INFORMAZIONI PRATICHE
FORMATTAZIONE E CARATTERI
LUNGHEZZA
Secondo le norme della facoltà, la prova finale avrà un’estensione compresa tra 30 e 50 pagine. La tesi di circa 250. Dal computo sono escluse le eventuali appendici documentarie, interviste, illustrazioni, eccetera.
PARAGRAFI
La prova finale può essere eventualmente suddivisa in una serie di paragrafi, con un titoletto ciascuno scritto con il carattere maiuscolo/minuscolo (alto/basso) in grassetto.
Esempio: Paolo Grassi o il sale della cultura
Il capoverso
Per capoverso si intende un rientro grafico di un certo numero di battute. Tale rientro può essere stabilito di norma di cinque battute. Se si usa il tasto tabulatore del computer, il rientro è automaticamente prestabilito. Usare il rientro in modo appropriato, non a caso, andando a capo solo quando serve a staccare dal discorso che precede.
LUNGHEZZA DEI PERIODI e punteggiatura
Non fare periodi di una pagina intera. Una media di 4/5 periodi per ogni pagina è buona. Poi dipende da scelte personali. Bisogna, tuttavia, evitare di scrivere pagine senza mai andare a capo. Cercare di non fare mai periodi troppo lunghi né troppo brevi.
USO DELLE PARENTESI
In una citazione si usa […] quando si omette qualcosa (una parola, una frase) o quando una citazione piuttosto lunga principia con la lettera minuscola perché se ne omette la prima parte. I tre puntini vanno sempre fra parentesi quadre (cercarle nella tastiera e non sostituirle con le tonde).
Esempio 1:
Peculiare è il modo in cui Kleist tende a cancellare “[…] i confini tra tragedia e commedia nelle sue opere più mature”.
Esempio 2:
Pur ammettendo che […] il testo fu di frequente rimaneggiato.
PUNTEGGIATURA
Non mettere mai la virgola prima della parentesi tonda o quadra.
I trattini – – hanno lo stesso scopo della parentesi, ma sono stilisticamente più belli. Vanno usati in coppia e va lasciato uno spazio prima e dopo il trattino. I trattini non devono essere preceduti o seguiti da segni di punteggiatura.
Usare le virgole in modo appropriato. Nelle enumerazioni, dopo un richiamo, prima di un pronome relativo, per introdurre una subordinata, per staccare due frasi tra loro, etc. etc. Se si hanno dubbi, consultare una grammatica.
I puntini di sospensione, se si usano, sono sempre e solo tre …
MAIUSCOLO
Non usare mai il tutto maiuscolo, usarlo solo se compare nella citazione originale dell’autore. Prestare sempre attenzione all’uso del maiuscolo/minuscolo: con i nomi e i titoli delle opere:
Gianfranco de Bosio non è Gianfranco De Bosio
Il barbiere di Siviglia è differente da Il Barbiere di Siviglia.
Il Conte di Carmagnola da Il conte di Carmagnola.
Uso del corsivo
Il corsivo non si usa a caso. Si usa:
· quando dobbiamo introdurre nel discorso parole in lingua straniera (anche in latino), tranne nel caso in cui siano citazioni di brani molto lunghi (oltre le tre/quattro righe).
Esempio:
Nel prologo emerge un aspetto peculiare della Weltanschauung di Goethe.
· per indicare i titoli dei testi (ma anche dei singoli capitoli o delle singole voci di un’opera complessiva)
Esempio: Nel suo volume Il teatro di Alberto Nota, Albarosa Camaldo analizza…
· per indicare i titoli di tutte le opere teatrali e opere in generale.
Nel comporre La battaglia di Legnano, Verdi non può non considerare…
Uso delle virgolette
“ ” si usano per le citazioni brevi e per i titoli di riviste e quotidiani
Esempio 1:
Come ricorda Benedetto Marcello, i “protettori del teatro andranno incontro alle virtuose ”.
Esempio 2:
“La Perseveranza”; “Sipario”
« » si usano più raramente e soltanto quando all’interno di un testo citato vi sia un’altra citazione.
Esempio:
Secondo Camus “l’arte è anch’essa quel movimento che a un tempo esalta e nega «Nessun artista tollera il reale», dice Nietzsche”.
‘ ’ si usano per sottolineare la valenza particolare che si vuole attribuire a una parola. Pertanto, non si deve in nessun caso utilizzare il corsivo o il sottolineato per mettere in evidenza un termine.
Esempio:
In generale, una costante si può cogliere nell’ ‘uso’ dell’arte nel corso dei secoli.
Ci sono, infine, le uncinate semplici ‹ › che si usano quando dobbiamo completare una citazione introducendo qualche cosa di nostro.
Esempio:
Ed ecco tra noi riaprirsi i passaggi pubblici e riaprirsi i teatri. Dopo l’I. R. teatro alla Scala, ieri sera si riaperse il R. teatro della Canobbiana e il Carcano. Entrambi erano affollati ‹di ufficiali austriaci› malgrado il cattivo tempo.
NUMERI
Citare gli anni sempre per esteso:
scrivere 1993-1994, non ’93-’94.
Citare i secoli per esteso:
scrivere l’Ottocento (con la maiuscola), non l’800.
Citare le pagine per esteso:
pp. 310-311 e non pp. 310-11.
Citare le date per esteso:
scrivere 2 dicembre 1996, non 2.12.1996.
I nomi dei mesi vanno scritti con la lettera minuscola.
ACCENTI
Attenzione ai due tipi di accento, grave in particolare per le è = verbo essere. acuto = per parole come affinché, poiché, benché, né.
Se si hanno dubbi e incertezze, controllare sempre sul dizionario o usare il correttore automatico previsto nella maggior parte dei sistemi di WORD.
E’ voce del verbo essere maiuscolo si scrive È .
Ricordarsi che alcune voci verbali hanno l’accento (dà terza pers. singolare verbo dare) altre no (fa terza persona singolare verbo fare).
Indicazione di atto e scena
La cifra romana indica la suddivisione più grande: l’atto; la cifra in numero arabo indica la scena. Per indicare un verso (solo quando è necessario) si usa ancora la cifra araba. Ogni numero va separato da una virgola.
Esempio:
Vittorio Alfieri, Bruto secondo, II, 1, 11 sta a indicare atto II, scena 1, verso 11
La citazione
Prima regola: le citazioni devono essere sempre di prima mano. Mi spiego: occorre citare un documento, un articolo, un testo, dal luogo dove è conservato (se inedito) o pubblicato, e non indirettamente, per esempio da un saggio critico che lo cita a sua volta.
Se la citazione non supera le due/tre righe si può inserire nel corpo del testo, mettendola fra virgolette.
Esempio:
La Canobbiana necessita e ottiene numerose riparazioni, di cui è difficile precisare l’entità, in quanto, genericamente definite, in un documento datato luglio 1852, “[…] opere di riparazione e miglioramento proposte nell’I. R. Teatro alla Canobbiana”, e per le quali sono stanziate £ 373,30.
Quando la citazione è più lunga allora va rientrata rispetto al testo a destra e a sinistra e scritta con interlinea e carattere minore.
Esempio:
Noi, dunque, giovani studenti eravamo assai male collocati così: fra un teatro, che non ci toccava di entrarci se non cinque o sei sere in tutto il carnovale; fra paggi, che atteso il servizio di corte, le cacce, le cavalcate, ci pareano godere di una vita tanto più libera e divagata della nostra.
Il testo può essere scritto con carattere 14 e interlinea 1½ , la citazione è rientrata e scritta con carattere 10 e interlinea singola.
Per citazioni molto ampie (tre o quattro pagine) – per esempio il contratto di ingaggio di un attore, un capitolato d’appalto, etc., etc. – è consigliabile riportare in appendice tutto il testo e citarne nella prova finale solo alcuni brani.
Nelle citazioni non si va mai a capo.
Per citare un testo teatrale: scrivere il nome del personaggio che pronuncia la battuta in tutto maiuscolo, la didascalia va scritta in corsivo fra parentesi tonde (le parentesi non vanno scritte in corsivo), poi scrivere la citazione.
Esempio:
NORA (senza lasciarsi interrompere): Voglio dire che dalle mani di mio padre, sono passata nelle tue. Tu hai sistemato tutto secondo i tuoi gusti, e io li condividevo, o almeno facevo finta di accettarli. Non lo so. Forse un po’ una cosa, e un po’ l’altra.
Per citare i versi: i versi vanno staccati con / senza andare a capo alla fine del verso.
Esempio:
MEFISTOFELE / Passato! Che parola sciocca! Perché ‹‹passato››? / Passato e puro nulla: identità completa. / Questo perpetuo creare, allora, perché? / Per travolgere nel nulla quel che è stato creato? / ‹‹È passato!›› Come dobbiamo intenderla / questa parola? È come non fosse mai stato / eppure s’agita in cerchio, come esistesse. / Preferirei, fossi io, il vuoto eterno.
Come già detto, le citazioni devono essere sempre di prima mano e devo essere tratte da edizioni importanti, filologicamente valide. Non da edizioni economiche, spesso altrettanto valide ma meno attendibili. È chiaro che pochi eletti posseggono tali edizioni. Bisognerà quindi recarsi in Biblioteca., visto che è obbligatorio aggiungere sempre anche la pagina dove è collocato il passo citato.
NOTE
Ogni citazione, ogni riferimento hanno bisogno di una convalida in nota.
Ci sono vari tipi di note
note esplicative: che servono a chiarire qualcosa del testo;
Esempio:
Savinio ricorda di avere conosciuto “uno degli ultimi esemplari del dotto di stampo antico” il suo professore di latino1.
1 Savinio si riferisce a Domenico Fava, di cui è allievo nel 1909.
note bibliografiche: che indicano la fonte da dove è stata tratta la citazione;
Esempio:
Nonostante secondo Ricordi non sia “il caso ancora di pensare a portare questa roba sul teatro”1, Savino afferma: “Il Ricordi mi ha promesso di far di tutto per darla alle scene”2.
1 Sandro Franchi Una conversazione con Tito Ricordi, in “Corriere della Sera”, 17 ottobre 1907.
2 Sandro Franchi Il compositore quindicenne, in “Corriere della Sera”, 19 ottobre 1907.
Note biografiche: sono da compilare per tutte (o quasi) le persone che si citano nella prova finale, e devono contenere dati biografici o, nel caso di personaggi di grande notorietà, rimandi bibliografici del personaggio in questione. Indicare tutte le notizie che trovate sulla persona citata nel testo.
Esempio 1:
Ella stessa ammette di essere cresciuta molto in seguito all’incontro con Lea Padovani1.
1 Lea Padovani (Montaldo di Castro 1920 – Roma 1991), attrice, esordisce nel 1946, etc. etc.
Esempio 2:
Pirandello scopre le grandi capacità di Marta Abba1 nel 1924.
1Sulla figura artistica di Marta Abba si veda e qui indicare alcuni rimandi bibliografici. È inutile raccontare tutta la vita di Marta Abba, in quanto si presume che gli studiosi di teatro la conoscano. È utile indicare anno nascita e morte e gli studi più recenti a lei dedicati.
Se su alcuni personaggi citati non si trova niente, è bene dire comunque che nonostante le ricerche non si è trovato nulla.
Le note si scrivono sempre a piè di pagina con il numero di richiamo al testo. Nelle note e nelle citazioni non si va mai a capo.
COME SI INDICA IN NOTA UN VOLUME CITATO NEL TESTO:
Per indicare un volume da cui abbiamo tratto una citazione o al quale abbiamo fatto riferimento dobbiamo scrivere:
nome e cognome dell’autore,
titolo completo in corsivo mantenendo la stessa punteggiatura. Indi, di seguito la città di pubblicazione, la casa editrice, l’anno di pubblicazione, infine il numero di pagina o pagine a cui si fa preciso riferimento, il tutto separato dalla virgola.
Esempio:
Paolo Bosisio, La parola e la scena. Studi sul teatro italiano tra Settecento e Novecento, Roma, Bulzoni, 1987, p. 35.
p. 35 per indicare una pagina singola
pp. 36-38 se si tratta di più pagine a cui si fa riferimento.
Se gli autori sono due o tre, vanno citati tutti.
Se gli autori sono numerosi (come nel caso degli atti di un convegno) si usa AA.VV. = Autori vari
Esempio:
AA.VV., Massimo Castri e il suo teatro, a cura di Isabella Innamorati, Roma, Bulzoni, 1993, p. 76.
COME SI INDICA IN NOTA UN SAGGIO, UN ARTICOLO O UNA RECENSIONE
Per citare un saggio, un articolo o un capitolo all’interno di un libro si deve procedere così:
Mariagabriella Cambiaghi, Le serve di Castri o dell’immaginario femminile, in AA.VV., Massimo Castri e il suo teatro, a cura di Isabella Innamorati, Roma, Bulzoni, 1993, pp. 73-81.
Il curatore va sempre indicato. Il traduttore lo si può indicare se è importante in modo particolare.
Per indicare un’opera in più volumi: dopo l’anno si indica: vol. IV, p. 55, se si tratta di più volumi si scriverà: voll. IV-VII
Cfr. significa “confronta, si veda al proposito” e va posto davanti all’indicazione bibliografica per indicare: sull’argomento si veda anche…
Quando abbiamo a che fare con opere monumentali in cui è previsto un ordine alfabetico, come enciclopedie o dizionari biografici, è sufficiente indicare il compilatore della voce:
Esempio:
Si veda la voce curata da Silvio d’Amico per l’Enciclopedia dello spettacolo, Roma, Le maschere, 1961, s.v. (s.v. significa sub vocem e va in corsivo perché parola straniera – è latino -).
Se un testo è citato più volte si può scriverlo come segue:
Paolo Bosisio, La parola e la scena. Studi sul teatro italiano tra Settecento e Novecento, cit., p. 286.
Mariagabriella Cambiaghi, Le serve di Castri o dell’immaginario femminile, cit., p. 77.
Il cit. sostituisce città, casa editrice, anno nel primo caso, anche titolo e curatore della collana nel secondo.
Per citare un saggio che compare in una rivista:
autore, titolo, in “Annali di storia del teatro”, IV, pp. 430-432.
A volte fra il numero della rivista – indicato in cifra romana o araba – e il numero delle pagine si può inserire l’anno. Per le riviste non si indica editore e luogo di edizione
I titoli delle riviste e dei quotidiani vanno sempre scritti fra virgolette non in corsivo.
Ibidem: va scritto in corsivo, significa nello stesso luogo e si usa quando la nota viene dalla stessa fonte della nota immediatamente precedente.
Ibidem., p. 240.
Quando un’opera o un fondo archivistico è citato più volte nella prova finale, allora si può predisporre un elenco di abbreviazioni che si porrà all’inizio del lavoro.
Esempio:
Maschere nude sarà indicato MS.
Se si cita da fogli manoscritti, questi fogli si chiamano carte che possono essere numerati e scritti davanti e dietro (recto, verso). Sarà indicato così:
C. 3 v. = Carta 3 verso
Se si cita un articolo di quotidiano:
Tommaso Chiaretti, L’unico sano è il matto, cioè l’attore, in “La Repubblica”, 27 ottobre 1984.
Per i quotidiani, non si indica il numero della pagina ma la data di pubblicazione.
All’interno di una nota non si va mai a capo.
L’esponente di nota va messo sempre prima del segno di punteggiatura (punto, virgola) e dopo le virgolette e parentesi.
Esempio:
L’esasperazione lo porta a esclamare: “non ce la faccio più, lascio!”1.
INDICAZIONE E CITAZIONE DA SITI WEB
Nel testo il sito web è da indicare utilizzando il semplice indirizzo,
es.: www.piccoloteatro.org
In nota e in bibliografia il sito va indicato con la url per esteso,
es.: http://www.piccoloteatro.org
TEMPI VERBALI
Uso del tempo verbale: usare sempre il presente storico anche nelle note.
Usare la prima persona: la mia analisi (e non il nostro lavoro, la nostra ricerca et similia).
Anche nelle note biografiche usare sempre il presente storico.
Esempio:
Cesare Dondini nasce a Torino l’11 dicembre 1861. A sette anni esordisce nella Capanna del re galantuomo.
Per la varietà di stile non esitare a utilizzare un buon dizionario dei sinonimi e dei contrari.
I personaggi che via via compaiono nelle pagine della prova finale, vanno sempre tutti indicati con il nome e il cognome almeno la prima volta che ricorrono.
VARIA
Non usare la preposizione articolata col. È sempre meglio usare con il.
Esempio:
Non: Esce di scena col mantello adagiato sulla spalla.
Ma: Esce di scena con il mantello adagiato sulla spalla.
Non usare il verbo venire come ausiliare, ma usare essere.
Esempio:
Non: I testi che vengono presi in esame. Ma: I testi che sono presi in esame.
Quando è possibile, non separare il soggetto dal verbo:
Esempio 1:
Bentoglio, purtroppo, non completa l’informazione.
meglio: Purtroppo, Bentoglio non completa l’informazione.
Esempio 2:
Alonge, nel pubblicare le due lettere citate, le accompagna da una nota
meglio: Nel pubblicare le due lettere citate, Alonge le accompagna da una nota
Tra si utilizza tra due oggetti o persone
Esempio:
Stringe la sella tra le gambe.
L’attore fuma tenendo la sigaretta tra pollice e indice.
Fra si utilizza fra più oggetti o persone
Esempio:
Si passa una mano fra i capelli.
Fra gli allievi si fa notare per la sua eleganza.
Meglio sempre le forme intere alle forme tronche.
Esempio:
meglio essere di esser
avere di aver etc.etc.
Meglio a piuttosto che ad, e di ed.
È sempre preferibile non usare di, dei/degli e delle con valore partitivo, ma sostituirli con fra i e fra le
Ognuno di noi meglio: ognuno fra noi.
La più capace delle attrici della Compagnia meglio La più capace fra le attrici della Compagnia
Il meno interessante dei testi presi in esame da D’Annunzio
meglio Il meno interessante fra i testi presi in esame da D’Annunzio
COME FARE LA BIBLIOGRAFIA (indicazioni generali)
Alla fine della prova finale è sempre prevista una bibliografia.
Essa può essere divisa in sezioni, riguardanti le diverse parti del lavoro (testo, autore, contesto, fortuna scenica).
In ogni caso all’interno di ciascuna sezione le opere andranno indicate in ordine cronologico di pubblicazione dalle più antiche alle più recenti. Vale a dire che un testo edito nel 1974 andrà citato prima di un testo del 2001. Non seguire l’ordine alfabetico per autore.
Nel caso in cui la tesi o l’elaborato faccia riferimento a materiali inediti o manoscritti, conservati in archivio, va prevista una sezione a parte che si intitolerà Fonti archivistiche e manoscritte, sempre indicate in ordine cronologico, con la collocazione precisa e l’ente (biblioteca, archivio, museo in cui sono conservate).
Anche per i Periodici è prevista una sezione a parte. L’elenco è sempre in ordine cronologico, ma si citano solo le annate effettivamente consultate.
Per esempio in una la tesi o l’elaborato sugli anni 1970-1975 è assurdo citare “Corriere della Sera “, 1876- 1975, ma si scriverà “Corriere della Sera”, 1970-1975 (se si sono considerati tutti gli anni o meno).
Visita sempre
INDICE SBN http://opac.sbn.it/cgi-bin/IccuForm.pl?form=WebFrame
APPENDICI
Per arricchire il vostro lavoro è possibile corredarlo da una o più appendici (purché davvero utili e interessanti; in caso contrario è meglio evitare).
Nelle appendici vengono trascritti documenti inediti o molto rari, vengono riportate vostre interviste inedite a personaggi nominati nella la tesi o l’elaborato, raccolte rassegne stampa particolarmente significative, o illustrazioni riguardanti gli spettacoli o i testi studiati.
Ricordarsi che le appendici non devono essere calcolate nel conteggio delle pagine di testo richieste dalla facoltà. Naturalmente, tuttavia, è possibile continuare la numerazione progressiva nella stesura finale della la tesi o l’elaborato.
E INFINE ma non ultimo
La la tesi o l’elaborato va consegnata al vostro tutor in forma completa e definitiva: evitare parti abbozzate, provvisorie o peggio incomplete. Preoccuparsi di terminare tutte le note.
Prima di consegnare la tesi o l’elaborato, rileggerla con attenzione, parola per parola.
Numerare sempre le pagine e ricordarsi di apporre il proprio nome, cognome e recapito telefonico sulla prima pagina.
Tra la consegna della tesi o l’elaborato e la riconsegna della stessa corretta trascorrono sempre due o tre settimane (venti giorni circa). È, quindi, consigliabile prevedere tale lasso di tempo destinato alla correzione nell’economia generale del lavoro. È inoltre preferibile che i tempi di consegna siano piuttosto ampi rispetto alla data di consegna alla segreteria: è possibile, infatti, che la tesi o l’elaborato necessiti di correzioni o integrazioni che il tutor può aver bisogno di rivedere: riservarsi quindi il tempo necessario.
Consegnare la tesi o l’elaborato piena di errori di battitura (o peggio di ortografia) è segno di mancanza di rispetto verso chi deve leggere e correggere il lavoro. È inoltre una inutile perdita di tempo per tutti. Se si hanno problemi nella battitura, come spesso accade, prima di consegnare la relazione finale, imparare a usare il computer o farsi aiutare da qualche collega/amico.
Se si usano tastiere straniere fare molta attenzione agli accenti (gravi e acuti) che sono differenti.
Qui di seguito ecco un MODELLO di scrittura per elaborato e tesi di laurea magistrale con le indicazioni di margini e rientri:
Parte I
Il settore della stabilità comprende: i teatri stabili ad iniziativa pubblica, costituiti dalle Regioni e dagli enti locali, i quali svolgono un ruolo fondamentale nella valorizzazione e diffusione del teatro nazionale d’arte e di tradizione; i teatri stabili ad iniziativa privata, cioè enti o associazioni ad iniziativa privata o mista pubblica-privata che svolgono attività di interesse pubblico volto soprattutto a sostenere il repertorio italiano contemporaneo; i teatri stabili di innovazione che hanno come precisa finalità il rinnovamento del linguaggio teatrale, attraverso la ricerca e la sperimentazione di nuove forme espressive[1].
Il primo stabile italiano nasce a Milano nel 1947 dall’iniziativa di Giorgio Strehler e Paolo Grassi e grazie anche alla collaborazione dell’allora sindaco Antonio Greppi; si tratta di una vera ‘rivoluzionÈ, in quanto la nascita del Piccolo Teatro di Milano si inserisce in un contesto di assoluta arretratezza del teatro italiano e della sua organizzazione nel dopoguerra. Dice Lamberto Trezzini: “[…] l’Ottocento nel teatro italiano arrivò si può dire sino al 1945 […]”[2], volendo intendere appunto il perdurare di un sistema all’estero superato ormai da decenni dall’avvento della regia, ancora basato sul modello della compagnia privata di giro costituita attorno alla figura del capocomico che si occupa degli aspetti artistici come di quelli organizzativi e legali, caratterizzata dal nomadismo e con un repertorio basato ancora sul sistema dei ruoli e necessariamente condizionato dal mercato.
Questo è quanto si proponevano i fondatori dello stabile milanese, riassunto nel celebre slogan ‘un teatro d’arte per tutti’:
Recluteremo i nostri spettatori, per quanto più è possibile, tra i lavoratori e tra i giovani, nelle officine, negli uffici, nelle scuole, offrendo semplici e convenienti forme di abbonamento per meglio saldare i rapporti tra teatro e spettatori. Non dunque teatro sperimentale e nemmeno teatro di eccezione, chiuso in una cerchia di iniziati, ma invece un teatro d’arte, per tutti. Noi non crediamo che il teatro sia un’abitudine mondana o un astratto omaggio alla cultura, nemmeno pensiamo al teatro come ad un’antologia di opere memorabili del passato e di novità curiose del presente, se non c’è in esse un interesse vivo e sincero che ci tocchi. Il teatro resta luogo dove una comunità ascolta una parola da accettare o respingere, perchè, anche quando gli spettatori non se avvedono, questa parola li abituerà a decidere della loro vita individuale e della loro responsabilità sociale[3].
Accanto a queste proteste si leva quella degli attori che si inscrive nei movimenti di contestazione del Sessantotto, e consiste nell’insofferenza verso un teatro di regia che nega all’attore qualsiasi tipo di partecipazione alle scelte, “Lo scontro è forte. Al Piccolo le assemblee sono permanenti e le richieste precise: partecipazione alle scelte, controllare il bilancio, decentrare l’attività”[4]; queste crisi portano alla formazione di cooperative e di compagnie autogestite di attori e tecnici, un modello organizzativo che comincia ad affermarsi e diffondersi e sarà caratteristico degli anni Settanta.
[1] Cfr. Alberto Bentoglio, L’attività teatrale e musicale in Italia, Roma, Carocci, 2007, pp. 192-193.
[2] Lamberto Trezzini, Geografia del teatro n. 3, Bologna, Patron, 1990, p. 29.
[3] AA.VV., Lettera programmatica per il Piccolo Teatro di Milano, in “Il Politecnico”, gennaio-marzo 1947.
[4] Mimma Gallina, Organizzare teatro, Milano, Franco Angeli, 2003, p. 65.