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Ballata - Ballade

  • “Ballade”, “Romanze”, “Erzählgedicht”
  • “Volksballade” e “Kunstballade”
  • La “ballata” tra poesia lirica, epica e dramma
  • Strofa e verso della “ballata”
  • Contenuto e tipologia delle “ballate”
  • Breve storia della ballata moderna in Germania


  • Ballade”, “Romanze”, “Erzählgedicht”

    Il termine “Ballade” ha evidentemente un’origine neo-latina e rappresenta un prestito dal provenzale “ballade”, che a sua volta proviene dall’italiano “ballata”, anche se c’è chi lo fa risalire al termine celtico “walad” - che indica una canzone narrativa dal tono popolare - e quindi all’inglese “ballade”. La “ballade” romanica, in quanto “canzone da ballo”, raggiunge il suo massimo sviluppo in Francia, dopo i canti trobadorici del Duecento e Trecento, soprattutto nel Cinquecento, con Fançois Villon. Le canzoni da ballo romaniche del dodicesimo secolo hanno esercitato la loro influenza anche sulla poesia popolare della Danimarca e dei paesi scandinavi, favorendo lo sviluppo dei “Kämperviser” (o “folkeviser”), che a loro volta influenzeranno lo sviluppo della ballata tedesca. In ogni caso, l’etimologia del termine non influisce sulla definizione del genere, in quanto la “ballata”, come viene intesa oggi, non rappresenta una “canto da ballo”. Il termine “Ballade” cominciò ad affermarsi in Germania nella seconda metà del Settecento, anche se per tutto il secolo e in parte anche durante l’Ottocento esso venne utilizzato assieme e come sinonimo di “Romanze”, un genere letterario nato in Spagna tra il Trecento e il Quattrocento che indica una canzone epica di carattere popolare e di contenuto narrativo, il quale ebbe i suoi massimi rappresentanti in Gongora, Lope de Vega e Quevedo. Il termine “Romanze” venne introdotto in Germania da Gleim, il quale pubblicò nel 1756 con il titolo Romanzen tre poesie sul modello delle “romanze” spagnole. In seguito parlarono indifferentemente di “Ballade” o di “Romanze” anche alcuni degli autori più famosi di “ballate”, quali ad esempio Bürger, Goethe e Schiller, ovvero lo stesso Herder, che fu il più importante teorico di questo genere. Risulta praticamente impossibile distinguere i due generi “ballata” e “romanza”, anche se si è tentato di caratterizzare la “romanza”, sull’esempio delle opere di Gleim, attraverso il suo carattere comico e burlesco, opponendola così alla serietà e oscurità della “ballata”. La “romanza” sarebbe ambientata, inoltre, nella solarità di un paese del Sud, mentre l’oscurità di un paese del Nord sarebbe tipica della “ballata” (Vischer). La “romanza” ebbe il suo massimo sviluppo in Germania durante il Romanticismo, con August Wilhelm e Friedrich Schlegel, Tieck e soprattutto con le Romanzen von Rosenkranz di Brentano. Furono proprio i romantici a introdurre una forma metrica più rigida, vale a dire un verso di quattro trochei con assonanza finale. Questa caratteristica puramente formale e non contenutistica si è imposta definitivamente ed è quella che oggi contraddistingue il genere “romanza”. Negli ultimi anni è stato introdotto - sull’esempio dell’inglese “narrative poem” - anche il concetto di “Erzählgedicht” (poesia narrativa), per indicare un genere di cui “ballata” e “romanza” dovrebbero rappresentare dei sottogeneri (Piontek). In realtà il termine “Erzählgedicht” viene utilizzato però soprattutto per indicare la “nuova ballata”, vale a dire un tipo di “ballata” che ad esempio in Brecht si è allontanata da alcune caratteristiche tipiche del genere, non presenta più una storia in se conchiusa e non punta soprattutto più ad un’immedesimazione affettiva del lettore, ma si avvicina invece maggiormente all’epica, mirando soprattutto a provocare una reazione critica e razionale da parte del fruitore.

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    “Volksballade” e “Kunstballade”

    Prima di prendere in considerazione le caratteristiche formali e contenutistiche della “ballata”, è necessario distinguere ancora chiaramente tra la cosiddetta “Volksballade” (ballata popolare) e la “Kunstballade”, che deve essere tradotto più come “ballata autoriale” che non come “ballata artistica”. Anche se vi sono molte analogie tra i due generi tanto riguardo ai contenuti che riguardo al modo di rappresentarli e finanche al metro impiegato, pure non vi è tra di esse alcuna continuità storica.
    Si è soliti considerare come prime “ballate” della letteratura tedesca i cosiddetti “canti eroici” (Heldenlieder), e in particolare la sola testimonianza scritta ritrovata in Germania, vale a dire lo Hildebrandslied, trascritto attorno all’anno ottocento. Proprio una ripresa di queste vicende nel cosiddetto “nuovo Hildebrandslied”, che ha conosciuto diverse trascrizioni tra il Quattro- e il Cinquecento, mostra chiaramente le grandi differenze esistenti tra il “canto eroico” e il “canto popolare” (Volkslied). Non muta soltanto il metro dei componimenti, che dal verso allitterante (Stabreim) tedesco passa al verso rimato, ma cambiano piuttosto tanto i fruitori che i produttori degli stessi e quindi, di conseguenza, anche gli ideali in essi propugnati. Mentre infatti il “canto eroico” era una canto che risaliva ad un autore preciso, anche se oggi spesso sconosciuto, e si rivolgeva ad uno strato sociale alto di un pubblico guerriero per celebrare ideali come il coraggio, l’eroismo e la fedeltà, la “poesia popolare” medievale non ha un pubblico così ben definito. Allo stesso modo che per il “Volkslied”, non è detto che l’autore di queste opere sia per forza di cose veramente il “popolo”, che esse siano cioè dei prodotti comunitari. Come per il “Volkslied”, anche per la “Volksballade” l’autore è però sconosciuto e le molte varianti esistenti delle singole ballate mostrano come queste produzioni si siano diffuse e siano state modificate, adattate e fatte proprie e poi tramandate dal popolo e spesso anche dalle classi più basse. Per questo anche gli ideali che si esprimono in queste ballate sono ben diversi dagli ideali guerrieri dei “canti eroici” e ciò spiega in particolare il loro carattere meno cupo e tragico che diventa talvolta addirittura burlesco. Anche le caratteristiche stilistiche di queste ballate popolari, il cosiddetto “Hildebrandston”, con strofe di quattro versi composti di quattro sillabe toniche e riempimento libero delle sillabe atone, in cui rimavano normalmente solo il secondo e il quarto verso, favoriva evidentemente la memorizzazione ma anche la libera improvvisazione.
    Così come non vi è continuità storica tra il “canto eroico” e la “ballata popolare”, allo stesso modo anche quest’ultima, che conobbe il periodo di massima espansione tra il Quattro- e il Cinquecento, non conduce direttamente alla ballata moderna. Verso la fine del Seicento, infatti, la tradizione delle “ballate popolari” si interrompe bruscamente. Con l’Umanesimo, infatti, il gusto delle classi intellettuali si rivolge ad altre forme letterarie più alte, mentre tra il popolo si diffonde il “Bänkelsang”, una canzone da cantastorie, il quale alle fiere e nei mercati riporta in forma poetica avvenimenti di attualità. Se in questa canzone è predominante il carattere di esemplarità morale, essa viene chiamata anche “Moritat.
    Anche la prima fase dell’Illuminismo non fu certo favorevole a queste forme popolari di poesia e sarà dunque necessario attendere la riscoperta delle radici popolari delle culture nazionali nella seconda metà del Settecento e poi durante il Romanticismo, perché rinasca un interesse per questi componimenti e se ne facciano le prime raccolte. Anche questo rinnovato interesse non riporterà però più in vita la tradizione della “ballata popolare”, poiché si tratterà sempre e comunque di un recupero assolutamente sentimentale di qualcosa che appartiene ormai definitivamente al passato, così che anche le nuove ballate dal tono fortemente popolare rimangono in realtà sempre delle “Kunstballaden”.

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    La “ballata” tra poesia lirica, epica e dramma.

    Il carattere “epico” non è proprio solo dell’“Erzählgedicht”, ma costituisce invece un tratto distintivo fondamentale della “ballata” in quanto tale. Secondo le famose parole di Goethe, la “ballata” rappresenta una sorta di “uovo originario” (Ur-Ei), da cui si sono sviluppate poi tre le “forme naturali della poesia”, vale a dire la “poesia lirica”, l’“epica” e il “dramma”. Per questo motivo c’è stato anche chi ha attribuito questo genere all’“epica” invece che alla “poesia lirica”, anche se la maggior parte dei critici concorda nel considerare la ballata come più vicina alla “lirica”.
    La caratteristica che distingue in primo luogo la “ballata” dalle altre forme della “poesia lirica” è costituito dall’elemento epico, vale a dire narrativo o anche mimetico del suo contenuto. Nella “ballata”, cioè, per parlare con la terminologia di Käte Hamburger, il contenuto non è costituito dall’espressione immediata di un “Io lirico”, bensì piuttosto dall’esistenza di un soggetto che è frutto di finzione. Troviamo qui all’opera, in altri termini, una “funzione narrativa” che è tipica solo del “genere mimetico” e non invece di quello “lirico”.
    A differenza di altri generi epici, tuttavia, la ballata è caratterizzata solitamente da una forte struttura finalistica, che fa sì che essa tenda con decisione fin dalle prime battute al momento culminante e conclusivo dell’azione. Questa caratteristica, che l’avvicina da una parte alla “novella”, la rende simile dall’altra anche al “genere drammatico”. Vi è in essa tuttavia anche un altro elemento che appartiene al dramma e non al “genere lirico”, vale a dire la frequente presenza in questo tipo di componimento di dialoghi.
    Al genere “lirico” appartengono invece tutti gli strumenti poetici e retorici della rappresentazione. Non solo la divisione in versi e in strofe del componimento oppure l’eventuale presenza della rima fanno della “ballata” un genere “lirico”, bensì anche l’utilizzo particolarmente accentuato di mezzi ritmici e sonori quali la ripetizione, il refrain, le allitterazioni e le assonanze, le coloriture onomatopeiche, l’uso di interiezioni ed esclamazioni ecc., che servono a creare una particolare “Stimmung” (atmosfera o disposizione) poetica.

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    Strofa e verso della “ballata”

    A differenza di altri generi poetici quali ad es. il sonetto, l’ode o l’elegia, la “ballata” non ha una propria forma strofica o metrica caratterizzante e può quindi assumere diverse forme. Vi è tuttavia, al contrario, una forma strofica che è attribuita alla sola “ballata”. Si tratta della cosiddetta “Chevy-Chase-Strophe”, il cui nome deriva dal titolo della ballata scozzese presa ad esempio da Addison per esaltare la bellezza della poesia popolare. Questa strofa consiste di quattro versi, di cui il primo e il terzo hanno quattro piedi, il secondo e il quarto invece tre, con rima alternata ABAB e cadenza maschile (termina con una sillaba tonica). La mancanza di un piede nel secondo e nel quarto verso produce una forte pausa. L’alternanza tra sillabe accentate e non accentate non è regolare, poiché la quantità di tesi tra una sillaba accentata e l’altra è libero come nella “canto popolare” (Volkslied). Anche questo tipo di strofa, come la strofa della canzone popolare, deriva dal “verso lungo” (Langvers), diviso da una cesura in due emistichi, della “Nibelungenliedstrophe” ovvero del “nuovo Hildebrandslied”. Nelle ballate di due autori come Schiller o Goethe, solo per fare un esempio, troviamo tuttavia una ben più grande ricchezza e variabilità di forme strofiche e metriche, cosicché troviamo strofe di sette, otto, ma anche di dieci o addirittura dodici versi.

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    Contenuto e tipologia delle “ballate”

    Così come la ballata non ha una forma fissa che la distingue, allo stesso modo essa non è legata nemmeno a un contenuto preciso. Ciononostante sono stati fatti numerosissimi e ripetuti tentativi di suddividere le ballate a partire proprio dal loro contenuto e si sono distinti dunque vari gruppi di ballate “numinose”, “mistiche”, “magiche”, di “magia naturale” o di “magia dei morti”, “psicologiche”, “spettrali”, “storiche”, “cavalleresche”, “eroiche”, “ideali”, “ironiche”, “comiche”, “ballate del destino”, “ballate della hybris”, della “vendetta” ecc. Il rischio di queste suddivisioni è rappresentato dal fatto che quando esse diventano troppo precise e quindi numerose, ogni ballata finisce per costituire una specie a sé e viene meno di conseguenza proprio il valore di una simile tipologia.
    D’altra parte, però, questi tentativi di classificazione non sono del tutto inutili, in quanto ogni raggruppamento di alcune opere sotto una certa categoria o classe serve comunque a mettere in luce alcune caratteristiche peculiari comuni ad un certo numero di componimenti per altri versi magari molto lontani tra loro.
    Può risultare utile ricordare qui almeno il tipo di ballata in assoluto più diffuso, vale a dire quello della cosiddetta “naturmagische Ballade” (ballata di magia naturale). Si tratta di una ballata che ha in sé qualcosa di “misterioso” (Goethe), un carattere cupo, irrazionale e spesso tragico, nella quale l’uomo viene posto di fronte ad una natura oscura e incomprensibile. Tra gli esempi più famosi di questo tipo di ballata vanno ricordati evidentemente Der Fischer (1778) e Erlkönig (1782) di Goethe. Ma troviamo molti esempi di questo genere anche nelle ballate del romanticismo, nella Lore Lay di Brentano e ancora di più nel Waldgespräch o in Der stille Grund di Eichendorff, nel Feuerreiter oppure nella Schlimme Gret di Mörike . Molte ballate della Droste-Hülshoff rientrano poi in questo genere di “naturmagische Ballade”, delle quali vogliamo ricordare qui solo Der Knabe im Moor, che è stata spesso paragonata all’Erlkönig di Goethe.
    In questo tipo di ballate, che si rifà molto spesso ai temi della “poesia popolare” (Volkspoesie), domina una concezione per così dire arcaica, prerazionale della natura. E’ evidente, quindi, come essa abbia avuto il suo massimo sviluppo nella seconda metà del Settecento e nella prima metà dell’Ottocento, in un momento, cioè, in cui si cercava di recuperare la mentalità primitiva e originaria dei popoli. Costituirebbe tuttavia un grosso errore di prospettiva, voler universalizzare ed estendere a tutte le ballate i tratti caratteristici di questo tipo, così come ha fatto in passato una parte della critica, la quale ha voluto anzi riconoscere in questo genere addirittura una tipica espressione dell’anima nordica e quindi un tipo di poesia prettamente tedesca (Kayser).
    La ballata “magico-naturale” tende in realtà ad esaurirsi nella seconda metà dell’Ottocento, per lasciare il posto soprattutto alla “ballata storica”, anche se si può scorgere un’influenza di questo tipo di ballata persino in “ballate storiche” come Die Brücke am Tay (1880) di Fontane , oppur in alcune ballate del primo Brecht, come ad esempio nella Ballade von des Cortes Leuten, e persino in alcune liriche espressioniste, vale a dire nelle poesie di Heym Der Gott der Stadt o Die Dämonen der Städte.
    Altri due tipi di ballata abbastanza comuni, vale a dire la “totenmagische Ballade” (ballata della magia dei morti) e la “Schicksalsballade” (ballata del destino) sono state spesso considerate assieme alla “ballata magico-naturale” come sottospecie di un genere superiore costituito dalla “ballata numinosa”. Il tema del ritorno dei morti, assieme a quello della cavalcata notturna dei morti, sono due topoi che ritornano in moltissime ballate. La più famosa di queste è naturalmente la Lenore di Bürger, ma si trovano molte varianti di questi motivi anche in Brentano, Eichendorff, Mörike , Droste-Hülshoff ecc. Come per la “ballata magico-naturale”, così anche il motivo del ritorno dei morti e della loro cavalcata tende a diventare sempre più raro dopo la metà dell’Ottocento, per ritornare invece, sorprendentemente, in alcune ballate posteriori alla prima guerra mondiale, ad esempio nelle ballate di Tucholsky Rote Melodie e Gebet nach dem Schlachten, oppure in Stimme aus dem Massengrab o Verdun viele Jahre später di Kästner.
    Anche l’uomo in lotta con il destino, che viene punito per i suoi misfatti o più spesso per la sua hybris, è un tema ricorrente della ballata. Come esempi di queste “Schicksalsballaden” possono venire ricordate le ballate di Schiller Der Ring des Polykrates e Der Taucher (1798), ma anche Belsazar di Heine . Ballate in cui compare la punizione da parte di una sorta di giustizia divina sono invece Die Kraniche des Ibykus, di Schiller, Die Rache, di Uhland, Die Vergeltung, della Droste-Hülshoff, e infine Die Füße im Feuer di C.F. Meyer .

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    Breve storia della ballata moderna in Germania

    La nascita della “ballata moderna” in Germania si può datare nella seconda metà del Settecento. Il primo a ricorrere a forme popolari del “Bänkelsang”, a cui adattò anche la tradizione spagnola della “romanza”, fu Gleim, che nel 1756 pubblicò con il titolo Romanzen tre componimenti che riprendevano la tradizione del “Bänkelsang”. Già il lungo ‘sottotitolo’ della “romanza” Marianne, in cui vengono indicati gli estremi della vicenda narrata e viene esplicitata soprattutto la morale della stessa, mostra una chiara parentela con il canto del cantastorie. Rimane tuttavia un tema ancora dibattuto dalla critica, se Gleim non perseguisse con questi componimenti intenzioni puramente parodistiche. Una caratteristica tipica di questi componimenti rimane comunque l’atteggiamento di distanza razionale del narratore rispetto alla vicenda narrata. Un forte influsso sullo sviluppo della ballata moderna in Germania venne esercitato però soprattutto dall’Inghilterra, in particolare attraverso la pubblicazione dell’Ossian di Macpherson (1760) e attraverso la raccolta di ballate e poesie popolari inglesi da parte di Percy, pubblicate in Reliques of Ancient Poetry (1765). La conoscenza di queste ballate inglesi sta sicuramente alla base delle due ballate presentate da Hölty all’interno dello Hain di Gottinga, vale a dire di Adelstan und Röschen (1771) e Die Nonne (1773), che rappresentano in un certo senso una via di mezzo tra le ballate di Gleim e quelle di Bürger. Il vero impulso per la nascita della ballata moderna in Germania venne tuttavia dall’opera di Herder, il cui significato e la cui importanza possono difficilmente venir sopravvalutati. Herder riconosce infatti nella poesia popolare la più immediata espressione della vera e più profonda anima dei popoli. Herder non solo enucleerà le caratteristiche fondamentali della poesia popolare nel suo saggio sull’Ossian, ma tradurrà anche ballate di diverse nazioni e appronterà infine una raccolta di “canzoni popolari”, che comprende componimenti provenienti da tutta l’Europa, pubblicata nel 1777/78 con il titolo di Volkslieder.
    Un prodotto immediato delle teorie di Herder sulla canzone popolare è rappresentato dalla prima grande ballata della letteratura tedesca, vale a dire dalla Lenore (1773) di Bürger, che un così grande successo ebbe in tutta Europa e anche in Italia venne ripetutamente tradotta all’inizio dell’Ottocento, tra l’altro nella famosa Lettera semiseria (1816) di Giovanni Berchet. Bürger persegue esplicitamente una poetica della “popolarità” (Popularität), vale a dire un tipo di poesia che parli direttamente al popolo. L’“immediatezza” (Unmittelbarkeit) e il “carattere popolare” (Volksmäßigkeit) delle sue poesie sono tuttavia tutt’altro che espressioni immediate della sensibilità popolare e rappresentano piuttosto il risultato di un’assidua e cosciente ricerca.
    Anche Goethe si era dedicato, durante la sua permanenza a Strasburgo, seguendo gli impulsi che gli provenivano da Herder, alla raccolta di diverse ballate popolari, le quali vennero poi in parte accolte dallo stesso Herder nella sua antologia.
    Già la “poesia popolare” Heidenröschen presenta alcuni caratteri della ballata, mentre vere e proprie ballate sono poi Der König in Thule, Der Fischer (1778) e Erlkönig (1782) , con cui Goethe inaugura il tipo più diffuso di ballata, vale a dire la ballata “della magia della natura”.
    Negli anni 1797/98 Goethe e Schiller scrivono diverse ballate, che rappresentano il prodotto delle loro discussioni sulla letteratura. Queste ballate sono molto diverse da quelle “stürmeriane” del giovane Goethe. Già nel 1791 Schiller aveva preso nettamente le distanze dal concetto di “popolarità” propugnato da Bürger, sostenendo invece la necessità per l’arte di tendere verso l’ideale. In consonanza con questa posizione, Schiller inaugura un nuovo tipo di ballata, che è stata definita “Ideenballade” (ballata delle idee). Queste ballate, tra cui vanno ricordate soprattutto Der Ring des Polykrates (1798), Der Handschuh (1798), Der Taucher (1798), Die Kraniche des Ibykus (1798) e Die Bürgschaft (1799) , sono parabole concepite razionalmente con un intenzione fortemente didascalica e morale. Qui l’uomo non viene più presentato nel suo essere in balia di una natura oscura e razionale come nelle ballate di Bürger o del giovane Goethe, ma compare invece in quanto essere morale, dotato di volontà e quindi anche di responsabilità riguardo alle proprie scelte. Non si tratta tuttavia di vere e proprie “Heldenballaden” (ballate eroiche), in quanto l’eroe deve soprattutto imparare a dominarsi e a sottomettere la propria natura fisica alla natura morale e spirituale del suo essere.
    Più difficile è parlare di “ballate delle idee” nel caso di Goethe, in quanto l’idea nei suoi componimenti non viene mai espressa in maniera così chiara e univoca come in Schiller, ma si nasconde e si manifesta allo stesso tempo in simboli eternamente interpretabili. Più vicine alla “Ideenballade” sono forse la ballata Der Sänger (1783), scritta appena un anno dopo l’Erlkönig , oppure Der Zauberlehrling, che rappresenta una rinuncia ironica allo spirito della “ballata magica”, mentre più complesso è il significato delle ballate Die Braut von Korinth e Der Gott und die Bajadere, in cui Goethe critica da un lato la morale ascetica e inumana del mondo borghese, per mostrare dall’altro la profonda umanità e la possibilità di riscatto che abita anche nel più abbietto e depravato degli uomini. Soprattutto nel tardo romanticismo e in particolare con il cosiddetto romanticismo di Heidelberg, si riscopre la “ballata popolare”, che acquista in quest’epoca un significato e un valore nazionale. Tra le 700 canzoni raccolte da Achim e Brentano in Des Knaben Wunderhorns, all’incirca 250 possono essere considerate ballate. Così come in questa raccolta la distinzione tra canzoni (Lieder) e ballate non sempre è chiara, allo stesso modo anche le ballate degli autori romantici acquistano spesso un tono fortemente lirico. Ritorna con forza nelle composizioni di Brentano, Eichendorff e Mörike la “ballata di magia naturale” così come la “ballata spettrale”. L’uomo di queste opere non è più l’essere morale di Schiller, bensì piuttosto un eroe passivo, in preda a uno stato sonnambolico e di sogno ed esposto quindi all’influenza di tutte le forze della natura. Proprio questa stessa passività dell’eroe è tipica anche delle “Legendenballaden” (ballate leggendarie) del romanticismo, in cui la sicurezza della fede diventa una difesa di fronte allo stato di spaesamento e di incertezza individuale (ad esempio Die Gottesmauer di Brentano).
    Nel “Biedermeier” la ballata diventa il genere poetico più amato e più diffuso. Accanto a una produzione spesso dozzinale ed epigonale, vanno attribuite al gusto e al tono “Biedermeier” anche alcune delle migliori ballate del secolo, vale a dire alcune ballate di Chamisso, di Mörike , di Uhland, della Droste-Hülshoff, die Heine e anche di Fontane . Anche in quest’epoca si riscontra una predilezione per le “ballate di magia naturale”, per la “ballate del destino” o per le “ballate dell’orrore” (Schauerballade). Tanto i contenuti che le forme di queste ballate sono tuttavia mitigati rispetto a quelli delle ballate dello Sturm und Drang. Domina, infatti, in queste opere una razionalità illuministica mitigata e la fiducia nella razionalità del mondo. Anche dal punto di vista formale, queste ballate non sono caratterizzate da “salti” sintattici, inversioni, elissi ecc., bensì piuttosto da uno stile piano, comprensibile a tutti e che tende piuttosto alcune volte a diventare troppo didattico. La ricerca del carattere popolare non avviene cioè attraverso un recupero della fantasia più sfrenata, bensì attraverso una semplificazione del linguaggio e una forte tendenza all’epicizzazione del contenuto: carattere popolare significa in primo luogo comprensibilità. Le aspettative del lettore, ad es. il suo senso di giustizia, vengono quasi sempre soddisfatte, mentre d’altra parte anche le forze naturali vengono umanizzate.
    Le ballate della Droste-Hülshoff sono caratterizzate da un tono unitario, in cui domina sempre la rappresentazione precisa del paesaggio della Vestfalia e delle sue saghe. Molte di queste ballate rientrano nella categoria delle “ballate magiche” e delle “ballate spettrali” (Der Knabe im Moor ; DDas Fräulein von Rodenschild; Der Graue). La convinzione della Droste-Hülshoff dell’esistenza di un mondo e di forze che vanno oltre la capacità di comprensione umana convive tuttavia in lei con l’altrettanto forte fede in un ordine morale e razionale dell’universo. Motivi magici e spettrali sono presenti anche nelle ballate della poetessa che hanno per tema avvenimenti storici (Der Tod des Bischofs Engelbert von Köln; Der Geierpfiff; Die Vergeltung).
    Molto vario è invece l’impiego della ballata da parte di Heine , tanto per quanto riguarda le forme che per quanto riguarda i contenuti. E’ stato detto che in Heine convergono tutte le tendenze della ballata prima e dopo di lui. Benché un componimento come Ich weiß nicht, was soll es bedeuten, sia molto vicino allo stile della ballata magica di Eichendorff, pure Heine tratta di solito con ironia e distacco questo tipo di tematica. Pur rifacendosi spesso alla ballata popolare, egli tematizza nei suoi componimenti anche problemi del presente e conferisce al genere una funzione di critica sociale (Die schlesischen Weber). La ballata Belsazar, che dal punto di vista formale corrisponde ai principi della “ballata nordica” e che Heine stesso riteneva particolarmente riuscita, appartiene per quanto riguarda il contenuto tanto alla “ballata storica”, quanto anche a quella “spettrale”, anche se c’è stato chi ha voluto riconoscere in essa degli accenti politici. Già durante la sua partecipazione al club letterario del “Tunnel sulla Sprea” Fontane viene in contatto con un forte interesse per la ballata, sostenuto in particolare dal giovane Graf Strachwitz. Questo amore per la ballata è espressione del rifiuto di un arte impegnata nel presente come era quella della “Giovane Germania” e prende quindi a modello le ballate inglesi di Percy ovvero le “ballate storiche” di Uhland. Nelle ballate di Srachwitz ha luogo un recupero del Medioevo e dei suoi ideali eroici. Fontane , che aveva esordito nel “Tunnel” presentando delle ballate sociali, si rivolge ben presto alla “ballata storica”, prediligendo in particolare avvenimenti della storia inglese. La miglior ballata di questo periodo è rappresentata da Archibald Douglas (1854), che riprende un tema già affrontato anche da Strachwitz (Das Herz des Daouglas), trattandolo però da un punto di vista più soggettivo e interiore. Fontane ritornerà al genere della ballata solo dopo diversi decenni con Die Brücke am Tay (1880); John Maynard (1886), Herr Ribbeck auf Ribbeck im Havelland (1889), aprendo per così dire il genere ad argomenti di storia contemporanea.
    “Ballate storiche” sono anche quelle di Conrad Ferdinand Meyer , che per la chiusura delle sue ballate, per l’equilibrio delle parti e l’accuratezza dell’espressione linguistica e della forma metrica rappresenta la tendenza più “classicista” della ballata moderna. Le sue “ballate storiche” sono la perfetta espressione dello storicismo del diciannovesimo secolo. Gli avvenimenti storici non hanno tuttavia valore in quanto tali, ma assumono in Meyer , come dimostra anche la ballata Die Füße im Feuer, un significato e un valore fortemente e volutamente simbolico. Proprio contro le ballate di Meyer rivolse i propri strali all’inizio del nuovo secolo Hugo von Hoffmanstahl, criticando più in generale tutti i requisiti ormai vecchi ed epigonali del genere.
    Anche il tentativo di Börries von Münchausen, che a cavallo tra Otto- e Novecento fondò a Gottinga, una “Akademie zur Pflege der königlichen Kunst der Ballade” (Accademia per la cura dell’arte regale della Ballata), conferma questo giudizio di Hoffmanstahl sul carattere museale e conservatore di questo genere. L’impresa di Münchahusen costituisce in effetti un tentativo di restaurazione, per riallacciarsi da una parte allo “Hain di Gottinga” e quindi agli inizi della “Kunstballade” tedesca, dall’altra però anche a Strachwitz. Assistiamo qui inoltre anche agli inizi di una critica letteraria basata sul concetto di razza, che porterà Wolfgang Kayser qualche decennio più tardi a vedere nella ballata una tipica espressione della razza tedesca. Anche se le composizioni di Münchhausen stesso sono molto varie tanto dal punto di vista formale che da quello contenutistico, i prodotti della sua Accademia rimangono invece piuttosto epigonali. Si salva la sola Agnes Miegel, in cui si scorgono, oltre al debito verso Fontane , anche i primi influssi dello “Jugendstil”.
    All’inizio del ventesimo secolo la ballata sembra dunque essersi infilata in un vicolo cieco e non avere più alcuna possibilità di sviluppo. Essa appare quale un genere per così dire “imbalsamato” su contenuti e forme stereotipate, che ha oltretutto un significato e un valore fortemente ideologico e conservatore. Non a caso proprio questo genere venne coltivato e divenne anzi il genere preferito del Nazionalsocialismo.
    Già negli anni precedenti alla prima guerra mondiale vennero aperte però alla “ballata” nuove possibilità. Fu soprattutto Wedekind che attraverso il ricorso a forme del “Bänkelsang” e della “Moritat” inaugurò in Germania la “Kabarattballade”. Negli anni venti, poi, furono soprattutto autori come Mehring, Tucholsky, Kästner e Klabund a riprendere questa tradizione e ad attribuire alla ballata anche delle finalità più decisamente politiche. Bertolt Brecht rappresenta infine il vero erede di questa tradizione: in tutta la sua produzione la ballata, che riveste sempre un ruolo importantissimo, tanto che compare praticamente in tutte le sue opere teatrali, si impossessa di nuove forme e di nuovi contenuti. Questo genere ha in Brecht spesso un contenuto di forte critica sociale, unito ad un tono e a una finalità “didattici”. L’ultimo Brecht sviluppa anche la cosiddetta “Legendenballade” (ballata della leggenda), che rivela un tono più rilassato e meno provocatorio. Die Legende von der Entstehung des Buches Taoteking rappresenta senz’ombra di dubbio uno dei massimi esempi di questo tipo di ballata.
    Negli anni Sessanta e Settanta la ballata è rinata un’altra volta, riallacciandosi soprattutto alla canzone popolare a ancor più ai cantastorie, grazie ai cosiddetti “cantautori”. Si tratta di un fenomeno che non riguarda sola la Germania, ma ha una diffusione mondiale: basta pensare ad esempio alle ballate dei “chansonniers” francesi, da Brel a Ferré e Brassens, oppure alle canzoni di Bob Dylan o di Leonhard Cohen. Anche molti testi della nuova generazione di cantautori italiani sono delle ballate, ad esempio la Storia di Marinella, la Guerra di Piero o Il pescatore di De André; oppure La locomotiva di Guccini, o ancora La casa di Heide di De Gregori. In Germania il 1975 è stato definito un “Balladenjahr” (anno delle ballate), poiché durante quest’anno diversi autori di diverse tradizioni e provenienza, come ad esempio Delius, A.C. Artmann e Enzesberger pubblicarono delle ballate. Anche in Germania la rinascita della ballata è legata in questi anni alla canzone e il suo interprete maggiore è rappresentato senza dubbio da Wolf Biermann.

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