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15 APRILE 1919 – ARENA CASTELLO SFORZESCO

Comizio e corteo in via Dante

Dove? Arena nel Castello Sforzesco, Largo Cairoli verso via Dante

Soggetti coinvolti: socialisti, anarchici e scioperanti

Arresti: Nessuno

Feriti: Nessuno

Vittime: Nessuna

All’alba del 14 aprile, Milano si sveglia sospesa in un’atmosfera rarefatta. Nella notte è giunta la notizia della morte di Giovanni Gregotti, un soldato in licenza che passava per caso da via Garigliano, ma soprattutto un meccanico, figlio della classe operaia della città.

L’aggressione ingiustificata da parte delle forze dell’ordine durante il comizio all’Isola è stata traumatica tanto quanto la reazione da parte della folla. È chiaro che si debba fare qualcosa per esprimere lo sdegno e la rabbia, possibilmente senza provocare altre vittime innocenti.

I tutori dell’ordine, che per primi hanno attentato alla quiete cittadina, hanno paura di una risposta violenta. Sin dalle prime ore del mattino si diffonde una falsa notizia: l’ucciso sarebbe un agente di polizia. A creare un clima ostile e turbato contribuisce la censura: i quotidiani escono con più parti bianche che scritte, e su nessuna pagina viene dunque data la notizia dell’assassinio. Ma in questi casi il passaparola è lo strumento più potente. Già dalle prime ore del mattino la Camera del Lavoro in via Fanti e la sede dell’Avanti! brulicano di persone. I lavoratori sono irrequieti e si rivolgono ai propri rappresentanti per capire cosa fare.

L’idea dello sciopero si fa sempre più insistente. Le riunioni si susseguono frenetiche dalla mattina: prima la giunta socialista, poi gli onorevoli dal questore per garantire che tutto si svolgerà senza incidenti, poi di nuovo alla Camera del Lavoro. Qui alle 22 il Partito e le leghe dei lavoratori, sfiniti dalla giornata faticosa e dal compito gravoso, votano quasi all’unanimità – contro solo sei oppositori – lo sciopero generale di protesta di 24 ore e indicono un comizio per il giorno successivo alle 16 all’Arena. Ovunque viene affisso un manifesto, con le firme della Camera del Lavoro, della Sezione Socialista e della Lega Proletaria Mutilati:

«Lavoratori milanesi! Un altro eccidio ha insanguinato le vie di Milano. I fatti sono noti. È un nuovo delitto contro cui la Sezione Socialista e la Camera del Lavoro insorgono. L’eccidio di domenica non sarà l’ultimo della serie. Oggi tutto il proletariato milanese deve incrociare le braccia. Non un operaio deve recarsi all’officina. Tutti debbono rispondere all’appello che la Sezione Socialista e la Camera del Lavoro lanciano alla classe operaia. Lo sciopero viene da noi dominato nel tempo e nello spazio, perché ben altra azione noi vogliamo apprestare che sia definitiva per il trionfo del moto rivoluzionario che è nell’ora storica. Non si deve frustrare la nostra azione. Proletari! La disciplina è forza. Ai responsabili ed ai coscienti è affidata l’affermazione di oggi, preludio della travolgente volontà proletaria che si matura.»

Al mattino la città è sotto assedio. Le forze dell’ordine hanno occupato militarmente le strade: artiglieri a cavallo, gruppi di agenti e carabinieri sono sparsi ovunque. Si teme che la situazione possa precipitare repentinamente, e l’invito da parte delle autorità a mantenere la calma è inutile.

Nessuno è al proprio posto di lavoro. Gli stabilimenti sono chiusi, le serrande dei negozi in centro abbassate, anche impiegati pubblici e banchieri sono rimasti a casa. La partecipazione allo sciopero è totale.  La città più operosa d’Italia è spettrale e irriconoscibile.

Ma già dall’ora di pranzo le strade attorno al Castello iniziano a popolarsi di scioperanti, nonostante l’inizio del comizio sia previsto per le 16 e lugubri nubi minaccino l’orizzonte. Il pulvinare dell’Arena si riempie in men che non si dica di quasi ventimila persone, tutte insieme per esprimere il proprio dissenso per il comportamento delle forze dell’ordine, che ha portato alla prima vittima innocente dell’anno.

La folla è disciplinata. Non si verifica nessun incidente. Si applaude all’arrivo delle delegazioni di quartiere, si canta Bandiera Rossa, e si dimostra vicinanza e sostegno alla causa. Sotto la pioggia battente di un acquazzone primaverile, il comizio inizia regolarmente. Sul palco si susseguono Luigi Repossi, Abigaille Zanetta, Livio Agostini. Claudio Treves conclude non lasciando spazio a equivoci:

Lo sciopero di oggi non ha fini nascosti: le rivendicazioni supreme del proletariato risulteranno da sforzi lunghi e pazienti e non da tumulti o precipitazioni. Ma sappiano intanto i governatori che la folla degli umili e degli operai resta disciplinata agli ordini di chi la dirige e, se non ha illusioni, non ha nemmeno riluttanze o debolezze.

Si raccomanda di lasciare l’Arena e allontanarsi alla spicciolata, non cedendo a inutili provocazioni. Così non accade.

Un gruppo di socialisti e anarchici rivoluzionari, con un ritratto di Liebknecht come gonfalone, inneggia ai soviet e forma un corteo in Largo Cairoli. Ci sono molti ragazzi armati di bastoni, ma la calma sembra momentaneamente garantita dalla presenza massiccia di donne che cantano gli inni socialisti e vogliono continuare a manifestare nel centro della città. I dirigenti cercano di indirizzare questo migliaio di persone verso la sede dell’Avanti!, ma il tentativo è vano.

La direzione è quella di Piazza del Duomo.

Una fotografia dell’Arena agli inizi del Novecento (Milano Sparita e da Ricordare)

Una fotografia dell’Arena agli inizi del Novecento (Milano Sparita e da Ricordare)

Mimmo Franzinelli, Fascismo anno zero. 1919: la nascita dei Fasci italiani di combattimento, Mondadori, Milano 2019, p. 81

Francesco Lisati, Storia degli anarchici milanesi (1892-1925), La vita felice, Milano 2016, pp. 205-206

Paolo Mencarelli (a cura di), Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia, Biblion Edizioni, Milano 2019, pp. 162-169

Marco Rossi, Morire non si può in aprile. L’assassinio di Teresa Galli e l’assalto fascista all’Avanti!, Zero in condotta, Milano 2019, pp. 24-29

La decisione dello sciopero generale, «Avanti!», 15 aprile 1919

Lo sciopero generale a Milano; Lo sciopero generale è completo, «Avanti!», 16 aprile 1919

Il comizio all’Arena, «Avanti!», ed. romana, 17 aprile 1919

Lo sciopero,«Avanti!», 18 aprile 1919

Il comizio all’Arena, «Il Popolo d’Italia», 18 aprile 1919

La decisione dello sciopero generale. Ieri sera alla Camera del Lavoro, come annunciammo, si sono radunati i rappresentanti dei Consigli delle Leghe aderenti alla Camera del Lavoro, i membri delle Commissioni interne degli stabilimenti, i delegati della Sezione socialista e della Confederazione del Lavoro. La sala terza era rigurgitante di una folla irrequieta e eccitata. Si trattava di decidere circa la portata e la misura della protesta da farsi per i luttuosi fatti avvenuti domenica in piazza Garigliano. La discussione fu breve e movimentata. […] l’enorme maggioranza dei presenti si dichiarò favorevole alla proposta concordata votandola contro sei oppositori. Dopo la votazione furono presi gli accordi per l’attuazione dello sciopero generale che deve cominciare stamane in tutti gli stabilimenti, officine, aziende private e pubbliche. Un comizio all’Arena. I comitati dirigenti lo sciopero generale di protesta hanno indetto per oggi alle ore 16 un grande comizio che sarà tenuto all’Arena col seguente manifesto. [CENSURA]. («Avanti!», 15 aprile 1919)

 Lo sciopero generale a Milano. Milano 14 notte. Durante tutto il pomeriggio il fermento è stato vivissimo in tutta la città. Si sapeva negli ambienti operai che la Camera del Lavoro avrebbe deliberato nella serata la forma della protesta proletaria in seguito alla violenza e alla ferocia della polizia che condussero alla uccisione dell’operaio Gregotti; ma le masse lavoratrici milanesi non seppero resistere all’impulso generoso e al desiderio di non ritardare la protesta. E in molti stabilimenti il lavoro fu senz’altro abbandonato. La Camera del Lavoro e la sede dell’Avanti!furono tutto il giorno gremite di operai mentre al centro l’autorità venivano addensando una enorme quantità di truppa. I signori dell’ordine avevano fatto spargere la notizia che un agente di P.S. era stato ucciso dai comizianti. E ciò allo scopo di creare un ambiente ostile alle masse e di far capire alla cittadinanza che le vittime erano stati gli agenti. Anzi, allo scopo di accreditare questa leggenda, la censura vietò ai giornali di pubblicare la notizia che un operaio era stato ucciso e permise solo che fossero pubblicati i nomi degli agenti e dei carabinieri feriti. D’altra parte la stampa locale si è acconciata di buon grado a seguire le direttive delle autorità e a dare una versione non rispondente alla verità. Ma la verità è stata conosciuta lo stesso ad onta della censura e ad onta della stampa. E si è stampato subito che la guardia era viva. Invece nelle ore pomeridiane è stata portata al cimitero la salma del povero Gregotti. È risultato che questi non assisteva al Comizio, ma era accorso come curioso. Sull’episodio che gli era costata la vita è stata aperta una particolare inchiesta poiché da alcuni testimoni sarebbero risultate certe circostanze nuove sulle quali per ora non è possibile soffermarsi. Il prefetto ha incaricato il vice questore di Bologna avv. Furfa, venuto appositamente a Milano, di iniziare una inchiesta. […] Una riunione al Municipio.E torniamo alla cronaca. Alle 17 il compagno dottor Veratti, che funge da Sindaco – trovandosi l’avv. Caldara convalescente – riunì d’urgenza la Giunta e i dirigenti della Sezione Socialista e del movimento operaio. Intervennero oltre gli assessori gli on. Treves e Mattioli, il segretario generale D’Aragona, il segretario della Sezione Socialista Repossi e Mariani della Camera del Lavoro. Fu discusso a lungo sulla manifestazione di domani, desiderando la Giunta socialista che sia data ad essa una forma energica sì, ma dignitosa. I dirigenti socialisti, come i rappresentanti operai, ebbero uno scambio di impressioni e di vedute con gli assessori e furono stabilite le modalità che regoleranno lo sciopero, come gli eventuali comizi che saranno indetti. Nel pomeriggio le maestranze in sciopero si adunarono alla Camera del Lavoro ove, alle 17, fu improvvisato un grandioso comizio. Si calcola che vi assistettero molte migliaia di lavoratori. Parlarono Serrati, Mariani e Repossi. Lo sciopero proclamato per 24 ore.Alle ore 22 si è tenuta alla Camera del Lavoro l’adunanza generale dei Consigli delle Leghe e delle Commissioni interne. Nei pressi di via Manfredo Fanti, la folla si era raccolta abbastanza numerosa in attesa di decisioni. L’autorità non aveva disposto alcun servizio. L’accesso era permesso soltanto ai delegati, che erano innumerevoli e ai tesserati. I rappresentanti delle Leghe erano intervenuti compatti. I partecipanti si calcolavano in circa diecimila. Aprì il convegno Repossi, il quale ripeté le proposte concordate nella riunione di ieri sera convocata subito dopo i sanguinosi episodi del largo Garigliano. Alla unanimità si era addivenuti nella determinazione di proclamare lo sciopero generale di protesta per 24 ore e di indire un comizio da tenersi all’Arena. Il Repossi, della Direzione del Partito, invitò la massa ad astenersi dal lavoro disciplinatissima e di prestare la maggiore osservanza alle disposizioni che verranno impartite. Egli invitò gli scioperanti a mantenersi calmi, tranquilli, non dando ascolto né alle provocazioni eventuali della polizia, né alle voci allarmanti che potrebbero essere diffuse con artificio per esasperare. […] Si susseguirono altri oratori che chiesero di intensificare la propaganda socialista e il convegno terminò verso le 23 dopo gli accordi presi dalle Leghe per il comizio che avrà luogo alle ore 16 all’Arena. Il manifesto proletario. Ecco il manifesto che è stato affisso con le firme della Camera del Lavoro, della Sezione Socialista e della Lega Proletaria Mutilati: «Lavoratori milanesi! Un altro eccidio ha insanguinato le vie di Milano. I fatti sono noti. È un nuovo delitto contro cui la Sezione Socialista e la Camera del Lavoro insorgono. L’eccidio di domenica non sarà l’ultimo della serie. Oggi tutto il proletariato milanese deve incrociare le braccia. Non un operaio deve recarsi all’officina. Tutti debbono rispondere all’appello che la Sezione Socialista e la Camera del Lavoro lanciano alla classe operaia. Lo sciopero viene da noi dominato nel tempo e nello spazio, perché ben altra azione noi vogliamo apprestare che sia definitiva per il trionfo del moto rivoluzionario che è nell’ora storica. Non si deve frustrare la nostra azione. Proletari! La disciplina è forza. Ai responsabili ed ai coscienti è affidata l’affermazione di oggi, preludio della travolgente volontà proletaria che si matura.» Il manifesto conclude invitando i lavoratori milanesi al comizio all’Arena per le ore 16. («Avanti!», 16 aprile 1919)

Lo sciopero generale è completo.Milano, 15. Lo sciopero generale ha cominciato ad essere attuato appena terminata la riunione della Camera del Lavoro. Del resto era così unanimemente attesa la proclamazione dello sciopero che già in gran parte era stato spontaneamente iniziato. I tranvieri urbani non hanno voluto attendere nemmeno la mattina. Quelli che dovevano fare il servizio notturno a mezzanotte non si sono presentati al lavoro. Così non si sono presentate le squadre notturne dei gassisti. Nessuna squadra è andata in giro a fare raccomandazioni per lo sciopero. Non ve n’era bisogno. Durante tutta la notte le truppe andavano in giro ad occupare le posizioni strategiche. Data l’enorme quantità di milizia fatta giungere a Milano nei giorni scorsi, la città è occupata militarmente. Ma questo non impressiona nessuno. Le vetture pubbliche – che negli ultimi scioperi generali si erano mantenute estranee al movimento – sono state le prime a ritirarsi dalla circolazione. Altra novità di questo sciopero è la partecipazione dei ferrovieri delle secondarie. La Milano-Magenta e tutte le linee del Nord non funzionano. La Direzione aveva tentato di iniziare un servizio ma dopo il primo tentativo è stata costretta a ritirare il servizio. Tutti gli stabilimenti industriali di Milano e della banlieu che sono centinaia e che accolgono l’immensa popolazione della più industriale città d’Italia sono chiusi. Nessuno eccettuato. Non un solo operaio si è presentato al lavoro. Lo sciopero si è esteso anche a Sesto San Giovanni, Baggio, Musocco e tutti i paesi vicini. Tutti i servizi pubblici sono sospesi. L’aspetto di Milano.Chi conosce che cosa è Milano – la grande città del lavoro – nei giorni ordinari può solo comprendere che cosa sia oggi in cui tutto tace. La massa proletaria è tutta nella periferia; ma questa volta lo sciopero si è ripercosso anche al centro. Tutti i negozi, i ritrovi del Corso, della Piazza, della Galleria sono chiusi. Come tutto è chiuso in ogni rione della città. Le banche sono guardate da folta forza pubblica e da soldati ma sono chiuse. Le varie associazioni che avevano tappezzate le mura della città con manifesti invitanti – esse! – gli operai a non seguire i socialisti, vedono ora nel silenzio lugubre della città quale sia stata la risposta dei lavoratori. Gli uffici municipali sono chiusi, come pure sono chiusi gli uffici commerciali. È la prima volta che il ceto degli impiegati partecipa ad uno sciopero generale politico. Data la mancanza di gas a gran parte delle famiglie è reso difficile provvedere alla cucina. Gli operai sono scesi nelle strade fin dalle prime ore; ma non formano agglomerati, fedeli agli impegni presi con l’organizzazione. Molti di essi si recano alla Camera del Lavoro, che si gremisce ben presto. Le vie adiacenti alla Casa del Popolo sono affollatissime. Molto animata è anche la via San Damiano, sede dell’Avanti! Finora nessun incidente notevole si è verificato. Si prevede che al Comizio all’Arena interverranno centinaia di migliaia di lavoratori. («Avanti!», 16 aprile 1919)

Il comizio all’Arena.Verso le 15 dai rioni della periferia cominciarono ad affluire verso l’«Arena» cortei di operai. Erano pacifici e calmi ed avevano così poca intenzione di provocare disordini che molti dei partecipanti avevano con sé donne e bambini. Prima dell’ora indicata per il comizio la via Legnano e il foro Bonaparte, rigurgitavano di scioperanti. Nei paraggi erano stati disposti squadroni di cavalleria, plotoni di carabinieri, ma la folla che entrava all’«Arena» non era affatto agitata. Erano operai, popolani, donne, seguiti dai soliti codazzi e un po’ anche dalla solita ragazzaglia che è sempre in tutte le manifestazioni, rosse o nere che siano. Prima delle 16 il pulvinare dell’«Arena» era gremitissimo. La folla nereggiava sulle ampie gradinate, composta. Buona parte occupava anche gli spalti adiacenti e quasi interamente il prato prospiciente il podium. Si cantava l’inno dei lavoratori e qualche gruppetto stornellava «Bandiera rossa». Nel pulvinare campeggiavano alcuni grafici portati su aste e uno schizzo di Libebknecht, innalzato a mo’ di gonfalone. Si calcola che i comizianti fossero oltre 50.000. alle 16 precise il comizio fu aperto. Parlò dapprima Lodovico D’Aragona, segretario della Confederazione del Lavoro, poi Giuseppe Bianchi e quindi Repossi per la sezione socialista e per la Direzione del Partito, e Mariani per la Camera del Lavoro. Tutti affermarono che lo sciopero, riuscito dignitoso e solenne, doveva essere inteso come una protesta [CENSURA] e tutti invitarono la folla a contenersi serena, dando prova di coscienza e di educazione. Trattarono delle rivendicazioni economiche ottenute, auspicando a quelle politiche la cui conquista è fatale. Dissero che gli avvenimenti non si debbono precipitare, lasciando alla stessa evoluzione della storia il compito di far trionfare le idealità socialiste. L’on. Treves ebbe parole amare contro una insinuazione divenuta comune: «Si cerca di istillare nell’esercito l’idea che la smobilitazione venga ritardata in causa all’agitazione socialista. È questa, disse l’on. Treves, una menzogna. Non si vuole smobilitare perché si sa che la Conferenza di Parigi come viene condotta anziché portare la pace potrà darci fomiti di altri conflitti. Lo sciopero di oggi, concluse l’on. Treves, non ha fini nascosti: le rivendicazioni supreme del proletariato risulteranno da sforzi lunghi e pazienti e non da tumulti o precipitazioni. Ma sappiano intanto i governatori che la folla degli umili e degli operai resta disciplinata agli ordini di chi la dirige e, se non ha illusioni, non ha nemmeno riluttanze o debolezze». Schiavello invitò i comizianti a sciogliersi a gruppi, alla spicciolata, badando bene di non accettare eventuali provocazioni. [CENSURA] («Avanti!», ed. romana, 17 aprile 1919,)

Lo sciopero. La mattinata del 15. Lo sciopero generale – proclamato la sera innanzi per ventiquattro ore – si iniziò ieri mattina senza notevoli incidenti. Gli opifici arrestarono il ritmo della produzione; i tramvieri municipali ed il personale della linea internazionale si sono pure associati, insieme ai ferrovieri delle secondarie, alla manifestazione di protesta, disertando il lavoro. I negozi della periferia sono quasi tutti aperti e solo a giornata inoltrata abbassano la saracinesca. Così avviene per quelli del centro. Anche gli uffici municipali – eccettuato quello sanitario di via Palermo e l’Ufficio di Stato Civile di piazza Missori – rimangono chiusi. Dei tipografi sono al lavoro soltanto quelli addetti ai giornali, i quali ultimi escono regolarmente. I muri della città vanno coprendosi di manifesti. Ve ne sono dei Sindacalisti, dell’Unione antibolscevica, del Fascio popolare di educazione sociale, del Partito repubblicano, dell’Unione Liberale, dell’Unione socialista italiana, ecc. ecc. Il servizio di illuminazione elettrica è assicurato, essendosi stabilito che gli operai dell’Officina Edison non abbandonino le loro abituali occupazioni. In complesso la città si presenta nel suo caratteristico aspetto festivo. Per le strade, specialmente del centro, si nota molta gente. Qua e là si addensano dei crocchi e si iniziano accalorate discussioni. Qualche pugno, qualche legnata, ma nessun incidente – ripetiamo – che sia degno di nota. («Il Popolo d’Italia», 18 aprile 1919)

Il comizio all’Arena.Alle 16 ha avuto luogo all’Arena il comizio indetto dalla Camera del Lavoro. Fin dalle 14 il pulvinare dell’Arena comincia a popolarsi e gli intervenuti passano il loro tempo cantando Bandiera Rossaed applaudendo i cortei che arrivano dai vari rioni della città. Apre il comizio il solito Repossi, in nome della sezione socialista parla e quindi la non meno solita Abigaille per dirsi, tra l’altro molto commossa per la manifestazione odierna, che ha – aggiunge – un significato in quanto può essere la diana della vicina alba rivoluzionaria. Ma alle parole della Zanetta Giove Pluvio s’imbroncia e comincia a mandare un po’ d’acqua. Si ha quindi un principio di squagliamento da parte dei comizianti, l’oratrice li richiama dicendo che non si deve avere paura dell’acqua, perché ben presto pioverà anche il fuoco. Ed in quel giorno, come oggi, il proletariato non dovrà vacillare, né tremare come fa oggi, dando un triste spettacolo di sé, la vigliacchissima borghesia che ha nascosto le bandiere che fino a ieri hanno sventolato ai balconi. Parlano ancora Mariani per la Camera del Lavoro, Patanea Greca (vulgo: Claudio Treves) e Schiavello che da buon rivoluzionario, incita i comizianti a rimanere «calmi» alle loro case (A proposito dei discorsi di Abigaille e soci!!!) («Il Popolo d’Italia», 18 aprile 1919)

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