Nei giorni scorsi i glaciologi Unimi Esp hanno svolto una campagna congiunta agli storici Unibg per analizzare le relazioni tra fusione glaciale, particolarmente accentuata in questa calda estate 2024, ed emersione di reperti bellici risalenti alla Prima Guerra Mondiale. Il sito scelto per il monitoraggio congiunto è il Ghiacciaio dei Forni, un laboratorio a cielo aperto nel cuore del Parco Nazionale dello Stelvio dove da anni Unimi ESP misura l’intensità della fusione e le condizioni atmosferiche alla superficie del ghiacciaio anche con strumentazione permanente.
I rilievi condotti da Guglielmina Diolaiuti di Unimi hanno evidenziato alla superficie del ghiacciaio una fusione intensa che ha portato a riduzione di spessore glaciale di 10 cm al giorno, parallelamente Stefano Morosini di Unibg e storico del Parco Nazionale dello Stelvio ha rinvenuto diversi materiali risalenti alla Prima Guerra e restituiti dal ghiacciaio proprio con la fusione di questi giorni.
La missione ha visto anche la partecipazione di Claudio Smiraglia del Comitato Glaciologico Italiano e di Maria Albina Andreola, assessore alla Cultura del Comune di Valfurva nel cui territorio è localizzato il Ghiacciaio dei Forni.
Le ricerche evidenziano come la presenza di soldati e gli scontri che si sono svolti durante la prima guerra mondiale in queste zone di alta montagna abbiano avuto un impatto sull’ambiente le cui testimonianze continuano ad emergere a causa dell’intensa fusione causata dalle alte temperature estive. I ricercatori Unimi ESP stimano che il ghiacciaio dei Forni abbia perso oltre 130 m di spessore negli ultimi 100 anni. Fil di ferro, bombe e utensili usati dai soldati e caduti dentro i crepacci sono rimasti nascosti fino a quando la fusione degli ultimi anni non ha asportato il ghiaccio che li ammantava e si mostrano oggi agli alpinisti che visitano il ghiacciaio.