Alla fine di maggio si è svolto a Parigi un convegno dedicato al Liber Glossarum, un testo che si può considerare un caposaldo nella storia della cultura occidentale e del suo sviluppo tra tarda antichità e Medioevo. L’incontro ha presentato i risultati di un progetto quinquennale finanziato dall’Unione Europea, che ha visto coinvolta l’Università degli Studi di Milano: tale progetto ha realizzato l’edizione critica digitale del Liber e un sito internet (liber-glossarum.huma-num.fr) che raccoglie, oltre al testo – per la prima volta disponibile in forma completa e consultabile – anche un ampio apparato di varianti testuali e di fonti, e i materiali utili per lo studio di questo monumentale glossario enciclopedico, prodotto nell’VIII secolo (secondo alcune ipotesi in una regione compresa tra la penisola iberica e la Francia del Sud, secondo altre in Italia settentrionale).
Il sito, che sarà a breve disponibile alla consultazione pubblica, offre una serie di funzioni che permettono velocità e capillarità di ricerca tra gli oltre 55000 lemmi del Liber e che forniscono la possibilità di confrontare glosse anche molto lontane tra loro. Per la prima volta, non solo sarà possibile “sfogliare” il Liber Glossarum, ma anche “lavorare” sul Liber, sulle lezioni dei principali manoscritti, sulle fonti, sulla fortuna di un testo che, forse proprio per la sua monumentalità, prima dello sviluppo dei mezzi informatici non aveva conosciuto un’edizione e uno studio adeguati alla sua importanza. Il Liber si segnala infatti per alcuni aspetti peculiari. Innanzi tutto, la sua organizzazione secondo la divisione delle lettere dell’ordine alfabetico, che costituisce una novità capitale nella gestione del sapere e nella sua restituzione ai lettori. Tutto quanto nell’VIII secolo era noto ed è stato ritenuto degno di essere tramandato, dai compilatori del Liber viene ridotto a lemma incasellato in una voce, entro un ordine alfabetico estremamente rigido, ma anche estremamente “comodo” per chi debba consultare le fonti e cercare una definizione. È la prima volta che l’Occidente latino adotta questo genere di soluzione, innescando una rivoluzione culturale che può a ragion veduta essere confrontata con quella dell’introduzione del computer o di internet. Prima del Liber, il sapere era stato raccolto in grandi compilazioni enciclopediche organizzate su base tematica, suddividendolo in libri o capitoli dedicati ora all’aritmetica, ora alla medicina, ora alla grammatica: si pensi a Isidoro e alle sue Etymologiae, che furono la fonte primaria del Liber, o a Marziano Capella, che invece non è entrato nel grande glossario. La scelta dell’ordine alfabetico mette al centro dell’attenzione non più la continuità tematica del sapere, ma le esigenze di consultazione, la necessità di poter ritrovare in fretta e secondo un ordine “artificiale” e “matematico” quello che si sta cercando. Il Liber è una compilazione complessa, che dovette essere frutto di una mente audace e innovatrice e di uno sforzo intellettuale e logistico che a un certo punto previde e decise la riorganizzazione di ogni biblioteca del sapere, attraverso la redazione di decine di migliaia di voci “scorporate” dai testi delle fonti e inserite in una precisa casellina, nel flusso ordinato delle glosse. La squadra che partecipò a questa impresa non poté che essere capitanata da una persona lucidissima, appoggiata da collaboratori (e sostenitori, economici e politici) a loro volta ben decisi ad operare una rivoluzione – persona, collaboratori e finanziatori sui quali, però, c’è ancora oggi poca chiarezza.
Questa scelta ebbe, ovviamente, anche delle conseguenze negative, come la frammentazione del sapere, la decontestualizzazione delle informazioni rispetto alle loro fonti, in qualche caso il loro abuso e il travisamento rispetto al messaggio originale. Dagli studi finora effettuati emerge sicuramente una certa tendenza a privilegiare gli aspetti più pragmatici e meno dottrinali; alla base della compilazione delle glosse si scorge poi un lavorio preciso e cosciente, una vera a propria attività redazionale mossa da orientamenti culturali riconoscibili. Ad entrare nelle definizioni è spesso quello che veniva percepito come poco noto o “strano”, in termini lessicali o culturali, piuttosto che i grandi temi dottrinali, filosofici, culturali. Le fonti utilizzate, spesso citate esplicitamente a margine dai compilatori con una serie di apposite ”targhette” (dette tag o “etichette”), sono soprattutto Isidoro, ma poi anche Girolamo, Agostino, Ambrogio, Gregorio, Orosio e altri. Degli autori classici, solo Virgilio e Cicerone, rispettivamente il padre della poesia e il padre della prosa latine, sono menzionati come fonti dirette: ma il più delle volte le glosse a loro attribuite non sono altro che parole, che compongono voci sinonimiche o poco più. Virgilio e Cicerone finiscono per essere “etichette” nel vero senso della parola, in quanto semplici “repertori lessicali” ai quali attingere per dare un’aura di autorità a serie di vocaboli assemblati con criteri che a volte sfuggono, che a volte sembrano di puro accumulo, che il più delle volte non rimandano a nessun passo virgiliano o ciceroniano. Quello che appare con certezza è che l’unità di misura del Liber Glossarum è il lessico, senza del quale non può esserci conoscenza, e che diventa quindi l’evidente fine al quale il Liber guarda, ma anche l’evidente punto di partenza di ogni nuova scheda. Se conosci la parola, puoi ampliare il concetto; ma se non conosci il significato delle parole, non vai da nessuna parte. È dal lessico, quindi, che sempre si parte, e sul lessico si basa sempre l’organizzazione e la tradizione del sapere: riferimento di partenza è il lemma, ricavato dal processo di indicizzazione subìto dalle fonti e, al suo interno, il Liber glossarum spesso si “auto-replica” a distanza, come testimoniano vere e proprie liste di lemmi che si richiamano tra loro, errori compresi.
Il lavorio alla base della composizione del testo mostra dunque i segni di una esplicita volontà di selezione e di una precisa rielaborazione; dimostra come il sapere passi attraverso la lingua e come i compilatori del Liber Glossarum lavorassero coscientemente e coscienziosamente per i propri lettori e si adoperassero, attraverso l’ordinamento alfabetico, per favorirli nella consultazione del materiale che stavano mettendo loro a disposizione e, nel contempo, tramandando anche alle future generazioni. Chi fossero questi compilatori, in che modo esattamente realizzarono il gigantesco glossario, chi ne diresse le diverse fasi e in quale area geografica precisa sono tutti interrogativi aperti. Ma lo strumento che oggi abbiamo a disposizione è un ottimo alleato per cimentarsi nella sfida di trovare (almeno alcune) risposte.
© Martina Venuti 2016