E’ tradizione di questo sito festeggiare Ferragosto con qualche brano musicale più o meno inerente alla persona di Augusto, l’imperatore che dà nome al mese. Pensavo di continuare anche quest’anno, ma l’eccezionalità della nostra situazione mi ha spinto a una scelta differente. Il post che volevo scrivere è dunque rinviato al prossimo agosto…
Oggi vorrei infatti proporre un brano di John Corigliano, che nulla ha a che fare con il latino. Nella serie di concerti organizzati dal Met di New York in sostituzione di una stagione interrotta bruscamente il 20 marzo scorso, e destinata a non riprendere almeno fino al 31 dicembre prossimo venturo, a inizio agosto si è esibita Renée Fleming, diva americana ritiratasi dalle scene teatrali, ma non dall’attività concertistica.
Il Met offre questi concerti in streaming, a pagamento (20 dollari l’uno), per una decina di giorni. Il 2 agosto scorso la Fleming ha aperto la sua esibizione con un brano eseguito la prima volta giusto in quell’occasione: il titolo della composizione è And the people stayed home. Autrice del testo è Kitty (Catheryne) O’Meara, dilettante appassionata di poesia, che l’ha pubblicata sulla propria pagina facebook. Poiché l’argomento è il lockdown (come vissuto in America nei suoi primi giorni, con ancora la speranza che fosse esperienza di breve durata e relativo peso, che avrebbe se non altro mutato il nostro atteggiamento verso la vita: quanto abbiamo sperimentato anche noi, tra la fine di febbraio e i primi di marzo, grossomodo), la poesia è divenuta subito famosa – ma è stata al centro di violenti polemiche, da chi ha accusato la O’Meara di plagio a chi ha attribuito la poesia a altre O’Meara della storia americana (!), a chi ha attaccato il finale troppo superficialmente ottimistico del testo e il suo essere “politically incorrect” perché non cita le categorie di lavoratori coinvolte nella pandemia, o i gruppi sociali che più ne hanno sofferto ecc. ecc. (!!)
Proprio perché famosa, la poesia è arrivata sul tavolo di lavoro di John Corigliano, che ha pensato di metterla in musica, inviandola subito alla Fleming, come ha raccontato lui stesso, già sua musa dai tempi di The Ghosts of Versailles, l’opera andata in scena al Met nel 1991, e che aveva la cantante fra i suoi primi interpreti. Corigliano (1938-), di famiglia originaria della Calabria, è autore di un cospicuo patrimonio sinfonico, di numerosi concerti per vari strumenti, di liriche e musica da camera, di colonne sonore, fra cui quella per il film Revolution, di Hugh Hudson (1985), con Al Pacino.
This March, when measures to combat the COVID-19 pandemic had begun around the world, a few hopeful voices resonated above the fear and isolation. One such voice belonged to Kitty O’Meara, whose heartfelt poem “And the people stayed home” was shared on social media, as readers embraced her message of resilience and healing. Pulitzer Prize-winning composer John Corigliano was inspired to set the poem to music, and I was honored when he asked me to premiere it. Renée Fleming
Poiché la Fleming ha pubblicato sul suo sito la propria esecuzione del brano, lasciandola in Open Access, credo di poterla a mia volta riprodurre qui. Il brano, eseguito a cappella (ossia, senza accompagnamento di strumenti musicali, che sarebbero risultati distraenti dalle parole), apriva il concerto, tenutosi nella prestigiosa villa di Dumbarton Oaks, a Georgetown, vicino a Washington, ben nota anche ai classicisti come sede di un importante centro di studi bizantini.
Riproduco dunque il brano, seguito dal testo cantato:
And the people stayed home.
And read books,
and listened,
and rested,
and exercised,
and made art,
and played games,
and learned new ways of living,
and were still.
And listened more deeply.
Some meditated,
some prayed,
some danced.
Some met their shadows.
And the people began to think differently.
And the people healed.
And, in the absence of people
living in ignorant,
dangerous,
mindless,
and heartless ways,
the earth began to heal.
And when the danger passed,
and the people joined together again,
they grieved their losses,
and made new choices,
and dreamed new images,
and created new ways to live,
and healed the earth fully,
as they had been healed.
La Fleming chiudeva il concerto con due evergreen: Over the Rainbow di Harold Arlen, reso celebre dal film di Victor Fleming The Wizard of Oz (1939), un brano molto amato dalle cantanti di origine americana che lo utilizzano come bis nei loro concerti; e il celebre Wiegenlied (‘Ninna Nanna’, op. 49 nr. 4) di Johannes Brahms, che risale al 1868 ed è spesso usato per indicare che il concerto è finito e si deve tornare tutti a casa. La Fleming ha fatto precedere i suoi due ideali “bis” da poche parole, nelle quali, oltre ai ringraziamenti di rito, esprime due idee altamente condivisibili: quanto manca il pubblico a chi con il pubblico è abituato a confrontarsi giorno per giorno, per il proprio lavoro; come la musica (e io aggiungerei, la poesia) siano stati da sempre gli unici compagni in grado di assistere l’uomo anche nella solitudine. Questo, oggi, forse prevale su qualsiasi ricordo di Augusto…
© Alla memoria della prof.ssa Elisabetta Ghislanzoni, AICC Lecco