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1° MARZO 1919 – SCUOLE DI PORTA ROMANA

Scontri durante un comizio dell’Unione Sindacale Milanese

Dove? Scuole di Porta Romana, Corso di Porta Romana, 10

Soggetti coinvolti: l’Unione Sindacale Milanese, Franco Mariani della Camera del Lavoro, Giacinto Menotti Serrati dell’«Avanti!»

Arresti: Nessuno

Feriti: Nessuno

Vittime: Nessuna

L’affollata palestra delle scuole di Porta Romana ospita un comizio indetto dall’Unione Sindacale Milanese a sostegno dei fonditori in sciopero. I sindacalisti… della Galleria sono violentemente accusati dai socialisti di doppiogiochismo e tradimento della battaglia per l’estensione delle otto ore per i lavoratori di tutte le categorie. Ma i vecchi rancori non tardano a farsi sentire:

Se i Rossoni, i Galbiati e c. pensavano che il proletariato milanese fosse quel fanciullo che, ubbriacato ed intimidito si lasciava trascinare docile, quattro anni fa, al macello, per impinguare le casseforti della borghesia, ieri hanno dovuto accorgersi della loro illusione.

Sono passati mesi dalla fine della guerra, ma la battaglia continua a concentrarsi sul sostegno o sul ripudio dello strumento di risoluzione dei conflitti deciso quasi quattro anni prima.

La Camera del Lavoro ha sollecitato i suoi iscritti a partecipare numerosi al comizio, e ha inviato come bellicosi rappresentanti il segretario Franco Mariani, accompagnato da Falchero, Iolante, Pampado, Zaini e Interlenghi. Subito prende il via la controversia dei volantini: tutte le parti in causa hanno diffuso, nei giorni precedenti, manifesti e fogli volanti in cui si accusa l’avversario con calunnie e ingiurie. Ultimo in ordine di tempo, quello del Comitato di agitazione dei fonditori che ha persuaso Rossoni a non prendere parte al comizio: la sua presenza, si dice, potrebbe causare inutili incidenti. Mariani, portato in tribuna dalla folla, tuona: – Dove sono i signori dell’Unione Sindacale Milanese? Ci hanno convocato a comizio. Eccoci qui.

Sono scappati! Buon per essi! Hanno capito che tirava un’aria molesta!

– Poiché sono fuggiti, il comizio lo facciamo noi e lo dichiaro aperto al grido di: viva il Socialismo!

Mariani legge una vecchia lettera, attribuita all’Unione Sindacale Milanese, in cui si invoca la soppressione dell’«Avanti!» e si accusano i militanti socialisti di rappresaglie nei loro confronti.

Mariani, non leggere più, fa schifo quella lettera!

 Il vero punto della questione è tuttavia un manifesto diffuso negli stabilimenti metallurgici, nel quale si contesta apertamente il Concordato di Milano, che ha regolato gli aumenti di paga che devono compensare proporzionalmente la diminuzione delle ore di lavoro in seguito alla concessione delle otto ore. La decisione di Rossoni di evitare il confronto diretto con i rappresentanti della Camera del Lavoro è duramente criticata anche da Mussolini: la defezione di Rossoni viene bollata come codardia e incapacità di prendere posizione contro gli odiati socialisti.

«Avanti!», 2 marzo 1919 (Digiteca della Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea, Roma)

Mimmo Franzinelli, Fascismo anno zero. 1919: la nascita dei Fasci italiani di combattimento, Mondadori, Milano 2019, pp. 45-46

Roberto Vivarelli, Il dopoguerra in Italia e l’avvento del Fascismo, 1918-1922, I. Dalla fine della guerra all’impresa di Fiume, Istituto Italiano per gli Studi Storici, Napoli 1967, pp. 277 ss.

Un travolgente comizio di operai ha liquidato l’Unione delle spie sindacali, «Avanti!», 2 marzo 1919

I leninisti di via Manfredo Gialli. Accettiamo la sfida!, «Il Popolo d’Italia», 2 marzo 1919

Un travolgente comizio di operai ha liquidato l’Unione delle spie sindacali.Quanti sono stati i lavoratori accorsi al comizio di ieri per i fonditori scioperanti nella palestra delle scuole di Porta Romana? Quando, alle ore 16,30, sono arrivati i compagni Mariani, Falchero, Violante, Pampado, Zaini e Interlenghi della Camera del Lavoro, il vasto cortile era stipato di operai. Foltissimi gruppi hanno dovuto stazionare fuori, nel corso, non essendovi più alcun posto in palestra. I benemeriti della guerra, i signori famigerati dirigenti dell’Unione Sindacale Milanese possono essere… soddisfatti. Hanno chiamato a raccolta i lavoratori e questi hanno risposto, in folla immensa, all’appello. Ma per ricordare ai figuri del fronte interno, ai poliziotti volontari, che, per essi, non vi è più quartiere nella nostra città. Se i Rossoni, i Galbiati e c. pensavano che il proletariato milanese fosse quel fanciullo che, ubbriacato ed intimidito si lasciava trascinare docile, 4 anni fa, al macello, per impinguare le casseforti della borghesia, ieri hanno dovuto accorgersi della loro illusione. I lavoratori non si accalappiano più con l’intimidazione ed il ricatto morale dei potenti, con le chiacchiere di mestatori e fanatici, con le violenze brutali e gli imbonimenti di pennivendoli. […] Ma veniamo alla cronaca del comizio. Come si sa esso era stato indetto dai sindacalisti della Galleria i quali avrebbero dovuto denunziare… il tradimento delle organizzazioni camerali e particolarmente dei metallourgici, contro la classe lavoratrice nella agitazione per la conquista delle otto ore di lavoro. Alla provocazione dei non lodati dell’Interventismo la Camera del Lavoro aveva invitato gli operai, suoi aderenti, a recarsi a quella riunione per portare il saluto di solidarietà agli scioperanti fonditori recenti e speriamo ultime vittime della troupeRossoni, Galbiati e c. Appena la folla scorge il compagno Mariani segretario della Camera del Lavoro, gli improvvisa una calorosa dimostrazione e lo porta alla tribuna. – Dove sono – si chiede Mariani – i signori dell’Unione Sindacale Milanese? Ci hanno convocato a comizio. Eccoci qui. (Voci: Sono scappati! Buon per essi! Hanno capito che tirava un’aria molesta!) – Poiché sono fuggiti, il comizio lo facciamo noi e lo dichiaro aperto – esclama Mariani – al grido di viva il socialismo. (Scrosciano gli applausi e s’intonano i cantiBandiera Rossae Internazionale). Fattasi un po’ di calma, Mariani, che ha preso la parola pel primo, passa alla lettura di un volantino infame steso e diffuso dall’Unione Sindacale Milanese nelle ore più torbide della reazione, col quale mentendo spudoratamente, si additavano alle rappresaglie del Governo compagni nostri militanti nelle prime file, mentre si invoca la soppressione dell’«Avanti!» e la sopraffazione poliziesca, contro il partito e contro i deputati socialisti. La lettura del manifestino che procurò in galera a parecchi compagni e l’ostracismo del nostro «Avanti!» è di tratto in tratto interrotta da complimenti al ? ed incoscienti che lo compilarono e da un fragoroso, continuato applauso al nostro giornale e al nostro direttore. Per la storia, sarà bene consegnare a verbale che quell’immondo documento è frutto dei seguenti individui, che sarà bene non perdere di vista: Mapelli Giovanni, Galbiati Gino, Ferrario Luigi, Anfossi Giovanni di Milano, Mofoli Mario e Scipione Scipioni di Sesto S. Giovanni, e Libero Tancredi. […] Al punto in cui il sozzo libello ti stupisce che a Milano si possa continuare a scioperare ???, la massa interrompe gridando: Mariani, non leggere più, fa schifo quella lettera! – No, esclama Mariani, non vado più innanzi, ché veramente fa ribrezzo questo foglio. I vigliacchi chiedevano la soppressione del nostro «Avanti!» che, durante la guerra, è stato l’unico foglio che non si è ??? ad alcun gruppo di pescicani e che ha sostenuto gli interessi del proletariato internazionale. (Alla chiusa vibrante del compagno Mariani, si ripetono gli applausi persistenti al nostro giornale.) […] Scioltosi il Comizio, la folla, che era venuta ingrossandosi sempre più sul Corso Romana, con quella che si assiepava nella palestra delle Scuole, si era formata in corteo, ed ai canti rossi e alle acclamazioni alla Russia rivoluzionaria, si è diretta pel Corso Romana, alla Camera del Lavoro. Poiché prudentemente le cosiddette autorità non hanno ficcato il naso nella imponente dimostrazione operaia, senza alcun incidente il corteo è giunto alla Camera del Lavoro, dove Mariani, aggrappatosi all’inferriata di una finestra dell’edificio, ha dichiarato, in nome dei lavoratori tutti, che, da ora innanzi, debbono sparire dalla vita politica coloro che hanno fatto mercato dell’ingenuità della gente che lavora. Chiudendo, ha invitato i presenti a non disturbare i fonditori scioperanti nelle loro riunioni, ma di non permettere che dell’agitazione di questi se ne facciano mezzo i bollati della coscienza operaia per rivalorizzarsi dinnanzi ad essa. Così il comizio si scioglie tra gli applausi frenetici al segretario della Camera del Lavoro ed al compagno Serrati. («Avanti!», 2 marzo 1919.)

 

I leninisti di via Manfredo Gialli. Accettiamo la sfida! Quello che oggi il socialneutralismo sta tentando – attraverso lo sciopero dei fonditori – contro la Unione Sindacale Milanese, una fiera organizzazione operaia colpevole di non aver voluto favorire la vittoria tedesca nel mondo, è la riprova assoluta di quanto noi abbiamo più volte scritto circa le cause dell’audacia e delle intolleranze dei leninisti italiani. Costoro – fatti forti dalla generale disorganizzazione delle forze interventiste – osano tutti gli atteggiamenti truculenti, anche i meno adatti alle loro consuetudini od alla loro mentalità. Ma veniamo alla cronaca. L’Unione Sindacale Milanese e per essa il Comitato di agitazione dei fonditori – aveva in questi giorni diffuso negli stabilimenti un manifestino in cui erano lumeggiate le ragioni per cui l’Unione Italiana del Lavoro non conveniva nella bontà del concordato stretto tra la Federazione Metallurgica, Confederazione del Lavoro e l’Associazione degli industriali, e s’incitava la massa operaia a solidarizzare con gli operai in sciopero da cinque settimane. Una questione dunque, di dissenso di metodo, discutibile e legittima, su cui non vogliamo intrattenerci perciò il fatto ormai esula dalla ristretta questione originaria. Ma la Camera del Lavoro e il Comitato Regionale Metallurgico, preoccupati che il sodalizio operaio che fu per la patria e contro il nemico si valorizzasse, attraverso alla polemica e all’agitazione in corso, ha tentato ieri di ricorrere al motivo più indicato per esasperare contro una folla di lavoratori scioperanti tutti i rancori e tutti gli odi di un’altra folla di …. Hanno diffuso negli stabilimenti e in tutti i circoli operai un violento, ignobile, scandaloso manifesta in cui esplicitamente s’invocava il linciaggio dei dirigenti colpevoli di interventismo. È tornata sul tappeto la vecchia e sempre nuova questione della guerra, quella questione che vale di per sé sola – e la giornata d’oggi lo testimonia – a rendere impossibile l’unità operaia che pure attraverso troppe rinunce l’Unione Italiana del Lavoro era disposta a raggiungere. Meglio così; soprattutto nell’interesse delle classi lavoratrici che non può e non deve stringere un patto che la leghi ai suoi nemici naturali: i corruttori del socialismo. Più sotto, in un volantino pervenutoci dal Comitato d’agitazione dei fonditori, erano espresse le ragioni che hanno consigliato il segretario dell’Unione Italiana del Lavoro, Edmondo Rossoni, a rifiutarsi di presenziare al Comizio che forse per la sua presenza avrebbe predetto qualche incidente. Noi naturalmente non siamo persuasi che il gesto di responsabilità e di prudenza compiuto da Edmondo Rossoni sia stato opportuno. Ci sono dei momenti in cui non è possibile sottrarsi alla inevitabilità di una lotta anche se aspra e ripugnante; specie poi quando la situazione come si è rivelata subito ieri, non sia davvero sfavorevole. I cagnolotti del «pus» erano qualche centinaio cui poteva benissimo tener testa un manipolo di uomini ben decisi. E poi non si trattava di commettere una sopraffazione, ma di respingerla. Di questo parere sappiamo che sono anche i lavoratori che ieri, raccolti nelle affollate sale della Unione Sindacale Milanese, avevano espresso il proposito fermo di affrontare i provocatori. Naturalmente di fronte all’assenza dei metallurgici sindacalisti, i dirigenti confederali hanno usato tutte le audacie verbali; non si è parlato affatto del concordato, oggetto del dissidio formale, ma si sono pronunciate le più bestiali requisitorie contro quegli operai ed organizzatori che nell’ora in cui l’Italia era in pericolo non si sono decisi a darle una pugnalata alla schiena, e che invece hanno con essa fatto opera di solidarietà. Gli oratori della giornata sono stati Francesco Mariani e un certo Falchero, due fra le bestie meno quotate della zoologia confederale. Il primo è un deficentissimo e vigliacchissimo consigliere comunale che, durante la guerra, si è mantenuto quello che è sempre stato: un coniglio. Costui, per sfuggire agli scherzi, anti-igienici della trincea, mentre una volta taceva il litografo, si è rifugiato in un laboratorio di …, complice l’amministrazione comunale. C’è stato in proposito un processo – con relativa sentenza comandata dal trepido governo borghese – che testimonia della viltà e della indegnità di simile ciarlatano. Il secondo, impiegato della Federazione Metallurgica, è quello che nel carnevaletto in onore di Pagnacca ha sostenuto il dovere da parte degli operai neutralisti di cacciare dalle officine gli altri operai colpevoli di aver difesa la dignità e la vittoria del proprio paese. («Il Popolo d’Italia», 2 marzo 1919)

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