Kuhn – progresso scientifico e modello a singolo paradigma

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Mattia Bernasconi

Penso che l’interpretazione che Kuhn dà del progresso scientifico come adattamento evolutivo non cumulabile sia molto affascinante. Mi chiedo, però, se veramente non sia cumulabile del tutto. Nel senso che per non esserlo dovrebbe richiedere un continuo rifondare da zero ogni teoria, cosa che evidentemente risulterebbe impossibile. Ogni rivoluzione, infatti, mantiene qualche fondamento della teoria precedente, se non altro la grammatica algebrica con la quale le formule matematiche vengono espresse (nel caso delle scienze matematiche, che la fisica, ad esempio) oppure il lessico del linguaggio nel quale i processi vengono descritti (nel caso delle scienze descrittive, come la biologia, ad esempio).
Qualcosa di cumulabile in ogni rivoluzione deve per forza esserci. Questo non significa, evidentemente, che una nuova teoria debba contenere tutta quella precedente, ma almeno una parte dei principi che quella vecchia ha a fondamento credo di sì.

Accolgo anche la seconda domanda circa la caratterizzazione temporale successiva al XVII secolo del modello a singolo paradigma.
Nel suo stesso testo, “La rivoluzione copernicana” Kuhn fa partire la trattazione sulla scienza cosmologica e astronomica fin dagli antichi egizi, ben prima, insomma, delle teorie di Copernico e della successiva rivoluzione da lui e dai suoi discepoli introdotta. Arrivando al Medioevo mi sembra, inoltre, che descriva il passaggio dalla scienza antica a quella medievale occidentale in maniera molto netta, addirittura identificando questo passaggio come conseguenza di due fattori chiave: il declino della qualità e della quantità dell’attività scientifica; la scomparsa della cultura tradizionale. Queste causarono una riscoperta della tradizione antica, riscoperta che portò, però, a scontrarsi con le contraddizioni che nascevano dal tentativo di tenere insieme l’armonia e la perfezione delle sfere e del mondo celeste con la necessità di introdurre epicicli e deferenti, propri dell’astronomia tolemaica e necessari alla spiegazione e predizione dei moti degli erranti. Dopo la Scolastica questo portò, attraverso Keplero, fino alla teoria copernicana che dà, appunto, origine all’omonima rivoluzione e al titolo del testo di Kuhn.
In effetti fino a quel momento la tendenza diffusa era quella di tradurre, interpretare e spiegare i testi dei grandi pensatori sui quali si fondava il sapere scientifico: Aristotele e Platone su tutti. Ogni grande pensatore doveva confrontare il proprio pensiero con quello dei più grandi pilastri dell’Antichità.
Con Copernico, Galileo e, poi, Newton, invece, si assiste a un cambiamento d’epoca, perché le osservazioni non servono più a corroborare un modello, alla peggio introducendo escamotage matematico-geometriche (come nel caso degli epicicli, dei deferenti e degli eccentrici), ma l’osservazione va a costruire un modello che può anche discostarsi dal pensiero tradizionale, compiendo così una vera e propria rivoluzione che introduce un secondo paradigma in alternativa al primo, ormai superato dal nuovo modello.

In definitiva, quindi, mi vedo concorde con la tesi di Kuhn, corroborata anche dalla sostanziale inesistenza della maggior parte delle università fino, all’incirca, al periodo da lui individuato.
Un altro discorso andrebbe fatto, forse, per il mondo arabo e, in generale, orientale, ma andrebbe al di là dall’ambito di trattazione dell’opera di Kuhn.

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