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13 APRILE 1919 – FATTI DI VIA GARIGLIANO

Scontri con le forze dell’ordine durante un comizio socialista

Dove? Via Garigliano, via Pietro Borsieri, 22

Soggetti coinvolti: socialisti, carabinieri, agenti di polizia

Arresti: Nessuno

Feriti:

Sei feriti tra le forze dell’ordine, tra cui:

  • Vittorio Patella; commissario di P.S., ferito da corpo contundente;
  • Giuseppe Manara, 41 anni, maresciallo dei carabinieri della Legione di via Moscova, ferito alla testa da un corpo contundente;
  • il poliziotto Pasquale Vercellito, agente di P.S. ferito con multiple contusioni e da colpo d’arma da fuoco;
  • Gambetta Giovanni, militare in licenza, ferite lacero-contuse in tutto il corpo, versa in condizioni gravissime;
  • Attilio Manapani, 29 anni, soldato, in licenza del 21° fanteria, ferito da un colpo d’arma da fuoco alla gamba destra con frattura della tibia.

Quattro feriti civili:

  • Amelia Ambrosini, 40 anni, casalinga, abitante in via Balestrieri 8, ferita lacero-contusa da un colpo di daga al parietale sinistro;
  • Tomaso Gavirati, 63 anni, abitante in via A. Vespucci 87, ferito d’arma da fuoco al torace sinistro, in gravi condizioni;
  • Attilio Maccapane, muratore, soldato in licenza di convalescenza, ferito alla gamba destra.
  • Giuseppe Miada, 63 anni, abitante in piazza Garigliano 6, ferito a un colpo d’arma da fuoco alla gamba sinistra senza fuoriuscita, quindi con pericolo di amputazione;

I feriti vengono raccolti dalla Croce Verde e portati alla guardia medica in via Paolo Sarpi.

Vittime:Giovanni Gregotti, meccanico, soldato in licenza di convalescenza di 31 anni, morto alla guardia medica di Via Paolo Sarpi a mezzanotte, a causa di un proiettile che gli attraversa la testa dalla fronte alla nuca.

15 APRILE 1919 – ASSALTO ALL’AVANTI

Comizi in ogni angolo della città

L’aria di Milano è in fermento nelle domeniche primaverili. Per il 13 aprile il prefetto Pesce riceve una trentina di richieste di autorizzazione di comizi, sei dei quali pubblici. Fascisti e socialisti sono disseminati in ogni angolo della città e, dopo le loro riunioni, partecipano ai contraddittori di quelle avversarie. I discorsi pubblici organizzati dal Fascio «Educazione sociale» in corso di Porta Romana, Porta Nuova, via Colletta, via Moscati e via Vigevano non riscuotono particolare successo, contrariamente al comizio socialista dalla corrente massimalista che si tiene allo sbocco di via Garigliano in via Borsieri. Isola è un quartiere operaio e popolare, e i nomi degli oratori – la maestra Abigaille Zanetta e il farmacista Livio Agostini – attirano circa 700 persone, tra sostenitori e curiosi. Come sempre, la mobilitazione delle forze dell’ordine è consistente: due colonne di carabinieri reali sono coadiuvate da gruppi di poliziotti e da artiglieri a cavallo, convenientemente nascosti a qualche isolato di distanza. A dirigere le operazioni ci sono il commissario di P.S. Vittorio Patella, noto nell’ambiente per essere un provocatore, e il maresciallo dei carabinieri Giuseppe Manara.

Per poco meno di un’ora i rappresentanti socialisti parlano dei temi caldi della stagione: l’amnistia per i condannati politici e militari, la smobilitazione delle truppe e il sostegno alla Russia rivoluzionaria. In ultimo, chiede di poter parlare a titolo personale l’anarchico Ezio Schiaroli, criticando duramente le esitazioni del Partito socialista e allo stesso tempo sfidando Mussolini e i suoi seguaci che avevano voluto la guerra a presentarsi in piazza e renderne conto alla cittadinanza.

Sciabole e rivoltelle contro fazzoletti bianchi

La reazione delle forze dell’ordine è immediata: il commissario Patella interrompe Schiaroli e dichiara sciolto il comizio. Senza i tre squilli di tromba, si muove con la rivoltella in mano contro la folla, per costringerla a sgomberare la piazza. Il delegato Magnati dispone di estrarre le sciabole e caricare. Colpito da qualche sasso che inizia a volare, ordina di impugnare le rivoltelle. Alcuni carabinieri rifiutano di obbedire, ma ben presto vengono sparati i primi colpi. I partecipanti al comizio, dopo un primo momento di smarrimento, reagiscono separando gli agenti di polizia dai carabinieri. I poliziotti incalzati si rifugiano in un’abitazione privata al numero 22 di via Borsieri. Il tentativo di intervento da parte della cavalleria subito sopraggiunta è vanificato da una fiumana di persone che, fazzoletti bianchi alla mano in segno di protesta, grida a gran voce Evviva i nostri compagni!. I cavalli, impauriti, indietreggiano.

Al numero 22 la lotta continua furiosa. I poliziotti sparano all’impazzata dal loro rifugio, e i socialisti tentano di dar fuoco a casse di trucioli trovate al pianterreno per stanare gli avversari con il fumo, fortunatamente senza gravi conseguenze. La contesa continua per qualche ora, finché si raggiunge un accordo per permettere ai poliziotti, scortati dai rinforzi di truppa finalmente sopraggiunti, di uscire dal palazzo.

Una domenica di sangue

Il bilancio della giornata è di una decina di feriti, alcuni gravi, sia tra le forze dell’ordine sia tra i civili. Ma lo sgomento è destinato a crescere durante la serata. A mezzanotte arriva la notizia della morte di Giovanni Gregotti, un meccanico e soldato in licenza di convalescenza di 31 anni. Il giovane non ha preso parte al comizio, ma attirato dalla confusione si avvicinato. Un colpo di pistola gli ha perforato la testa dalla fronte. Subito trasportato alla guardia medica di via Paolo Sarpi, è morto dopo qualche ora di agonia.

La stagione degli eccidi proletari si apre all’Isola durante un pomeriggio di primavera. La censura interviene pesantemente sugli articoli dell’Avanti!, tagliando qualsiasi riferimento alle cariche delle forze dell’ordine e al ragazzo ucciso. Il messaggio è chiaro: la cittadinanza deve pensare che la colpa di tutto sia della reazione violenta della folla.

L’anarchico Giuseppe Mariani, appena arrivato a Milano, si trova per caso a partecipare al comizio. I fatti della giornata gli causano un forte turbamento:

«Mi sembrava impossibile che proprio dei rappresentanti di governo, gli incaricati di preservare l’incolumità dei cittadini, trovassero tanto semplice e naturale ferire ed ammassare della gente per il solo fatto che un oratore anarchico, con le sue parole, potesse ferirli nel loro amor proprio e costringerlo a tacere»

La mattina del 14 Milano è in silenzio. Gli operai e i lavoratori, profondamente scossi per l’accaduto, sono invitati dalla Camera del Lavoro a continuare a lavorare in attesa di disposizioni.

«Satana Beffa», n. 3, 27 aprile 1919 (Collezione Pietro Marengo, APICE)

Mimmo Franzinelli, Fascismo anno zero. 1919: la nascita dei Fasci italiani di combattimento, Mondadori, Milano 2019, pp. 78-80

Francesco Lisati, Storia degli anarchici milanesi (1892-1925), La vita felice, Milano 2016, pp. 204-205

Vincenzo Mantovani, Mazurka blu. La strage del Diana, Rusconi, Milano 1979, pp. 55-58

Giuseppe Mariani, Memorie di un ex-terrorista, Arti Grafiche F.lli Garino, Torino 1953, pp. 23-24.)

Paolo Mencarelli (a cura di), Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia, Biblion Edizioni, Milano 2019, pp. 162-169

Pietro Nenni, Storia di quattro anni, 1919-1920. Crisi del dopoguerra e avvento del fascismo al potere, SugarCo Edizioni, Milano 1976, pp. 41-42

Marco Rossi, Morire non si può in aprile. L’assassinio di Teresa Galli e l’assalto fascista all’Avanti!, Zero in condotta, Milano 2019, p. 19

Gaetano Salvemini, Scritti sul fascismo, vol. 1, Feltrinelli, Milano 1961, p. 439.

Le manifestazioni socialiste di ieri. L’episodio sanguinoso di Piazza Garigliano, «Avanti!», 14 aprile 1919

Sangue nelle strade!, «Avanti!», ed. romana, 15 aprile 1919

Gli sciacalli, «Avanti!», 15 aprile 1919

Le provocazioni dei fascisti, «Avanti!», ed. romana, 16 aprile 1919

Tumultuoso comizio socialista. Colluttazioni e feriti, «Il Popolo d’Italia», 14 aprile 1919

Le manifestazioni socialiste di ieri. L’episodio sanguinoso di Piazza Garigliano. Il proletariato milanese ha partecipato ieri a numerose manifestazioni politiche in città ed in Provincia, per riaffermare i suoi programmi di rivendicazioni immediate e di ricostruzione sociale. […] Mai è avvenuto che in questi comizi, che si svolgono da un paio di mesi in ogni punto della città, e per effetto di questi comizi, il popolo milanese siasi allontanato dalle forme ordinarie dell’affermazione e della protesta. Ascolta gli oratori, plaude alle idee che essi espongono, approva i programmi ch’essi propugnano, e poi continua a frequentare le proprie organizzazioni economiche e politiche, lottando strenuamente contro i padroni sul terreno economico. Questo continuo aumentare di forza e di fervore nel campo proletario e socialista, sono oggetto di preoccupazione e di turbamento da parte del Governo e delle classi dirigenti, sempre dominate dalla paura del finimondo. E si è avuto in questi giorni la prova di questa tremebonda preoccupazione, con l’affluire a Milano di enormi reparti di truppa d’ogni arma e qualità. Cosa volevano? Perché erano qui concentrati? Quali nuovi elementi di pericolo erano sorti in questi ultimissimi giorni? La spiegazione – o un barlume di spiegazione – si è avuta ieri. [CENSURA] La cronaca non ammaestrata dei fatti è qui a provare la fondatezza di questa premessa. Ieri, dunque, si dovevano tenere in città numerosi comizi promossi dal Fascio che si chiama di «Educazione Sociale», che con tali comizi pretendeva di iniziare la propria azione. Nelle palestre scolastiche di corso Romana, porta Nuova, via Moscati, via Colletta e via Vigevano i fascisti mandarono i loro oratori, con la buona intenzione di fare propaganda delle loro idee; ma in tutti questi comizi avvenne che il pubblico, il solo pubblico accorso per ascoltarli fosse composto di socialisti, di operai, di donne del popolo, che trovandosi dinanzi ai soliti oratori che avevano caldeggiata e propugnata la guerra, fece loro capire che non era più disposta a sopportare altri inganni e nuove turlupinature. Dappertutto i comizi dei fascisti, o abortirono per mancanza di uditori disposti ad ascoltare, come in via Moscati e in via Colletta, o dovettero essere sospesi, come in corso Romana, a porta Nuova e in via Vigevano, perché i contradditori socialisti si trovavano contro la polizia che impedì con la violenza ogni dibattito, spingendo il pubblico fuori dalle palestre e sciogliendo quindi le radunate. Per la verità, in via Vigevano il comizio si tenne ed ebbe uno svolgimento movimentato. Gli oratori fascisti furono ascoltati e contraddetti dai socialisti, finché non intervenne la polizia a sciogliere l’adunanza, ciò che irritò la folla, la quale attorniò un gruppetto di nazionalisti che avevano preso aria di sfida e lo accompagnò con grida ostili e fischi fino al Carrobbio. Il Comizio e il conflitto di Piazza Garigliano. Ma la strategia provocatrice della polizia aveva scelto come campo d’azione piazza Garigliano. Gli oratori nostri – Abigaille Zanetta e Livio Agostini – parlarono complessivamente circa tre quarti d’ora, sviluppando i punti principali dei nostri programmi immediato e massimo, tra il generale consenso delle molte migliaia di persone che affollavano l’ampia piazza. Terminati i loro discorsi, gli oratori socialisti, seguiti da gruppi di compagni, si allontanarono, dirigendosi ai luoghi dei comizi dei fascisti, in via Moscati, porta Nuova e corso Romana. Nessun incidente si era verificato mentre pronunciavano i loro discorsi. Il comizio volgeva ordinatamente al termine con un breve discorso dell’anarchico Schiaroli, quando il commissario Patella, che dirigeva il servizio di P.S., prese ad interrompere l’ultimo oratore. E mentre questi terminava di parlare, e senza che niun pretesto si offrisse a giustificare il suo colpo di testa, il Patella dichiarò improvvisamente sciolto il comizio. Invece dei tre squilli prescritti dalla legge, con la sciarpa a tracolla e – dicono alcuni presenti – con la rivoltella in pugno, si mosse, alla testa di un gruppo di poliziotti in borghese, contro la folla, tentando di spingerla verso il lato opposto della piazza. La massa ondeggiò in un primo momento sorpresa e confusa, protestando e gridando contro l’improvvisa e ingiustificatissima sopraffazione, poi si volse contro i poliziotti, che tentò di respingere. Ma poiché frattanto si erano avanzati anche i carabinieri, la massa, si cacciò in mezzo ai due gruppi e li divise nettamente. Si impegnò allora una lotta fra la folla e i poliziotti da una parte, e altra folla e carabinieri dall’altra. I poliziotti furono presto ridotti al muro a nord di via Borsieri a ridosso della casa segnata col numero 22. A questo punto si mosse lo squadrone di artiglieria a cavallo che sostava all’imbocco di via Borsieri, tentando di dirigersi verso la piazza. Parte della folla andò incontro ai soldati agitando i fazzoletti e gridando: «Evviva i nostri compagni». I cavalli caracollarono qualche momento tra la massa densissima che li stringeva loro intorno senza che un soldato compisse alcun atto di violenza. La cavalleria – o artiglieria a cavallo – rimase così bloccata a metà di via Borsieri senza potersi inoltrare. La casa assediata. Frattanto i poliziotti, non potendo congiungersi ai carabinieri né alla truppa, infilarono la porta della casa n. 22, e quivi si nascosero tutti, inseguiti dalle invettive della folla e dal lancio di pezzi di asfalto tratto dal marciapiede della strada. La cosa poteva essere finita a questo punto senza gravi conseguenze, se i poliziotti non avessero ricevuto lo sciagurato comando di sparare all’impazzata dal loro rifugio sulla folla. [CENSURA] Dalla via zeppa di popolo incollerito si levavano urla di esecrazione e di minaccia, mentre si attendeva l’esito dell’esplorazione fatta dall’interno della casa bloccata. Alcuni dimostranti tra i più esasperati, trovate alcune casse piene di trucioli in una stanza del pianterreno fecero una catasta e appiccarono il fuoco. Ma, per fortuna, il folle proposito… dannunziano non ebbe gravi conseguenze, all’infuori di un po’ di fumo, che scomparve, anch’esso poco dopo quando sopraggiunsero i pompieri con una pompa di spegnimento. [CENSURA] L’assedio alla casa n. 22 di via Borsieri è durato fino alle ore 20. E fu solo pel consiglio dei più calmi tra i cittadini che la folla lentamente si diradò permettendo così ai poliziotti di uscire, protetti dalla truppa che era frattanto arrivata sul posto. L’agitazione nel popolarissimo quartiere è perdurata vivissima per tutta la sera. [CENSURA] Non risulta che sia stato fatto alcun arresto. [CENSURA] Operai, per oggi lavorate!La Camera del Lavoro e la Sezione socialista convocano per questa sera, alle ore 21, alla Casa del Popolo, i Consigli delle Leghe, i delegati al Consiglio Generale e i Comitati dei Circoli rionali per l’attuazione delle deliberazioni prese.LA SEZIONE SOCIALISTA, LA CAMERA DEL LAVORO. («Avanti!», 14 aprile 1919.)

 

Tumultuoso comizio socialista. Colluttazioni e feriti.I socialisti ufficiali avevano indetto, per le 16 di ieri, uno dei soliti comizi di propaganda leninista, in via Borsieri, al quale erano accorse parecchie centinaia di persone. Parlarono, uno dopo l’altro, la maestra Zanetta, Rodolfo Spotti e l’anarchico Schirolli. Quest’ultimo, fu invitato, ad un certo punto del suo discorso, a moderare il tono dal funzionario di servizio, commissario Patella. Pare, però, che la esortazione non trovasse ascolto, poiché poco dopo lo stesso funzionario dichiarò sciolto il comizio. L’intimazione fu accolta ostilmente da una parte dei radunati, la quale si abbandonò prima ad una assordante fischiata e diede poi mano alle lastre d’asfalto della strada, iniziando una fitta sassaiola. Da qui, un rapido susseguirsi di incidenti e di colluttazioni tra dimostranti e forza pubblica, i cui agenti furono sospinti lungo la via Borsieri e più precisamente davanti alla casa segnata con il numero 22. Il commissario Patella ed alcune guardie sono colpiti a sassate e grondano sangue. Alcuni agenti impugnano le rivoltelle e sparano, riparando nella casa suddetta, bloccata dalla folla. La scenata assume un aspetto molto drammatico. Gli inquilini dell’abitato – specialmente le donne e i bambini – sono terrorizzati dallo spavento. Intervengono prontamente, da più parti, truppa appiedata, artiglieria a cavallo e carabinieri. La casa nella quale si erano rifugiati gli agenti è tosto liberata. [CENSURA] Il maresciallo dei carabinieri Manara riportò delle ferite da punta e da taglio alla regione scapolare destra e fu ricoverato all’ospedale militare. Dopo questo deplorevole conflitto, un gruppo di dimostranti si imbatte, in via Ugo Bassi, nella guardia di P.S. in borghese Pasquale Virgiliti Riconosciuto, l’agente è subito accerchiato, aggredito a bastonate e gettato a terra. («Il Popolo d’Italia», 14 aprile 1919)

 

Le provocazioni dei fascisti.Intanto, prima di procedere oltre nella cronaca degli avvenimenti, è bene dare notizie intorno ad alcune circostanze che possono lumeggiare la situazione. Il proletariato milanese ha partecipato domenica a numerose manifestazioni politiche in città ed in provincia, per riaffermare i suoi programmi di rivendicazioni immediate e di ricostruzione sociale. È questa una forma di attività che nessuno può constatare, e della quale non si può disconoscere l’utilità dal momento che il Partito Socialista è il solo che sappia indicare le vie migliori di soluzione degli attuali problemi politici nazionali ed internazionali. Mai è avvenuto che in questi comizi, che si svolgono da un paio di mesi in ogni punto della città, e per effetto di questi comizi, il popolo milanese siasi allontanato dalle forme ordinarie dell’affermazione e della protesta. Ascolta gli oratori, plaude alle idee che essi espongono, approva i programmi ch’essi propugnano, e poi continua a frequentare le proprie organizzazioni e economiche e politiche, lottando strenuamente contro i padroni sul terreno economico. Questo continuo aumentare di forza e di fervore nel campo proletario e socialista, sono oggetto di preoccupazione e di turbamento da parte del governo e delle classi dirigenti, sempre dominate dalla paura del finimondo. [CENSURA] La cronaca non ammaestrata dei fatti è qui a provare la fondatezza di questa promessa. Domenica, dunque, si dovevano tenere in città numerosi comizi promossi dal Fascio che si chiama di «Educazione Sociale», che con tali comizi pretendeva di iniziare la propria azione. Nelle palestre scolastiche di corso Romana, Porta Nuova, via Moscati, via Colletta e via Vigevano i fascisti mandarono i loro oratori, con la buona intenzione di fare propaganda delle loro idee; ma in tutti questi comizi avvenne che il pubblico, il solo pubblico accorso ad ascoltarli fosse composto di socialisti, di operai, di donne del popolo, che trovandosi dinanzi ai soliti oratori che avevano caldeggiata e propugnata la guerra, fece loro capire che non era più disposta a sopportare altri inganni e nuove turlupinature. Dappertutto i comizi dei fascisti, o abortirono per mancanza di uditori disposti ad ascoltare, come in via Moscati e in via Colletta, o dovettero essere sospesi, come in corso Romana, a porta Nuova e in via Vigevano, perché i contraddittori socialisti si trovavano contro la polizia che impedì con la violenza ogni dibattito, spingendo il pubblico fuori dalle palestre e sciogliendo quindi le radunate. Per verità, in via Vigevano il comizio si tenne ed ebbe uno svolgimento movimentato. Gli oratori fascisti furono ascoltati e contraddetti dai socialisti, finché non intervenne la polizia a sciogliere l’adunanza, ciò che irritò la folla, la quale attorniò un gruppetto di nazionalisti che avevano preso aria di sfida e lo accompagnò con grida ostili e fischi fino a Carrobbio. Ma la strategia provocatrice della polizia aveva scelto come campo d’azione piazza Garigliano, dove era indetto il comizio di propaganda socialista. Gli oratori nostri – Abigaille Zanetta e Livio Agostini – parlarono complessivamente circa tre quarti d’ora, sviluppando i punti principali del nostro programma immediato e massimo, tra il generale consenso delle molte migliaia di persone che affollavano l’ampia pizza. Terminati i loro discorsi, gli oratori socialisti, seguiti da gruppi di compagni, si allontanarono, dirigendosi ai luoghi dei comizi dei fascisti, in via Moscati, porta Nuova e corso Romana. Nessun incidente si era verificato mentre pronunciavano i loro discorsi. Il comizio volgeva ordinatamente al termine con un breve discorso dell’anarchico Schiaroli, quando il commissario Patella, che dirigeva il servizio di P.S., prese ad interrompere l’ultimo oratore. E poi avvenne quel che sapete. («Avanti!», 16 aprile 1919, ed. romana)

 

Sangue nelle strade!Dopo aver dato il loro sangue nelle trincee per una guerra che non era la loro guerra, per interessi che non erano i propri interessi i lavoratori debbono dare ora il loro sangue in olocausto ad una politica di violazione di libertà. [CENSURA] […] Come sapete, da appena qualche mese a Milano le folle hanno riconquistata la loro libertà di riunione e di parola. Abbiamo tenuto comizi, cortei, riunioni ai quali hanno partecipato decine e decine di migliaia di lavoratori e mai alcun incidente si è verificato. […] Oggi appunto l’intervento provocatorio della forza pubblica ha determinato un tragico avvenimento che non sappiamo quali ripercussioni potrà avere. Il comizio.Oggi, come in tutte le domeniche che si sono succedute in questo scorcio di tempo era indetto un Comizio al Largo Garigliano presso via Borsieri; un posto lontanissimo dal centro e in un rione schiettamente operaio. Il Comizio non aveva alcun carattere speciale. Era uno dei soliti ed in esso si doveva parlare delle rivendicazioni immediate formulate dal nostro Partito: amnistia, smobilitazione, ecc. L’Avanti! lo aveva annunziato in poche righe fra i tanti comunicati di adunanze domenicali. Il Comizio riuscì affollatissimo. Come tutti quelli che si tengono ora a Milano. Lo spirito politico delle masse a Milano è ora tale che basta un semplice annunzio di convocazione socialista per fare correre migliaia e migliaia di lavoratori. Il comizio si era svolto nel massimo ordine. La folla milanese è sempre attenta e composta e non aveva nessun proposito di suscitare incidenti. Come, sopra tutto, non ne avevano i dirigenti. C’erano per l’ordine pubblico due colonne di carabinieri e alcuni gruppi di agenti agli ordini del commissario Patella e del delegato Magnati nonché alcuni reparti di cavalleria nascosti nelle vicinanze. Ma, come sempre, nessuno pensava che questa forza dovesse essere utilizzata perché i comizianti non avevano certo intenzione di… incomodarla sebbene la presenza del Patella noto provocatore, desse a qualcuno delle preoccupazioni. Parlò la compagna Abigaille Zanetta del Partito socialista e parlò il compagno dott. Livio Agostini, consigliere provinciale, pronunziando un discorso di propaganda socialista. Salì poi alla tribuna l’operaio anarchico Schiaroli il quale attaccò il Partito socialista raccogliendo interruzioni da parte degli ascoltatori. La provocazione.A questo punto una stupida provocazione degli agenti dell’ordine. Il commissario Patella pare che sia stato seccato da alcune parole dell’oratore anarchico e lo ha invitato, con la grazia abituale degli agenti dell’ordine, a troncare il discorso. È avvenuto quello che doveva inevitabilmente avvenire: che tutti gli ascoltatori, specialmente la maggioranza che dissentiva dallo Schiaroli, sono insorti a protestare per la libertà dell’oratore. Che diritto ha un funzionario di limitare o castrare l’espressione del pensiero? Era egli forse il presidente del Comizio? L’unanimità delle proteste ha dato sui nervi all’irascibile commissario il quale senz’altro, senza valutare la gravità e le conseguenze dell’atto che andava a compiere ordinava lo scioglimento del comizio. [CENSURA]La scena tragica. Fuoco sulla folla.Ma i lavoratori milanesi presenti al Comizio non erano proprio disposti a subire violenze. L’arbitro del commissario aveva già eccitato gli animi e la violenza degli agenti nell’eseguire l’arbitro portava olio al fuoco. Per cui si è delineata rapida e spontanea la reazione. E alle botte violenti si è risposto non certo presentando l’altra guancia. Non è più il tempo in cui andare ad un comizio deve significare andare ad accettare percosse dagli agenti. La colluttazione è stata violenta. Gli agenti e i carabinieri sono restati sorpresi – essi che si sono abituati sempre a darne – della reazione della folla. E hanno indietreggiato sospinti dalla massa dei comizianti che non cedeva. A questo punto sarebbe bastato un ordine del commissario, una sua parola conciliante, perché niente di più grave avvenisse; ma i funzionari erano sempre più inferociti. E il cav. Patella pur di riportare vittoria, chiamò in suo soccorso gli squadroni di cavalleria. [CENSURA] La reazione della folla.[CENSURA] La folla allora pose un regolare assedio alla casa, mentre si provvedeva d’altra parte a rialzare le vittime. I feriti furono raccolti dal carro della Croce Verde e trasportati alla guardia medica di via Paolo Sarpi. Intanto mentre il compagno Repossi della Direzione del Partito, il quale era stato sempre al suo posto, arringava la folla scongiurandola ad essere calma [CENSURA]. Cominciò allora una fitta sassaiuola mentre tutte le finestre si chiudevano rapidamente. In quel mentre una guardia del manipolo assediato, riusciva a fuggire ed attraversando un giardino raggiungeva l’opposta via Garigliano. Ma pure qui i dimostranti sostavano numerosi vigilando. La guardia, che voleva accorrere a chiamare rinforzi, affrontò i dimostranti con la rivoltella spianata, ma non aveva compiuto due passi quando fu disarmata e gettata al suolo. Si ebbe un nuovo parapiglia. I carabinieri, distribuendo piattonate a destra e a sinistra, separarono i contendenti. L’agente, ferito a pugni e a bastonate, venne ricoverato in una abitazione di via Garigliano al n. 2. E intanto le guardie, con il delegato Magnati continuavano ad essere tenute prigioniere dalla folla. Allora cominciarono a giungere in gran numero camions carichi di carabinieri ed agenti e nuove colluttazioni ebbero luogo. E solo dopo le ore 20 l’enorme accumularsi di forza pubblica riuscì a far liberare i prigionieri in montura. La notizia degli avvenimenti, sparsasi subito nel popolare rione, aveva creato grande agitazione. [CENSURA] Il morto e i feriti.L’operaio caduto vittima è Giovanni Gregotti, meccanico, soldato in licenza di convalescenza e che doveva tornare stasera al reggimento. La guardia di P.S. che sarebbe in grave stato è certo Pasquale Virgiliti, colpito al capo da bastonate le autorità all’ultima ora comunicano la seguente lista di feriti: Sono stati portati alla guardia medica di via Paolo Sarpi: Ambrosini Aurelio, di anni 40, ferita lacero contusa alla faccia, guaribile in 40 giorni. Tommaso Gaviati, meccanico, di anni 62, ferita alla guancia sinistra; Giuseppe Marcora, maresciallo dei carabinieri, ferita lacero-contusa; Gambetta Giovanni, militare in licenza, ferite lacero-contuse in tutto il corpo, versa in condizioni gravissime; Attilio Maccapane, muratore, soldato in licenza di convalescenza, ferito alla gamba destra. («Avanti!», ed. romana, 15 aprile 1919)

 

L’impressione a Milano.Stamane molta folla è accorsa sul luogo dell’eccidio. Davanti a tutti gli stabilimenti le masse operaie discutevano animatamente e molti operai volevano senz’altro proclamare lo sciopero. Ma in tutti è prevalso il giusto concetto di attendere l’esito della riunione che sarà tenuta stasera alla Camera del Lavoro. Tanto più che l’Avanti!pubblicando stamane l’avviso della convocazione, la faceva precedere da questo avviso in grassetto: «Operai, per oggi lavorate!». («Avanti!», ed. romana, 15 aprile 1919)

 

Gli sciacalli.Assistiamo al solito gioco […] È il sistema preferito dei preti dell’«Italia» e dei demagoghi reazionari del «Correrie della Sera» nel giudicare i fatti di domenica scorsa in piazza Garigliano. C’è un morto da parte dei dimostranti e parecchi feriti, dei quali alcuni gravi. Colpa dei dimostranti stessi e delle loro violenze. Quali violenze? Quelle dei frammenti di marciapiede lanciati contro la polizia [CENSURA]. Ma questo è un episodio, anzi un incidente– dicono il «Corriere» e l’«Italia» finalmente riconciliati sul terreno della caina persecuzione antisocialista – che scaturisce direttamente alla propaganda che il Partito socialista va svolgendo da qualche tempo sulle pubbliche piazze. Sulle pubbliche piazze, capite? […] [CENSURA] I fatti di domenica sono il frutto della propaganda socialista che sventola la bandiera della dittatura proletaria. […] La colpa è sempre della folla; e per la folla – cosa astratta e impersonale – è sempre nostra. La violenza è sacrosanta, se ha per obiettivo le persone dei nostri militari, dei nostri seguaci. Lungi dal chiedere che si modifichi il sistema politico che affida ad un funzionario incapace o pauroso il compito di valutare la portata di un discorso o di una frase, si deve esigere dai dirigenti, da quelli che hanno buon senso, naturalmente, che sono poi sempre quelli che, riffe o raffe, vanno d’accorso con il «Corriere della Sera», di educare le masse, farle savie e ragionevoli, pazienti e mansuete. […] [CENSURA] […] La giornata di ieri. I fatti accaduti domenica in Piazza Garigliano ad opera della polizia hanno prodotto profonda emozione nella cittadinanza in genere e particolarmente tra la classe lavoratrice. La versione dell’episodio data dallo «Avanti!» e confermata da altri giornali ha fatto risaltare in modo chiarissimo la provocazione della autorità di P.S. che senza alcuna parvenza di giustificazione ha fatto tralignare in eccidio una manifestazione che si sarebbe svolta pacificamente e senza incidenti. L’indignazione del campo operaio si è manifestata dalle prime ore del mattino con la proclamazione dello sciopero immediato che scoppiò nei principali stabilimenti metallurgici della città. [CENSURA] Laddove gli operai si astennero dal lavoro non diedero pretesto ad alcun intervento di forza armata e tutto il resto della città ha continuato nello andamento normale sebbene fossero numerosi gli scioperi di categoria preesistenti ai fatti di domenica e non ancora conclusi. La giornata di ieri si è quindi chiusa senza i temuti o forse desiderati conflitti essendo ormai decisa la classe lavoratrice a compiere solo quegli atti ed a prendere quegli atteggiamenti che vorranno e che sono consigliati e indicati dalle sue organizzazioni e dai suoi dirigenti. Le inutili mistificazioni. La [censura] [CENSURA] ha impedito ieri a noi ed a qualche altro giornale di dare tutte le informazioni che possedevamo e tutti i particolari relativi al conflitto di piazza Garigliano. Non si doveva sapere ieri mattina [CENSURA] era rimasto ucciso un giovane operaio e feriti parecchi altri cittadini [CENSURA]. Il pubblico doveva ricevere l’impressione che le violenze erano state consumate dalla folla contro i questurini e non viceversa. Ma la grossolana menzogna non poteva essere ulteriormente perpetrata; e nel pomeriggio si doveva confessare con grande parsimonia di parole che un morto c’è stato ma dalla parte dei dimostranti e ad opera della polizia. Però quasi ad attenuare immediatamente l’impressione di questa notizia il giornale di via Solferino abbondava in particolari per raccontare il caso occorso alla guardia di P.S. Crescione, che sarebbe stata «mortalmente ferita» dalla folla mentre tentava di allontanarsi dalla casa n. 22 di via Borsieri. Senonché anche questo piccolo espediente di mistificazione può essere (cioè speriamo che possa essere) immediatamente sventato quando si può dire come noi possiamo dire, che il Crescione non solo non è mortalmente ferito, ma, dopo essere rimasto alcune ore nell’Ospedale di via della Segnora, egli ha potuto allontanarsi con la semplice assistenza di due suoi compagni di mestiere. Ricapitolando dunque la giornata di domenica ha dato le seguenti vittime: l’operaio Gregoretti Giovanni, d’anni 31, soldato in licenza, di convalescenza, che doveva proprio ieri sera ripartire per raggiugere il suo reggimento, e ferito alla fronte da un proiettile [CENSURA] è morto alla Guardia medica di via Paolo Sarpi. Alla stessa Guardia medica di via Paolo Sarpi sono stati accolti i seguenti feriti: Gavirati Tomaso, d’anni 63, abitante in via A. Vespucci 87, ferito d’arma da fuoco: transfossa al torace sinistro. È in condizioni gravi. Trovasi ora all’Ospedale Maggiore. Ambrosini Amelia, d’anni 40, casalinga, abitante in via Balestrieri 8, ferita lacero-contusa da un colpo di daga al parietale sinistro. Miada Giuseppe, d’anni 63, abitante in piazza Garigliano 6, ferito a un colpo d’arma da fuoco alla gamba sinistra senza fuoriuscita, quindi con pericolo di amputazione. Manapani Attilio, d’anni 29, soldato, in licenza del 21° fanteria, ferito da un colpo d’arma da fuoco alla gamba destra con frattura della tibia. Manara Giuseppe, d’anni 41, maresciallo dei carabinieri della Legione di via Moscova, ferito alla testa da un corpo contundente. Vercellito Pasquale, agente di P.S. ferito con multiple contusioni e, pare, da colpo d’arma da fuoco. Guaribile in 50 giorni. Patella Vittorio, commissario di P.S., ferito da corpo contundente. Tanto il Manara che il Patella sono guaribili in dieci giorni. («Avanti!», 15 aprile 1919.)

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