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29 AGOSTO 1919 – VIA BORDONI, VIA PALEOCAPA

Attentato all’ing. Breda

Dove? via Bordoni angolo via Viviani; via Paleocapa, 7

Soggetti coinvolti: anarchici

Arresti:

  • Leopoldo Franchi, di Emilio, abitante in via Arena 35 trattenuto perché visto nei pressi di Parco Sempione prima dello scoppio della bomba in via Paleocapa. Rilasciato in seguito.
  • Enrico Calani di Achille, via Savona, 17 trattenuto perché visto nei pressi di Parco Sempione prima dello scoppio della bomba in via Paleocapa. Rilasciato in seguito.
  • Ettore Crabbi di Alessandro, via Savona 4 trattenuto perché visto nei pressi di Parco Sempione prima dello scoppio della bomba in via Paleocapa. Rilasciato in seguito.

Feriti: Giovanni Breda, lieve ustione sotto l’occhio destro provocata dall’acido solforico lanciato da Bruno Filippi

Vittime: Nessuna


E due! Si vede che oggi è la mia giornata.

Con queste parole a mezzanotte l’ingegner Giovanni Breda, a capo dell’omonima Società per Costruzioni Meccaniche dalla morte del padre Ernesto l’anno precedente, mette fine a un giorno da dimenticare.

Tutto ha inizio il pomeriggio intorno alle 17. In compagnia di un collaboratore e dell’autista, Breda esce dallo stabilimento di Milano in via Bordoni, chiuso a causa della serrata delle fabbriche metallurgiche, che va avanti dalla fine di luglio. L’aumento del costo della vita e le sospensioni del lavoro a causa della scarsità dei materiali hanno spinto gli operai siderurgici e metalmeccanici a protestare per ottenere almeno il riconoscimento dei minimi salariali.

Al momento di svoltare in via Viviani, l’auto dell’ingegnere è costretta a rallentare per non investire un passante. L’individuo, vestito secondo i racconti in maniera molto umile, si gira di scatto lanciando verso i passeggeri una bottiglietta contenente un liquido rossastro, per poi dileguarsi. A giudicare dall’odore pungente di uova marce e dalle bruciacchiature sui vestiti, si tratta di acido solforico. L’ingegnere non ha riportato ferite, se non una piccola ustione sotto l’occhio destro, prontamente medicata in una farmacia nelle vicinanze. Dopo aver sporto denuncia, torna nella sua abitazione al numero 7 di via Paleocapa all’angolo con via Gadio, per consumare una cena in solitaria, data l’assenza della famiglia che si trova in villeggiatura.

Una volta terminato il pasto, Breda decide di uscire.

Alle 23 un passante – tale Gian Giacomo Palazzi – che gironzola in compagnia della sua ragazza nei pressi del Parco Sempione, scorge un giovane piegato ad armeggiare con un piccolo involto proprio vicino alla palazzina di Breda. Ghiacciati per la paura, i due non riescono a muoversi neanche quando vedono una fiammella blu illuminare flebilmente il volto del ragazzo, che si dà prontamente alla fuga. Dopo un istante, una grossa deflagrazione fa saltare un balcone dell’edificio, squarciandone la facciata. L’ingegnere, di ritorno poco dopo la mezzanotte, la prende con filosofia.

Dopo pochi giorni, la stampa apprende dell’arresto di tre giovani meccanici di diciannove anni, che pare si aggirassero nei dintorni dell’abitazione la notte dell’esplosione. Lo stesso Breda aveva subito collegato gli attentati a un possibile atto intimidatorio nei suoi confronti:

Si ritiene, a torto, che io sia il maggior responsabile, anzi, per dir meglio, l’organizzatore della resistenza industriale contro la massa metallurgica scioperante. Chissà, qualche testa calda ha potuto credere che colpendomi si sarebbe definita la vertenza in corso. Ubbie!Io non sono che un industriale come tutti gli altri obbediente ai deliberati della mia organizzazione di classe.

Quello che in gergo la sinistra definisce un… pescecane. La fortuna protegge i pescicani!scriverà Bruno Filippi sull’Iconoclasta! di Pistoia.

Finita la guerra la belva borghese, perennemente assetata di sangue, malgrado i 507,193 morti immolati al trust e alla banca, volle e vuole ancora uccidere. Dal 13 aprile a oggi (eccidio di Lainate, morti 3) 54 persone furono assassinate dal piombo regio. Ecco la propaganda dell’odio! Gli incettatori affamano, gli industriali mettono al bivio fra lo sfruttamento più nefando e la fame. E si grida: Bisogna produrre! Leggevo l’altro giorno che un giovane (diciotto anni!) si suicidava per mancanza di lavoro. Io domando: che cosa si deve produrre? Casse da morto? Dunque la provocazione viene dall’alto sono i vari Breda protetti dalla camorra di stato, sono i Centanni cinici, libragatori di folle, sono i “gros bonnet” dell’esercito, lordi di sangue e furenti di libidine. Reazione? Ben venga. Gli anarchici non la temono, troppo l’hanno affrontata. Ormai la borghesia si è fatta il deserto intorno a sé. E ne subirà la pura legge.

È proprio Filippi dietro agli attentati a Breda, come d’altronde a tutti quelli che hanno incendiato l’estate milanese. L’obiettivo è quello di colpire gli alti papaveri dell’industria metallurgica e danneggiare gli sfruttatori della classe operaia, con un gesto eclatante in grado di svegliare le coscienze. L’identità dell’anonimo vetrioleggiatore, vestito con modesti indumenti da operaio, rimarrà sconosciuta solo per qualche giorno: dopo l’attentato al caffè Biffi, una impiegata della Cooperativa di via Bordoni riconoscerà nei lineamenti del giovane bombarolo perito in Galleria colui che aveva lanciato la bottiglietta nell’auto di Breda.

Disegno di Bazzi in «Satana Beffa», n. 3 del 27 aprile 1919 (Digiteca della Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea, Roma)

«Il Popolo d’Italia», 30 agosto 1919 (Digiteca della Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea, Roma)

Bruno Filippi, Scritti postumi, Tipografia Latini, Firenze 1950, pp. 66-68

Vincenzo Mantovani, Mazurka blu. La strage del Diana, Rusconi, Milano 1979, pp. 103-104

Due attentanti all’Ing. Breda, «Avanti!», 31 agosto 1919

Arresti per lo scoppio di via Paleocapa, «Avanti!», 2 settembre 1919

Attentati criminosi contro l’ing. Breda, «Il Popolo d’Italia», 30 agosto 1919

I lettori ricorderanno, «Il Popolo d’Italia», 2 settembre 1919

Il Filippi è uno degli autori dell’attentato all’ing. Breda, «Il Popolo d’Italia», 9 settembre 1919

Due attentanti all’Ing. Breda. La giornata di venerdì non è stata molto tranquilla per l’Ing. Giovanni Breda, gerente della società omonima che ha gli stabilimenti metallurgici a Sesto S. Giovanni ed a Milano, stabilimenti che ora sono chiusi perdurando lo sciopero o serrata delle industrie metallurgiche. Il primo attentato era proprio diretto contro la persona dell’Ing. Breda e mirava evidentemente non a sopprimerlo ma a recargli sfregio, è avvenuto in via Bordoni nel pomeriggio di ieri alle 17, mentre l’Ing. Breda con un altro ingegnere transitava nei pressi del suo stabilimento. Un individuò si accostò all’automobile nel momento in cui rallentava per lo svolto della strada e lanciava contro i due passeggeri una boccetta contenente acido solforico, dandosi poi alla fuga. L’Ing. Breda ed il suo compagno non riportarono alcuna ferita, salvo una lieve ustione che il Breda ebbe sotto l’occhio destro e qualche bruciacchiatura negli abiti e nei capelli. Questo attentato però non è rimasto solo. Alle 23 di ieri sera certo Palazzi Gian Giacomo passando per via Paleocapa ha visto un individuo che stava accendendo una miccia pendente dal balcone della palazzina segnata col numero 7 che fa angolo con via Gadio e dove abita per l’appunto la famiglia dell’Ing. Breda. Il Palazzi non ebbe tempo neppure di rendersi conto di ciò che stava per avvenire perché non appena l’individuo che aveva acceso la miccia ebbe raggiunti i tre suoi compagni che stavano più innanzi nel viale del parco ad attenderlo e con essi si era dato a precipitosa fuga, che una detonazione fragorosa si produsse mentre il balcone crollava e insieme si spezzavano imposte e si frantumavano i vetri della palazzina. Il portinaio uscì immediatamente di casa per prendersi conto dell’accaduto e fu il primo a constatare che trattavasi di una bomba incendiaria scoppiata proprio sul balcone crollato. Sul posto accorsero i passanti che a quell’ora transitavano per le vie adiacenti per recarsi alle loro abitazioni e più tardi la pubblica sicurezza si recava sul posto per le indagini del caso. L’Ing. Breda rincasato poco dopo avuta la comunicazione del non lieto avvenimento, l’accolse con molta filosofia ponendolo in relazione con la minaccia dell’acido solforico di alcune ore prima. Naturalmente si fanno ipotesi sui motivi del duplice attentato cercando un termine di relazione con l’attuale sciopero dei metallurgici. Ma si tratta di ipotesi che potrebbero anche essere smentite dai fatti. («Avanti!», 31 agosto 1919.)

Arresti per lo scoppio di via Paleocapa. Dopo lo scoppio della bomba in via Paleocapa sul balcone della palazzina dell’Ing. Breda, l’autorità di pubblica sicurezza si è affrettata a compiere tre arresti nelle persone di Leopoldo Franchi, di Emilio, abitante in via Arena 22, Enrico Gavani di Achille, abitante in via Savona 17, ed Ettore Crabbi, di Alessandro, abitante in via Savona 4, tutti meccanici diciannovenni, sui quali pesa la grave accusa di essere stati visti al Parco a prendere una boccata d’aria pochi minuti prima dello scoppio della famosa bomba. Ma poiché dopo i soliti «abili e stringati» interrogatori compiuti dai funzionari della Questura, gli arrestati caddero in qualche (sic!) contraddizione, l’autorità ha creduto bene di inviarli al Cellulare denunciandoli per danneggiamenti a mezzo esplosivi. Vedremo quale accusa contro i tre arrestati emergerà dopo gli interrogatori del giudice istruttore, e se invece non risulterà che la polizia vuol darsi l’aria di far qualche cosa. («Avanti!», 2 settembre 1919.)

Attentati criminosi contro l’ing. Breda. Un attentato contro l’ing. Giovanni Breda, il noto industriale metallurgico, veniva consumato, ieri pomeriggio, da un individuo rimasto sconosciuto. L’ing. Breda percorreva in automobile via Bordoni, accompagnato da un altro Ingegnere, quando giunta la vettura alla svolta e costretta a rallentare, un individuo dall’aspetto di operaio si avvicinava rapidamente all’automobile, lanciando contro i due passeggeri una soluzione di acido carbonico contenuto in una boccetta. Il liquido corrosivo fortunatamente non raggiungeva pienamente il bersaglio, poiché solo gli abiti del Breda e del compagno rimanevano bruciacchiati. Uno spruzzo d’acido colpiva sotto l’occhio destro l’ing. Breda, ma la piccola ustione prodotta, medicata ad una vicina farmacia, veniva giudicata di nessun conto l’autore dell’attentato riusciva ad eclissarsi. Contro l’ignoto l’ing. Breda ha sporto denuncia, ed ora la polizia indaga. Un secondo attentato, più grave nelle intenzioni se non nelle conseguenze, veniva consumato più tardi, e sempre contr lo stesso ing. Giovanni Breda. Potevano essere le 23,45, quando certo Palazzi Gian Giacomo, abitante in via Guerrazzi 8, transitando per via Paleocapa, dove pure è l’abitazione dell’ing. Breda, scorgeva un individuo presso la finestra del piano rialzato dell’abitazione del Breda, che guarda il prolungamento di via Gadio, intento come ad accendere una miccia; pochi istanti dopo avveniva una fragorosa esplosione accompagnata da gran rumore di vetri infranti. Contemporaneamente lo sconosciuto e due altri individui pure notati dal Palazzi, si davano a fuga precipitosa. Era il secondo degli attentati criminosi che nella giornata venivano consumati in danno del Breda. Infatti una bomba, pare a base di nitro-glicerina, era stata posta sul davanzale della finestra del piano rialzato adibito a studio – non ancora occupato – dal noto industriale milanese, le cui maestranze sono ormai da mesi in sciopero. L’esplosione aveva divelte le gelosie di ferro, scardinate le imposte, lesionato il davanzale e mandato in frantumi quasi tutti i vetri dell’appartamento; altre lesioni furono riscontrate nelle pareti interne dello studio. Sul posto accorse l’autorità di P.S. per le contestazioni e le indagini del caso. Interrogato sulle cause degli attentati l’ing. Breda ha detto di supporre che gli operai scioperanti, a torto, credano di colpire in lui l’esponente della resistenza del Consorzio Industriali, nello sciopero in corso; e lo scopo del doppio attentato non sarebbe che una intimidazione. («Il Popolo d’Italia», 30 agosto 1919)

I lettori ricorderanno che gli agenti accorsi al palazzo dell’ing. Breda, dopo lo scoppio della bomba, arrestarono tre individui che fuggivano. In seguito alle indagini esperite, i tre sono stati denunciati all’autorità giudiziaria per danneggiamento commesso a mezzo di esplosivi. Essi sono Leopoldo Franchi, di Emilio, abitante in via Arena 35; Enrico Calani di Achille, via Savona, 17, Ettore Crabbi di Alessandro, via Savona 4. Tutti e tre diciannovenni. («Il Popolo d’Italia», 2 settembre 1919)

Il Filippi è uno degli autori dell’attentato all’ing. Breda. All’ultimo momento veniamo informati che il Filippi è uno di coloro che in via Bordoni hanno tentato di vetrioleggiare l’ing. Breda. Sino dal giorno dell’attentato una commessa della Cooperativa di via Bordoni aveva dichiarato che ne riconoscerebbe gli autori qualora gli venissero presentati. Essa li aveva bene fissati e si era impressa le fisionomie dei due giovani che avevano tentato vetrioleggiare il Breda perché mentre essa si trovava sulla soglia del negozio notò che, con un corrosivo che tenevano dentro una bottiglietta i due facevano degli esperimenti sulla forza del corrosivo bruciacchiando con esso un pezzo di tenda. Ieri alla commessa è stata fatta vedere la fotografia del Filippi ed in questa essa riconobbe con sicurezza l’effige di colui che teneva in mano la bottiglietta del corrosivo. («Il Popolo d’Italia», 9 settembre 1919)

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