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23 MARZO 1919 – PIAZZA SAN SEPOLCRO

Fondazione dei Fasci di Combattimento

Dove? Circolo per gli interessi industriali, commerciali e agricoli, Palazzo Castani, Piazza San Sepolcro 9

Soggetti coinvolti: Mussolini e i suoi seguaci, ex combattenti, arditi, futuristi

Arresti: Nessuno

Feriti: Nessuno

Vittime: Nessuna

L’appuntamento è fissato per le ore dieci del mattino.

Mussolini è convinto di poter riempire il grande Teatro Dal Verme, ma alla vigilia della tanto anticipata adunata, il timore dell’eco della propria voce nella sala da duemila posti quasi vuota prevale. All’ultimo si decide di spostare tutto nel salone del primo piano di Palazzo Castani in Piazza San Sepolcro. Il Circolo per gli interessi industriali, commerciali e agricoli è messo a disposizione da Cesare Goldmann, amico e finanziere di Mussolini. Può ospitare circa trecento persone e da tempo è usato dalle organizzazioni patriottiche milanesi per riunioni e comizi.

Non più di duecento persone sono presenti – chiaramente se non si contano le migliaia di caduti in guerra che Mussolini evoca immediatamente, quasi a voler riempire la sala pericolosamente spopolata. Neanche dopo la morte si è tutti uguali, se il direttore del Popolo d’Italia decide di «ricordare con predilezione, se non con privilegio, i nostri morti, coloro che sono stati con noi nel maggio glorioso». All’indomani della guerra, l’autentico fattore divisivo tra l’opinione pubblica italiana sono ancora l’interventismo e le decisioni prese quattro anni prima.

In poco meno di quattro ore, l’assemblea fondativa traccia le linee programmatiche della nuova organizzazione politica nazionale. Ex combattenti e arditi, rappresentati dal capitano Ferruccio Vecchi, presidente della riunione, futuristi, per i quali parla Filippo Tommaso Marinetti, anarco-sindacalisti, massoni, ultra-conservatori e nazionalisti votano e approvano un piano d’azione che spazia dalla richiesta delle otto ore lavorative estese a tutte le categorie di lavoratori a minimi salariali, assicurazioni di invalidità e proclami di battaglia ai neutralisti.

Andremo nei loro comizi, porteremo dei candidati e troveremo tutti i mezzi per sabotarli!

D’altronde il capitano Vecchi è molto asciutto: bisogna essere con noi o contro di noi. Mussolini va oltre: «L’adunata del 23 marzo dichiava di opporsi all’imperialismo degli altri popoli a danno dell’Italia». Prospetta un aumento demografico vertiginoso per il prossimo futuro, e dichiara non solo necessario ma essenziale un impero coloniale: Noi vogliamo il nostro posto nel mondo poiché ne abbiamo il diritto.

Secondo il Popolo, le ovazioni sono lunghe e molto sentite. Il fascismo nasce così in un salone semivuoto di un Circolo di industriali una mattina di marzo.

Mussolini con Michele Bianchi e altri squadristi a Milano nel 1919

Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario, 1883-1920, Einaudi, Torino 1965, p. 506

Mimmo Franzinelli, Fascismo anno zero. 1919: la nascita dei Fasci italiani di combattimento, Mondadori, Milano 2019, p. 53

Angelo Tasca, Nascita e avvento del fascismo. L’Italia dal 1918 al 1922, La Nuova Italia, Firenze 1950, pp. 50-51

Roberto Vivarelli, Il dopoguerra in Italia e l’avvento del Fascismo, 1918-1922, I. Dalla fine della guerra all’impresa di Fiume, Istituto Italiano per gli Studi Storici, Napoli 1967, pp. 277 ss.

La ripresa del nostro movimento. L’imponente “adunata” di ieri a Milano, «Il Popolo d’Italia», 24 marzo 1919

La ripresa del nostro movimento. L’imponente “adunata” di ieri a Milano. L’adunata di ieri non ha deluso le nostre aspettative. C’era molta gente e venuta da ogni parte d’Italia. C’erano moltissimi amici, ufficiali, soldati e operai he ci hanno seguito fedelmente giorno per giorno, nella nostra aspra e ormai quinquennale battaglia. Ma tutto ciò non è l’essenziale. L’essenziale è che l’assemblea è stata fattiva. Caso, forse unico nella storia della nostra politica nazionale, la discussione è stata esaurita in quattro ore appena. Forse sarebbero bastate tre. Tutti hanno compreso che era perfettamente inutile, anche perché troppo facile, dar fondo all’universo. Occorreva, piuttosto, di deliberare un’infinità di problemi sociali, tracciare le linee generali programmatiche dell’azione nostra. E questo è stato fatto, come si vedrà più oltre. Ora si tratta di creare gli organi d’agitazione e di attuazione, e questi devono sorgere senza indugio in ogni paese e in ogni città. Ogni amico e lettore nostro, deve farsi iniziatore del Fascio. Non importa di essere in molti. Oserei dire che è preferibile, se non necessario, essere in pochi. Cinque, dieci individui bastano per costruire un Fascio. Ora la strada è segnata, si tratta di camminare audacemente innanzi. Fra due mesi, un migliaio di Fasci saranno sorti in tutta Italia! L’ambiente. Entrando ieri nel vasto salone della Alleanza Industriale e Commerciale un primo sguardo alla folla ivi convenuta ci ha richiamato alla mente un’altra adunata memorabile, anch’essa indetta dal nostro giornale: quella in via Circo nel gennaio 1915 nell’ora più critica della vita nazionale. […] Sono passati 4 anni – di gloria e di passione – ed i fedeli della buona battaglia, i superstiti della guerra di liberazione tornano a stringersi sotto la vecchia bandiera dell’audacia e della volontà. Rivediamo vecchi amici e compagni, soldati ed ufficiali, operai ed organizzatori che non vogliono, che si rifiutano anzi di rinnegare il gesto più bello della loro vita di militanti e che dopo aver voluto la guerra e la vittoria intendono ora di impedirne il sabotaggio. Ci sono molti vuoti nelle riannodate file; figure note e care sono per sempre lontane da noi, ma il loro spirito e il ricordo del loro sacrificio aleggia e domina l’ambiente. Un rilievo, degno di nota è quello che si riferisce al carattere popolare e sovversivo del convegno; non sarà questa di oggi una accademia vana, dai discorsi declamatori o compassati, ma una discussione animata di temperamenti agili e volontà decise. Ce ne affida la stessa assemblea, composta nella sua quasi totalità di soldati e di ex-soldati, tutti combattenti. I rappresentanti […]. Fra i convenuti […]. L’inizio dei lavori. Il capitano Vecchi. Assume la presidenza il capitano degli arditi Ferruccio Vecchi. Egli porge il saluto dei combattenti milanesi convenuti fra i quali – dice – è l’eroico maggiore Baseggio, presidente onorario del convegno, un valoroso che del corpo degli arditi fu anima e vita in quanto fu lui che per primo ne curò la costituzione. Rivendica ai combattenti il diritto di dare nuovo impulso alle cose d’Italia. I socialisti ufficiali, dice, non sanno fare la rivoluzione, non devono farla. Noi non lo permetteremo. Gli arditi saranno alla testa del movimento. È l’ora delle decisioni. Bisogna essere con noi o contro di noi. Il momento è grave. Il leninismo vuole trapiantarsi in Italia, non sarà mai! Rivolge un appello agli ufficiali di complemento e termina ricordando loro che una nuova battaglia deve ancora combattersi. Per questa essi devono ricominciare l’ispezione dei propri soldati e tenersi pronti! Il discorso del capitano Vecchi, da noi sintetizzato, è stato spesso interrotto da vive approvazioni e da ultimo lungamente acclamato. Enzo Ferrari. A nome del Fascio milanese di combattimento, porta il saluto agli intervenuti il Tenente Avv. Enzo Ferrari, Consigliere provinciale di Milano, volontario di guerra, tre volte decorato al valore. […] Parla Mussolini. Per i combattenti. Salutato da un lungo, unanime applauso, prende la parola Benito Mussolini. Prima di tutto – egli dice – alcune parole circa l’ordine dei lavori. Senza troppe formalità o pedanterie vi leggerò tre dichiarazioni che mi sembrano degne di discussione e di voto. Poi, nel pomeriggio, riprenderemo la discussione sulla nostra dichiarazione programmatica. Vi dico subito che non possiamo scendere a dettagli. Volendo agire prendiamo la realtà nelle sue grandi linee senza seguirla minutamente nei suoi particolari. Prima dichiarazione: «L’adunata del 23 marzo rivolge il suo primo saluto e il suo memore e reverente pensiero ai figli d’Italia che sono caduti per la grandezza della Patria e per la libertà del Mondo, ai mutilati e invalidi, a tutti i combattenti, agli ex prigionieri che compirono il loro dovere e si dichiara pronta a sostenere energicamente le rivendicazioni d’ordine materiale e morale che saran propugnate dalle associazioni e dai combattenti». Siccome noi non vogliamo fondare un partito di combattenti poiché un qualche cosa di simile si sta già formando in varie città d’Italia, non possiamo precisare il programma di queste rivendicazioni: le preciseranno gli interessati. Dichiarando che le appoggeremo. Noi non vogliamo sparare i morti né frugare loro nelle tasche per vedere quale tessera portassero: lasciamo questa immonda bisogna ai socialisti ufficiali. Noi comprenderemo in un unico pensiero di amore tutti i morti, dal generale all’ultimo fante, dall’intelligentissimo a coloro che erano incolti ed ignoranti. Ma voi mi permetterete di ricordare con predilezione, se non con privilegio, i nostri morti, coloro che sono stati con noi nel maggio glorioso: i Corridoni, i Regazzoni, i Vidali, i Deffeno, il nostro Serrani, questa gioventù meravigliosa che è andata al fronte e che là è rimasta. Certo, quando oggi si parla di grandezza della patria e di libertà del mondo si può essere qualcuno che affacci il ghigno e il sorriso ironico poiché ora è di moda fare il processo alla guerra; ebbene la guerra si accetta in blocco o si respinge in blocco. Se questo processo deve essere eseguito saremo noi che lo faremo e non gli altri. E volendo del resto esaminare la situazione nei suoi elementi di fatto noi diciamo subito che l’attivo e il passivo di una impresa così grandiosa non può essere stabilito con le norme della regolarità contabile: non si deve mettere da una parte il «quantuno» di fatto o non di fatto: ma bisogna tener conto dell’elemento «qualitativo». Da questo punto di vista noi possiamo informare con piena sicurezza che la patria oggi è più grande: non solo perché giunge al Brennero – dove giunge Ergisto Bezzi a cui rivolgo il saluto (ovazioni) – non solo perché va alla Dalmazia. Ma è più grande l’Italia anche se le piccole anime tentano un loro piccolo giuoco, è più grande perché noi ci sentiamo più grandi in quanto abbiamo l’esperienza di questa guerra, inquantoché noi l’abbiamo voluta, non ci è stata imposta e potevamo evitarla: se noi abbiamo scelto questa strada è segno che ci sono nella nostra storia, nel nostro sangue degli elementi e dei fermenti di grandezza, poiché se ciò non fosse noi oggi saremmo l’ultimo popolo del mondo. La guerra ha dato ciò che noi chiedevamo: ha dato i suoi vantaggi, negativi e positivi; negativi in quanto ha impedito alle case degli Hohenzollern, degli Asburgo e degli altri di dominare il mondo, e questo è il risultato che sta davanti agli occhi di tutti e basta a giustificare la guerra. Ha dato anche i suoi risultati positivi poiché in nessuna nazione vittoriosa si vede il trionfo della reazione. In tutte si marcia verso la più grande democrazia politica ed economica. La guerra ha dato, malgrado erti dettagli che possono urtare gli elementi più o meno intelligenti, tutto quello che chiedevamo. […] Le rivendicazioni nazionali.Seconda dichiarazione: «L’adunata del 23 marzo dichiara di opporsi all’imperialismo degli altri popoli a danno dell’Italia e dell’eventuale imperialismo italiano a danno di altri popoli; accetta il postulato supremo della Società delle Nazioni che presuppone l’integrazione di ognuna di esse, integrazione che per quanto riguarda l’Italia deve realizzarsi sulle Alpi e sull’Adriatico colla rivendicazione e annessione di Fiume e della Dalmazia». Abbiamo quaranta milioni di abitanti su una superficie di 287 mila chilometri quadrati separati dagli Appennini che riducono ancora di più la disponibilità del nostro territorio lavorativo: saremo fra dieci o venti anni sessanta milioni ed abbiamo appena un milione e mezzo di chilometri quadrati di colonia, in gran parte sabbiosi, verso i quali certamente non potremo mai dirige il più della nostra popolazione. Ma se ci guardiamo attorno vediamo l’Inghilterra che con quarantasette milioni di abitanti ha un impero coloniale di 55 milioni di chilometri quadrati e la Francia che con una popolazione di trentotto milioni di abitanti ha un impero coloniale di 15 milioni di chilometri quadrati. E vi potrei dimostrare con le cifre alla mano che tutte le nazioni del mondo, non escluse il Portogallo, l’Olanda e il Belgio, hanno tutte quante un impero coloniale al quale tengono e che non sono affatto disposte a mollare in base a tutte le ideologie che possono venire da oltre oceano. Lloyd George parla apertamente di Impero inglese. L’imperialismo è il fondamento della vita per ogni popolo che tende ad espandersi economicamente e spiritualmente quello che distingue gli imperialismi sono i mezzi: ora i mezzi che potremo scegliere e sceglieremo non saranno mai mezzi di penetrazione barbarica come quelli adottati dai tedeschi. […] Noi vogliamo il nostro posto nel mondo poiché ne abbiamo il diritto. […] In vista delle elezioni.Terza dichiarazione: «L’adunata del 23 marzo impegna i fascisti a sabotare con tutti i mezzi le candidature dei neutralisti di tutti i partiti». Voi vedete che io passo da un punto all’altro, ma in tutto ciò c’è una logica, un filo. Io non sono un entusiasta delle battaglie schedalote, tanto è vero che da tempo ho abolito le cronache del Carnero. […] In ogni modo è evidente che entro questo anno ci saranno le elezioni. Non si conosce ancora la data né il sistema che sarà seguito, ma dentro l’anno ci saranno queste battaglie elettorali e cartacee. Ora, si voglia o non si voglia, in queste elezioni si farà il processo alla guerra, cioè il fatto guerra essendo stato il fatto dominante della nostra vita nazionale, è chiaro che non si potrà evitare di parlare di guerra. Ora noi accetteremo la battaglia precisamente sul fatto guerra, poiché non solo non siamo pentiti di quella che abbiamo fatto, ma andiamo più in là: e con quel coraggio che è frutto del nostro individualismo diciamo che se in Italia si ripetesse una condizione di cose simile a quella del 1915, noi ritorneremo a invocare la guerra come nel 1915. Ora è molto triste il pensare che ci siano stati degli interventisti che hanno defezionato in questi ultimi tempi, sono stati pochi e per motivi non sempre politici. […] Noi andremo a vedere i passaporti di tutta questa gente, tanto dei neutralisti arrabbiati come di coloro che hanno accettata la guerra come una «corvée» penosa: andremo nei loro comizi, porteremo dei candidati e troveremo tutti i mezzi per sabotarli. Il discorso di Mussolini interrotto nei suoi punti più salienti da generali applausi è salutato alla fine da una lunghissima ovazione. F. T. Marinetti.Con eloquenza rapida e concisa prospetta al Convegno, che ammonisce di non perdersi in vane accademie. Bisogna, dice, guardare in faccia coraggiosamente la situazione di fatto che si può determinare da un momento all’altro nel paese. Il partito socialista tenta di sferrare un assalto con tutti i … delle folle operaie contro il resto della nazione: quale contegno dovremo assumere di fronte ad essere che noi sappiamo fondamentalmente buone e che abbiamo apprezzato nelle trincee? Possiamo assumerci solo il compito di contenere o contrariare questo movimento che se pure orientato verso obliqui obiettivi e diretto da uomini spregevoli è determinato da una necessità di maggiore giustizia sociale? Possiamo assumerci le responsabilità e gli errori delle classi dirigenti? No! Assolutamente no! L’oratore applaudito sostiene il dovere per tutti gli uomini che non hanno paura della parola «rivoluzione» di confondersi con la folla per strapparla ai cattivi pastori e dirigerla verso nuove forme di governo più libere e moderne. […] [segue seduta pomeridiana] La discussione. La signora Teruzzi prende la parola per affermare che di fronte alla situazione che si è creata essa porta l’adesione di tutte le donne interventiste promettendo che esse si troveranno al fianco di Mussolini in qualunque momento. («Il Popolo d’Italia», 24 marzo 1919)

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