Puntuali al farsi di primavera, si torna a parlare di certificazione delle competenze di lingua latina. Quest’anno la prova lombarda si terrà il 31 marzo, in anticipo sul solito, in una quindicina ca. di sedi, sparse su otto province. Oltre alla Lombardia, sperimenteranno la prova la Liguria, la provincia autonoma di Trento, la provincia di Palermo e, nuova aggiunta, l’Emilia Romagna. Il Veneto proseguirà l’esperienza di una prova analoga, ma non equivalente. Altri protocolli sono alla firma in regioni come il Lazio, la Campania, il Friuli-Venezia Giulia, ma difficilmente, anche quando risultino firmati, saranno operativi già da quest’anno, salvo forse che in singole realtà locali e come puro banco di prova.
Quali le principali novità? Nei giorni 6 e 7 marzo, a Padova si è tenuto un convegno sul tema, al quale, per la prima volta, hanno partecipato rappresentanti di tutte le sedi dove si è svolta una prova certificativa. È stata quindi l’occasione per fare il punto e dibattere le diverse esperienze. Più importante ancora, però, è stata la presenza di un funzionario ministeriale (Dr.ssa Carmela Palumbo), che ha aperto i lavori e ha informato tutti i partecipanti circa lo stato dell’arte. Al medesimo scopo era presente, e ha in parte diretto le attività, il Presidente della CUSL (Consulta Universitaria di Studi latini: http://www.cusl.eu/), che è l’ente che riunisce i docenti di latino di tutte le università italiane, ma è anche – e proprio per questo – l’ente certificatore riconosciuto dal Ministero. Qual è allora lo stato dei lavori? A dicembre la CUSL ha elaborato delle “Linee guida” su che cosa debba essere una certificazione e come si debba svolgere. Eccone il testo:
Linee guida nazionali certificazione linguistica
Nei mesi intercorsi fra l’elaborazione (e l’approvazione) di quel documento e oggi, è stato elaborato anche un sillabo delle competenze corrispondenti ai diversi livelli di certificazione. Questo sillabo è destinato ad avere valore su tutto il territorio nazionale. Ogni regione potrà naturalmente gestire con una certa libertà le prove di certificazione, ma, una volta siglato l’accordo fra CUSL e Ministero (per ora c’è solo un accordo di massima, che aspetta i documenti applicativi, come appunto il sillabo, per divenire de iure), la certificazione, per avere valore e spendibilità su tutto il territorio nazionale, dovrà per forza di cose rispettare alcune regole comuni. Prima fra tutte, la suddivisione in tre livelli e 6 sottolivelli (4 soli però sono quelli attualmente attivati), come previsto dalle linee guida; poi, l’articolazione dei livelli e dei sottolivelli secondo le indicazioni delle linee guida e lo schema delle competenze fissate dal sillabo; quindi, la tipologia degli esercizi, che dovrà essere fondata sul modello e la misura indicati, livello per livello, dal sillabo; infine, le modalità pratiche di somministrazione e svolgimento della prova, che dovranno essere identiche per ogni sede e ogni regione. Un certificato ottenuto nel rispetto di queste norme comuni avrà riconoscimento su tutto il territorio nazionale e una parziale spendibilità in ambito universitario, a seconda delle indicazioni che saranno fornite da ciascun Ateneo. Altri documenti che si fregino del titolo “certificazione” saranno invece privi di valore, al di fuori dell’ambito o dell’ente che li avrà rilasciati (ad esempio, una rete più o meno articolata di scuole). Ecco dunque il testo del sillabo:
Dunque, di fatto che cosa è cambiato? È cambiato che la certificazione non si fonda più su un’iniziativa volontaria, ma ha/avrà una spendibilità su tutto il territorio nazionale. Spendibilità se vogliamo ancora limitata, perché di fatto, sul piano pratico, a parte la soddisfazione personale e la possibilità di inserire questo certificato, come qualsiasi altro certificato, nel portfolio di chi l’ha conseguito, la spendibilità effettiva si limita alle facoltà umanistiche in senso lato (non solo Lettere, quindi, ma anche corsi di laurea affini, ad esempio Giurisprudenza). Lì però finisce. Diverso sarà il caso quando venga attivato il livello C, quello professionalizzante, richiesto/richiedibile ad esempio per i corsi post lauream, per i corsi sul modello TFA (o quello che ci attende nell’incerto futuro), per i concorsi connessi ad archivi e biblioteche di conservazione. Al momento, uno studente in possesso di certificazione può pensare di farla valere solo come credito formativo entro la scuola, oppure, quando ci sarà un accordo nazionale, anche entro i percorsi universitari, negli ambiti delle prove d’accesso all’università o di quelle di accesso agli esami di latino (laddove non ci siano prove d’accesso all’università, o se ci siano non contemplino il latino fra le materie soggette a verifica). Che però un documento acquisito in una qualunque regione possa valere su tutto il territorio italiano, e quindi in qualsiasi università dello Stato, sembra già un risultato di tutto rispetto. Fra l’altro, sfruttando la potente piattaforma informatica dell’Università di Bologna, è stata avanzata una richiesta di finanziamento alla Comunità Europea per un gruppo di studio che “esporti” la certificazione negli altri Paesi della Comunità, lavorando a stretto contatto con una serie di università sparse sul territorio europeo, per verificare i necessari adeguamenti (ammesso che ce ne siano) con i parametri europei in vigore nelle diverse nazioni. Insomma, il cammino è ancora lungo, ma la certificazione rischia di diventare un documento valido su tutto il territorio europeo! Ammesso che… come si è detto, siano rispettate le indicazioni del sillabo e le modalità comuni di somministrazione della prova, da fissare in un documento non ancora realizzato. Questo documento deve essere il prossimo impegno della CUSL, da approntare quanto prima, così da completare la serie di testi necessari per l’accordo con il Ministero.
Cos’altro ha insegnato l’esperienza di due giorni a Padova? Una buona notizia per la certificazione lombarda, che è risultata fra le esperienze più compiute, sia per organizzazione che per contenuti. Il sillabo accolto dalla CUSL non è molto diverso (salvo pochi adeguamenti, che andranno fatti in futuro) a quello già in uso in Lombardia, elaborato – sia pure attraverso una serie di esperimenti e di errori – nei quattro anni passati dalla prima Certificazione. Particolarmente virtuosa è risultata l’esperienza lombarda di una stretta collaborazione fra le tre parti in causa nell’operazione, cioè realtà scolastiche, ente certificatore e suoi rappresentanti (CUSL), uffici ministeriali e suoi rappresentanti (USR). La Commissione lombarda, nominata dall’USR e presieduta da un suo delegato di fiducia (attualmente, il prof. Massimo Pantiglioni, Dirigente IIS “Strozzi” – Polo formativo, Mantova), che unisce al suo interno professori universitari in rappresentanza di ciascuna delle sedi universitarie sparse sul territorio regionale (Università Statale, Università Cattolica, Pavia, Bergamo) e una folta rappresentanza di docenti in servizio presso scuole dislocate in tutta la Regione, costituisce un buon gruppo di lavoro, proprio per la possibilità che ha mostrato di interazione fra le diverse parti e componenti in gioco. A Padova si sono evidenziate, nel processo di unificazione delle diverse esperienze certificative, anche alcune criticità, naturalmente, direi almeno quattro. La prima, l’attuale varietà di modi in cui viene somministrata la prova certificativa, che evidentemente andrà ridotta a una modalità “standard” che segua le norme riconosciute per tutte le procedure valutative analoghe (concorsi, altre certificazioni, etc.); la seconda, la necessità di riflettere sul livello C, al momento ancora non attivo, per il quale è auspicabile un lavoro comune e in linea con le indicazioni di quelle Linee guida cui ho fatto più volte cenno. La terza, la definizione della prova di livello B2, che attualmente include – più per concessione al reale che per vera convinzione – anche un esercizio traduttivo, ma che in molte sedi vede accompagnare la traduzione con prove di commento o, addirittura, di valutazione stilistica del brano proposto, un po’ sul modello della Analisi Testuale nella prima prova di Maturità. Questi esercizi andranno uniformati il più possibile; una buona base di partenza è parso il documento del progetto E-Petra, reperibile alla pagina
http://petra-educationframework.eu/it/.
Quel progetto indica doveri e compiti di un traduttore, abilità che deve possedere e saper manifestare, competenze che si possono saggiare. E stabilisce anche quali siano i livelli professionali e quali quelli dotti, ma ancora amatoriali, che corrispondono al livello B2 della certificazione. C’è da ragionarci sopra. La quarta criticità? Trovare un compromesso ed esercitare la difficile arte della mediazione fra tutte le esperienze fatte. Tutte le sedi presenti a Padova sono parse disposte a cercare una mediazione fra le loro esperienze e il quadro che si sta delineando. D’altra parte, una certificazione che procedesse per conto proprio, separatamente, vedrebbe diminuito da subito il proprio valore, e nello stesso tempo rischierebbe di diminuire il senso dell’operazione complessiva. Ma naturalmente ci auguriamo tutti che ciò non accada…