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31 AGOSTO 1919 – LARGO SAN BABILA

Attacco fascista contro una manifestazione cattolica

Dove? Dall’Istituto Gonzaga in via Vitruvio verso Corso Buenos Aires, Corso Venezia, Seminario Arcivescovile di Milano, Largo San Babila. Il corteo è deviato verso via Sant’Andrea, per poi procedere verso Piazza della Scala e Piazza del Duomo

Soggetti coinvolti: cattolici, fascisti, socialisti

Arresti:

  • Ugo Canevagli, 18 anni, residente in Greco Milanese, arrestato per violenza privata e oltraggio alle forze dell’ordine.
  • Aldo Lambrocchi, 18 anni, residente in viale Monza 81, arrestato per violenza privata e oltraggio alle forze dell’ordine.

Feriti: Nessuno

 Vittime: Nessuna

Nella nervosa atmosfera di fine agosto, in una città sconvolta da bombe anonime che solo dopo qualche giorno si scopriranno anarchiche, socialisti e fascisti decidono senza accordarsi di sfogare la propria impazienza contro i cattolici. Gli animi sono facilmente eccitabili e basta un nonnulla per incendiare un pomeriggio… figuriamoci un corteo che avanza gridando Viva il Papa! Il vero, il solo amico dell’Italia!

Mussolini, sempre incline alle iperboli, presenta questo raduno di giovani cattolici della diocesi come la calata dei vandeani: bifolchi bigotti rappresentanti del clericalismo rurale «venuti dai centri più retrogradi del bergamasco e del cremonese». Ma d’altronde è lo stesso Mussolini che prima della guerra, per dimostrare l’infondatezza dell’esistenza di dio durante i comizi, metteva un orologio sul leggio e stava in silenzio per cinque minuti dopo aver intimato l’Altissimo di fulminarlo. Al termine del tempo concesso intascava l’orologio e, compiaciuto, iniziava il proprio discorso.

La manifestazione prende avvio dall’Istituto Gonzaga in via Vitruvio, per procedere da Corso Buenos Aires per Porta Venezia. Il corteo di dimostranti, con stendardi e bandiere, è protetto da corposi cordoni di forze dell’ordine. Gruppetti di socialisti si accalcano sventolando copie dell’Avanti!e rispondendo in una singolare tenzone Bandiera rossa s’innalzeràa quello preferito dai «clericali»: Noi vogliam dio per nostro padre/Noi vogliam dio per nostro re.

In Corso Venezia fischi e urla si fanno incalzanti e violenti. In strada al portone numero 61 che ne contrassegna l’abitazione, Marinetti aspetta il passaggio dei cattolici, ponderando la mossa più destabilizzante per sovvertire l’ordine del pomeriggio. Accompagnato dal solito Ferruccio Vecchi e da esponenti dei Fasci di combattimento, tra schiamazzi e insulti si dirige in Largo San Babila per deviare il convoglio con un comizio improvvisato e bloccarne l’arrivo in Duomo. «Milano non può subire, senza un gesto di rivolta morale, l’oltraggio di vedere attraversare le sue strade da mandrie di schiavi e di fanatici», declama a pieni polmoni dal tetto di una carrozza.

Abbasso il papa! Abbasso il papa!

Fascisti e socialisti reagiscono egualmente indignati quando si trovano tra le mani un volantino confezionato dai cattolici. Dopo vari motteggi, infatti, si equipara il giornale del Partito socialista… a quello di Mussolini! Queste illazioni vengono accolte malamente da entrambe le parti, generando spintoni e sputi. Due diciottenni vengono tradotti al cellulare per violenza privata e oltraggio alle guardie, intervenute per calmare gli animi con il manganello.

Il carosello del Partito popolare, sulle note della promessa di salvezza eterna per qualsiasi individuo che decida di abbracciarne le iniziative in cabina elettorale, viene duramente sabotato dalle forze socialiste e da quelle fasciste, per la prima volta dalla stessa parte della barricata in un pomeriggio di fine agosto.

Mimmo Franzinelli, Fascismo anno zero. 1919: la nascita dei Fasci italiani di combattimento, Mondadori, Milano 2019, pp.  32-33

“Viva il Papa!”. La rassegna elettorale del P.P., «Avanti!», 1° settembre 1919

La calata dei vandeani, «Il Popolo d’Italia», 1° settembre 1919

“Viva il Papa!”. La rassegna elettorale del P.P. Ieri i clericali hanno fatto la loro grande rassegna. Hanno raccolto tutte le bandiere delle loro Associazioni lombarde, hanno trascinato dietro a buon numero di corpi musicali le loro schiere elettorali di oggi – gli adulti – e le loro schiere elettorali di domani – i ragazzi – e li hanno fatti sfilare attraverso la città fino al Duomo. Il grido che le schiere del P.P. emettevano in continuazione era quello di: Viva il papa!Per i canti, i cattolici non dimostrano molta fantasia: Noi vogliam dio per nostro padre/Noi vogliam dio per nostro reera il preferito. Qualche squadra ha cantato Bandiera bianca s’innalzerà/Bandiera rossa s’abbasserà. Hanno parafrasato l’«Inno dei lavoratori» potevano benissimo parafrasare anche questo! Tanto e tanto, rubare delle note musicali, il loro dio probabilmente non lo considera peccato mortale. E neppure veniale! I canti, le bandiere, le musiche, parlavano un linguaggio decisivo. Era l’ombra di Gentiloni, quella che giganteggiava sopra i dimostranti: e soffiava in una rumorosa tromba: la tromba del Giudizio… elettorale! – Borghesi di tutte le tinte, liberali, massoni e radicali, atei e credenti, industriali e commercianti, professionisti e renters, udite: – S’avvicina il grande giorno. Avete voi fatto l’atto di contrizione? Vi siete purgati del delitto commesso durante la guerra, quando ci chiamavate disfattisti? – Pentitevi, peccatori, finché siete in tempo. Accostatevi all’altare per essere tocchi dalla grazia, e fatti candidati a maggior gloria del signore! – Ecco, ecco le schiere che marciano compatte verso le urne. E voteranno come noi vorremmo, ed è nelle loro, nelle nostre mani, la vostra potenza di oggi, la vostra potenza di domani! – Borghesi di tutte le tinte, questa è, se volete, la vostra tavola di salvezza. Ma, se voi non volete, vi piomberà sulla testa e vi disperderà, e vi caccerà nel nulla! Così parlava l’ombra di Gentiloni. E i borghesi, che vent’anni or sono, giovanotti, correvano a far a pugni in nome dell’anticlericalismo, osservavano pensosi, ricordando l’altra dimostrazione, quella immensa del marzo 1919, che marciava sulle vie ampie del Socialismo. Chi resta dunque, con loro? Gentiloni locutus est. E siamo ormai agli sgoccioli. La dimostrazione, sboccando da Via Vitruvio, si è diretta verso Porta Venezia. Da un balcone del Corso Buenos Aires alcuni ufficiali hanno fischiato i dimostranti, i quali rispondevano dalla strada. L’incidente ha raccolto molta folla, e si è riunito subito dopo un gruppo di giovani, i quali hanno seguito il corteo al canto di: «Bandiera rossa». A Porta Venezia i fischi salgono alle stelle. I tramvieri delle numerose vetture ferme nel Piazzale bisticciano coi dimostranti. I carabinieri si raggruppano intorno alla coda del corteo, che lascia Piazzale Venezia, dove pare che ci sia il congresso delle locomotive malcontente. Un gruppo di giovani segue il corteo sventolando l’Avanti! e cantando «Bandiera Rossa s’inalzerà». In Piazza del Duomo è avvenuto un tafferuglio, durante il quale alcune croci e alcune bandiere sono state afferrate e fatte a pezzi per opera di arditi e di futuristi guidati dai soliti Vecchi e Marinetti. Un tram linea N. 8, occupato da cattolici con uno stendardo, è stato assalito da un gruppo di violenti, che hanno preso lo stendardo e hanno messo in fuga i cattolici. In quel mentre sono sopraggiunte le guardie, alle quali il possessore dello stendardo non volle cederlo. Altra colluttazione e arresto del giovane Canevagli Ugo, di anni 18, abitante a Greco Milanese, nonché di altro che accorse a difenderlo, Lambrocchi Aldo, di anni 18, abitante in viale Monza 81. I due sono stati deferiti per violenza privata e oltraggio alle guardie… le quali li hanno bastonati e condotti malconci in Questura. Un incidente clamoroso è avvenuto in Piazzale Venezia: un tenente degli arditi è venuto a diverbio con un tenente cappellano, al quale ha somministrato una dose di pugni, mentre un soldato, pure degli arditi, ha impedito ai cattolici di prestar man forte al cappellano. Piazzale Venezia è rimasto affollato di gente che discuteva animatamente. Al ritorno di un gruppo di cattolici che dovevano prendere i tram di Monza, la polizia credette bene di farli attendere la partenza nella chiesa di via Lazzaro Spallanzani. Uscirono poi e si diressero al tram protetti da mitraglieri e carabinieri. E così è terminata la parata dei clericali. A qualcuno di questi tafferugli ha partecipato anche qualche giovane socialista, evidentemente sentitosi offeso da un violento manifestino lanciato dai cattolici, nel quale l’Avanti! era accomunato col giornale innominabile e quelli dell’Avanti! erano chiamati …? In complesso però gli incidenti non ebbero portata grave, e sarebbe stato desiderabile che non si fossero verificati, perché tutti devono essere liberi di dimostrare ed è anche doveroso non esagerarne la portata. («Avanti!», 1° settembre 1919.)

 

La calata dei vandeani. L’orda affrontata e dispersa dai fascisti. I clericali della Lombardia hanno inscenata ieri una parata generale delle loro forze, ma non ignorando che la loro indomita anima milanese – patriottica, civile e moderna – sarebbe rimasta estranea, se non ostile e diffidente, al loro appello hanno fatto convergere a torme nel cuore della città i fedeli delle sacristie della vandea. Naturalmente – data l’organizzazione di cui dispongono i preti in ogni parrocchia, organizzazione quanto mai vasta, perfetta ed abile – l’adunata nera è riuscita. Gli aderenti ai circoli e alle congregazioni della città sono stati però sommersi nel vortice del clericalismo rurale: a centinaia si contavano i circoli di San Luigi, di S. Antonio ed altra roba del genere venuti dai centri più retrogradi del bergamasco e del cremonese. In prevalenza si notavan bambini e giovinetti, poche donne – in maggioranza vecchie. Il contegno provocatore dei dimostranti. Lo sfilamento di queste migliaia di schiavi dell’oscurantismo non avrebbe provocato in noi nessun proposito di reazione – all’infuori d’un senso di disgusto e di pena – se i dimostranti, o meglio gli organizzatori della dimostrazione pretina, non avessero varcato ogni limite di prudenza e di decenza. Siamo troppo amanti della nostra libertà, l’abbiamo con troppa passione rivendicata per contenderla agli avversari di estrema destra. Anzi recentemente il nostro giornale ha elevato la sua fiera protesta contro alcune violenze commesse dai pussisti contro un propagandista del Partito Popolare Italiano e contro alcuni gruppi di inoffensivi dimostranti clericali. Ma ieri tutto l’insieme della parata clericale era di provocazione insolente. Nessun grido abbiamo potuto cogliere all’infuori di quello unico, insistente: W il papa!Mai W l’Italia!, nemmeno dalla bocca di una dozzina di cappellani e di quattro o cinque ufficiali imbrancati dietro le gialle bandiere. Non solo, ma il grido di devozione e di apologia, era ripetuto a squarciagola con aria di autentica sfida sotto il naso di tutti quei cittadini che apparivano – ed era la strabocchevole maggioranza dei passanti – non consenzienti negli obbiettivi politici della cerimonia e niente affatto edificati di certi gesti e di certi gridi. Manifestini polemici bestiali.I dimostranti gettavano a migliaia cartellini; il contenuto di alcuni era ridicolo, odioso ed aspro. Ne riproduciamo qualcuno fra quelli capitatici nelle mani. «Due bandiere sono in campo, bandiera rossa e bandiera bianca; due eserciti si disputano il possesso del paese: l’esercito socialista e l’esercito cattolico. I partiti anfibi saranno spazzati via.» «Viva il Partito Popolare Italiano», «Chi ha rizzato le forche di Belfiore? – Chi ha fatto la spia all’Austria? Il massone Castellazzo», «Lo Stato è un asino. Perché tiene il monopolio della scuola?», «Viva il papa, il vero, il solo amico dell’Italia». La reazione popolare. La controdimostrazione fascista. Lo sfilamento del corteo mattutino – partito dal cortile dell’Istituto Gonzaga – e composto esclusivamente di giovincelli aveva già irritato la cittadinanza per il carattere antinazionale e papalino che aveva assunto. Ma la reazione degli elementi democratici fascisti e combattenti è scoppiata vivace ed imponente nel pomeriggio. Il secondo corteo lungo ed affollato, composto di parecchie migliaia di persone e di qualche centinaio di bandiere gialle, bianche ed alcune anche tricolori è partito da via Vitruvio percorrendo Corso Buenos Aires. Corso Venezia fino al palazzo del Seminario, oltre il ponte del Naviglio. Durante il passaggio si sono verificati i primi incidenti, poiché i dimostranti cattolici senza tanti complimenti esigevano da parte dei passanti il consenso alle loro grida. Sotto il palazzo dove abita Marinetti, il quale insieme al capitano Vecchi, al nostro Rossi e a Mecheri dei Fasci di combattimento, assisteva alla sfilata, i giovincelli del Pipi, riconosciuti i nostri amici hanno urlato, insolentito, unendo alle loro grida dei gesti discretamente sconci non sappiamo quanto intonati con le manifestazioni antipornografiche a cui si a cui si abbandonano per solito i clericali. Fischi e colluttazioni al Seminario.Più tardi gli amici suddetti insieme a qualche altro usciti in strada in Corso Venezia sono stati circondati e seguiti da gruppi di ufficiali, combattenti, operai dell’Unione Sindacale, arditi ed altri cittadini richiamati dal clamore della processione antitaliana. Da questo momento si è generata – spontanea, clamorosa, solenne – la controdimostrazione di Milano civile e patriottica. Migliaia di persone hanno bloccato il Largo S. Babila cantando gli inni della patria ed emettendo grida ostili al papa ed ai caporettisti neri. L’apparizione della bandiera nera degli Arditi suscita lunghe acclamazioni che si cambiano subito in fischi quando – protetti da nuclei di carabinieri – si preparano a… tagliare la corda alcuni gruppi di dimostranti reduci del comizio tenuto nel cortile del Seminario. Intanto i funzionari di P.S. dinanzi alla folla dei fascisti che aumenta di minuto in minuto fanno avanzare la cavalleria che ostruisce completamente il Largo che mena a Monforte e taglia i clericali dai controdimostranti. Parlano Vecchi e Marinetti. Invitato dalla folla, che intanto canta con ritornello cadenzato il grido: Abbasso il papa!, sorge a parlare dall’altro di una carrozzata Ferruccio Vecchi. A nome dei combattenti ricorda l’opera perfida compiuta dai preti al retrofronte e nel paese prima e dopo la dichiarazione di guerra. Si scaglia con eloquenza vivace perfettamente ardita contro il papa e conclude salutando la nuova Italia guerriera, decisa ad opporsi contro tutti i nemici: interni ed esterni, rossi e neri. Segue Marinetti che parla per i Fasci di combattimento «sempre in linea quando si tratta di reagire contro i nemici dell’Italia». «Milano non poteva subire, senza un gesto di rivolta morale, l’oltraggio di vedere attraversare le sue strade da mandrie di schiavi e di fanatici. Abbiamo reagito, ancora una volta vittoriosamente, contro le forze del passato, della reazione, dell’oscurantismo. Saluto, a nome dei Fasci di combattimento e degli intellettuali, Milano che ancora una volta ha saputo difendere il suo prestigio di città civile e moderna. «È stato rintuzzato, con fierezza e successo, il grido di Abbasso l’Italiasintetizzato in quello di Viva il papa!». Marinetti conclude, applauditissimo, mentre il successo della dimostrazione si accentua sempre di più. La requisizione di una musica clericale. Un corteo di parecchie migliaia di persone si incolonna per via Monte Napoleone preceduto da una… musica clericale di Vanzate che dopo aver prestato servizio nella cerimonia cattolica è stata… arditamente requisita dai fascisti. Si richiede da essa il suono degli inni patriottici: i musicanti contentano – bongré, malgré– la folla e fanno squillare le note dell’Inno di Garibaldi accolto da grandi applausi. Il corteo gira per Via S. Andrea, fuga alcuni gruppi cattolici reduci dal Seminario, e si ricongiunge con altri nuclei di controdimostranti in Via Principe Umberto sempre al grido: Abbasso il papa!Verso Piazza Marino un triplice cordone di carabinieri è spezzato e la folla invade di corsa la galleria, salutata da nuove acclamazioni di gruppi di cittadini che affollano i locali del centro. In Piazza del Duomo alcuni gruppi di preti vengon fischiati: costoro si nascondono in chiesa mentre gli scaccini chiudono rapidamente i portoni ferrati. Accadono una infinitò di incidenti minuti tra fascisti e clericali, vengono sequestrate una decina di bandiere cattoliche. Il bottino di guerra viene agitato fra gli applausi della folla domenicale. La dimostrazione di lì a poco di scinde e rifraziona nelle vie secondarie dopo due altri vivaci discorsi di Vecchi e Marinetti pronunziati dall’alto del monumento a Vittorio dinanzi ad una grande folla plaudente. Un gruppo di controdimostranti è giunto fino sotto il nostro giornale applaudendo al nome del nostro direttore. Il fascismo milanese – ritrovatosi spontaneamente senza alcuna intesa nemmeno verbale e con una prontezza d’intuito confortante – reagendo contro le provocazioni clericali ha registrato così una bella vittoria di piazza: contro un’altra delle forze antinazionali che congiurano ai danni della patria e della vittoria è stato sferrato il contrattacco vittorioso con il consenso ed il plauso della cittadinanza della quale i fascisti ed i combattenti sono ormai avanguardia più decisa. («Il Popolo d’Italia», 1° settembre 1919)

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