LUCIANO
BERIO - OUTIS
e veniamo ad apprendere dalla chiosa che trattasi di lamento
funebre in greco-salentino, sappiamo già che cosa ci attenderà lungo
tutta l' "azione musicale".
L'
"antinarratività" consisterà per lo più in uno svuotamento
interno dei personaggi e degli eventi i personaggi saranno ridotti al loro
puro nome, marionette senza il teatro delle marionette e ad essi verranno
di volta in volta messe in bocca parole strane, che in realtà non riescono
nemmeno ad incuriosire avendo la curiosità sempre bisogno di un contesto
che la muova. Ciò
di cui si sente subito la mancanza è proprio il contesto della curiosità
. Qui e là affiora invece la bellezza di un verso, e si delineano dimensioni
emotive che la musica sa sottolineare a fare emergere. Qui e là. All'interno
di nonsensi ultrasapienti: sui quali, peraltro, lo spettatore è implicitamente
dissuaso dal tentare un'interpretazione o un commento, di stabilire raccordi o collegamenti,
di interrogarsi sul chi, il come e il perché. Lo si potrebbe fare soltanto
per una sorta di generosità che potrebbe essere mal ripagata. Scatta infatti
il congegno, anch'esso vecchiotto e malandrino, secondo il quale la stesura del
testo è compiuta su presupposti tali da far sì che ogni domanda possa
facilmente essere dimostrata falsamente impostata ed ogni commento erroneo.
Di
questo congegno fa naturalmente parte il "si può dire tutto e il contrario
di tutto". Il titolo parla chiaro. "Nessuno" non è un personaggio,
essendo nessuno (ma pretende anche di esserlo). E gli altri personaggi non sono
da meno. Se l'ascoltatore ingenuo tentasse una qualche caratterizzazione psicologica
correrebbe il rischio di una pesante, quanto ingiusta, ridicolizzazione. È
vero poi che una storia viene spiattellata chiara e tonda dal Suggeritore, e più
volte, a dimostrazione dell'eterno ritorno. Si ha anche cura di non farlo cantare
ma parlare, perché quella storia possa essere da tutti udita. Ma questo
Suggeritore non fa parte del Teatro, almeno credo, ma del Meta-Teatro... e quindi
appartiene e non appartiene all'azione musicale. Infatti non canta.
Se
mi si obbiettasse che in questo momento starei implicitamente parlando a favore
del "libretto d'opera", questa obiezione non mi confonderebbe più
di tanto. Non siamo al punto che si debba ancora polemizzare con il lieto fine.
Le mie osservazioni tuttavia sono puntate in altra direzione. A me non sembra che
ci si renda abbastanza conto che questo modo di affrontare il problema conduce,
per una logica interna della ricezione e quindi indipendentemente dagli intenti costruttivi,
ad una depressione delle cose e persone, azioni ed eventi, a pure e semplici allegorizzazioni.
Il teatro antinarrativo così inteso riscopre l'Allegoria. Cosa serissima,
peraltro. Che appartiene integralmente alla teoria ed alla storia dell' arte. Il
punto è che non siamo sicuri che si volesse fare questa riscoperta. "Outis"
è simile ad una macchinetta che distribuisce allegorie. Non c'è quasi
dettaglio scenico che non abbia un senso allegorico o tanto esplicito da essere
plateale il supermarket, la borsa, il coro dei deportati o suggerito
come un enigma: di cui è impossibile, e del resto privo di interesse, venire
a capo (la prima cosa, il proporre enigmi, fa parte della tradizione delle rappresentazioni
allegoriche, la seconda no). Vi è l'Assassinio ovvero l'Assassino, il Padre
ovvero la Paternità, Edipo, il Figlio e la Sposa, la Nave e il Viaggio, l'Impermeabile
e la Valigia, il Regista e il Suggeritore, l'Amor Casto e l'Amor Profano, ecc. Poiché
tuttavia questa circostanza non è riconosciuta, essa non viene esplicitamente
tematizzata e tanto meno fatta propria e sottoposta ad un'efficace elaborazione.
La sequenza di stilemi allegorici finisce così con l'avere assai meno senso
dello squadernamento delle carte dei tarocchi, per quanto si possa nella costruzione
e nel progetto tentare di far valere rapporti di coerenza immaginativa. E' infine
appena il caso di dire quale sia l'impressionante spreco di archetipi immaginativi,
di motivi che hanno in se stessi e nella tradizione letteraria una straordinaria
potenza fantasmatica: basti pensare alla figura del Doppio, qui ridotto alla brutale
letteralità di un raddoppiamento che ha quasi soltanto il senso deteriore
di uno stratagemma teatrale per giustificare, con le resurrezioni di Outis, l'idea
immensa della ciclicità del tempo.
Nota:
[1] Insieme al libretto, per le edizioni
del Teatro alla Scala, vengono pubblicati i saggi: L. Berio, Morfologia
di un viaggio, pp. 37-38;
Dei suoni e delle immagini, pp. 39-42; D. Osmond-Smith,
Teatro senza narrazione,
pp. 43-45; D. Del Corno, Nessuno,
pp. 49-55. -
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