Poesia
e filosofia apparirebbero fino a questo punto assolutamente inconciliabili.
Non va tuttavia dimenticato che la poesia non è puro gioco
linguistico di significanti, bensì piuttosto un modo diverso
di utilizzare il linguaggio e quindi anche il tramite di un’esperienza
diversa del reale, fonte di un tipo autonomo di conoscenza, diverso
da quello del pensiero astratto e razionale. Qualora si riconosca
però un simile valore autonomo di conoscenza alla poesia,
non si può negarle a priori la possibilità di affrontare
con le modalità e i mezzi che le sono propri anche tematiche
squisitamente filosofiche.
Viene subito alla mente, a questo proposito, la lunga tradizione
risalente all’antichità della poesia didattica o didascalica
(Esiodo, Empedocle, Virgilio, Orazio, Lucrezio), che ha trovato
non a caso durante l’Illuminismo il suo punto di massimo sviluppo.
In questo caso, tuttavia, il linguaggio poetico riveste un ruolo
puramente subordinato, in quanto deve servire solo come strumento
per esprimere con più forza e con maggiore “evidenza”
determinati argomenti filosofici precedentemente elaborati, in modo
da suscitare maggiori sentimenti, passioni ed emozioni.
La vera “poesia filosofica” sarebbe invece quella che
non si limita ad esprimere con un linguaggio diverso conoscenze
già acquisite, ma diventa piuttosto strumento di un tipo
di conoscenza diverso. La poesia Die Götter Griechenlands
(Gli dei della Grecia), di Schiller, per fare un solo esempio,
non può assolutamente essere considerata una