Maria
Grazia Bartolini: Filosofia e poesia
nell'Ucraina del '700: motivi agostinia-ni ed epicurei nel 'Sad
bozhestvennych pesnej' di H.S. Skovoroda
Nell'intervento affronterò un'opera in versi di H.S. Skovoroda,
poeta-filosofo ucraino del settecento che si distingue per una complessa
sintesi tra platonismo di derivazione patristica, stoicismo, epicureismo
ed elementi tardo-barocchi della tradizione slavo-orientale. In
particolare, esaminerò come nei poemetti XXVIII e XXX della
raccolta "Sad bozhestvennych pesnej" [Il giardino delle
canzoni divine] il poeta affronti il problema della volontà
individuale e dell'eudaimonia servendosi delle figure di Cristo
e di Epicuro, e di idee che si possono fare risalire ad Agostino
e agli ambienti neoplatonici fiorentini.
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Marialuisa
Bignami/ Alessandro Vescovi: La prima
generazione di Romantici: Coleridge e la conoscenza, Wordsworth
e la natura
Coleridge e Wordworth sono protagonisti di una delle piu` celebri
amicizie intellettuali della letteratura inglese, tanto che le loro
opere si possono leggere come una sorta di epistolario in cui ciascuno
sembra sempre "rispondere" all'altro. Nella parte che
riguarda Coleridge, si prenderanno in considerazione i Poemi Demoniaci
("Rime of the Ancient Mariner", "Christabel"
e "Kubla Khan"); si incentrerà l'analisi soprattutto
sul primo, nel quale il tema della conoscenza è trattato
più esplicitamente e più diffusamente, sia per quanto
riguarda i modi della sua acquisizione da parte del Vecchio Marinaio
attaverso l'esperienza della vita-in-morte, sia per quel che concerne
la sua trasmissione al Wedding Guest ed ovviamente al lettore, che
si ritrova anch'esso, dopo questa esperienza, ad essere 'più
triste e più saggio'.
Per quanto riguarda invece Wordsworth si esaminera` il suo poema
autobiografico The Prelude, un'opera la cui gestazione è
durata oltre 40 anni, nel quale l'autore espone la sua metafisica
della Natura. In particolare si esamineranno le modalita` poetiche
e non strettamente logiche con cui procede il suo ragionamento.
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Paola
Bozzi: “Viel o Sophie”:
gioco linguistico ed elogio della superficialità nella “Konkrete
Poesie”
Secondo L. Wittgenstein anche una poesia può essere un gioco
linguistico (PU § 23). Nella Konkrete Poesie il poeta è
il “conoscitore delle regole del gioco e del linguaggio, l’inventore
di nuove formule” (E. Gomringer). Il componimento poetico
è allora un metagioco linguistico nel quale il poeta si serve
delle regole e ne appronta di nuove. Il lettore / osservatore elabora
la poesia, ne accetta le regole, le amplia e le modifica nello spazio
virtuale del pensiero. Attraverso la moltiplicazione delle regole
(del linguaggio, dell’autore e del ricettore), saltando quasi
da un livello all’altro, il gioco linguistico viene presentato
nella pluralità delle sue dimensioni. Se il dubbio, la riflessione
sulle strutture del linguaggio e del pensiero, dei regolamenti e
dei costrutti reali è il fondamentale impeto ludico della
Konkrete Poesie, l’ “elogio della superficialità”
è qui l’esperienza di una lettura “senza fondo”
(V. Flusser).
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Giovanna
Brogi: Poesia e letteratura come
tramite della filosofia nella cultura slava
In tutto il periodo premoderno la tradizione letteraria colta dell’area
slava orientale non ha conosciuto né pensiero filosofico
organicamente strutturato, né poesia organizzata secondo
i criteri “classici” di ritmo, rima, strofe. Il mondo
slavo (in particolare quello di tradizione slavo-ortodossa) non
ha avuto coscienza “del carattere autoreferenziale che è
tipico della funzione poetica del linguaggio” (Jakobson) fino
al romanticismo e, per certi aspetti, fino al XX secolo compreso.
Perché dunque parlare di quest’area “barbara”?
Prendendo come punti di riferimento qualche opera emblematica (un
“Sermone” di Ilarion, un’Epistola di Epifanio
il Saggio, le poesie di Simeon Polockij ed altri) si ripercorreranno
alcune tappe essenziali a) dello sviluppo del pensiero, espresso
per immmagini poetiche e forme ritmiche peculiari della letteratura
slavo-ecclesiastica, b) dell’evoluzione di forme di pensiero
e di poesia nelle varie aree, c) del passaggio verso l’era
moderna.
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Andrea
Capra: Dialettica e poesia: il mesmerismo
di Socrate
Il mio contributo muove da una breve premessa sulla mousike greca,
sinolo ‘magnetico’ e indissolubile di musica e poesia.
Proseguirò con un cenno sulla mousike in Platone: la stessa
filosofia appare più volte come una forma di mousike, che
del resto gioca un ruolo cruciale nelle città giuste di Repubblica
e Leggi. In quest’ultimo dialogo, del resto, l’intera
cittadinanza è coinvolta in un’interminabile performance
poetico-musicale che ha per oggetto di imitazione la giustizia delle
leggi. Infine – ed è questo l’approdo principale
del discorso – esaminerò alcuni passi di Simposio e
Fedro per mostrare come il meccanismo generativo del dialogo platonico,
nel passaggio di bocca in bocca delle conversazioni socratiche,
formi una ‘catena magica’ del tutto affine al legame
magnetico che unisce divinità, poeta, rapsodo e pubblico
nello Ione. La filosofia è veramente mousike, e l’interpretazione
di Platone dovrebbe tenerne conto.
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Marco
Castellari: L’elegia hölderliniana
come poesia filosofica?
L’intera produzione letteraria di Friedrich Hölderlin
potrebbe essere considerata „poesia filosofica“, quanto
meno nel senso più ampio del termine. Dalla produzione innica
di stampo schilleriano degli anni di studio a Tubinga fino all’impervia
lirica tarda, dal romanzo eminentemente filosofico „Iperione
o l’eremita in Grecia“ alla „Morte di Empedocle“,
tragedia incompiuta sul filosofo e poeta agrigentino, Hölderlin
non solo affronta, fra le altre, anche tematiche squisitamente filosofiche,
ma investe il linguaggio della poesia di un compito gnoseologico
universale. Alla luce di queste premesse, l’intervento analizzerà
il corpus elegiaco hölderliniano, con l’intento di verificare
su un gruppo ristretto e compatto di testi la possibile definizione
di „poesia filosofica“.
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Fausto
Cercignani: “Poesia filosofica”
o “filosofia poetica”?
Si può parlare di “poesia filosofica” come mera
suddivisione all’interno della produzione letteraria, così
come si parla di “poesia didascalica”, “poesia
satirica”, “poesia d’occasione” e via dicendo.
Se invece si prende in considerazione soltanto la vera poiesi letteraria,
allora l’etichetta “poesia filosofica” perde ogni
valore, mentre può sorgere l’interrogativo contrario
a quello posto dagli organizzatori del convegno: esiste la “filosofia
poetica”?
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Alessandro
Costazza: Poesia didascalica e poesia
filosofica nel 700 in Germania
Partendo da una polemica tra Wieland e Schiller sulla “Gedankenlyrik”
(poesia concettuale), cercherò di mettere in evidenza la
differenza tra la “Lehrdichtung” (poesia didascalica),
molto diffusa durante l’Illuminismo anche in Germania (Brockes,
fisicoteologia, lo stesso Wieland) e un altro tipo di poesia, che
io definirei appunto “filosofica” (Haller, Schiller,
Novalis, Hölderlin). Il discrimine tra i due generi è
dato dal loro diverso valore conoscitivo, misurabile in base al
concetto di “conoscenza estetica” formulato da Baumgarten.
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Edoardo
Esposito: La filosofia della poesia.
Perché parlare di poesia "filosofica", così
come di poesia didattica, o politica, o religiosa ecc.? Si tratta
di etichette che identificano determinate inclinazioni del discorso
poetico, e che ne individuano magari delle precise caratteristiche
di "genere", o con tali indicazioni si enucleano elementi
che dall'idea stessa di poesia sono imprescindibili ? E dobbiamo
chiederci "se" esiste la poesia filosofica, o piuttosto
"quando" la si può definire tale?
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Elio
Franzini: Mito e poetica in Paul
Valéry
Mito, scrive Valéry, è il nome di tutto ciò
che esiste e sussiste avendo soltanto la parola per causa. In questa
semplice definizione è contenuto il nucleo dell’intero
suo pensiero sul mito. Tuttavia, come in ogni sua frase, l’ambiguità
regna sovrana, ed è proprio l’ambiguità, con
il suo carattere polisemantico, a condurre verso una chiarezza che
sembra voler entrare in polemica con il linguaggio dei filosofi.
Con questo termine, che non si riduce a formula chiara e distinta,
Valéry in primo luogo gioca, costruendo come di consueto
una sottile trama di paradossi linguistici. Ma, nel gioco, afferma
la necessità di un potere costruttore del mito, che è
quel racconto che segna “l’inizio” e, in esso,
il principio del fare dell’interpretare. La parola del mito
presenta senso là dove il logos è silenzio, costruisce
contenuti là dove l’intelletto è forma paralizzante.
Infatti nel mito, nella parola dell’inizio, non c’è
discorso così oscuro, o chiacchiera così bizzarra
che non possa dare un senso al linguaggio, trasformando la parola
in gesto, in azione costruttrice, in espressività. E’
questa un’interrogazione che vuole delineare i percorsi teorici
della costruzione artistica, aprendo al tempo stesso per la filosofia
nuovi orizzonti di possibilità, nuovi spazi di dicibilità.
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Giancarlo
Lacchin: Mito e immagine. Composizione
del pensiero poetico in Friedrich Hölderlin
Alla luce del confronto con alcune tematiche fondamentali dell’estetica
tedesca fra XVIII e XIX secolo, quali il rapporto fra i paradigmi
di Klassik e Romantik, l’articolazione fra intuizione e riflessione
nella definizione del procedimento poetico e la questione della
“nuova mitologia”, risulta possibile condurre un’analisi
del linguaggio lirico e filosofico dell’opera hölderliniana
che, sottolineando la reciproca dipendenza e interazione delle due
dimensioni, lo possa determinare nella sua unità come autentico
“dichterisches Denken” o, per l’appunto, come
poesia filosofica. La possibilità di riconoscere tale modalità
linguistica come “grande stile”, in particolare connessione
con la dimensione riflessiva del tragico e in intima relazione con
i presupposti filosofici del nascente idealismo, cercherà
fondamento nell’analisi di due testi, lo scritto più
propriamente filosofico Sul procedimento dello spirito poetico,
e il grande poema in esametri Arcipelago, grandiosa summa della
potenza trasfiguratrice della visione hölderliniana.della natura
e dell’uomo.
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Giuseppe Lozza:
L’Inno V di Sinesio: un esempio tardoantico di poesia filosofica
Certo poco noto ai non specialisti, Sinesio di Cirene (370 –
413) è tuttavia una personalità di grande interesse,
emblematica della complessa temperie spirituale e culturale del
tempo in cui visse. Epistolografo, saggista, uomo d’azione
in circostanze storiche pericolosissime per la Pentapoli cirenaica,
egli si formò alla scuola di Ipazia, figlia del grande matematico
Teone ed esponente di spicco del neoplatonismo alessandrino. Ma
il suo percorso spirituale, e forse le sue stesse vicende biografiche,
lo spinsero ad accostarsi al cristianesimo, e a furor di popolo
venne eletto vescovo di Tolemaide. I nove Inni autentici che leggiamo
di lui lo iscrivono in qualche misura nella plurisecolare tradizione
innologica greca, che trovò il suo inizio negli Inni pseudomerici;
la poesia di Sinesio non è però dogmatica, a differenza
di quella, abbondantissima ma spesso prosaica, di Gregorio Nazianzeno,
ed è particolarmente interessante proprio per la singolare
commistione fra cristianesimo e neoplatonismo. Sotto questo profilo,
esemplare si presenta l’Inno V, molto felice nel sintetico
intreccio di parole e immagini concettualmente dense e ricche di
suggestione poetica.
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Marco
Manunta: T.S. Eliot : Per una tradizione
di frammenti
Il mio paper intende indagare i modi in cui nei primi anni ’20
attraverso i sui scritti di critica letteraria, T.S. Eliot ha cercato
di sopperire al vuoto lasciato dal suo rifiuto dell’assoluto
proposto dal sistema dell’idealista britannico F.H. Bradley.
Lasciati gli studi filosofici per la carriera letteraria, il poeta
propone una soluzione estetica (poetica) attraverso la nozione di
tradizione, che raccoglie l’intera produzione poetica europea
dai tempi di Omero. Verrà poi mostrato come il fallimento
di questo tentativo tutto storico e immanente sia evidente fin dalla
Waste Land (1921), poema manifesto che mette in rilievo l’angoscioso
senso della frammentazione che sarà risolto da Eliot solo
con la conversione alla chiesa anglicana.
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Markus
Ophälders: Poesia della poesia.
Riflessioni su Friedrich Schlegel
L’imperativo estetico di Schlegel, secondo il quale la poesia
dovrebbe compiere esercizi trascendentali simili a quelli della
filosofia, creare bellezze logiche ed essere sempre, al contempo,
poesia e poesia della poesia, poesia universale e progressiva, rappresenta
una concezione prettamente filosofica della poesia e, di riflesso,
una concezione poetica della filosofia. Tuttavia, gli elementi filosofici
della poesia non riguardano soltanto e in primo luogo l’estetica
bensì la filosofia della storia e la teoria della conoscenza
(in questo senso l’affinità con Novalis è strettissima).
La poesia dunque viene concepita come conoscenza e come medium per
realizzare l’ideale ovvero la vita deve diventare poesia e
la poesia vita. In questo modo però, trasformandosi cioè
in medium di riflessione tout court, la poesia deve confrontarsi
con una progressiva spiritualizzazione del suo contenuto di esperienza
e con le sempre più grandi difficoltà di creare, attraverso
le forme particolari, una costellazione in grado di attingere alla
forma assoluta della poesia.
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Francesca
Orestano: Space Oddity, i poeti metafisici
e la conquista dello spazio.
Il tema dello spazio cosmico e la connessione poesia/filosofia ricorrono
come conquista e perdita nella poesia dei metafisici inglesi del
Seicento e nella canzone moderna. In "The World" di H.
Vaughan, ma anche in liriche di J. Donne, "A Valediction, Forbidding
Mourning", "The Sun Rising", si affronta il tema
dello spazio cosmico da una prospettiva che interseca concezione
tolemaica e modello copernicano. Il tema siderale si intreccia a
quello dello spazio metafisico nell'ombra lunga della Riforma, ridefinisce
la nozione di microcosmo e macrocosmo, apre la possibilità
filosofica di affrontare poeticamente il discorso scientifico. Nell’anno
dell’Apollo 11 e dell’atterraggio sulla luna, 1969,
la lirica "Ground Control to Major Tom" di David Bowie
(poi in Space Oddity) affronta il tema della conquista e del perdersi
nello spazio; tema ripreso nell'album del 1972, The Rise and Fall
of Ziggie Stardust and the Spiders from Mars, in "Starman".
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Moira
Paleari: Rainer Maria Rilke e “l’esperienza
filosofica” delle Duineser Elegien.
La lettura dell’opera poetica di Rilke ha spesso suggerito
un confronto con la filosofia, in particolare con il binomio apollineo-dionisiaco
di Nietzsche, la fenomenologia di Husserl e l’esistenzialismo
di Heidegger. Soprattutto, le Duineser Elegien, uno degli ultimi
grandi cicli lirici dell’autore praghese, portano il poeta,
e, con lui, il lettore, ad interrogarsi su temi essenziali per la
filosofia quali l’esistenza umana, il rapporto io-mondo, i
concetti di spazio e tempo. Il ricorso alla filosofia non ha per
Rilke un intento didascalico o didattico, e neppure quello di esprimere
o divulgare conoscenze filosofiche attraverso un linguaggio poetico.
Si tratta piuttosto di un adattamento di tali conoscenze alla propria
poetica: la filosofia diviene fonte di ispirazione per la riflessione
poetica e viene poi trasformata ed assorbita dal medium della lingua
poetica. Seguendo questa chiave di lettura intendo presentare le
Duineser Elegien, collegandole ad alcune considerazioni più
generali sul termine “poesia filosofica”.
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Valentina
Parisi: Il Poema dell’aria
di Marina Cvetaeva, o della poesia come forma di conoscenza
“L’arte in genere nasce sempre come risultato di un’azione
rivolta verso l’esterno, obliquamente, verso l’acquisizione
(cognizione) di un oggetto che con l’arte non ha alcun rapporto
immediato”. Così I. Brodskij nel suo saggio incentrato
sull’elegia Per l’anno nuovo di Marina Cvetaeva traccia
i contorni di quell’aspirazione gnoseologica intrinseca, a
suo parere, a ogni forma artistica e, in particolare, all’opera
della poetessa autrice de Il poema dell’aria. Se, come afferma
Brodskij, poeta è “qualcuno per cui ogni parola non
è la fine ma l’inizio di un pensiero”, la sintassi
ipotattica della Cvetaeva costituisce un esempio perfetto di poesia
tesa all’indagine del proprio oggetto. Ne Il poema dell’aria
il tentativo di contrapporre l’intuizione intellettuale alla
gnoseologia inferior delle sensazioni si accompagna alla volontà
di edificare un mondo nuovo attraverso gli strumenti linguistici
della poesia. Tale strategia affonda le proprie radici nelle riflessioni
teoriche della poetessa, legandosi intimamente alla sua visione
dell’arte come terzo regno tra visibile e invisibile.
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Renato
Pettoello: Poesia filosofica? No,
grazie . Motivi di un matrimonio impossibile
Ciò che caratterizza la filosofia non è l’oggetto
d’indagine, ma la metodologia e l’unico metodo accettabile
in filosofia è l’analisi rigorosa dei concetti, sorretta
da un’altrettanto rigorosa struttura argomentativa. È
vero che l’inevitabile ricorso al linguaggio naturale impedisce
alla filosofia di raggiungere il rigore delle scienze formalizzate
e la condanna ad un’inevitabile ambiguità; ma lo sforzo
deve essere volto comunque ad utilizzare un linguaggio quanto più
possibile oggettivo e chiaro. Già questo basterebbe a segnare
un confine invalicabile tra poesia e filosofia, sia nel senso della
poesia filosofica (a meno che con ciò non s’intenda
una semplice etichetta), sia nel senso della filosofia poetica.
La poesia è poesia e basta e ciò che la caratterizza
essenzialmente è la forma: il contenuto è, per così
dire, un accidente. Semmai si potrebbe dire che la poesia, tutta
la poesia, in quanto tale, ha una valenza filosofica, anche se non
è essa stessa oggetto immediato d’indagine filosofica.
Ma allora una poesia apparentemente “leggera” può
essere non meno filosofica di una poesia concettosa.
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Stefano
Raimondi: L’innegabile profondità
della parola, l’inarrestabile bellezza del pensiero. Poesia
come luogo. Filosofia come orizzonte
Se la filosofia concentra il pensiero, la poesia lo decentra. Da
questa prospettiva il mio lavoro vuole indagare l’impossibilità
di assimilazione tra poesia e filosofia. Non esiste una poesia prettamente
filosofica come non è possibile una filosofia poetica. I
due generi sono differenti e le strade per la loro relazionalità
sono sì infinite, collaboranti ma distinte.
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Silvia
Riva: “Est-ce que j’peux
placer un mot?” Dominique Fourcade o l’esistenza flagrante
della pluralità contro la riproduzione del medesimo
L’intervento è volto a ritracciare il complesso percorso
di Dominique Fourcade (Parigi, 1938), autore di una quindicina di
raccolte poetiche, pubblicate fra il 1961 e il 2005, oltre che di
alcuni saggi sull’arte e sulla danza, che toccano, fra l’altro,
la riflessione sul rapporto verità e scrittura e la dialettica
fra interpretazione e produzione nell’epoca contemporanea.
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Maria
Luisa Roli: La poesia concettuale
come campo intermedio tra scienza e letteratura. Il caso di Enzensberger.
Il mio contributo parte da una visione piuttosto ampia del problema,
riconoscendo l’esistenza della poesia filosofica fin dal De
rerum natura di Lucrezio e considerando il genere come creazione/occupazione
di uno spazio intermedio tra scienza e letteratura (Bauer, 2005).
Nella tradizione letteraria tedesca questo genere di poesia è
riconoscibile nel Settecento nei fisicoteologi come B. H. Brockes,
nei poeti “scientifici” come A. Von Haller e nel caso
emblematico di Schiller.
Nel Novecento uno dei casi più evidenti di simbiosi tra scienza/filosofia
e letteratura è quello di G. Benn. Mi occuperò in
particolare della poesia di un autore di quel secolo, H. M. Enzensberger,
un esempio di contaminazione tra scienza, critica dell’ideologia
e letteratura.
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Laura
Rossi: Una “musa pensante”?Temi
e modalità della poesia filosofica in Russia tra Sette e
Ottocento
La poesia russa tra Settecento e Ottocento presenta una serie di
peculiarità. Una delle più paradossali è l’esistenza,
in assenza di una filosofia (nazionale) vera e propria, di una ricca
tradizione di “poesia filosofica”, da quella del poeta-scienziato
Michail Lomonosov alla produzione dei massoni, dalla scuola dei
ljubomudry (calco del greco filosofi) alla ricerca di Michail Lermontov,
Fëdor Tjutcev e Afanasij Fet, per giungere infine alla produzione
poetica del primo vero filosofo russo Vladimir Solov’ëv.
Nel mio contributo, il cui titolo riprende un’espressione
del poeta sentimentalista Michail Nikitic Murav’ev, oggetto
di indagine sarà innanzitutto il diverso statuto della “poesia
filosofica” all’interno del sistema del Classicismo
e nell’ambito del Romanticismo; sulla base di una serie di
testi di autori settecenteschi e ottocenteschi si tenterà
poi di verificare e sostanziare l’ipotesi, avanzata di recente
in sede critica, che il tema privilegiato della poesia filosofica
sia la riflessione sull’essenza dei fenomeni naturali (Naturphilosophie).
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Gabriella
Rovagnati: “ich war dem chaos
ausgesetzt / aber mein ziel blieb kosmische harmonie”: il
superamento del nichilismo nella poesia di Rudolf Pannwitz
Pur essendo sempre consapevole della propria tendenza all’esagerazione
e all’eccesso - come dimostrano la sua vita e la farraginosa
monumentalità della sua opera -, Rudolf Pannwitz, convinto
che la sua missione consistesse per un verso nel proseguire e portare
a compimento il pensiero di Friedrich Nietzsche, per l’altro
nel perseguire la perfezione delle forme come il suo maestro Stefan
George, concepì goetheanamente la propria attività
intellettuale e la propria scrittura al limite della grafomania
come la necessaria esternazione di uno “Streben” incoercibile,
di una tensione verso la composizione delle parti in un Tutto superiore,
che, in una sorta di costante potenziamento della volontà
e della sete gnoseologica, potesse arrivare alla realizzazione dell’entelechia.
Lo provano non solo l’estremo sincretismo dei suoi testi,
frutto dell’interesse di Pannwitz per le scienze più
disparate, ma anche i suoi versi, in base ai quali si tenterà
di dimostrare quale utopico ottimismo abbia animato questo demonico
scrittore e pensatore.
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Mariarosa
Scaramuzza: Poesia e mistero in Clara
Janés
Sia la poesia che la filosofia (oltre alle religioni) nel corso
dei secoli hanno attinto a quella vasta area dell’immaginario
che ha prodotto una serie di mitologie e dottrine magiche e mistiche,
alchemiche, ermetiche, fonte inesausta di temi che toccano magari
inconsapevolmente gli strati più profondi dell’animo
umano. Questo rapporto con la tradizione esoterica viene qui esemplificato
nella poetessa spagnola Clara Janés, che prende spunto da
parecchie di tali costruzioni per elaborare un suo linguaggio poetico
al servizio di quello che si può definire un misticismo cosmico.
Ciò ripropone il problema di una ragione poetica (come l’ha
chiamata María Zambrano), che appare legata al corporeo,
all’inconscio, al femminile: una dimensione spesso trascurata
per il prevalere, nella nostra cultura, di un lógos astratto.
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Francesco
Spera: “Forti cose a pensar
mettere in versi”: poetare filosofia in Dante
Obiettivo dell’intervento non è il contenuto filosofico
della Commedia dantesca (su cui esiste per altro un’ampia
bibliografia), ma l'operazione letteraria elaborata dall’autore
per porre in versi filosofia e teologia. Si parte da alcune pagine
del Convivio per ricavare il compito della filosofia secondo Dante
e si passa quindi alla concezione della letteratura alla base di
un poema che aspira a rappresentare la totalità del mondo
e secondo questa prospettiva comprende nell’opera tutta la
cultura e quindi la filosofia. Le modalità della messa in
scena sono diverse: dalla citazione del singolo filosofo, di un
concetto, alla rassegna di scuole, alla discussione di teorie. Ma
essenziale si rivela, soprattutto nel Paradiso, la scelta di trattare
le massime questioni in un dialogo drammatico poeticamente scorciato,
con forti prese di posizione secondo la visione del mondo dell’autore.
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Chiara
Torre: Tra Ovidio e Seneca: la traccia
dell’epos di Pitagora (met. XV 60-478) nel programma filosofico-scientifico
delle Naturales Quaestiones
Il cosiddetto “poema di Pitagora” – il lungo discorso
che Ovidio, nell’ultimo libro delle Metamorfosi, fa pronunciare
al filosofo sui temi del vegetarianesimo e della metempsicosi e
sul mutamento come principio cosmico – è tra gli episodi
più frequentati dagli esegeti moderni, tuttora divisi sull’intepretazione
da dare a questa ampia sezione didascalica in rapporto al resto
del poema epico-mitologico, sull’individuazione delle fonti
impiegate dall’autore e sulla portata più o meno filosofica
o, viceversa, retorico-letteraria della costruzione ovidiana.
Sullo sfondo di questo complesso quadro esegetico, si procederà
ad analizzare l’interpretazione che del medesimo episodio
offrì un lettore antico, nonché attento critico ovidiano:
partendo dal caso singolo (e inedito) di una traccia dell’epos
di Pitagora nella prefazione al terzo libro delle NQ, tenteremo
di indagare se e come già Seneca abbia riflettuto su natura,
portata e limiti dell’esperimento ovidiano di una poesia filosofica.
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Giuseppe
Zanetto: "Esalare l'anima": da Omero a Seneca,
tra letteratura e filosofia
La ricerca muove dalla rappresentazione omerica dell'anima (psyché)
come entità volatile, assimilabile al respiro, che esce dalla
bocca nel momento della morte per volare all'Ade e lì continuare
un'esistenza spettrale, nel rimpianto della vita perduta. Questa
immagine, accolta dalla lirica arcaica e penetrata nella tradizione
letteraria, subisce poi un ricondizionamento (una risemantizzazione,
si potrebbe dire) attraverso la filosofia, che a partire soprattutto
da Platone - ma in realtà già nei Presocratici - avvia
una complessa riflessione sull'anima, sulla sua natura, la sua azione,
il suo destino. Nella poesia imperiale (in Seneca, per esempio)
il nobile e ingenuo immaginario omerico ricompare, apparentemente
immutato, ma di fatto arricchito di nuovi significati e suggestioni,
comprensibili solo a un livello di fruizione più alto. La
storia del topos può dunque essere un esempio di interferenza
tra letteratura e filosofia: un percorso di "andata e un ritorno",
al termine del quale il motivo, rigeneratosi nella filosofia, si
ripresenta con una nuova carica di significazione.
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Stefano Zecchi:
La poesia filosofica di Friedrich Schiller
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