicinanza o dipendenza da Ganassi, perché anche il musicista veneziano si serve di tale principio per la definizione degli aspetti fondamentali della tecnica del flauto.[50] Cardano segue quindi Ganassi nel determinare l’articolazione tra i due estremi lenis (lere) ed asper (theche) ed il loro mezzo (there/thara) oltre a definire il principio lingua attraverso la pronuncia, la posizione ed il movimento della lingua stessa (lingua reflexa ad palatum – lingua extensa – recto motu – motu reflexo).[51] Infine il filosofo milanese descrive anche le tre posizioni delle dita utilizzando lo stesso principio dialettico dei due estremi e il loro mezzo: chiuso, aperto e semichiuso.[52]

Relativamente alla prassi cinquecentesca dell’articolazione, è un problema frequentemente discusso il modo in cui i vari strumenti possono o dovrebbero imitare la voce umana. Infatti Ganassi apre il capitolo sulla definizione e la valutazione del flauto proprio con il paragone degli strumenti al parlare della voce umana ritenendo che il valore del flauto consiste nella facoltà di imitare perfettamente la voce umana.[53] Cardano segue questo concetto estetico, perché gli strumenti devono non soltanto imitare la voce umana, ma anche gli affetti. L’imitazione della voce è addirittura una proprietà specifica del flauto, esso può infatti imitarla non solo nel modo degli altri strumenti in generale, ma più specificamente.[54] Di conseguenza gli affetti causati dal flauto corrispondono a quelli che possono essere prodotti dalla voce umana.[55]

Nel nono capitolo del frammento De musica, intitolato De elymis et earum forma atque secretis, Cardano sviluppa la sua analisi dettagliata e specifica del flauto. L’allusione del titolo ai segreti da carpire deve essere ambientata nella tradizione cinquecentesca delle Wunderkammer, collezioni museali che potevano contenere tra gli oggetti prodigiosi anche strumenti musicali.[56] All’inizio del capitolo l’autore descrive esattamente la costruzione del flauto considerando la dimensione dei fori e la qualità del legno.[57] La descrizione è illustrata da una figura utilizzando le lettere dell’alfabeto per spiegare dettagliatamente i flussi dell’aria, i fori e la generazione del suono. Ganassi utilizza nel suo libro figure di flauti solo per la visualizzazione didattica delle varie diteggiature, senza spiegazione della costruzione strutturale del flauto.[58] E‘ da notare che mentre Ganassi scrive per il dilettante del Cinquecento il quale vuole imparare lo strumento con i vari modi di diminuzioni musicali, Cardano è molto meno didattico nelle sue descrizioni, perché indica le varie diteggiature con lettere in una singola figura e abbandona del tutto le diminuzioni per l’esecuzione artistica dei brani musicali. Perciò si potrebbe ipotizzare che Cardano non vuole scrivere un metodo per dilettanti, ma piuttosto un’organologia quasi scientifica che esamini precisamente la costruzione e le proprietà del flauto.

Dopo la descrizione organologica Cardano deduce 13 regole che formano un vero metodo del flauto e delle diteggiature. Questo metodo pretende di dedurre esattamente tutte le regole da quelle precedentemente dimostrate o da ragioni evidenti,[59]spingendo in questo senso la trattazione oltre le vaghe “dimostrationi” del Ganassi. Il risultato è una specie di geometria del flauto che conduce la parte pratica della musica, cioè la descrizione della costruzione e dell’uso degli strumenti, al metodo matematico della disciplina della musica teorica e rivaluta la musica pratica attraverso una teorizzazione dei suoi contenuti.

Senza descrivere dettagliatamente la diteggiatura dei vari flauti, i trilli ed il vibrato, - questo è compito della ricerca musicologica o storiografica degli strumenti – si può riassumere che Cardano non ha solo una buona conoscenza della prassi degli strumenti e una diretta consapevolezza della letteratura contemporanea sul flauto, ma che indirizza anche il suo trattato relativo alla musica pratica verso una teorizzazione e una visione più filosofica e più scientifica del flauto.

Nel De proportionibus (1570)[60] Cardano esamina sistematicamente le proporzioni della geometria e dell’aritmetica e poi quelle dei campi nei quali si applica la matematica, cioè la cinematica, la statica e l’acustica. La sezione di matematica applicata contiene anche una parte sulla musica e sulla sua relazione con altre aree del sapere, quale la psicologia degli affetti, l’estetica del sapore e dell’olfatto ed infine la meccanica delle macchine,[61] passo intitolato Proportionem musicam in instrumentis declarare iuxta compositionis rationem. Le proporzioni musicali spiegano quindi la costruzione di determinati strumenti. Il testo chiarisce che Cardano intende per instrumenta le macchine in generale e non solo gli strumenti musicali, cioè in specifico tre generi di macchine: macchine da guerra come catapulte o baliste, organi idraulici e infine vasi di bronzo i quali venivano usati nel teatro antico per produrre effetti acustici quali l’eco e la sordina.[62]

Secondo Cardano la musica offre la chiave per la spiegazione della costruzione di queste macchine attraverso l’indicazione delle proporzioni musicali necessarie e fondamentali per tale costruzione. La relazione così netta tra musica e macchine non era insolita per gli intellettuali del Rinascimento, perché l’architettura come disciplina, che comprende la fabricatio machinarum,[63] e la musica come dottrina delle proporzioni sono entrambe saperi di armonie matematiche. Inoltre si deve intendere questa relazione tra musica ed architettura nella tradizione di Vitruvio e del suo De architectura, tradizione che passa attraverso l’umanesimo del Petrarca e Leon Battista Alberti a Cardano.[64] Pienamente conforme all’ideale dell’architetto enciclopedico di Vitruvio, Cardano conferma la dipendenza di un tale uomo ideale dalla musica, in quanto quest’ultimo ha bisogno delle conoscenze della musica per la sua arte.[65]

 

Cardano deriva la sua dimostrazione della tesi che le relazioni musicali implicano le ragioni della costruzione delle macchine direttamente dal primo libro del De architectura (I 1, 8-9), nel quale Vitruvio scrive che le catapulte vengono centrate secondo l’orecchio, i vasi di bronzo aumentano o diminuiscono la risonanza di alcuni intervalli musicali ed infine che gli organi idraulici possono essere compresi soltanto attraverso le loro proprietà musicali.[66]




Figura 2 : L’organo idraulico di Vitruvio secondo A. Kircher 1650

Nel De proportionibus l’autore collega dunque la spiegazione degli strumenti o delle macchine a Vitruvio, l’antica autorità dell’architettura, come aveva già fatto nel De subtilitate e nel De rerum varietate deducendo la ratio delle macchine dal testo di Vitruvio e dai suoi commentatori, per esempio nella descrizione dell’effetto psichico dell’organo idraulico. [67] Nella stessa maniera Cardano partecipa anche nel De proportionibus alla tradizione dei commenti cinquecenteschi di Vitruvio citando esplicitamente per la spiegazione musicale delle macchine il commentatore Guillaume Philander (1505-1565). [68] Però il lettore rimane leggermente deluso da Cardano per il suo riferimento troppo semplicistico, perché non analizza né interpreta il testo di Vitruvio, dichiara soltanto che nessuno ha spiegato meglio di quest’ultimo le proprietà musicali delle macchine. Il ria?ferimento a Vitruvio deve essere incluso nel contesto degli scritti scientifici che si occupano dell’acustica e che discutono il funzionamento dei vasi vitruviani fino al Seicento. [69]

Sullo scritto cardaniano De proportionibus si può dunque dire che non solo l’architettura deve fare riferimento alla musica, ma anche viceversa la musica, in quanto considera il modo di costruzione degli strumenti, deve rapportarsi all’architettura, perché la fabricatio machinarum è parte dell’architettura stessa e fornisce importanti conoscenze sulla costruzione degli strumenti.

Nella prospettiva della relazione tra architettura e musica, la descrizione del flauto si trasforma in un problema ancora più tecnico, in quanto lo strumento viene considerato nella sua struttura con le relative proporzioni matematiche. Sviluppato ulteriormente questo aspetto, si può dire che, se l’archittetura e la costruzione delle macchine hanno come noto una grande importanza per la filosofia naturale di Cardano, anche il trattato De musica deve essere compreso nel cerchio della ricerca enciclopedica e filosofica di tutta l’experientia possibile, perché attraverso gli strumenti musicali si chiariscono alcuni principi non solo dell’arte, ma anche della natura. Inoltre si può ritenere che gli strumenti musicali come costruzioni meccaniche hanno secondo Cardano il loro luogo sistematico nell’architettura e compiono un ruolo importante nell’orientamento enciclopedico dell’architetto.[70] Infine si deve notare che sotto questa luce l’opera cardaniana sulla musica appare un episodio significativo della storia degli automi musicali e dello sviluppo della scienza e della tecnica moderna, in quanto Cardano esamina gli strumenti musicali nella tradizione di Vitruvio, la quale conduce nel Seicento alle scoperte nel campo dell’acustica e tra l’altro ad Athanasius Kircher e al suo organo idraulico automatico[71].


Note

* Per le preziose indicazioni e correzioni ringrazio i Proff. Michele Bacci (Siena) e Martino Noferi (Firenze). Questo studio viene qui riportato dagli atti del secondo convegno internazionale del Progetto Cardano, vedi M. Baldi e G. Canziani (eds.), Cardano e la tradizione dei saperi, Milano: FrancoAngeli, 2003, pp. 105-124, e ringrazio i curatori per la gentile concessione di ripubblicare lo studio.
[1] Vedi l’introduzione di C. A. Miller in G. Cardano, Writings on music, translated and edited with an introduction by C. A. Miller, American Institute of Musicology 1973, p. 15-35, e i suoi articoli, “Jerome Cardan on the Recorder”, in American Recorder, XII (1971), pp. 123-125, e “Jerome Cardan on Gombert, Phinot, and Carpentras”, in The Musical Quarterly, LVIII (1972), pp. 412-419. Inoltre vedi R. Erig e V. Gutmann  (ed.), Italienische Diminutionen. Die zwischen 1553 und 1638 mehrmals bearbeiteten Sätze, Amadeus, Zürich 1979, su Cardano vedi, pp. 31, 33-34, 50, e D. Lasocki: “Instruction books and methods for the recorder from around 1500 to the present day”, in J. Mansfield Thomson (ed.), The Cambridge Companion to the Recorder, Cambridge University Press 1995, pp. 119-136, soprattutto pp.122-123, e infine M. Castellani e E. Durante, Del portar della lingua negli instrumenti di fiato. Per una corretta interpretazione delle sillabe articolatorie nella trattatistica dei secc. XVI-XVIII, seconda edizione riveduta e ampliata, Studio per edizioni scelte, Firenze 1987, p. 33.
[2] Vedi D. P. Walker, Studies in Musical Sciences in the Late Renaissance. London 1978, P. Gozza (ed.), La musica nella rivoluzione scientifica del Seicento, Bologna 1989 e soprattutto P. Gozza, “La musica nella filosofia naturale del Seicento in Italia”, in Nuncius I (1986), pp. 13-47.
[3] (Le opere cardaniane sono citate in seguito secondo le Opera omnia, Lyon 1663, indicate con la sigla OP in aggiunta di un numero romano per il volume, di un numero arabo per la pagina e di una lettera per la colonna.) Cfr. OP I 6a: “Exercebat multis diebus a summo mane ad vesperam usque armatus, sudoreque madidus operam dabam musicis instrumentis, nocte tota saepe ad diem usque vagabar.” Purtroppo Cardano non specifica nel De vita propria, quali tipi di strumenti intendeva. Per ulteriori citazioni dagli scritti cardaniani sulla relazione con la musica vedi l’introduzione di Miller 1973 (n. 1).
[4] Cfr. OP X 114a: “Fit autem hoc Elyma sensim applicata cruri et remisso spiritu, vocaturque vox addita. Quod si solum quarta pars claudatur, fiet semitonio gravior solum, et hanc vocem me docuit Leo Oglonus magister meus in Musica.” A tale proposito Miller 1973 (n. 1) scrive a p. 15: “Cardan studied the recorder and possibly other wind instruments under Oglonus.”
[5] Miller 1973 (n. 1), p. 17, scrive: “From the intimate knowledge of instruments that he showed in his treatises it is possible that in addition to the recorder he plazed a number of other instruments, particularly the zittern, lute, and lira.” Per la descrizione delle varie taglie dei flauti dolci e la loro importanza storica vedi Miller 1972 (n. 1).
[6] Vedi sul principio varietas rerum M. L. Bianchi, “Motivi scolastici nel primo e secondo libro del De subtilitate di Girolamo Cardano”, in Lexikon Philosophicum, VI (1993), pp. 7-20.
[7] E. Bertolotti, “I testamenti di Girolamo Cardano, medico, filosofo e matematico nel secolo XVI”, in Archivio storico lombardo, IX (1882), pp. 615-660, p. 623: ”Al Ferraris succede Ercole Visconti di Galeazzo, il quale stava in casa sua, cui lascia strumenti musicali per la somma di lire 60 imperiali.“ Poi Bertolotti commenta: “Ecco il Cardano anche musico pratico, come lo fu in teoria, stando al suo lavoro sulla musica.”
[8] R. Soriga, “I testamenti di Girolamo Cardano durante i tre ultimi anni di suo soggiorno in Pa­via”, in Bollettino della Società Pavese di storia patria, XV (1915), pp. 148-154, p. 149. Invece nel testamento del 18 luglio 1562 viene depositato che Paolo Andrea deve ricevere i libri sulla musica, ivi, p. 152. Nel testamento del 1571 Cardano dona libri di musica e uno dei suoi due liuti, vedi E. Rivari, “Un testamento inedito del Cardano”, in Studi e Memorie per la storia dell'Università di Bologna, IV (1920), pp. 3-25, p. 15seg.
[9] Cfr. OP I 8a: “Itaque a voluptate initium sumpsi aetate, natura, curis praeteritis, et occasione suadentibus. Mane si profitendum esset, ut Mediolani primum, post Papiae longe saepius profitebar. Inde deambulabam in umbra extra urbis maenia, prandebam, musicae post operam dabam: inde piscatum ibam iuxta lucos, et sylvas paulum ab urbe distantes: studebam, scribebam, vesperi domum me recipiebam: perduravit hoc tempus annis sex […].” Anche durante il suo soggiorno come medico praticante a Sacco Cardano considerava la musica un’occupazione felice, OP I 22a, b: “[…] ita etsi dum in oppido Saccensi fui, felix eram, non tamen sequitur, ut aliquando felix fuerim. Itaque ludebamus, musicae operam dabamus, spaciabamur, epulabamur, licet raro studiis operam navabamus, nullae molestiae, non timores […].” Cfr. anche OP I 52a: “In iuventa, rursus, mediocris habitus, medicriter itacundus, laetus, voluptatibus deditus, musicae praecipue. […] In hoc ergo tempore me dedidi vii annis voluptati, musicae, atque aliis, aleae et piscationi maxime: […].”
[10] Vedi I. Schűtze, “Cardano und die Affektenlehre der Musik“, in Bruniana e Campanelliana, VII (2002), pp. 453-467.
[11] Vedi OP II 177b-178a: “Qui etiam in sermone sibi nimium dum placent, morologi appellantur. Cuiusmodi sunt senes amantes et luctu positi. […] Est in his Leo Uglonus Musicus magisterque meus et ipse vir probus ac praestans, et octuagenario vim nunc longe maior hic chlamidem viridem, rem certe omnibus insuetam gestebat.” OP II 226a: “Ut ergo curetur, praecipue abstinebimus ab artibus, quae eam irritant, qualem diximus esse musicam. […] Esse autem musicos omnes impatientes non solum experimentum docet, sed et ratio ostendit.” Problemata, OP II 647: “11. Cur musici sunt adeo flagitiosi inter caeteros, incontinentes, ebriis, lascivi, petulantes, infidi, inconstantes, leves, gloriosi, mendaces, malae consuetudinis nugaces? […] An quod saepius assuescant edere et bibere et immodice: ideo fiunt intemperantes et morbosi etiam; ex intemperantia vero ad omne vitium proni ac magis ex ebrietate. Inditio hoc est quod Leo magister meus Musicus fuit admodum probus quia continens.”
[12] Vedi OP I 12a.
[13] Cfr. OP I 20a, 21a e 26b.
[14] OP I 31a. Invece Filippo Archinto avrebbe lodato Cardano come esecutore di brani musicali, vedi A. Wykes, Doctor Cardano: physican extraordinary, Muller, London 1969, p. 60.
[15] Cfr. OP I 39b: “In musica novas voces, novosque ordines inveni, aut potius inventos in usum revocavi, ex Ptolomaeo et Aristoxeno.”
[16] Lo scritto italiano Della natura de principii et regole musicali, che Charles Spon ha incluso come testo cardaniano nelle Opera omnia (OP IV 621-630), deve essere probabilmente considerato non autentico o almeno dubbio, come già Miller 1973 (n. 1) ha evidenziato, p. 21: “On the other hand at least two works in the 1663 edition are spurious. De operatione mentions Galileo Galilei, who was a child when Cardan died; a vernacular musical treatise, Della natura de principii et regule musicali, devoted to an exposition of the hexachord system and the tree genera, was not written by Cardan on the basis of internal evidence.” L’attribuzione a Cardano è forse fondata sul passo del testo dove parla del “nostro Cardano”, OP IV 622a: “Qui doverebbe esser la forma della mano descritta con l’infrascritte regole dal nostro Cardano.” Il fatto che Charles Spon ha introdotto lo scritto nelle Opera omnia è giustificato dal catologo dei manoscritti cardaniani il quale è stato compilato nel 1619 da Fabrizio Cocanaro, allievo di Cardano, vedi M. Baldi e G. Canziani, “La circolazione dei manoscritti cardaniani. Alcuni documenti”, in M. Baldi e G. Canziani (eds.), Girolamo Cardano. Le opere, le fonti, la vita. Atti del Conve­gno internazionale di studi, Milano (11-13 dicembre 1997), Francoangeli, Milano 1999, pp. 477-497, p. 486.
[17] Vedi OP I 70b-71a per la versione del 1557 e 108a-b per la versione del 1562: “Eodem quoque anno condidi libros quinque Musicae, quorum initium est: Musicam neque ab antiquitate: magnitudo, foliorum clxx. In primo libro de generalibus artis regulis atque principiis, secondo, de antiqua musica, ubi de rhythmis, carminibus, choris, saltationibus: in tertio, de musica nostra: in quarto, de modo componendi Cantlenas et dicitur Contrapunctus: in quinto, de structura et usu instrumentorum.” Vedi anche M. Baldi e G. Canziani, “Una quarta redazione del De libris propriis”, in Rivista di storia della filosofia, IV (1998), pp. 767-798, p. 793: “In primo libro Musicae fundamenta et praxim chromatici et enarmonici tetrachordi. In secundo modos omnes saltationum et carminum et cantilenarum, quibus antiqui utebantur. In tertio ubi modus canendi docetur, parum adiectum est, quia omnia a recentioribus sumpta sunt. In quarto modi plurimi componendi cantilenas suavissimas adijciuntur, omnibus usque ad hanc diem maioribus nostris ignoti. In quinto declarantur instrumentorum omnium rationes, tum ea pulsandi, tum etiam instrumenta nova et novae inventiones tractandi illa.” Per la datazione cfr. p. 775: “Anno autem XLVII libros quinque Musicae collegi, quos absolvere spero.”
[18] Vedi n. 17.
[19] Cardano nomina OP III 603a-b il quinto libro sul flauto: ”At haec parva sunt intervalla, sed minora sunt enarmonici diesibus distincta, et ob id dulcior chromatico harmonia. Ut vero exemplum eius habeas in elymis, ut in quinto musicae docuimus, tremula vox parum aperto foramine, hemitoniorum, minime autem tonorum diesim efficit: […].“
[20] Cfr. OP III 237: “Verum ut ad sermonis occultationem redeamus, septimumque illius modum explicandum, qui vocibus rudibus perficitur, ut in Mexico latrones et amantes sibilo ita omnia explicant, ut loqui dixeris illos, refert Franciscus Lopez. […] Id duobus modis contingit, alter quidem, ut in fistulis quibus canimus simul et loquimur, dictum est de his in quinto Musicae nostrae. […]“
[21] Nel testamento del 18 gennaio 1566 si legge: ”Musice lib. V. ex primo exemplari fol. 28.” (E. Bertolotti (n. 7), p. 642).
[22] Lo stato dello scritto è dubbio: il primo capitolo che comincia esattamente, come è indicato nel De libris propriis, si interrompe già dopo alcune frasi, indice del fatto che il testo è ricostruito. Il riferimento ad un Opus perfectum, ”Sed quia oportet intelligere quonam pacto haec intervalla seu proportiones iungantur, quanquam de his in quinto operis perfecti libro abunde dictum sit, non tamen pigebit pauca hic ad vsum maxime necessaria repetere“ (OP X 108a), non fa pensare, come scrive Miller 1973 (n. 1), p. 19, ad un altro testo “perfetto” di De musica – il quinto libro non parla affatto delle proporzioni –, ma ad un altro testo da individuare, probabilmente matematico. Inoltre i riferimenti al secondo e quarto libro, OP X 116a, si spiegano dal fatto che il testimone è il frammento di un testo distribuito su cinque libri. Nel contesto del progetto Thesaurus musicarum latinarum (http://www.music.indiana.edu/tml) è stata pubblicata una trascrizione del testo latino.
[23] Vedi OP X 106a: “Cum enim ex his quae in libris de subtilitate demonstrata sunt, dum de pulchritudine loqueremur, simplicissima proportio sit auribus maxime congrua atque ideo iucundissima, simplicissima autem sit unisonus, quia aequalitate constat, erit haec etiam iucundissima […].” Il passo si referisce a OP III 571b: “Quid igitur est pulchritudo? Res visui perfecte cognita, incognita amare non possumus: ea autem agnoscit visus, quae simpliciter constant proportione dupla, tripla, quadrupla, sesquialtera, sesquitertia, ut de humana facie diximus: […].” Anche se De subtilitate è stato concepito nello stesso periodo del De musica, il riferimento citato presuppone che l’opera De subtilitate sia già abbastanza elaborata, perciò si deve ammettere che il frammento è posteriore alla prima stesura del De subtilitate.
[24] Cfr. OP I 41b: “Musicam, sed hanc anno post vi. scilicet MDLXXIV correxi et transcribi curavi.”
[25] Cioè Hieronymi Cardani Medici Mediolanensis de musica liber unus, Città del Vaticano: Biblioteca Apostolica Vaticana: Fondo Vaticano Latino, 5850, cc. 28; vedi P. O. Kristeller, Iter Italicum. A findung list of uncatalogued or incompletely catalogued humanistic manuscripts of the Renaissance in Italian and other libraries, 7 voll., E. J. Brill, London 1963-1997, vol. 2, p. 336. Il testo del manoscritto è stato tradotto in inglese ed annotato da Miller 1973 (n. 1), pp. 73-191.
[26] Come ha già indicato Miller 1973 (n. 1), pp. 176-178, una parte del capitolo 42 del manoscritto riporta il testo del Theonoston, cioè OP II 344a-b.
[27] La mancanza del metodo del flauto dolce nel manoscritto - Cardano accenna soltanto cinque regole – conferma che le due redazioni sono ben lontane tra di loro (1566 e 1574). Mentre Cardano suonava probabilmente il flauto dolce nel periodo della prima redazione, non dimostra lo stesso interesse durante l’ultima redazione.
[28] Cfr. OP 602b-604a.
[29] Car­dano cita lo strumento per la divisione del tono in cinque sottotoni nel passo in cui discute le scale, vedi OP III 603a: ”Nuper Nicolaus Vincentius Monochordium construxit per dieses divisum, ut tonos singulos in quinque semitonia minora in duo divideret. […]“
[30] Vedi OP III 573b-574a. Sull’argomento degli affetti nella teoria della musica di Cardano vedi Schütze (n. 10).
[31] Vedi OP X 107b: “Sic erravit, Frater Angelus Picitonus in suo primo libro capitulo 28. floris musicae, cum dixit fa esse tonum perfectum et mi imperfectum, imo verius fa deberet dici semitonium et me tonus.” 
[32] Fior Angelo, Di Musica: Nuovamente dal R. P. frate Angelo da Picitono, Conventuale, dell’ordine minore, Organista precarissima, composto. Vinegia MDXLVII, Cap. 4: “Perche nel sopra Capitolo habbiamo dimostrato la vera diffinitione, etiamdio Etimologia della Musica apartamente dichiarata, per maggior dichiaratione, et intelligentia d’essa, diremo che la Musica è tripartita: come vuole il padre di essa, Boetio Severino nel primo del la sua Musica al 2. Capitulo, cioe, Mundana, Humana, et Instrumentale: [...] pero tornando onde mi sono partito, dico, che la Musica mondana (si come scrivono alcuni dotti) ch’è l’harmonia e causata per el moto delle stelle e continuo movimento de Pianeti.” Poi Cap. 5: “La musica humana è una concordanza de diversi elementi in una compositione, mediante la quale la natura spirituale si congiunge, la quale concordia proce dalla connexione dell’anima, et del corpo: [...].” Infine Cap. 6: “La musica instrumentalis è quella la qual è produtta over causata da gli instrumenti artificiali, e da quella nasce la Musica organica et harmonica. Im perciò che l’organica Musica è produtta da gl’instrumenti artificiali, che sono di piu forte. Ma generalmente si trovano essere triplicati, cioe, da corde, et da fiato, et da battimento. [...] Et questo afferma il Severin Boetio nel primo della sua Muscia al 2. capi. dicendo Haec vero administratur aut intentione, ut nervis aut spiritu, ut tibiis, vel his quae ad aquam moventur: aut percussione quadam, ut in his quae concava quadam virga aerea feriuntur: atque inde diversi efficiuntur soni.”
[33] Cfr. OP X 105a.
[34] Cfr. OP X 109b: “Cum omnia instrumenta musica sono constent, necesse est, ut sonus ille vel fiat in gutture vel ex aeris impulsu qui ex ore prodiens sonum efficiat, velut [vel ut?] absque nostro spiritu fiat, atque tunc etiam duplex discrimen: vel enim fit ex aere collecto, vel libero; liber autem aer non potest sonos sub certa ratione reddere, nisi mensura et tenuitate fidium causam praebente. Ergo quatuor erunt in universum instrumentorum genera, quae vocem reddunt in gutture formatam, vocantur autem fistulae, suntque unius tantum generis. Quae vero spiritum solum recipiunt vocem autem formant in se sunt, ut buccinae, litui, cornua, tibiae, tubae, elymae quas vocamus flautos, Phipholae, syringes. Tertii generis sunt organa et hydraulica. Quarti generis sunt lyra, quae antiquissima est, cithara, sambucae, chelis, Psalteria, clavicitheria, clavichordia, clavicymbala, magades, barbithi, naula, monochorda, cornua, testudines, tricordia, simica, epigonia.[…].”
[35] Vedi OP X 110a: “Sonus est accidens aurium sensu proprio quod percipi potest ob aerem percussum.” E poi Aristotele, De anima, II 8.
[36] Cfr. Gozza 1986 (n. 2), pp. 27-36.
[37] Vedi OP X 110a: “Sonus est accidens aurium sensu proprio quod percipi potest ob aerem percussum. Sonus autem perfectus fit, quotiens aer inter duo dura corpora percutitur, vel cum unum corpus ut fidibus aerem percutiendo alteri corpori illidit. Generaliter vero fit non sine percutiente percusso et aere medio. Ut vero bene sonus efficiatur, latitudo certe necessaria est: impossibile est enim rem tenuissimam, tenuissimae illisam bene sonare, unde acus parum sonat, et si perforetur et infletur, non tamen sonabit. Itaque ut sonus evidens fiat necesse est percutiens adesse, quod etsi sit tenue non multum refert et aerem et rem latam percussam.“ Vedi anche Aristotele, De anima, II 8.
[38] Vedi OP X 110a: “Sed ut iucundus sonus fiat, in re percussa lata tria sunt necessaria, cavitas, aequalitas et lenitas. Per aequalitas intelligo id quod refertur ad figuram et substantiam. Sed et opertet adesse materiam ad sonum aptam; plumbum enim etsi cavum aequale et latum sit non tamen sonat, quoniam nihil vacui in se continet, et ob id etiam gravissimum est: gravia etiam valde omnia reliquis levioribus minus sonant, et obtusius, ut inter metalla aurum et plumbum, inter ligna buxus et ebenus.”
[39] Cfr. OP X 110b: “Metalla igitur plus generaliter strident ligno, et ob id instrumentis vocalibus aptiora vt tubis et organis. Inter metalla aes magnam habet vocem, orichalcum plurimum stridet, stamnum suavius, cuprum vehementius percuti potest, quod nec flectatut nec facile frangatur. Argentum claram habet vocem; nolis igitur aptius cuprum quod longius exaudiatur, quia vehementer percuti potest non quia magis resonet aere. Argentum additur, ut clariorem reddat sonum, organis stamnum convenit ob suavitatem, sicut tubis aes, lituis orichalcum. Ferrum male sonat elymis et his quae fidibus constant lignum, per stamnum album plumbum intelligo. Cornua media sunt inter lignum et aes, quantum enim a ligno suavitate, tantum ab aere vocis vincuntur magnitudine, vitrum inter cornu et lignum medium est, unde et cornua vitrea fiunt, quae parvo sunt in pretio ob fragilitatem: fiunt et organa qualia dum essem Venetiis, spectavi, audivique, vox tenuior acutior suavior quam in stamno. Tenuior et debilior quod vitrum impetum maiorem aeris absque periculo haud sustineat, suavior quia lenior, acutior quia levior est materia. Fiunt etiam fistulae tenues, nam moles in re tam fragili, quo maior eo periculosior, ideo acutior vox ob angustiam fistularum. Ebur et ossa obtusiorem eo habent cornibus sonum quo magis terrea sunt, suavem tamen ebur, quia exacte expolitur, arundo stridet: at cortex lauri et reliquarum arborum obtusum et inaequalem necessario habent sonum, sunt enim inaequali substantia, ob hoc indigna quae referantur inter materias instrumentorum nostrae aetatis.”
[40] Vedi OP III 451: “Fiunt ex eo [vitro] organa vocata, instrumenta musicae, suavicae admodum voce, et quae fastum pulchritudine humani regni ostendunt.” Ed anche OP III 458a: “Aere etiam fistulae fiunt organorum musicorum: quaedam plumbo candido, aliae ligno: atque ita in eodem organo audies tubas, cornua, fistulas, tibias, tympana, lyram, testudinem, citharam, mira varietate, tum etiam alias voces alternatis modis resonantes. Solum deerat humana, quae eo difficilius imitatur, quod suavior est caeteris. Aes proprie tubis convenit, ut Doricam musicam alacri et maximo strepitu excitet, atque ob id homines ad praelium accendat.”
[41] Vedi OP X 110b-111a: “In strumentorum nobilitas ex novem habetur conditionibus, amplo systemate, ut scilicet saltem bis diapason excedat, velut chelis quae ad viginti pervenit vocem, organum ad quater diapason, suavi voce non aspera non obstrepente, quod facile pulsentur. Et ob has tres causas litui imperfecti sunt et ignobiles. Difficilius enim longe inflantur elymis, rauci sunt et obstrepunt, nec supra diapason nisi una duntaxat voce ascendunt: cornua vero etiam his duas has ob ultimas causas sunt viliora. Quarta conditio est ut cum humana voce et aliis instrumentis facile conveniant. Hanc ob causam elymae minime laudantur, vix enim ullum aliud instrumentum minus convenit. Quinta quod polyphona meliora sunt tricordiis dicordiis et monophonis. Quaecunque etiam vocem retinent, ut organa praestantiora sunt fugacem habentibus, sic pedales lyrae clavichordiis ac chelis praeferuntur. Quae etiam vocem habent amplam: his quae tenuem habent praestant. Octava est, quod instrumenta quae minimis intervallis ac frequentioribus divisum habent systema, his quae maioribus ac paucioribus praepollent. […] Quae inflantur, quonium humanae voci sunt similia, praestantiora sunt his quae pulsantur, lyrae tamen pedales phipholis praestant.”
[42] Vedi il ms. (n. 25), c. 24r. Qui i criteri sono (1) numerosi voces, (2) multiplicem divisionem ad semitonia, dieses et comma, (3) varie aptari, (4) humana voci praecipui concordat, (5) sex ac septem cordes simul, (6) voces tremulae, (7) suavitas e (8) voces ad libitum allis distinctibus. Anche nel De subtilitate si trovano giudizi sugli strumenti, p.e. Cardano loda la lyra invece della chelis, cfr. OP III 603: “Sed in cheli unus non poterit se esplicare. Commodior lyra est, quia etiam magis retinet voces.”
[43] Vedi OP II 343b-344a: “Iam unus quaerit musicam, et postquam multo labore vix didicit socii desunt. Et si adsit saepius errant inde risus movetur astantibus, atque ipse pro laude contemptum assequitur et pro voluptate tristitiam. […] At dices delectat me discere, a puero didici: nullum est instrumentum, hoc ipse, ostenditque lyram absolutius, nullum liberius, nullam suavius, nullum accomodatius, et tamen quantum et ipsum affert incommodi, dum fides tradentur, remittuntur, atque mutantur vel reparantur. […] Ci. Tu ne absolutiorem dices lyram organo. Er. Imo. Ci. Quomodo cum organo sint voces plusquam quadraginta in lyra vix viginti.”
[44] Vedi Aristotele, Politica, 1341a17-b17.
[45] Cfr. OP X 111b: “Non simplex aut plana est ratio instrumentorum quae ore inflantur, quemadmodum eorum quae fidibus constant. Sed ut clarioribus atque evidentioribus sumamus initium, foramina omnia aut necessaria sunt aut utilia. Necessaria duo sunt, alterum per quod spiritus immitatur, reliquum per quod emittatur. Utilia autem trium generum, unum quod vocem reddit faciliorem, alterum quod eam modulatur, tertium quod eam acuit. Describatur igitur gratia exempli Elyma, cuius superius foramen per quod spiritus immittitur dicat A, B ex adverso, dico quod per B emittitur spiritus ac vox, de spiritu quidem opposita manu sentitur.” 
[46] Vedi OP X 115a-b.
[47] Cfr. Miller 1971 (n. 1), p 123: “In scope and detail his printed De musica approaches the recorder treatise by Ganassi.”
[48] Vedi OP X 112b: “In omnibus instrumentis secundi generis haec tria pulsando considerari debent: digitorum varietas, spiritus et lingua.” E poi Silvestro Ganassi, Opera Intitulata Fontegara, Venezio 1535, Cap. 2: “Questo instrumento nominato flauto richiede tre cose prima el fiato seconda la mano terza la lingua quanto al fiato la voce humana come magistra ne insegna dover essere proceduto mediocralmente perche quando il cantor canta alcuna composition con parole placabile lui fa la pronuncia placabile se gioconda et lui con il modo giocondo pero volendo imitar sife effetto si procedera il fiato mediocro accio si possa crescere e munuir ali sui tempi.”
[49] Cfr. OP X 112b: “At spiritus duae sunt differentiae generales, altera quidem a magnitudine sumpta altera ab impetu: ab impetu tres sumuntur differentiae remissus qui et gravis incitatus et medius inter hos: a magnitudine tres, rursus plenus vacuus ac mediocris. […]”
[50] Vedi Cap. 5: “Nota che il moto della lingua si fa varii effetti per causa del suo proferir con varie sillabe per tanto intenderai esser tre moti de lingua di tre originali. Il primo si e in esempio queste due sillabe te che teche te che. Il secondo tere tere tere te. Et il terzo lere lere lere le. Et sapi che questi tre moti originali contiene in si li estremi con il suo mezzo. Che sia il vero il primo perferire dil moto primo originale prociede per sillabe che causano effetto crudo et aspro: et il moto terzo de ditre originale per sillabe piacevole overo plane: […].”
[51] Cfr. OP X 113a: “Lingua autem quatuor modis pulsando utimur, spiritu primo dum minuti reflexa ad palatum vel extensa audet ostruendo meatum et apriendo ut in cornibus: motu et hoc bifariam vel recto vel reflexo, mirum quantum iuvet voces ac variet mutetque: prolatione, haec autem triplex lenis, quae per liquidas fit ut lere, aspera quae mutuas aspiratas ut theche, mediocris quae mixta est, ut there vel thara.” Ganassi parla nel Cap. 6 della “lingua dretta e riversa”. Su questo argomento cfr. anche Castellani/Durante (n. 1), pp. 33-35.
[52] Cfr. OP X 113a: “Digiti tribus modis faciunt mutationem vocum, vel ratione foraminum, ut in elymis maxime videbitur, vel ratione applicationis, et haec est triplex in genere: aliquando enim totum obstruit foramen, aliquando penitus non obstrui, aliquando dimidium.” Vedi anche Ganassi Cap. 9.
[53] Cfr. Cap. 1: “voi havete a sapere come tutti li instrumenti musicali sono rispetto et comparatione ala voce humana mancho degni per tanto noi si afforzeremo da quella imparare et imitarla: onde tu potresti dire come sara possibili e condesta cosa che essa proferisce ogni parlare dil che non credo che dito flauto mai sia simile ad essa humana voce et io te rispondo che cosi come degno et perfetto dipintor imita ogni cosa creata ala natura con la variation di colori cosi con tale instrumento di fiato et corde potrai imitare el proferire che fa la humana voce […]. […] et sul dipintor imita li effetti dela natura con li varii colori lo instrumento imitera il proferire della humana voce con la proportion del fiato et offuscation della lingua con lo aguito de deti et di questo ne o fatto esperientia et audito da altri sonatori farli intendere con il suo sonar le pole essa cosa che si poteva ben dire a quello instrumento non mancarli altro che la forma dil corpo humano si come si dice ala pintura per fatta non mancarli solum il fiato: si che haveti a essere certi del suo termine per dire rason de poter imitar il parlar.” Vedi anche Castellani/Durante (n. 1), p. 28.
[54] Vedi OP X 115b-116a: “Contingunt huic instrumento quae sunt aliis communia, sed huic tamen magis propria. Propria est imitatio humanae vocis non simpliciter, nam hoc ut ostendetur commune est omnibus instrumentis, sed exacte imitare huic proprium. Id autem fit in flebilibus remissa voce, in incitatis aucta, in gravibus continuata, atque ita de aliis affectibus de quibus in secundo et quarto libro maxime dictum est.”
[55] Cardano tratta il problema della relazione tra musica e lingua nel canto in De subtilitate, OP III 603b-604a. Nel manoscritto De musica Cardano dà delle regole per il canto, vedi Cap. 44, e tratta con molta precisione l’argomento dell’imitatio nel Cap. 36.
[56] Vedi Luisa Simonutti, “Miracula e mirabilia in Cardano”, in M. Baldi e G. Canziani (n. 16), pp. 181-214, soprattutto pp. 204-208.
[57] Vedi OP X 113a-b: “Habent foramina omnia quinque generum. Quae ex his lata habent foramina, quatuor ex causis deteriores sunt his quae angusta: prima quod difficilius pulsantur, quia non tam facile obstruuntur digitis, maiore etiam indigent spiritu, atque eo dupliciter peccant: lassant enim Musicum, et etiam magis ut demonstratum est strident, quarta quod imperitiam ostendunt artificis, qui quod ratione debuit assequi, quasi coecus manu ductus, dilatando foramina ad metam reduxit; meliores ex pruno albis. Quae ex albo ligno levi magis raucae, quae ex solido veluti buxo eo graviores ac magis incommodae quo suaviores. Sit igitur constructa Elyma A B In gravioribus cuius foramen M, quia digitus ad ipsum pertingere non potest omnino, ideo fit latius, quare excederet totum, ea de causa fit remotius, quamobrem adduntur virgulae, quibus compressis concluditur foramen M.”
[58] Cfr.: “Cap 3 Regola apertenente a tutte le voce di esso instrumento: Questo ordine et regola quale al presente ti mostro ho eletto la piu facile che a mestato possibile dil che di cho ce me tu vederai nela figura seguente flauti quante sarano le voce che portera el flauto per ordinei generale et disoto via del flauto li pongo la sua nota […].”
[59] Vedi OP X 114b: ”Hae omnes voces ex regulis supra positis demonstrantur.“ P.e. Cardano scrive sulla quarta regola, OP X 113b: “Semitonium fit etiam quotiens sub eodem spiritu foramen sequens ex toto claudi non solet, vt ex E in F ex F in G. Demonstratur, quia si ex toto clauditur fit tono gravior, si nihil remanet eadem, igitur clausa parte media fiet gravior semitonio. In quantitate autem partis claudendae auri accommodetur.“
[60] Il titolo completo è: De proportionibus numerorum, motuum, ponderum, sonorum, aliarumqve rerum mensurandarum, non solum Geometrico more stabilitum, sed etiam varijs experimentis et obseruationibus rerum in natura, solerti demonstratione illustratum, ad multiplices usus accommandatum.
[61] Vedi OP IV 548b-556b. Cfr. anche Schütze (n. 10), pp. 444-448, 450-452.
[62] Cfr. OP IV 555a-b: “Tria sunt instrumentorum genera, in quibus maxime relucet ratio compositionis musicae quae a nobis nunc sunt demonstranda, scilicet machinae bellicae, ut catapultae et balistae et scorpiones, et hydraulica instrumenta ad modulationes parata, quae antiquo tempore maxime in usu fuerunt nunc desita, de quibus Vitruvius agit in decimo libro. Tertium est aeneorum instrumentorum, quorum etiam usus desiit in feoenicis theatris, ad intendendam vocem cum modulatione, ut etiam clamor audientium et vulgi cum voluptate excipiatur, de quo idem in quinto libro egit.”
[63] Vedi De libris propriis, OP I 144a.
[64] Questa tradizione riecheggia ancora nell’idealismo di F. W. J. Schelling : “Die Architektur bildet notwendig nach arithmetischen, oder, wie sie die Musik im Raume ist, nach geometrischen Verhältnissen.” (Sämtliche Werke, Die Philosophie der Kunst, I/5, p. 576)
[65] Cfr. OP IV 556a: “Liquet ergo si fabrilis omnis ars ad Architectum pertinet, illum etiam hac ratione oportere esse peritum musicae.”
[66] Vedi OP IV 555b: “Sed nil melius quam verba ipsius explicare de hoc tractantis, sunt autem haec: Musicen autem sciat oportet, ut canonicam rationem et mathematicam notam habeat: praeterea balistarum, catapularum, scopionum, temperaturas possit rectis facere. In capitulis enim dextra ac sinistra sunt foramina homotonorum, per quae tenduntur ergatis aut suculus et vectibus e nervo torti funes; qui non praecluduntur, nec praeligantur nisi sonitus ad artifes aures certos et aequales fecerint. Brachia enim quae in eas tentiones includuntur cum extenduntur aequaliter et parte utraque plagam emittere debent. Quod si non homotona fuerint, impedient directam telorum missionem. Item theatris vasa aerea, quae in cellis sub gradibus mathematica ratione collocantur, et sonitum discrimina, quae Graeci cheia vocant, ad symphonias musicas sive concentus componuntur, divisa in circinatione diatessaron et diapente et diapason, uti vox scoenici sonitus conveniens in dispositionibus: tactu cum ostenderit aucta cum incremento clarior et suavior ad spectarum perveniant aures. Hydraulicas quoque machinas et caetera quae sunt similia his organis sine musicis rationibus efficere nemo poterit. Capiamus ergo primum illud quod est manifestius, scilicet de hydraulicis organis quorum meminit Suetonius in Nerone: Reliquam diei partem per organa hydraulica novi et ignoti generis circunduxit, ostendensque singula de ratione ac difficultate cuiusque differens iam se prolaturum, ut constet illa fuisse magni opificii quae nostra aetate desiere.”
[67] Vedi OP III 573b:“Qui vero maxime delectant soni, et ipsi ad incontinentiam trahent, studiosos dum nimis musicae reddunt: velut hydraulica organa, quorum Nero suavitate mira delinitus, etiam inter vitae, et imperii pericula, exercituum, et ducum defectiones, imminensque exitium manifestum, curam non neglexit. Aquam haec continent, pluribusque fistulis aer immistus aquae modulationem cum susurro mistum emittit. Tradit Vitruvius horum rationem.”
[68] Su Cardano e i commentatori di Vitruvio vedi I. Schütze, Die Naturphilosophie in Girolamo Cardanos De subtilitate, Fink, München 2000, pp.128-143.
[69] Cfr. Gozza 1986 (n. 2), p. 24.
[70] Miller 1973 (n. 1), pp. 21-22, sollecita questo carattere enciclopedico anche per la disciplina della musica stessa: “Cardan’s approach to music might be termed encyclopedic since there is hardly any aspect of music that he did not treat. He discusses its philosophy, social function, acoustical properties, as well as its practise in vocal and instrumental music.”
[71] Vedi A. Kircher, Musurgia universalis, Roma 1650. Per la costruzione dell’organo idraulico automatico vedi pars V, pp. 334-335. Sulla discussione di Vitruvio in Kircher cfr. pars V, pp. 330-333, p. 330: “Varia de organis Hydraulicis variorum est sententia, et adeo a Vitruvio obscure descripta, ut quid de iis statuendum sit, vix dispici possit; neque mirum est. Nam si et nos quoque organa, quibus utimur describere proponeremus, rem nequaquam non habent huiusmodi organorum notitiam. Tanto magis antiquitas et vocabolorum rerumque novitas nos torquebit, si Vitruvianum machinam descriptam intelligere et fabricare tentaverimus.”
 

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