Mercoledì 27 aprile si sono svolte le prove della certificazione latina 2016, che ora sono in fase di correzione. I testi e gli esercizi proposti sono però già disponibili sul sito dell’USR della Lombardia, e allora, in attesa degli esiti, è possibile ragionare un poco sull’intera operazione, così da valutare gli esercizi che la costituivano, come ci si sarebbe dovuti preparare ad affrontarli o come bisognerebbe preparare gli studenti ad affrontarli, quale ricaduta didattica essi possono avere. Incominciamo dal livello B e dalle prove di quel livello, esaminandole una per una. Questo post lo dedico all’esercizio 5 della prova B1, che coincideva con l’esercizio 1 della prova B2.
Il testo proposto narra la morte di Ciro, ad opera di Thamyris (Tàmiri, detta anche Tòmiri), regina degli Sciti (o dei Massageti), alla quale Ciro aveva precedentemente ucciso il figlio. Il mito, raccontato da Erodoto, ha poi tutta una serie di riprese sia fra gli autori greci che fra gli autori latini. Quella che leggiamo è la versione di Orosio, della quale si ricorda anche Dante, nel XII canto del Purgatorio. Il celebre ritratto di Andrea del Castagno e un dipinto di Rubens costituiscono un’ulteriore testimonianza della fama della vicenda.
(Andrea del Castagno)
(Rubens)
Ecco dunque il testo di Orosio:
Cyrus proximi temporis successu Scythis bellum intulit. Quem Thamyris regina, quae tunc genti praeerat,cum prohibere transitu Araxis fluminis posset, transire permisit, primum propter fiduciam sui, dehinc propter opportunitatem ex obiectu fluminis hostis inclusi. Cyrus itaque Scythiam ingressus, procul a transmisso flumine castra metatus, insuper astu eadem instructa vino epulisque deseruit, quasi territus refugisset. Hoc conperto regina tertiam partem copiarum et filium adulescentulum ad persequendum Cyrum mittit. Barbari, veluti ad epulas invitati, primum ebrietate vincuntur, mox revertente Cyro universi cum adulescente obtruncantur. Thamyris exercitu ac filio amisso vel matris vel reginae dolorem sanguine hostium diluere potius quam suis lacrimis parat. Simulat diffidentiam desperatione cladis inlatae paulatimque cedendo superbum hostem in insidias vocat. Ibi quippe conpositis inter montes insidiis ducenta milia Persarum cum ipso rege delevit, adiecta super omnia illius rei admiratione, quod ne nuntius quidem tantae cladis superfuit. Regina caput Cyri amputari atque in utrem humano sanguine oppletum coici iubet, non muliebriter increpitans: “Satia te”, inquit, “sanguine quem sitisti, cuius per annos triginta insatiabilis perseverasti”.
La prova prevedeva di scegliere, fra tre riassunti in gran parte molto simili, quello giudicato più esatto e preciso. L’esercizio ovviamente mira a verificare la capacità di comprensione del brano da parte dei suoi lettori, senza passare necessariamente dalla traduzione di tutto il testo. In fondo, quando leggiamo un romanzo in una lingua moderna, non comprendiamo di norma tutte le parole di ogni pagina; ma se vogliamo leggere il romanzo, di ogni pagina dobbiamo capire il senso generale, altrimenti la lettura non procede. Nel predisporre le prove si è scartata l’idea di richiedere un riassunto del brano direttamente ai candidati, perché questo avrebbe messo in gioco in misura troppo forte una serie di abilità, pur importanti e imprescindibili (come cogliere il punto centrale della narrazione; saperlo esprimere in italiano corretto ecc.) che esulano dalla competenza specifica della lingua latina. Queste competenze, naturalmente, non possono essere del tutto azzerate, perché fanno parte della nostra capacità di intendere un testo, qualunque testo, in qualunque lingua lo si legga: ma il loro dispiego andava ridotto il più possibile, e così si è cercato di fare. In una classe, al contrario, si potrà pensare di esercitare i ragazzi facendo sviluppare a loro stessi il riassunto dei brani proposti. Lo vedo anzi come un compito prioritario delle letture in latino: trasformare i testi tradotti in narrazioni (o in argomentazioni) continue, che abbiano un senso e una logica, che, come disse uno studente anni fa, “trasformino le versioni in storie” (o in argomentazioni): perché i ragazzi odiano le versioni, ma sono attratti dalle storie e dai ragionamenti sensati. Passo successivo dovrà essere, poi, quello di insegnare a riconoscere che ci sono delle ricorrenze nella struttura dei brani, e che riconoscere quelle ricorrenze vuol dire essere in grado di capire l’andamento della storia (o del ragionamento) senza bisogno di ricorrere alla sua traduzione puntuale – esattamente come facciamo quando leggiamo in una lingua moderna.
Quelli che vi riporto sono i sommari proposti:
Di impresa militare in impresa militare, Ciro arriva in Scizia. Lì regna la regina Tamiri, che attende il momento propizio per predisporre un agguato al nemico invasore, e perciò lascia che entri indisturbato nel regno. È invece Ciro a preparare un tranello agli Sciti. Tamiri vi perde parte dell’esercito e il figlio. Assorbito lo smacco, medita vendetta e predispone la propria imboscata, indietreggiando. Ciro vi cade in pieno, e muore in combattimento. Tamiri ne deturpa il cadavere e gioisce della vendetta
Di impresa militare in impresa militare, Ciro arriva in Scizia. Lì regna la regina Tamiri, che non si preoccupa troppo dell’invasore, e perciò lascia che entri indisturbato nel regno. È invece Ciro a preparare un tranello agli Sciti. Tamiri vi perde parte dell’esercito e il figlio. Assorbito lo smacco, medita vendetta e predispone la propria imboscata, incalzando il nemico. Ciro vi cade in pieno, e muore in combattimento. Tamiri ne deturpa il cadavere e gioisce della vendetta.
Di impresa militare in impresa militare, Ciro arriva in Scizia. Lì regna la regina Tamiri, che prima non si dà pensiero dell’invasore, poi attende il momento propizio per predisporre un agguato al nemico invasore. Fino ad allora, lascia che entri indisturbato nel regno. È invece Ciro a preparare un tranello agli Sciti. Tamiri vi perde parte dell’esercito e il figlio; inizia perciò a indietreggiare impaurita, finché Ciro non cade a sua volta in pieno in un’imboscata e muore in combattimento. Tamiri ne deturpa il cadavere e gioisce della vendetta.
Che tipo di lavoro si può fare di fronte a un esercizio del genere? Io penserei che, dopo aver letto il brano di Orosio, il lavoro sia da svolgere inizialmente sulle tre parafrasi. È evidente che presentano alcune parti comuni e talune divergenze. La frase iniziale, ad esempio, è identica in tutte e quindi non merita particolare attenzione. In una collazione dei tre sommari, due punti emergono come luoghi di differenziazione fra testo e testo. Nella seconda frase si legge infatti (ho evidenziato in rosso le differenze):
– Lì regna la regina Tamiri, che attende il momento propizio per predisporre un agguato al nemico invasore, e perciò lascia che entri indisturbato nel regno
– Lì regna la regina Tamiri, che non si preoccupa troppo dell’invasore, e perciò lascia che entri indisturbato nel regno
– Lì regna la regina Tamiri, che prima non si dà pensiero dell’invasore, poi attende il momento propizio per predisporre un agguato al nemico invasore. Fino ad allora, lascia che entri indisturbato nel regno
Dopo di che, dopo una parte ancora comune, relativa all’agguato predisposto da Ciro, alla morte del figlio di Tamiri e alla decisione di vendicarsi presa dalla regina, ecco ancora delle differenze nel descrivere la tattica adottata dalla donna:
– …medita vendetta e predispone la propria imboscata, indietreggiando
– … medita vendetta e predispone la propria imboscata, incalzando il nemico
– …inizia perciò a indietreggiare impaurita
Il finale è di nuovo identico in tutte le versioni. Due sono allora i punti di snodo: Tamiri lascia avanzare Ciro nel suo regno perché attende il momento propizio per attaccarlo (evidentemente fiduciosa che un momento del genere prima o poi ci sarà), oppure perché noncurante? Ammetto che la differenza può essere sottile, anche molto sottile, e andrà strettamente calibrata. Nel secondo caso, le tattiche sono più marcatamente diverse: nel primo e nel terzo riassunto, infatti, Tamiri indietreggia, nel seconda avanza e incalza gli invasori. A fare la differenza fra il primo e il terzo riassunto è l’atteggiamento della regina: già decisa alla vendetta in un caso, impaurita nell’altro. Qui le differenze non sono troppo sottili…
Ora si tratta di cercare i corrispondenti passaggi nel testo. Naturalmente, bisognerebbe poter entrare nella mente di ogni lettore, nella sua capacità di cogliere le sfumature della lingua, di suddividere le frasi. Non essendo in grado di farlo, mi limito a segnalare i punti che do per sicuramente riconosciuti: la prima distinzione si riferisce all’avere lasciato passare Ciro primum propter fiduciam sui, dehinc propter opportunitatem ex obiectu fluminis hostis inclusi; la seconda, al fatto che la regina simulat diffidentiam desperatione cladis inlatae paulatimque cedendo superbum hostem in insidias vocat. A questo punto si tratta di interrogarsi sulle parole latine: il fatto che Tamiri abbia da subito in mente di poter contare sulla fiducia sui e sulla opportunitas locorum (primum…dehinc sono ragioni che si sommano all’interno di un piano strategico, non reazioni diversificate da una distinzione di piani temporali) è espressione di noncuranza o di baldanza? E il simulare diffidentiam cedendo a quale delle tre strategie evocate prima corrisponde? Il verbo cedere impedisce di pensare a un inseguimento delle truppe di Ciro, dunque il riassunto numero 2 è sicuramente da scartare. La fiducia sui sembra espressione di baldanza più che di noncuranza; l’avere in mente da subito una strategia pure; il simulare diffidentiam implica che Tamiri si finga impaurita, ma non lo sia (come insegniamo tutti a lezione, simulare è fingere ciò che non esiste; dissimulare nascondere ciò che esiste). Il che esclude, mi pare, anche il riassunto numero 3. Dopo di ciò, la scelta è fatta!
Fin qui ho descritto le operazioni che si immaginano debba fare lo studente. Ma il docente? Il docente può decidere di adottare abbastanza abitualmente un esercizio del genere o, come dicevo, lo può perfezionare e realizzare in forme leggermente diverse, facendo costruire i riassunti direttamente ai ragazzi, oppure concentrando l’attenzione e le domande su un singolo punto, che gli sembri particolarmente importante, del racconto. Quello che trovo essenziale è che l’insegnamento punti a cogliere il cuore del ragionamento proposto dal brano: nel nostro caso, l’eccessiva sicurezza di Tamiri, che è la causa prima della morte del figlio, esposto allo scontro con un avversario più astuto di lui; poi, il fatto che, una volta sentitasi sfidata da Ciro, quella stessa sicurezza che la caratterizzava da sempre abbia portato all’adozione di uno stratagemma vincente in cui adesso è l’altro, insuperbito dalla vittoria e dal precedente così facilmente risolto, a cadere a capofitto. Una tragica gara tra furboni, insomma, nella quale Orosio mette in evidenza una serie di meccanismi psicologici di un certo interesse. Su questo si potrà ulteriormente lavorare in seguito, così da rendere il testo motivo di qualche ulteriore curiosità.
Ci sono altre possibilità di lavoro analogo? Qualunque testo, naturalmente, si presta all’esercizio proposto. È invece vero che mancano, a mia conoscenza, repertori di prove in grado di aiutare gli insegnanti. E allora, ecco la mia idea. Questo sito è nato per condividere materiale e proposte, didattiche e non. Se ognuno di noi utilizza la funzione “leave a reply” presentando un testo e tre riassunti costruiti a questo modo, in breve avremo un meraviglioso repertorio di esercizi, a disposizione di tutti. Io stesso do il buon esempio, caricando un esercizio analogo proposto in un certamen di un liceo milanese. Ma attendo fiducioso altre prove, altre proposte…
Espando il mio ego fino a rispondere a me stesso, così da fornire un altro esercizio modello di interrogazione su un testo. Si tratta della prova utilizzata nel certamen organizzato, a inizio aprile, dal Liceo Beccaria di Milano. L’intera prova è reperibile sul sito di quell’istituto. Ecco il testo, derivato da una celebre epistola di Poggio Bracciolini che, giunto a Baden, scopre gli strani usi di quella località termale:
Poggio Bracciolini, Epistula de balneis, 1416 (passim)
Oppidum est Baden satis opulentum, quod est “balnea” Alamannorum lingua, situm in convalle, montibus circum imminentibus, prope flumen quoddam ingens rapidissimi cursus, quod in Rhenum fluit, longe ab oppido milibus passuum sex. Balnea ibi cum publica, tum privata, sunt numero circiter triginta, ad quae mulieres atque viri, pueri innuptaeque puellae, et omnium circumfluentium faex descendit. Ridiculum est videre vetulas decrepitas, simul et adulescentiores nudas in oculis hominum aquas ingredi, se hominibus ostentantes. Risi saepius hoc tam praeclarum spectaculum, mentem revocans ad Florales ludos (qui lascivi esse dicebantur), et mecum istorum simplicitatem admiratus sum, qui neque ad haec oculos advertunt neque quidquam suspicantur. Nam cuivis licet visendi, colloquendi, iocandi ac laxandi animi gratia balnea adire atque adstare, adeo ut, cum exeunt et cum ingrediuntur aquas, feminae maiore parte corporis nudae conspiciantur. Nullae aditus custodiae observant; nulla ostia prohibent; nulla suspicio inhonesti; pluribus in locis idem qui viris, mulieribus quoque ad balnea est ingressus, ut saepissime accidat et virum feminae seminudae et feminam viro nudo obviam ire. Permirum est videre, qua semplicitate vivant, qua fide! Videbant viri uxores suas a peregrinis tangi neque commovebantur, non animum advertebant: omnia in meliorem partem accipiunt. Nihil est tam difficile quin eorum moribus facile fiat. Mirabile dictu est, in tanta multitudine, in tam variis moribus, turba tam ebria, nullam discordiam oriri, nullam seditionem, nullum dissidium, nullum murmur, nullum maledictum.
Ed ecco le tre parafrasi fra le quali scegliere la più corretta (la risposta corretta è, ovviamente, la numero 2):
1. Poggio Bracciolini, un colto umanista italiano, trovandosi a passare da Baden, visita le terme e rimane sconcertato dallo spettacolo che si presenta ai suoi occhi. In una lettera a un amico descrive come chiunque possa entrare alle terme, dalle quali sembra che il senso del pudore sia del tutto assente: uomini e donne girano e si immergono nell’acqua quasi completamente nudi, offrendo uno spettacolo di sé ridicolo, che ricorda certe feste scandalose, proprie di un’epoca pagana. Inoltre, Poggio osserva un’indifferenza che gli pare segno di scarsa moralità o di una fiducia nel prossimo un po’ eccessiva, perfino un po’ sciocca.
2. Poggio Bracciolini, un colto umanista italiano, trovandosi a passare da Baden, visita le terme e vede comportamenti che lo stupiscono. In una lettera a un amico descrive come, di fronte ad usanze così diverse da quelle cui era abituato, dapprima trovi ridicolo tutto ciò che vede: chiunque può entrare alle terme, uomini e donne girano e si immergono nell’acqua quasi completamente nudi, senza che nessuno si scandalizzi. Lo spettacolo lo sconcerta, ma osservando come non vi sia nessuna malizia nei comportamenti di chi guarda e di chi è guardato, si persuade che queste usanze non hanno nulla di peccaminoso, ma riflettono soltanto un modo diverso di considerare la fisicità e i rapporti tra i due sessi, che si fonda sui valori del rispetto reciproco, della semplicità, della schiettezza. Usanze differenti dalle sue, ma non per questo necessariamente sbagliate.
3. Poggio Bracciolini, un colto umanista italiano, trovandosi a passare da Baden, visita le terme dove scopre che tutti possono liberamente bagnarsi, quanto vogliono, restando perfino completamente nudi. A prima vista per lui, straniero, abituato a trovare peccaminosa l’esibizione del corpo, la cosa presenta aspetti un po’ ridicoli e sconcertanti. Lì però nessuno si scandalizza, né si comporta in maniera sconveniente, neppure gli ubriachi diventano molesti. Bracciolini tuttavia rimane ancora un poco perplesso e non si spiega come possano esistere abitudini così diverse dalle nostre, se non in virtù dell’eccessiva semplicità degli abitanti di Baden, che, in fondo, restano ancora un po’ primitivi.