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17 GENNAIO 1919 – TEATRO ALLA SCALA

Comizio a favore dell’annessione della Dalmazia

Dove? Teatro alla Scala (Via Filodrammatici, 2) – Piazza della Scala

Soggetti coinvolti: irredentisti, arditi, futuristi, seguaci di Mussolini, il redattore del «Corriere della Sera» D’Ancona

Arresti: Nessuno

Feriti: il redattore del «Corriere della Sera» d’Ancona, malmenato dagli arditi e allontanato con la forza dalla sala

Vittime: Nessuna

Tre giorni dopo la sospensione del comizio di Mussolini, è tutto pronto per la serata organizzata dagli irredentisti alla Scala. Il direttore del «Popolo d’Italia» ha accettato di non tenere il suo comizio per ragioni di ordine pubblico. Il teatro è affollato e tutti i partecipanti sono a favore dell’annessione della Dalmazia.

I delegati di Fiume, Spalato e Traù si alternano sul palco, e spiegano le ragioni per le quali i loro luoghi d’origine siano di diritto italiani. Tra racconti e ricordi personali di presunta italianità e complimenti alle donne di Milano, «belle e intellettuali», i delegati sono acclamati dai partecipanti. Il delegato di Spalato, il signor Ercolano Salvi, si scaglia con veemenza contro il «Corriere», ritenuto rinunciatario e parecchista. Si urla dalla platea: «L’organo dei croati!».

Il comizio procede. Alla fine, l’onorevole Luzzatto legge un ordine del giorno. La risoluzione, dai toni enfatici e ridondanti, reclama il Trentino fino al Brennero, la Venezia Giulia, l’Istria e la Dalmazia, italiani per diritto romano e mazziniano. Si afferma inoltre di voler garantire tutti i diritti e le libertà civili alle popolazioni straniere comprese nei suoi confini naturali.

L’unico episodio di violenza si registra sul finire. Urla e proteste da un palco di terza fila attirano l’attenzione del pubblico.

Cacciatelo fuori! Gettatelo giù!

Il signor D’Ancona, un redattore della «Domenica della Sera», viene malmenato dagli Arditi per un fischio di disapprovazione di troppo. Il malcapitato è allontanato con la forza dal teatro, sotto lo sguardo compiacente di un commissario delle forze dell’ordine. Si segnalano anche cariche della polizia contro passanti e curiosi in via Santa Margherita al termine della serata.

Il Teatro alla Scala in una fotografia di inizio Novecento (Milano Sparita e da Ricordare)

Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario, 1883-1920, Einaudi, Torino 1965, pp. 490-491

Mimmo Franzinelli, Fascismo anno zero. 1919: la nascita dei Fasci italiani di combattimento, Mondadori, Milano 2019, p. 25

Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista. 1919-1922, Feltrinelli, Milano 2003, p. 278

Il Comizio pro Dalmazia, «Avanti!», 18 gennaio 1919

La trionfale serata dalmatica alla Scala. Milano contro ogni viltà e ogni baratto, acclama ai rappresentanti di Fiume, Zara, Spalato e Traù, «Il Popolo d’Italia», 18 gennaio 1919

Il Comizio pro Dalmazia. Alle ore 21, dinanzi ad una grande folla che occupa il palcoscenico, la sala, un po’ meno i palchi e le due gallerie, l’on. Luzzatto apre il comizio presentando con vibrante parola gli oratori che sono accolti da una acclamazione. Parla il signor Antoni, rappresentante della città di Fiume. Egli legge una fiorita e immaginosa composizione letteraria, con molti complimento alle «belle e intellettuali» signore di Milano; racconta episodi di italianità desunti dai suoi personali ricordi; si diffonde nell’illustrare le condizioni etnico-politiche per le quali Fiume deve essere annessa all’Italia e conclude con un altro episodio a lui accaduto durante una traversata a bordo di una nave italiana, dove un marinaio al quale l’oratore chiese se egli – il marinaio – credeva che Fiume dovesse essere italiana, questi rispose: «È naturale!». – È naturale – concluse l’oratore – che il nostro voto sia accolto. Sorse quindi a parlare il signor Ercolano Salvi – delegato di Spalato – che pronunciò un discorso di ben altra tessitura e consistenza, di vivace intenzione polemica con il «Corriere della Sera» che nel numero di ieri pubblicò un articolo per sostenere il punto di vista – diremo così – modesto e conciliante nei riguardi della questione dalmata e dei rapporti coi jugoslavi. Il tono del discorso del signor Salvi ha provocato frequenti approvazioni e non meno frequenti proteste contro il «Corriere» che venne da più parti definito «l’organo dei croati!». Il Salvi sostenne la necessità di rivedere il patto di Londra, formulato in periodo di guerra che gli avvenimenti militari, il distacco della Russia, il crollo degli imperi centrali, ha radicalmente mutato e concluse invocando l’aiuto del popolo italiano perché tutta la Dalmazia sia annessa all’Italia. L’oratore fu molto acclamato durante la lettura del suo discorso e ricevette alla fine molte congratulazioni. Più brevemente e a frasi staccate e a brevi periodi parlò infine il signor Lubin che ci diede una descrizione artistica dell’architettura di Traù dove tutte le pietre recano l’impronta del dominio di Venezia. Anche il breve discorso del signor Lubin è stato applaudito. L’on. Luzzatto lesse quindi l’ordine del giorno che reclama in nome del diritto romano e mazziniano il Trentino fino al Brennero, la Venezia Giulia, l’Istria e la Dalmazia, promettendo agli slavi piena libertà civile, e quegli abbocchi sul mare romano che saranno richiesti dallo sviluppo dei popoli danubiani e balcanici. […] In compenso la serata si è svolta senza incidenti. Solo ad un certo punto del discorso del signor Salvi, si è notato un certo movimento in un palco di terza fila a sinistra del palcoscenico, movimento che era seguito da urli e da proteste. «Cacciatelo fuori, gettatelo giù». Lì per lì il pubblico non si rese conto di che si trattasse. Ma poi si seppe trattarsi di un redattore del «Corriere della Sera», anzi del direttore della «Domenica del Corriere», signor D’Ancona, al quale si attribuiscono segni evidenti di disapprovazione, dicono alcuni, e un fischio come affermano altri. Sul palcoscenico il sibilo del fischio, se ci fu, non è arrivato. L’uscita del pubblico che affollava la Scala si è svolta senza incidenti, ciò che sarebbe ugualmente avvenuto anche se la forza pubblica non si fosse lanciata con cariche violentissime contro i cittadini che stazionavano in via S. Margherita con atteggiamento calmissimo o di semplice curiosità. («Avanti!», 18 gennaio 1919)

 

La trionfale serata dalmatica alla Scala. Milano contro ogni viltà e ogni baratto, acclama ai rappresentanti di Fiume, Zara, Spalato e Traù. Prima della cerimonia. In attesa che il teatro aprisse i battenti la folla enorme si pigiava dinanzi agli ingressi trattenuta da un cordone di fanteria e da agenti e carabinieri. Le autorità avevano preso severe misure di ordine pubblico affinché la manifestazione pro Fiume e Dalmazia riuscisse seria, solenne e non fosse disturbata da probabili inframmettenze dei parecchisti e dei rinunciatari di tutte le fedi e d’ogni colore. Il servizio di pubblica sicurezza era diretto dal comm. Patella e dal maggiore dei carabinieri Tommasi. Infatti, tutti gli sbocchi che danno in piazza della Scala erano guardati da grossi picchetti di fanteria, da agenti e da carabinieri pronti ad accorrere dove il loro intervento fosse stato necessario. Sbarrati completamente erano gli accessi alla Galleria Vittorio Emanuele. I disturbatori tuttavia non mancarono e più intraprendenti si mostrarono alcuni gruppetti di social boches. Un gruppetto in cui era qualche Lenin da strapazzo e che portava una bandiera rossa, tentò di arringare il pubblico, ma questo reagì prendendoli a pugni e a calci, e i carabinieri intervenuti misero fuori dal campo i disturbatori mancati. Più tardi, mentre in teatro si svolgeva la cerimonia, alcuni sparuti gruppetti di gregari della Camera del Lavoro a cui si era unito qualche rinunciatario d’altro colore, cominciarono a gridare i soliti evviva ed abbasso, ma la forza pubblica li sbandò e sino alla fine della cerimonia non ebbe luogo nessun altro incidente. Il teatro. Non sono ancora le nove ed il teatro vastissimo è gremito. Troneggiano sullo sfondo del palcoscenico le bandiere delle associazioni intervenute. Un grande drappo rosso-giallo-nero è teso sotto l’architrave del palcoscenico con la scritta: «Viva Fiume Italiana». […] Tra il pubblico sono numerosissimi soldati e ufficiali, reduci e mutilati della grande guerra. I vecchi garibaldini indossano la leggendaria camicia rossa. La folla gremisce l’ampia platea fino all’ingresso, i palchi, le gallerie, il palcoscenico. C’è nell’ambiente una grande serenità. All’apparire dei rappresentanti della Dalmazia il pubblico scatta in piedi: è un grido solo:Viva la Dalmazia italiana!Cessati gli applausi prende la parola l’on. Riccardo Luzzatto, che a nome del Comitato del fascio delle associazioni patriottiche presenta gli oratori. L’onorevole Luzzatto. I rappresentanti di Fiume e della Dalmazia – dice con impeto l’on. Luzzatto – vengono a portarvi il grido di angoscia dei loro concittadini. Essi vengono a voi perché temono che la diplomazia, come già fece un secolo fa, li tradisca, e fanno appello al popolo. Essi non vogliono baratti ignobili. […] L’on. Luzzatto protesta contro coloro che ci accusano di operare contro la pace reclamando la liberazione di Fiume e della Dalmazia. Con un pugno di croati non si può trattare (applausi). Noi – conclude l’oratore tra grandi applausi – inneggiando alla Società delle Nazioni non crediamo per ciò necessario – in nome di questa identità – il sacrificio dei nostri fratelli dalmati. S’alza quindi a parlare il dott. Antoni da Fiume. Il pubblico improvvisa una grande commovente dimostrazione al grido di «Viva Fiume italiana!». […] “La risoluzione”. La cittadinanza e le associazioni patriottiche di Milano, in nome del diritto umano che vieta di abbandonare a sopraffazioni straniere gli eroici difensori d’una bimillenaria civiltà, in nome del diritto romano e mazziniano, che … di ridare alla latinità i suoi stessi confini naturali, dal Reno alle Alpi Retiche, Giulie e Dinariche, in nome della pace futura e della Società delle Nazioni, che si risolverebbero in una ipocrisia se per obbedire al brutale ed esclusivo criterio del numero, si mantenesse il pericoloso e … irredentismo degli italiani adriatici: chiedono che l’Italia garantisca agli stranieri che risultassero compresi nel suo quadro geografico, tutte le libertà civili, ed ai popoli danubiani e balcanici, tutti gli sbocchi economici nel mare romano, …, italiano, e reclami la definitiva liberazione dallo straniero dal Trentino fino al Brennero, dell’Istria e della Dalmazia italiana, compresa Fiume e Spalato. («Il Popolo d’Italia», 18 gennaio 1919)

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