Il comizio operaio in piazza della Scala. Gli oratori e la folla. Mentre nel Teatro alla Scala si teneva il Comizio di cui diciamo in altra parte del giornale, e il teatro suddetto era circondato da guardie e da carabinieri e il controllo dei biglietti era di un rigore estremo e venivano lasciati entrare soltanto dame e cavalieri in toilette e in pelliccia – nella Piazza si veniva a poco a poco agglomerando la folla operaia e socialista, intorno al monumento a Leonardo Da Vinci. Quasi si trovavano i membri del Comitato della Sezione Socialista e della Camera del Lavoro. Alle 20.20, quando Repossi aprì il Comizio, erano raccolte nella piazza parecchie e parecchie migliaia di persone che formavano una folla imponente, impressionante. Man mano che gli oratori parlavano, nuova gente sopraggiungeva: la piazza era gremita. Parlarono il Repossi, il Mariani, il Mondolfo, in mezzo a continui applausi ed evviva, mentre accanto a loro, sostenuta da una compagna, sventolava una bandiera rossa. […] Proclamarono che il proletariato vuole la fine di tutti gli imperialismi e, […] intende che sia lasciato ai popoli il diritto di disporre del proprio destino. […] Il servizio di polizia era enorme, mai visto. Oltre alla quantità di carabinieri e guardie che custodivano la Scala, altri forti gruppi, specialmente dei primi, sostavano in tutti i punti “strategici”, per dir così, della Piazza. Il servizio suddetto era comandato dal Questore in persona e dal Prefetto. […] Il corteo. Quando il compagno Mondolfo concluse, il Questore annunciò che avrebbe sciolto a qualunque costo la folla, ma che permetteva invece che si allontanasse in corte, aggiungendo: – Andate pure all’Avanti!Allora, per invito degli oratori, la folla si diresse all’Avanti! Trovando sbarrato l’ingresso della Galleria infilò via Marino e via S. Raffaele, cantando inni, senza turbare in alcun modo, la tranquillità dei passanti, senza offrire alcun pretesto di repressioni. Invece i carabinieri, evidentemente per ordine ricevuto, cominciarono a suonare gli squilli e a precipitarsi di corsa sulla folla. [CENSURA] Una parte del corteo che era già andato innanzi, giunto in Corso Vittorio Emanuele, si trovò separato dal grosso della folla e si scontrò con i carabinieri che avevano intanto tirato un nuovo cordone: ne nacque un parapiglia, durante il quale parecchi compagni nostri furono percossi e malmenati, ma seppero opporre una vivace resistenza alle violenze della benemerita. Il segretario della Camera del Lavoro ferito dai carabinieri.È qui che avviene l’incidente più grave. [CENSURA] Tra un gruppo di essi vi è il segretario della Camera del Lavoro che è particolarmente preso di mira. Vengono violentemente percossi Franco Mariani, segretario camerale, e Riccardo Falchero, segretario della Sezione Metallurgici. Il secondo se l’è cavata con alcune contusioni leggere, il primo con contusioni più seria una gamba, un braccio, alla testa. Colluttazioni e arresti.Quelli che superarono questi ostacoli, e riuscirono a portarsi per il Verziere o per S. Babila, in via San Damiano, la trovarono serrata da forti cordoni di truppa agli ordini di funzionari e non riuscirono a passare. Il comizio, reso breve dalla condotta dell’autorità di pubblica sicurezza, si era chiuso alle 20.45, nel modo che abbiamo detto. Ma intanto, continuavano ad arrivare in piazza gruppi di lavoratori. Ognuno di essi, al suo arrivo, era aggredito da colonne di settanta o ottanta carabinieri, picchiato, disperso. Qua e là nella piazza avvenivano diverbi e colluttazioni, che terminavano mediante l’intervento della “malemerita”, la quale arrestava i nostri compagni e li traduceva a San Fedele. […] Gli arresti sono oltre cinquanta. Il contegno dei carabinieri.È stato qualche cosa di incivile. [CENSURA] C’è dell’irritazione e del fermento nella massa operaia, per l’improvvisa, imprevedibile, ingiustificatissima eruzione [CENSURA] scatenatasi ieri sera contro i lavoratori raccoltisi – col permesso delle autorità – in Piazza alla Scala, per far sentire la loro voce contro la politica che vorrebbe spingere l’Italia verso altre avventure guerresche. L’irritazione e il fermento sono pienamente giustificati. Il Comizio di ieri sera era stato debitamente comunicato al Prefetto che conosceva esattamente le intenzioni degli organizzatori ai quali si è pienamente uniformata la massa enorme del popolo che si accalcava in Piazza alla Scala. Nessuno pensava di recar violenza a quelli che erano raccolti in teatro; né si tendeva a turbare in modo alcuno quella riunione… formata da alcune migliaia di persone. Il Comizio socialista, improvvisato, e perciò rapido e vivace, ma ordinato, era già esaurito coi discorsi degli oratori che avevano vibratamente riaffermati i punti di vista del Partito relativamente alla questione dalmata, e a quella assai più vasta e importante della pace generale, quando il questore Eula, che dirigeva personalmente il servizio, dopo aver detto agli operai che potevano allontanarsi in corteo – e fu un savio consiglio – per dirigersi all’Avanti!, fece correre l’ordine della repressione; ordine che venne immediatamente eseguito con un furore teutonico. [CENSURA] («Avanti!», 18 gennaio 1919.)
La protesta operaia contro il governo liberticida. Il Comizio di ieri alla Casa del Popolo.All’invito delle organizzazioni di mestiere o del Partito socialista, fatto a mezzo dell’«Avanti!» di ieri, al comizio di protesta contro le violenze, recriminate dalla generalità dei cittadini, commesso venerdì sera dai carabinieri, contro il corteo di operai, che, pacificamente, si recava a fare una dimostrazione di simpatia o solidarietà per il nostro giornale, si sono affollati, ieri, nel pomeriggio, nel Teatro del Popolo, migliaia di lavoratori. Capannelli di operai e operaie si chiedono ancora perché contro di essi il Governo ha voluto scagliarsi con tanto prussiano fervore. Così come nel Teatro alla Scala alcune centinaia di cittadini impellicciati reclamavano l’annessione dei territori che un giorno furono dominati dai romani, di fuori, nella piazza, si accalcavano migliaia e migliaia di lavoratori, pure essi cittadini italiani, i quali si erano dati convegno per far sapere al Governo che il popolo non più volere e non può fare un’altra guerra, che il nostro popolo ardentissimamente desidera una pace stabile e duratura. Ma se è lecito in altri paesi manifestare le proprie opzioni in questioni che interessano l’intera nazione, in Italia, nella liberalissima nostra Italia, tanto non è permesso. No, ci sbagliamo. Nel nostro paese è dato alle minoranze soltanto di discutere e risolvere i problemi che riguardano la universalità dei cittadini. Gli altri, che tante volte costituiscono la stragrande maggioranza della nazione, non debbono fiatare. Se osano fiatare, ad arrochirli, ad ammutolirli, ci sono le sciabolate. («Avanti!», 19 gennaio 1919.)