Carlo Serra

Sull'improvvisazione


INTRODUZIONE

Ogni discorso intorno all'improvvisazione non può non misurarsi con lo stretto rapporto che ha connesso questa pratica musicale allosviluppo della tecnica compositiva. Vi è la sensazione che un intreccio profondo tra queste due forme musicali abbia caratterizzato una buona parte della nostra tradizione, e le trattazioni sull'argomento mettono spesso in luce come il partire da problemi comuni ne abbia determinato delle reciproche riconversioni, avvertibili in modo così evidente che la prospettiva degli storici ha sempre dovuto assumere dei punti di vista molto pronunciati nella interpretazione di questo problema.

Così, Ernst Férand, sicuramente il più autorevole studioso del tema, non ha potuto sottrarsi da una pesante ipoteca concettuale nello schematizzare il rapporto tra improvvisazione e composizione come un confronto dialettico che attraversa tutta la storia della cultura, in una polarità che vede nell'improvvisazione il prefigurarsi di temi che solo la composizione tende poi a sistematizzare, in un approccio che va dall'intuitivo verso il razionale. In questo scritto abbiamo di mira una parziale ricostruzione di alcuni temi teorici visti in una prospettiva di ordine storico, per creare una sorta di breve ricostruzione dei caratteri strutturali dell'improvvisazione. Si partirà da una caratterizzazione dei materiali di tipo improvvisatorio presenti nella musica indiana, e dalle specifiche forme di apprendimento ad essi connesso, per poter poi parlare delle possibilità improvvisatorie connesse alla natura relazionale della musica. Ritmo e funzione della ripetizione saranno utilizzati in due esemplificazioni tratte dal Jazz..

1- APPRENDIMENTO DEL MATERIALE MUSICALE NELLA MUSICA INDIANA

- Il tema dell'apprendimento musicale può essere utile per delineare alcune distinzioni significative che caratterizzano un approccio improvvisatorio alla musica.

Nella musica indostana, il musicista riceve delle indicazioni molto vincolanti di tipo estetico-religioso, mentre gli viene lasciata una grande libertà per quello che riguarda la musica. Come ha rilevato Derek Bailey, l'ambito improvvisatorio offerto dal raga è caratterizzatodall'utilizzo di un materiale di natura molto duttile: vi è una grande variabilità nell'andamento tonale, legata all'utilizzo di svara e sruti, suddivisioni della scala che il musicista ricostruisce a orecchio secondo regole legate solo al suo gusto personale.

Questa fluidità si estende all'accordatura dello strumento, in quanto il sitar è caratterizzato dall'uso di corde a bassa tensione: questo determina che, in una musica microtonale incui la maggior parte dei movimenti minori avviene attraverso dei glissando, l'esatta ampiezza della shruti (termine che ha riferimento, nel suo significato, all'"udire") sia, necessariamente, una questione di scelte puramente soggettive. Lo stesso vale per la notevole variabilità ritmica dei raga, nel rapporto tra accompagnamento (fisso) e abbellimento ritmico (controtempi), che determinano ambiti poliritmici variabili.

La materia fluttuante del raga viene comunque tipicizzata attraverso schemi, le cui caratteristiche potrebbero esser definite in questo modo: le differenti parti costitutive non hanno valori gerarchici naturali.

Un abbellimento, ad esempio, non è in alcun modo sottomesso a ciò che abbellisce. Derek Bailey fa notare come, in questa prospettiva, il raga si costituisca come un insieme di procedure interne non troppo univocamente determinate: lo schema del raga è quello di un percorso che, nel suo sviluppo, si arricchisce di elementi che determinano un continuo espandersi della forma. Ecco alcune caratteristiche che potremmo presentare come chiavi per definire una musica organizzata secondo dei criteri improvvisatori: vi sono degli schemi-tipo e non delle forme cristallizzate, abbiamo una tessitura variabile, riconosciamo una funzione strutturante dell'abbellimento.

Come è possibile insegnare una forma musicale di questo genere? L'apprendimento del raga è legato all'improvvisazione: la maggior parte dei musicisti impara a improvvisare accidentalmente, attraverso la discussione di esempi presentati dal maestro. A questa forma di apprendimento non sono estranee né la tematica del gioco, né quella dell'errore. Il maestro non dice, in realtà, come improvvisare: lo studente deve impadronirsi del modo attraverso l'esperienza, deve sviluppare i vari metodi con cui la musica può essere suonata, ascoltando e, talvolta, imitando le frasi costruite dal maestro, cercando di cogliere il senso del loro concatenarsi. L'oggetto sonoro viene così esibito con un certo numero di variazioni d'esempio. In questo processo costruttivo, vi è una componente di esplorazione diretta dei materiali sonori che non si lascia ingabbiare da costruzioni teoriche: l'elemento teorico arriverà dopo, quando l'allievo avrà già imparato la pratica improvvisatoria. Si apprende direttamentela cornice entro cui si sviluppa l'improvvisazione, la cui coerenza è garantita dal fatto che questi materiali musicali, perquanto molto fluidi, presentano caratteristiche morfologiche ed espressive ben determinate e ordini di relazioni interne (modalità, andamenti armonici di tipo microtonale, figurazioni melodiche legate all'andamento scalare), che fanno sì che il percorso improvvisatorio sia guidato dalle connessioni di senso interne al materiale stesso.

2-RELAZIONALITA' E VOCALITA'
NELL' IMPROVVISAZIONE A QUATTRO VOCI
NELL'INGHILTERRA DEL SECOLO XIV

-Un'altra prospettiva interessante sull'improvvisazione ce la offre il canto improvvisato a quattro voci. Se la musica indiana ci ha fornito l'occasione di guardare al ruolo del materiale nell'apprendimento improvvisatorio, nel canto improvvisato medievale a quattro voci possiamo individuare una via d'accesso al tema della relazionalità in musica.

 Se udiamo due suoni di diversa altezza, è immediato stabilire tra loro una serie di relazioni: relazioni di ordine armonico (consonanza), spaziale (l'intervallotra i suoni potrebbe essere di tipo ascendente o discendente), e così via. Se, nell'improvvisazione di tipo modale, come nel raga o nel gregoriano, l'elemento relazionale prende forma soprattutto rispetto alle alterazioni specifiche nelle scale usate, nell'improvvisazione a quattro voci di cui stiamo parlando la tendenza è di tipo accordale.

Lo stesso ordine di voci si trova, secondo Bukofzer, nella cosiddetta regola delle "Sights", connessa al discanto inglese. Nel testo Scientia artis musicae di Elias Salomon (1274) ci viene presentata questa forma improvvisatoria: per una voce più alta di discanto si utilizzano gli intervalli corrispondenti al suo naturale livello per quinte, ottave e duodecime. Pellegrino Santucci nota che una situazione simile si rintraccia nella musica inglese. L'improvvisazione partiva da una regola determinata da un intervallo di trasposizione diverso per ogni voce, il quale le intrama in una struttura armonica. La regola, definita come "regola delle sights", prescrive che i cantanti, nelle loro improvvisazioni, si attengano a un intervallo armonico fisso, determinato in partitura, ma sappiano anche districarsi all'interno degli intervalli effettivamente verificatisi nell'improvvisazione ("in voce").

Férand: "Sopra una melodia gregoriana nel tenor, il mene (contralto) andava cantato una quinta più in alto del previsto, il treble (soprano) ancora una ottava più in alto del previsto, il quatreble (voce di "supersoprano", affidata ai fanciulli) una duodecima più in alto del previsto,con conseguente raddoppiamento del mene nell'ottava superiore". Férand nota che il discanto inglese non si distingueva da quello continentale, in quanto entrambi si presentavano come improvvisazioni su di una melodia gregoriana. L'unica differenza consisteva nella scelta degli intervalli, in quanto nel discanto inglese si previlegiavano intervalli di terza e di sesta.

citazione

Inno a S. Magno, da un Manoscritto di Uppsala del XIII sec.
Uno dei più antichi esempi di polifonia a due parti per terze parallele

In questa pratica improvvisatoria, dopo una nota all'unisono (la prima del modo), ogni singola nota intonata dal tenor veniva immediatamente a trovarsi all'interno di un'impalcatura fissa, determinata dalle forme di armonizzazione offerte dallo schema: mentre la voce iniziava ad intraprendere il suo percorso melodico, doveva confrontarsi con cambi d'armonia e procedimenti a moto contrario con le conseguenti riarmonizzazioni (discanto). "Proprio qui si fondono i principi tecnici fondamentalmente diversi dell'improvvisazione, ovvero la componente verticale della giunta vocale e quella orizzontaledell'ornamento melodico". La possibilità di accedere a strutture improvvisatorie attraverso la valorizzazione della componente relazionale è individuabile in un procedimento analogo, quello della pratica improvvisatoria "Per faux bourdon", tipico dei compositori francesi del 15° secolo: in un brano a tre voci, la linea della voce centrale non era scritta ma esclusivamente improvvisata, a partire dalle due voci esterne che erano, invece, annotate.

Guardando a queste pratiche improvvisatorie, possiamo comprendere come Jacobus von Leuttich (Speculum Musicae) tenti di dare una definizione di discanto: discantare significa "condurre due o più voci distinte in un unico canto, grazie ad un'armonia appropriata (concordiam)"; oppure "a partire da una voce superiore, distinta da quella del tenor, ottenere un unico canto, grazie alla soave coesione ( mixtionem) delle voci". L'uso della notazione convenzionale per l'improvvisazione (sights) permette che la relazione armonica tra le voci venga il più possibile rispettata, secondo un caratteristico rapporto spaziale. Ad una concezione relazionale dello spazio musicale, inteso come intelaiatura variabile sopra un rapporto dato, corrisponde il fatto che tutte le voci si ritrovino all'unisono sulla nota iniziale e finale della melodia gregoriana, in un percorso circolare di divergenza e convergenza rispetto a un punto dato. Nel percorso, poi, l'allinearsi di una voce con l'altra nella fase improvvisatoria a moto contrario (discanto), impone una riarmonizzazione da parte delle altre due voci: il percorso è quindi garantito anche da una circolarità interna. E' evidente che il rapporto tutto-parti tra voci è legato ad un solo elemento: lo schema armonico. Al suo interno, il gioco improvvisatorio indebolisce e conferma questo legame. Qui lo schema è un filo conduttore, che permette al suo interno libertà quali la fioritura, l'espansione armonica e il dispiegarsi delle intrinseche possibilità polifoniche. Questa forma improvvisatoria è emblematica di un alto grado di sviluppo nelle forme di apprendimento musicale basato sull'improvvisazione: del resto, il metodo di inseguimento nota contro nota era caratteristico nella formazione del cantore medievale, e questo modello ne offre una tipica evoluzione.

Va ancora notato che, in questa prassi improvvisatoria, vediamo convergere tra di loro forme immaginative legate alla percezione visiva (decifrazione del rapporto armonico dalla scrittura convenzionale, quasi si trattasse di effettive letture di partitura in chiavi diverse), e a quella specificamente musicale, legato alla pratica dell'ascolto e della reintonazione. Non è difficile notare come si confermi in questo contesto l'intreccio caratteristico fra componenti immaginative e momenti percettivi. Anche questi fenomeni (come quelli relativi alla musica indiana), sembrano alludere alla capacità dell' immaginazione musicale di riconoscere e tematizzare gli elementi interni al materiale stesso, e di poter operare su piani diversi a partire da un unico problema .

3-FUNZIONE DELLA REGOLA NELL'IMPROVVISAZIONE: LENNIE TRISTANO

- E' possibile ora parlare del rapporto tra improvvisazione e struttura nell'ambito del mondo musicale afroamericano, con particolare riferimento alla nozione di ritmo, a cui il Jazz si è progressivamente riavvicinato in relazione alle sue origini africane.

E' opportuno ricordare che: a) la musica africana è basata su rapporti poliritmici e polimetrici che ne determinano la dimensione polifonica; b) la poliritmia è basata su criteri di addizione più che di suddivisione, e quindi l'interesse per l'intreccio poliritmico condiziona fortemente le possibilità improvvisatorie al suo interno (Per questa schematizzazione, vedi G. Schuller, Il jazz classico Mondadori, Milano 1979). Nella musica di Lennie Tristano (1919-1978) possiamo trovare alcune delle tematiche più importanti per la definizione degli ambiti di improvvisazione. Nella musica di Tristano, si assiste ad un uso non infrequente di una politonalità basata sul principio dell'armonia composta e di moduli poliritmici.

Riprendendendo un articolo di Marcello Piras, è possibile analizzare l'elemento poliritmico in una incisione del 1955 di un brano dal titolo Turkish Mambo:

citazione musicale

citazione musicale

citazione musicale

In questo pezzo, sopra un anello poliritmico costituito da treelementi (in 7/4, in 3/8 e in 5/4), assistiamo ad una improvvisazione sopra un pedale in mi minore costituito da un unico accordo. L'intreccio poliritmico è stato ottenuto da Tristano attraverso la sovrapposizione di tre mani sinistre per sovraincisione su piste non separate. Tristano ha costruito questo anello poliritmico utilizzando un espediente di tipo metrico, cioè lo spostamento degli accenti; vediamo come: la frase A sarebbe in 7/8 , ma Tristano fa cadere asimmetricamente gli accenti al suo interno in modo che ciascun ciclo richiede due frasi per completarsi, determinando così un ritmo di 7/4. La frase B è in 3/8 mentre nella frase C, che parte in 5/8, il cadere asimmetrico degli accenti, ci riporta ad un ciclo che si completa, di nuovo, con due frasi, cioè ad un ciclo di 5/4.Questa costruzione, che ha un andamento spiraliforme, genera, come ha notato Piras, una serie di illusioni percettive, legate al fatto che, nell'intrecciarsi dei ritmi, l'ascoltatore può isolare e connettere tra di loro elementi tematici che nascono semplicemente dalla combinazione delle voci. Anche qui, il compositore non fa nient'altro che proporre del materiale che ha, al suo interno, alcune regole non rigide di connessione le quali, in qualche modo, delimitano il campo dell'improvvisazione.

Quando la mano destra comincia ad improvvisare, l'improvvisazione allude al modello di un blues arcaico ad andamento vocale sopra un solo accordo. Vediamo, in questo caso, articolarsi tra di loro gli elementi della ripetizione (l'intreccio poliritmico è pensato in modo tale che,dopo un certo numero di battute gli elementi si riallineino per poi risepararsi),della riduzione armonica (l'uso del pedale in mi minore), gli elementi mimetici del canto e così via. In questa situazione, risulta evidente come l'improvvisazione si avvalga di regole rigide, rispetto alle quali l'improvvisatore gioca la sua progettualità musicale. Ogni elemento del contesto ha, in qualche misura, un carattere vincolante, come una sorta di regola inventata ad hoc, che ricade sull'intero della costruzione musicale,di modo che la libertà dell'improvvisatore ne rimanga vincolata. Al tempo stesso, le potenzialità dei materiali musicali, che non sono di natura meramente sintattica, si rovesciano sulla forma e la espandono. Questo risulta più comprensibile se pensiamo che la forma a cui si ispira Turkish Mambo è una sorta di espansione di un boogie-woogie: il movimento dei bassi, così come la distanza tra le mani del pianista, riconducono a quella forma musicale. In questo senso, l'improvvisazione si accompagna anche a una riflessione sulla forma compositiva.

Dal punto di vista della struttura, è possibile rappresentare Turkish Mambo come un anello che ruota su se stesso, rispetto al quale l'improvvisazione della mano destra assume la valenza di un abbellimento che ha una evidente funzione strutturante. A partire da questa rappresentazione strutturale si potrebbe sviluppare un'analisi della funzione strutturale dell'abbellimento rispetto al tema della ripetizione; e sarebbe possibile cercare analogie non solo riferibili al mondo della musica modale, o a quello musicale in generale, ma mettere alla prova questo modello anche in relazione al problema della variazione nelle strutture visive. Anche se non può essere questa la sede per un approfondimento, si tratta di una possibilità che va comunque segnalata, perchè questo tema del pedale e dell'abbellimento è un esempio di come il tema della continuità per unità discrete attraversi la pratica musicale in modo incessante. Si pensi al rapporto strettissimo che lega la variazione timbrica diplofonica alla nota tenuta dal pedale nelle tecniche vocali che caratterizzano la musica mongola o quella tibetana: ancora una volta, l'andamento microtonale dell'elemento della voce superiore si esprime attraverso abbellimenti a partire da una struttura continua.

Per concludere il quadro, la progettualità dell'improvvisatore va a toccare aspetti tecnici come quello dell'uso della sovraincisione per piste non separate, dove ogni errore comporta l'obbligo di ricominciare tutto quanto da capo, avvicinandosi così alla dimensione della performance. Cogliamo qui, allora, tutte le potenzialità di un procedimento improvvisatorio, mirabilmente colte da Jean Derome, il quale scrive: "L'improvvisazione va vista come la caduta di una frana: un evento improvviso preparato da molto tempo" (cfr. M. Piras, "Gli ingranaggi di Turkish Mambo", Musica Jazz, Aprile 1985).

4-RIPETIZIONE E NOTAZIONE MUSICALE NELLE IMPROVVISAZIONI DI ANTHONY BRAXTON

Anthony Braxton (Chicago 1945) è sicuramente uno degli esponenti più autorevoli della scuola di improvvisazione della capitale dell'Illinois. Tra i molti aspetti della sua attività, ha dedicato alcuni lavori al tema del rapporto tra improvvisazione e notazione musicale. Nella sua prospettiva, la notazione non svolge la tradizionale funzione di duplicazione di un oggetto musicale, ma serve invece a stabilire le coordinate all'interno delle quali deve muoversi l'improvvisatore rispetto a un oggetto musicale: in questo modo, la notazione da un lato dà stabilità e coerenza nell'improvvisazione, dall'altro può "variare con lo schema totaledella musica" (Seminario musicale a Newcastle, 1986). Questo tema si lega a quello della ripetizione in molte composizioni di Braxton,ad esempio nella Composizione 26F per sax alto:

citazione

Commento di Braxton: "Composition 5 is based on the concept of a repetition continuum. That beeing the use of repetition and the gradual change of events by either adding a given element. The range of material in this version can be separated into several categories - simple configurations, having to do with an idea built from one or two notes - multiple configurations, ideas that areconstructed from several different figures and shape configurations, that being shapes which serve as generating considerations for repetition. The use of dynamics must also be considered a principle factor in this composition, for the nature of how a given figure is set up dynmically determines whether or not its transformation can be successful. The nature of a given idea transformation also necessitates the use of link structure elements - that being the modulation of given aspects of a principle idea structure".

L'idea è quella di un continuum in cui la musica si sviluppa a partire da elementi molto semplici attraverso trasformazioni graduali che articolano il materiale in configurazioni variabili secondo schemi legati alla dinamica. In questo brano, la notazione suggerisce schemi di costruzione attraverso linee e punti. L'elementare schema di partenza (due note) si sviluppa con l'ausilio di figure geometriche in notazione a cui corrisponde la modalità di costituzione della figura musicale dal punto di vista della dinamica: infatti, la costruzione dinamica della figura musicale è determinante affinché essa possa essere trasformata o meno all'interno del flusso improvvisatorio, ovvero essere inserita nel ciclo del continuum ripetitivo. Si tratta di un brano scritto senza note: il particolare sistema di notazione che ci propone Braxton è tutto pensato in termini di traduzioni grafiche volte a suggerire la costruzione di determinati oggetti sonori, i quali dal punto di vista musicale valgono come variazioni sopra una struttura data. Il solista esibisce figure musicali a partire da suggestioni geometrizzanti: alcune presentano lacune caratteristiche, altre sono intersezioni di moduli compositivi, fino ad arrivare alla metaforizzazione del rumore. Questo susseguirsi di figure musicali a partire da uno schema ci esibisce strutture fenomenologiche elementari che l'immaginazione musicale ricostruisce da figure geometriche elementari.

Questo problema va approfondito: se la costruzione di determinati oggetti sonori si muove in analogia con procedure di tipo geometrico-rappresentativo, vuol dire che il musicista si muove su un terreno intermedio di rappresentazioni che hanno uno statuto fenomenologico diverso; una cosa è una serie di linee e un'altra è un insieme di suoni. L'immaginazione musicale, insomma, parte da oggetti che hanno un differente statuto percettivo. L'improvvisazione ci porta verso l'esibizione di figurazioni musicali a partire da schemi geometrici: l'immaginazione musicale, secondo proprie progettualità e serializzazioni, costruisce oggetti sonori mettendone in rilievo alcune caratteristiche a partire da disegni che alludono a direzioni spaziali: linee, curve e segmenti composti. E' una sorta di catalogo costruito per analogia. I segni verranno poi interpretati dall'esecutore, ma questa interpretazione, per quanto arbitraria voglia essere, non potrà non confrontarsi con le suggestioni spaziali che sono all'origine della costruzione sonora, pena la perdita della coerenza nel processo improvvisatorio.

L'uso della dinamica come criterio di costruzione delle figure musicali fa sì che l'improvvisazione di Braxton si trasformi in una sorta di piccolo compendio delle varie tecniche di emissione dello strumento, che va dal sussurrato al fortissimo, dall'intonazione di gruppi di arpeggi alla condensazione poliritmica, in un processo che va dalla melodia al rumore. In questo sviluppo, le figure musicali che ascoltiamo sono caratterizzate,oltre che da proprietà dinamiche, da specifiche figure: questo fa sù che persino il rumore di una sega possa essere inserito nella serie, senza turbarne la coerenza.

Il richiamo al rumore e a tecniche non ortodosse di utilizzo dello strumento porterebbe il discorso sull'improvvisazione sulla tematica della particolare accezione che assume il termine "tecnica" all'interno del contesto improvvisatorio. E' un fatto che anche su questo tema vi sia una generale confusione di opinioni da parte della critica specializzata, che spesso tende a identificare come provocazioni gli usi non ortodossi degli strumenti da parte degli improvvisatori. Basterebbe alle volte cogliere come la nozione di rumore venga applicata al problematico utilizzo dell'amplificazione nelle performances; sembra che il rumore, nell'improvvisazione, sia riconducibile a un'unica valenza espressiva, vale a dire la negazione del musicale. E' sconfortante pensare che l'inserimento del rumore in un brano musicale debba avere sempre un'unica funzione, quasi che tutta la musica improvvisata fosse organizzabile secondo una sorta di diade dialettica (musicale/non musicale), che, nella sua genericità, non può dire nulla proprio degli estremi di cui è costituita. In realtà, vi sono numerosi esempi di come la sperimentazione nella musica contemporanea sia stata accolta dagli improvvisatori come un effettivo arricchimento del loro vocabolario stilistico, di come le tecniche di canto improvvisatorio si siano impossessate di quelle contemporanee (un'influenza su tutte: quella di Luciano Berio), costruendo un terreno di incontro tra queste due diverse forme di organizzazione musicale (non diverse musiche) di cui, forse, gli stessi compositori si sono accorti appena.


Bibliografia minima:

Ernst Férand, Die Improvisation in der Musik, Rhein Verlag, Zürich 1938.
Pellegrino Santucci, L'improvvisazione musicale, Bologna 1979.
Carl Whitmer, Art of Improvising, New York, 1934.
Giampiero Cane, Canto Negro, Bologna 1981.
M. Piras, "Gli ingranaggi di Turkish Mambo", Musica Jazz, Aprile 1985.


Abstract

An analysis concerning improvisation in music and its relations with rules and structures. Instead of starting from the traditional opposition between spontaneity and compositive reflection, this writing - which main interest is on musical imagination - analyzes some improvisation forms in their relations with schemes predetermining it and transformations that improvisation itself causes on the same schemes. This writing mainly concerns: 1. Raga learning method. 2. Music relationship as a tie for improvisation in medieval music (with an analysis of XIV century english four-voices improvisation). 3. The relation betweeen rules and improvising practice in the music of Lennie Tristano and Anthony Braxton. From these examples, we can notice some interesting relations between different phenomenological structures.

 

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