Il
binomio “poesia filosofica” può sembrare in un
certo senso un ossimoro: mentre infatti la filosofia tende alla “verità”
attraverso un ragionamento logico, chiaro, ripercorribile da chiunque,
possibilmente privo di ambiguità, la poesia, come già
dicevano gli antichi, mira invece solo all’apparenza e quindi
alla menzogna. Parlando in termini semiologici si può dire
che la caratteristica fondamentale del segno poetico è proprio
la sua ambiguità, derivante a sua volta dal carattere autoreferenziale
che è tipico della funzione poetica del linguaggio (Jakobson).
Se la funzione linguistica prevalente nel linguaggio scientifico e
filosofico è quella “comunicativa”, che tende quindi
a un “grado zero” di figuralità e cerca di essere
il più trasparente possibile per trasmettere solo il significato,
il linguaggio poetico, al contrario, tende ad essere “opaco”,
attirando attraverso diverse caratteristiche formali e di contenuto
l’attenzione proprio sul significante. In questo modo il segno
linguistico non serve più solo da “medium” per
trasmettere un “significato” arbitrario, ma è esso
stesso parte integrante del “significato”.