Cesare, si sa, è un autore sempre inflazionato nelle letture scolastiche, ridotto perlopiù a repertorio di versioni facili, da tradurre senza interesse alla forma e al contenuto, ma soltanto al rispetto delle regole grammaticali in esse applicate e da verificare attraverso di loro; oppure, al possesso di un lessico elementare di termini militari – quando la conoscenza di tale lessico non sia stata demandata a un utilizzo fideistico del dizionario bilingue – e a una generica, e spesso molto lassa, disponibilità ad accettare qualsiasi livello di consequenzialità logica nella resa traduttoria degli studenti. Il post che qui presentiamo parte invece da un’esperienza maturata in una classe Seconda di un noto Liceo delle Scienze Umane della Brianza. In quell’ambito, all’interno di una classe già segnata dai mali sopra elencati, e di per sé perciò difficile, perché in possesso di un’identità, di metodi e di abitudini da scardinare, abbiamo voluto proporre una lettura guidata dei brani di Cesare presenti nel libro di testo in adozione (I. Domenici, Id est. Corso di lingua e cultura latina, Paravia, Torino, 2012). Naturalmente, non è stato semplice chiedere agli alunni la disponibilità e il coraggio di provare qualcosa di diverso, un metodo nuovo (visto, proprio per questo, con sospetto e diffidenza), che pretendesse da loro non una meccanica applicazione di regole grammaticali apprese più o meno correttamente, ma l’utilizzo dell’intelligenza e della capacità di comprendere, o almeno intuire, il messaggio che il testo latino voleva veicolare. Abituati a un libro di testo quasi del tutto sprovvisto di brani in lingua, gli studenti erano soliti tradurre brevi frasi con il solo scopo di trovarvi applicata la regola di grammatica presentata nelle pagina precedente. Il latino era poco dissimile dalla matematica: regola ed esercizio, regola ed esercizio. Nei brani e nelle frasi affrontate secondo loro non c’era nessuno che comunicasse qualcosa a un pubblico, ma tanti piccoli puzzle creati in laboratorio, giusto per essere risolti. Il rapporto con il testo consisteva nella semplice, e consolidata, traduzione, sia nei compiti assegnati a casa, sia nelle prove di verifica in classe (incredibilmente, l’unico momento in cui leggevano un testo in latino che superasse le due righe).
Partendo da Cesare, è parso allora opportuno chiedere qualcosa di diverso: posticipare l’imperativo “traduci” e passare prima attraverso la comprensione dei brani proposti. Il brano, e non singole frasi, è diventato così per la prima volta l’elemento portatore di significato; non più un esercizio di grammatica, ma il mezzo per conoscere una storia. Ai ragazzi, una volta somministrati i testi oggetto di esercizio, è stato infatti chiesto di rispondere, in italiano, a una serie di domande relative al contenuto dei testi, per dimostrare di avere capito il latino. Ciò li ha obbligati a guardare ai brani proposti come a dei messaggi, scritti da una persona concreta, per un pubblico concreto, con una struttura sintattica e stilistica finalizzata a ottenere qualcosa, attraverso un pensiero che si distende e si esplica in congiunzioni, artifici retorici, artifici letterari.
Lo sguardo degli studenti, all’inizio, è stato perplesso, stupito. Diligenti per abitudine interiore, erano vistosamente spaesati dalla novità. Non è stato un momento facile, per nessuna delle parti in causa. Eppure, anche se con qualche difficoltà, e non senza incidenti e incomprensioni, nemmeno limitati alla sola classe!, a poco a poco la nebbia si è diradata. Molti hanno apprezzato il lavoro svolto e alla fine hanno esplicitato la soddisfazione per avere visto aprirsi, per la prima volta nella loro vita, un dialogo con un mondo lontano, diverso, sconosciuto. Leggere Cesare (o almeno leggere qualche brano di Cesare) ha significato provare ad ascoltare che cosa avesse da dire, perché gli servisse trovare un nemico da combattere, come fosse sempre riuscito a trovarlo e a giustificare così il proprio ruolo e la propria carriera. Perdersi nella cartina delle Gallie, cercare di capire che cosa fosse successo prima e che cosa presumibilmente sarebbe successo dopo il brano volta per volta proposto è stata per tutti un’esperienza nuova. Capire è venuto prima di tradurre. Non è questo il senso del latino?
Riportiamo nell’allegato un esempio di testo e di scheda. Il brano, tratto dal volume indicato, è un passo famoso di Cesare, Gall. I 11. L’eserciziario presenta alcune variazioni al testo originario: per esempio, sostituisce parole ritenute difficili, o per forma o per significato, come populabantur, deponente, trasformato in vastabant alla r. 2; esplicita costrutti “impliciti”, come il cum narrativo e i riferimenti pronominali; semplifica il discorso indiretto e alcuni costrutti particolari, o non ancora in possesso degli studenti, come i supini attivi, sostituiti da altre strutture finali, e l’ablativo assoluto; omette una serie di circostanziali; soprattutto, riscrive la fine del passo. La pratica è censurabile, specie per l’entità numerica degli interventi apportati, ma è, come sappiamo, una pratica abbastanza diffusa, e forse inevitabile. In ogni caso, l’esperienza compiuta, della quale vogliamo dare qui conto, non si riferiva alla restaurazione del testo d’autore, e abbiamo perciò deciso di accettare il testo, ragionato, offerto dal libro in adozione. Gli esiti ci hanno dato piena ragione.
Ecco dunque la scheda in formato pdf, scaricabile cliccando sul link riportato qui sotto:
© Davide Marelli, Massimo Gioseffi, 2018
Ottimo esempio di come il latino possa essere proposto agli studenti. In questo modo la lingua latina, la letteratura latina, i suoi autori, il suo mondo e la sua civiltà possono diventare qualcosa di comprensibile perché in un certo senso diventano concreti – assomigliano per così dire alla visione di un film storico!
Spero che altri seguano il vostro esempio.
Anche a me la proposta è piaciuta molto! Mi sembra infatti importante ricordare che lo studio di una lingua serve innanzitutto a leggere quello che in quella lingua ci è stato lasciato, e non come esercizio fine a sé stesso (e allora se così perché proprio il latino e non una qualsiasi altra lingua?). A questo proposito trovo interessanti le domande di comprensione e civiltà, e poi il fatto, già sottolineato nel post, che la traduzione non debba essere per forza il primo esercizio proposto, se non addirittura l’unico.