';
20-21 LUGLIO 1919

SCIOPERISSIMO

La mattina del 20 luglio lo sciopero è generale. La Milano proletaria ha risposto all’appello. La circolazione dei mezzi è completamente bloccata, i tram sono rimasti nelle rimesse, e in giro si vedono solo automobili militari e ciclisti rossi, che corrono da una sede all’altra per trasmettere messaggi e aggiornare i dirigenti socialisti sulla situazione.

A fine maggio la direzione del Partito aveva proposto, durante alcuni incontri con esponenti socialisti di altre nazioni a Milano e a Roma, uno sciopero internazionale a cui avrebbero partecipato insieme all’Italia anche la Gran Bretagna e la Francia. L’agitazione proletaria doveva delinearsi come un atto di solidarietà verso i lavoratori ungheresi e russi e come protesta nei confronti di un paventato intervento europeo contro le Repubbliche sovietiche. Voleva essere inoltre un avvertimento a Versailles e all’autorità politica, affinché si procedesse alla smobilitazione generale, all’amnistia militare e al ripristino delle libertà costituzionali.

Nelle settimane successive ai diversi incontri con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali presero parte alcuni tra i più importanti dirigenti socialisti. Durante la conferenza tradunionista a Southport il 27 giugno si raggiunse un accordo per una manifestazione internazionale il 20 e il 21 luglio, seguendo i metodi in uso in ciascun paese. Questo significava che l’Inghilterra non avrebbe scioperato, e due giorni prima del grande evento anche la Conféderation générale du travail si tirò indietro.

In Italia, nonostante la defezione dell’Unione Sindacale del lavoro, lo sciopero è confermato, e a Milano la mattina del 20 gli operai non rispondono al richiamo della sirena delle fabbriche. La classe dirigente è in subbuglio. A fatica la città si è ripresa dalle rivolte del 6 luglio per il caroviveri, che ai più sono sembrate le prove generali della tanto temuta rivoluzione proletaria. Alla luce del ridimensionamento della manifestazione, le organizzazioni hanno messo in chiaro che l’obiettivo è nient’affatto sovversivo, sebbene i lavoratori nutrano ancora qualche speranza. Questo però non serve a placare gli animi, e in città si respira un’aria di tensione e paura.

Renzo Del Carria, Proletari senza rivoluzione. Storia delle classi subalterne italiane dal 1860 al 1950 (vol. II), Edizioni Oriente, Milano 1970, pp. 68-71

Ivano Granata, Crisi della democrazia. La Camera del lavoro di Milano dal biennio rosso al regime fascista, Franco Angeli, Milano 2013 (ediz. orig. 1986 e poi 2006), pp. 22-28

Giuseppe Maione, Il biennio rosso. Autonomia e spontaneità operaia nel 1919-1920, Il Mulino, Bologna 1975, pp. 31-32

Vincenzo Mantovani, Mazurka blu. La strage del Diana, Rusconi, Milano 1979, pp. 78-82

Giovanni Mira, Luigi Salvatorelli, Storia d’Italia nel periodo fascista (vol. I), Einaudi, Torino 1964, pp. 87-88

Pietro Nenni, Storia di quattro anni, 1919-1920. Crisi del dopoguerra e avvento del fascismo al potere, SugarCo Edizioni, Milano 1976, pp. 49-53

Gaetano Salvemini, Scritti sul fascismo, vol. 1, Feltrinelli, Milano 1961, p. 10

Angelo Tasca, Nascita e avvento del fascismo. L’Italia dal 1918 al 1922, La Nuova Italia, Firenze 1950, pp. 25-26, pp. 35-36

L’Italia proletaria ha risposto all’appello, «Avanti!», 22 luglio 1919

L’Italia proletaria ha risposto all’appello. Lo sciopero generale è stato completo fra gli operai dell’industria. Le due giornate di sciopero generale a Milano. La cronaca milanese delle due giornate di sciopero registra una manifestazione imponente di forza. Sino da domenica mattina si è arrestata completamente la circolazione dei tram. Non si videro scorrazzare – nei due giorni – che le automobili militari. Rara qualche vettura, condotta da brumisti-proprietari, verso la fine del secondo giorno. Grande movimento di biciclette o specialmente di ciclisti rossi. I postelegrafici di 3a categoria hanno scioperato in maggioranza. I negozi dei diversi generi sono rimasti chiusi in buona parte. Soltanto qualche caffè restò aperto per alcune ore, soprattutto nel centro a ristoro e conforto degli scioperanti della «haute». Lunedì mattina alcuni stabilimenti industriali fecero suonare le sirene. Ma naturalmente non un solo operario si presentò. In nessuna fabbrica, né grande né piccola, si lavorò in alcun modo. Soltanto qualche gruppetto di impiegati privati ha creduto di esimersi dal dovere della solidarietà sotto lo specioso pretesto dello sciopero politico. Per costoro la Camera del Lavoro ed il Partito socialista sono buoni solo quando c’è da conseguire un aumento di stipendio. E pensare che noi siamo, per certa gente, dei vili egoisti, dei volgari panciafichisti! Verso la sera di lunedì, dopo che gli operai avevano dato chiaro esempio di civismo, hanno voluto fare un po’ di gazzarra alcuni studenti ed ufficiali, evidentemente spiacenti che le cose si fossero svolte calme. Essi hanno fatto un poco di cagnara a Palazzo Marino. Fu sparato qualche colpo di rivoltella, ma dai vigili urbani e dai pompieri di servizio furono accolti a suoni di… cazzotti e dispersi con freschi getti d’acqua. Così si è chiusa la manifestazione proletaria a Milano, di cui il «clou» si ebbe nel grandioso comizio. Inutili lo sfoggio di forza pubblica e le provocazioni di vario genere degli avversari. […] Le due giornate di sciopero generale a Milano. La cronaca milanese delle due giornate di sciopero registra una manifestazione imponente di forza. Sino da domenica mattina si è arrestata completamente la circolazione dei tram. Non si video scorrazzare – nei due giorni – che le automobili militari. Rara qualche vettura, condotta da brumisti-proprietari verso la fine del secondo giorno. Grande movimento di biciclette e specialmente di ciclisti rossi. I postelegrafici di 3° categoria hanno scioperato in maggioranza. I negozi dei diversi generi sono rimasti chiusi in buona parte. Soltanto qualche caffè restò aperto alcune ore, soprattutto nel centro a ristoro e conforto degli scioperanti della «haute». Lunedì mattina alcuni stabilimenti industriali fecero suonare le sirene. Ma naturalmente non un solo operaio si presentò. In nessuna fabbrica, né grande né piccola, si lavorò in alcun modo. Soltanto qualche gruppetto di impiegati privati ha creduto di esimersi dal dovere della solidarietà sotto lo speciale preteso dello sciopero politico. Per costoro la Camera del Lavoro ed il Partito socialista sono buoni solo quando c’è da conseguire un aumento di stipendio. E pensare che noi siamo, per certa gente, dei vili egoisti, dei volgari pancia-fischiati!… Verso la sera di lunedì, dopo che gli operai avevano dato chiaro esempio di civismo, hanno voluto fare un po’ di gazzara alcuni studenti e ufficiali, evidentemente spiacenti che le cose si fossero svolte con calma. Essi hanno fatto un poco di cagnara a Palazzo Marino. Fu sparato qualche colpo di rivoltella, ma dai vigili urbani e dai pompieri di servizio furono accolti a suoni di… cazzotti e dispersi con freschi getti d’acqua. Così si è chiusa la manifestazione proletaria a Milano, di cui il «clou» si ebbe nel grandioso comizio. Inutili lo sfoggio di forza pubblica e le provocazioni di vario genere degli avversari.   Il grandioso comizio di Milano. Ieri mattina, grande folla stazionava all’ingresso della Camera del Lavoro, in attesa dell’arrivo dei conferenzieri, mentre già il Teatro del Popolo era rigurgitante. L’arrivo di Lazzari, Bacci, dell’on. Treves, Buozzi, D’Aragona e Mariani è stato accolto da applausi ed evviva, che cessarono soltanto quando Mariani, salito sul tavolo, accenno di voler aprire il comizio. Mariani constata con soddisfazione come lo sciopero generale sia pienamente riuscito. […] Nicola Bombacci, della Direzione del Partito Socialista, inneggia alla rassegna delle forze proletarie coll’armi in pugno. Allora – dice l’oratore – noi chiameremo tutto il proletariato, scacciando la borghesia dall’Intesa, responsabile del massacro di innumerevoli vittime innocenti. («Avanti!», 22 luglio 1919.)

milano_1920