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17 NOVEMBRE 1919 – PONTE DELLE SIRENETTE

Bomba sul corteo socialista

Dove? Ponte delle Sirenette, via Uberto Visconti di Modrone, 33

Soggetti coinvolti: fascisti, socialisti, forze dell’ordine

Arresti: 

27 persone con l’accusa di associazione a delinquere per commettere atti criminosi volti a sovvertire l’ordine pubblico, tra cui:

  • ● Benito Mussolini
  • ● Ferruccio Vecchi
  • ● Filippo Tommaso Marinetti
  • ● Piero Bolzon
  • ● Angelo Pavani 
  • ● Giordano Casagrande 
  • ● Augusto Veneri 
  • ● Flavio Porcu 

Per il lancio di sassi contro le forze dell’ordine in Piazza del Duomo:

  • ● Alfredo Riva, 32 anni 
  • ● Francesco Oggioni
  • ● Girolamo Tarducci, 38 anni 
  • ● Carlo Cattaneo per oltraggio agli agenti dell’ordine

Feriti:

Feriti in seguito al lancio della bomba sul Ponte delle Sirenette:

  • ● Giuseppe Lacchini, 25 anni, fabbro, senza fissa dimora, ferito alla testa e a un braccio 
  • ● Carlo Rossi, 18 anni, residente in via Meda 15, meccanico, ferito all’occhio destro e in gravi condizioni
  • ● Alfonso Trizzi, 17 anni, residente in via Lulli 20, parrucchiere di origini calabresi, ferito alla testa e al braccio
  • ● Alfredo Ventura, 23 anni, residente in via Cicco Simonetta 18, meccanico, ferito alla testa
  • ● Francesco Bravi, 17 anni, residente in via Pierlombardo 23, parrucchiere, ferito alla testa e al braccio destro 
  • ● Aldo Agati, 25 anni, residente in via Ludovico Muratori, operaio di Catanzaro, ferito e in gravi condizioni
  • ● Alberto Pavese, meccanico, ferito alla testa e al braccio sinistro con asportazione del muscolo; 
  • ● Eugenio Mucchi, 39 anni, residente in via Ferrari 12, necroforo, ferito all’occhio destro; 
  • ● Parini Battista, residente in viale Monforte 18, ferite al collo e al braccio destro
  • ● Bassano Bellasi, residente in via Baggina 16, ferite al collo da schegge
  • ● Amilcare Fagnani, residente in corso Garibaldi 28, ferito alla testa

23 feriti in seguito alle colluttazioni in Piazza del Duomo, tra cui:

  • ● Pietro Luchini, operaio, ferito d’arma da fuoco alla coscia destra
  • ● Marco Colombo, residente in via Rosmini, 10, ferita lacero contusa alla testa
  • ● Vittorio Vezzani, residente in Corso Buenos Aires, 37, ferito di punta e taglio alla fronte 
  • ● Pasquale Roveda, contusioni varie
  • ● Gino Protti, da Roma, contusioni alla testa e in altre parti del corpo 
  • ● Francesco De Nava, frattura del naso

Vittime: Nessuna

Una Thévenot ha insanguinato la vittoria socialista.

Milano è tutta rossa a perdita d’occhio. In ogni dove sventolano bandiere e risuonano inni socialisti, dando il ritmo alla giornata. Nel pomeriggio i risultati delle elezioni del 16 non sono ancora definitivi, ma abbastanza certi per poter annunciare il trionfo. Al termine di una delle campagne elettorali più sanguinose e violente che si ricordi, il successo socialista alle urne viene accolto con grandi festeggiamenti dalla cittadinanza. E, per aggiungere ancora un pizzico di gioia, nessun candidato del Blocco fascista è stato eletto in Parlamento. Neanche Benito Mussolini, con i suoi miseri duemila voti preferenziali. 

La sede dell’Avanti! è affollata sin dalle prime ore del mattino. Naturalmente, i sostenitori del Partito socialista si recano alla redazione per avere notizie e per le prime celebrazioni. A sera, Serrati è acclamato a gran voce dalla folla in via San Damiano. Il direttore invia un messaggio conciliante: noi non siamo degli assetati di sangue e che non passeremo sopra dei cadaveri. Vogliamo un mondo di giustizia e di libertà per tutti. Ma non fa neanche in tempo a finire la frase che un boato fa tremare la strada. Dopo un istante di smarrimento, le urla dei feriti scaraventati a terra riportano i presenti alla tragica realtà: si tratta di una bomba. 

Mentre si prestano i primi soccorsi ai malcapitati, subito si affastellano le testimonianze. Un borghese, due militari, o tre militari, con le mantelle, senza mantelle… arditi! Sì, tre arditi. Il piccolo drappello è sul Ponte delle Sirenette che collega via Cerva a via San Damiano. Lanciano una bomba a mano Thévenot sulla folla che ascolta il discorso di Serrati. L’autore materiale del crimine è Albino Volpi, il falegname lodigiano fondatore della Federazione Nazionale Arditi d’Italia, o come ama definirlo Mussolini, la pupilla dei miei occhi.

Subito dopo l’attentato, i socialisti si recano in Piazza del Duomo per protestare. Le forze dell’ordine ne impediscono l’ingresso, scatenando una violenta reazione. Una pioggia di sassi si abbatte sugli agenti, che rispondono con numerose cariche di cavalleria. Il bilancio è di 23 feriti, tutti medicati alla guardia medica di via Cappellari.

Il giorno dopo, su richiesta del prefetto Pesce, affluiscono a Milano circa 300 carabinieri provenienti dal resto della Lombardia, del Veneto e dall’Emilia Romagna. In seguito alle veementi proteste dei leader del Partito socialista, prende il via un’estesa operazione contro i fascisti: tutti i luoghi di ritrovo e i centri di aggregazione vengono messi a ferro e fuoco. Il risultato: revolver, cartucce, pistole Very lanciarazzi, armi da taglio in grande quantità. Materiale sufficiente per decretare il fermo di Mussolini, ritenuto responsabile di aver ordito un piano per sovvertire l’ordine di Milano, e dei capi del movimento: Vecchi, Marinetti, Bolzon e Mazzuccato. Albino Volpi riesce a sottrarsi all’arresto grazie a una mirabolante fuga sui tetti di Milano. 

L’incarcerazione di Mussolini è un’iniziativa delle autorità locali. Si sostiene che tutta l’operazione sia stata orchestrata per tenere buoni i socialisti, vincitori delle elezioni, e le loro minacce di sciopero ad oltranza contro la violenza fascista. Di certo, imminenti personalità pubbliche si dicono contrarie alla carcerazione. Il direttore del Corriere della Sera, Luigi Albertini, arriva a minacciare il Presidente del Consiglio di mettere in atto una campagna mediatica a favore del rilascio del leader del Fascio. E, dal canto suo, Nitti mostra delle riserve. In un telegramma al generale Badoglio del 19 novembre confessa infatti:

«Ieri a Milano fu perquisita casa Arditi in seguito lancio bombe et furono perquisite associazioni fasciste. Vennero arrestati Marinetti, Vecchi e Mussolini in possesso di armi o bombe. Ho deplorato arresto Mussolini, perché può eccitare animi. Ma arresto giunse a me inaspettato et autorità giudiziaria lo aveva già deliberato»

Dopo neanche 24 ore, Mussolini è rilasciato. In fin dei conti, tutta la vicenda è valsa a distogliere l’attenzione pubblica dalla tonante e terribile sconfitta alle urne.

Epilogo

Si apre un’istruttoria contro Mussolini e i suoi. I capi di imputazione sono gravi: detenzione illegale di armi non denunciate, associazione a delinquere al fine di commettere atti criminosi, e soprattutto la disposizione del lancio della bomba sul corteo socialista al Ponte delle Sirenette al fine di suscitare pubblico disordine. Ma la richiesta di autorizzazione a procedere giungerà alla camera solo a gennaio del 1922, e rimarrà lettera morta.

Mimmo Franzinelli, Fascismo anno zero. 1919: la nascita dei Fasci italiani di combattimento, Mondadori, Milano 2019, pp. 145-146, pp. 148-151

Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista. 1919-1922, Feltrinelli, Milano 2003, p. 283

Paolo Mencarelli (a cura di), Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia, Biblion Edizioni, Milano 2019, pp. 162-169

Angelo Tasca, Nascita e avvento del fascismo. L’Italia dal 1918 al 1922, La Nuova Italia, Firenze 1950, p. 57, p. 69

La vittoria socialista insanguinata dai sicari del fascismo. Lo sciopero generale per oggi – Un comizio ed un corteo di protesta, «Avanti!», 18 novembre 1919, L’inchiesta giudiziaria, «Avanti!», 19 novembre 1919, Al salvataggio dei sicari, «Avanti!», 20 novembre 1919, Spiritosa réclame, «Avanti!», 22 novembre 1919

Una esplosione in via San Damiano; Dimostrazione in Piazza del Duomo. Feriti e contusi, «Il Popolo d’Italia», 18 novembre 1919, Benito Mussolini, reo di aver difesa la Nazione in guerra, entra al cellulare; Tre perquisizioni al nostro giornale; Perquisizioni ai Fasci ed alla sede dell’“Ardito”, «Il Popolo d’Italia», 19 novembre 1919, Rapida fine di una montatura. Mussolini scarcerato; Per la storia, «Il Popolo d’Italia», 19 novembre 1919

Una esplosione in via San Damiano. Mentre il corteo formatosi davanti alla redazione dell’Avanti! percorreva via San Damiano per recarsi in piazza del Duomo, dal ponte in ferro sul Naviglio venne lanciato un ordigno esplosivo che scoppiò in lato, provocando del panico, la rottura dei vetri della casa n. 24 e ferendo una decina di persone, ma in generale non gravemente. Alcuni asseriscono di aver veduto tre individui fermi sul ponte, protetti dall’oscurità i quali subito dopo lo scoppio si sarebbero allontanati. I feriti furono medicati alla vicina sede della Croce Verde ed i gravi furono ricoverati all’Ospedale Maggiore. Essi sono: Lacchini Giuseppe, 25 anni, fabbro, senza fissa dimora, ferito alla testa e ad un braccio; Rossi Carlo, 18 anni, via Meda 15, meccanico, ferito all’occhio destro; Trizzi Alfonso, 17 anni, via Lulli 20, parrucchiere, ferito alla testa e al braccio; Ventura Alfredo, 23 anni, via Cicco Simonetta 18, meccanico, ferito alla testa; Brari Francesco, 17 anni, via Pierlombardo 23, parrucchiere, ferito alla testa e al braccio destro; Agati Aldo, che sarebbe il più grave, di 25 anni, via Ludovico Muratori, Alberto Pavese, meccanico, ferito alla testa e al braccio sinistro con asportazione del muscolo; Mucchi Eugenio, 39 anni, via Ferrari 12, necroforo, ferito all’occhio destro; Battista Parini, viale Monforte 18 e Bellasio Bassano, via Baggina 16, entrambi feriti al collo e finalmente Fagnani Amilcare, corso Garibaldi 28, ferito leggermente alla testa. («Il Popolo d’Italia», 18 novembre 1919)

La vittoria socialista insanguinata dai sicari del fascismo. Lo sciopero generale per oggi – Un comizio ed un corteo di protesta. Collegio di Milano. Viva la Russia! La battaglia elettorale che il nostro Partito ha vinto – si è ora, specie negli ultimi giorni, delineata nettamente come una battaglia antibolscevica. Il Corriere della Sera – l’organo di tutti e di nessuno, più di nessuno che di tutti – aveva fatta una spietata, velenosa campagna contro il bolscevismo. Aveva tentato – agitando lo spettro sanguinante e straziato del bolscevismo russo rimestandolo di menzogne e di macabri colori – di impaurire la borghesia ed incitarla ad accorrere compatta alle urne. Il Secolo (a nome di chi si è battuto? Della democrazia? No, non esiste più. Dei combattenti? No, no, no!) non si era mostrato meno velenoso degli altri contro il bolscevismo dei socialisti italiani e di quelli milanesi in specie. L’organo di Pontremoli ha condotto una astiosetta – l’altro dell’impotente campagna contro il Partito Socialista individualizzandolo, qualche volta, contro alcuni dei nostri uomini che da un pezzo hanno troncato i ponti col cadavere della democrazia secolina e ora non intendono camminare a ritroso. Il Secolo si era «aggrappato» ad un blocco di… combattenti (Agnelli ne era il tipico esponente) e forse ciò ha in parte persuaso i veri combattenti a votare il Partito Socialista. Anche i preti avevano riposto le loro più fondate speranze antisocialiste, gonfiando in lungo e in largo tutte le loro più turpi menzogne che si stampano contro la Russia dei Soviet. E così tutta l’altra fungaia prezzolata della stampa e della stampina milanese che per tutto il periodo della campagna elettorale non ha fatto altro che urlare indecentemente contro il bolscevismo ed il bolscevismo ha vinto! […] In Galleria si sono avute, ieri sera, diverse manifestazioni nelle quali parlato dei nostri compagni candidati. Nei rioni popolari. L’entusiasmo è indescrivibile. Le case popolari sono … Cortei imponenti attraversano le vie al canto dei nostri inni e con alla testa le … «rosse». Dovunque all’improvviso comizi per inneggiare alla vittoria socialista, al socialismo, alla Russia. Nei Circoli rionali, nelle Cooperative, ecc. è un continuo accorrere di compagni e di compagne che si compongono in cortei o si recano ad applaudire alla nostra elezione, alla Camera del Lavoro, alla Sezione socialista. All’Avanti! Fino alle prime ore del pomeriggio una folla di cittadini sosta sotto i nostri uffici. Si grida, si acclama, si cantano i nostri inni. Alle 18, con bandiere, giungono i compagni di Greco Milanese che acclamano al compagno Serrati e lo invitano a parlare. Il nostro direttore è occupatissimo. Lo scusa il compagno Bastiani che rilevato l’alto significato della nostra travolgente vittoria, aizza la folla al grido di: Viva il socialismo! che è ripetuto molte volte dalla folla. Una grandiosa manifestazione socialista. Alle ore 21, via S. Damiano è rigurgitante di popolo che acclama all’Avanti! e che vuole che parli Serrati. È una fiumana umana incalcolabile. Bandiere rosse sventolanti, fari di luce e grida di entusiasmo. Serra è costretto a presentarsi al balcone e fra un subisso di applausi pronuncia un … discorso. Egli dice che la vittoria odierna è stata voluta e conquistata dal Partito socialista. Afferma che noi non siamo degli assetati di sangue e che non passeremo sopra dei cadaveri. Vogliamo un mondo di giustizia e di libertà per tutti, lieti se il raggiungimento della nostra meta potrà effettuarsi liberamente. Invia un pensiero affettuoso e solidale ai compagni di Russia, e termina con un inno alla internazionale socialista. Una grande ovazione saluta la fine del discorso del nostro direttore. Il brigantaggio mussoliniano in azione. Appena Serrati ha terminato di parlare si ode un rombo tremendo, seguito subito da una gran confusione. Che cosa è successo? Cosa è accaduto? La risposta non si fa aspettare ed è seguita da un urlo di vera indignazione! Una bomba! Sì, una bomba che è stata gettata dal ponte di ferro detto delle Sirene e che è andata ad esplodere dentro la casa n. 22. Non potendo con precisione affermare il punto preciso da dove è partita la bomba, tanti affermano che essa sia stata lanciata dal recinto del giardino del Visconte di Modrone, altri sostengono che è stata lanciata da tre individui vestiti da arditi che si trovavano sul ponte di ferro. E questa versione è confermata dalla stragrande maggioranza dei presenti. Possiamo, quindi, affermare che si tratta di una nuova vigliacca aggressione del … politico-futurista, il quale in nessuno altro modo che colla violenza sanguinaria, assoldando degli ignobili sicari può ancora vivere fra i palloni della borghesia bastarda e la connivente paura della autorità politica. A quattro passi dal ponte delle Sirene è la sede dell’arditismo della guardia bianca. Serrati si porta subito in mezzo alla folla e si reca presso i feriti ai quali rivolge parole di affettuoso conforto. La folla è costernata contro la nuova infamia dell’arditismo. I feriti sono stati tutti condotti all’Ospedale Maggiore. Un colloquio col Prefetto. Non appena si ebbe notizia dei fatti una Commissione composta dal nostro direttore, dai consiglieri comunali Ottolenghi, …, Mazzola e Corbella, di Violante e Zannini per la Camera del Lavoro, di Repossi per la Direzione del Partito, si è recata dal prefetto per protestare vivamente contro l’accaduto e per reclamare provvedimenti immediati contro i delinquenti. Serrati ha constata che l’autorità politica non invigila con la dovuta energia una piccola minoranza faziosa che intende imporsi con la violenza, al parere chiaramente espresso – proprio ieri – dalla grande maggioranza dei cittadini milanesi. Al colloquio assisteva anche il questore Gasti. I due funzionari dietro i soliti affidamenti destinati – naturalmente – a lasciare il tempo che trovano. La Commissione ha rinnovate le sue proteste, non senza notare che lo stesso Governo, e i suoi rappresentanti sono ormai completamente esautorati per la manifesta invadenza del militarismo e dell’interventismo. I rappresentanti delle organizzazioni politiche ed economiche hanno informato il prefetto che non sarebbe mancata la protesta dell’intero proletariato milanese. L’atto brigantesco era stato organizzato. Il compagno Ottolenghi ed altri nel recarsi all’Avanti! verso le 21 e mezza, hanno notato sul ponte delle Sirene un gruppetto di individui che hanno da prima preso per dei poliziotti. Hanno di più notato che un tale, non appena il compagno Serrati ha cessato di parlare, si è mosso di corsa da via S. Damiano, mentre il corteo dei nostri stava per porsi in cammino, e si è avvicinato a tre, due dei quali colla mantellina da militare, del gruppetto, che stavano un po’ discosti dal gruppo stesso, ed ha detto ad essi parole … . Si è quindi visto il gruppetto … la fuga verso l’angolo di via Cerva. Si è visto allora uno dei tre, come afferma Bignazzi Manlio e Mariani Ambrogio, abitanti Bacioni Genova 2, lanciare la bomba e darsi poi a precipitosa fuga. Il sarto Baglie Oreste, abitante in via Fabbri 21, ha visto distintamente un borghese ed un militare gettare dall’alto del ponte di ferro la bomba. Gravi incidenti in Piazza del Duomo. L’autorità politica che ha permesso a tutti i sicari del futurismo-politico di «dominare» in Galleria a tutto loro comodo, ieri sera ha impedito, per mezzo dei carabinieri, che la folla socialista potesse manifestare il suo entusiasmo per la vittoria ottenuta. Molte migliaia di socialisti e di lavoratori si sono portati in piazza del Duomo per inneggiare alla grandiosa affermazione di forza socialista ed hanno anche – come era loro incontestabile diritto – cercato di entrare in Galleria V.E. per fare una dimostrazione sotto i locali della Sezione socialista. I carabinieri si sono apposti e hanno sparato. Vi sono 23 feriti. Non protestiamo: la protesta sarà quella che uscirà oggi dall’unanime volontà del popolo di Milano. Una testimonianza schiacciante. Tre fattorini telegrafici – dei quali abbiamo nome e cognome – ci hanno riferito quanto segue: Eravamo ieri sera, verso le 21 e mezza, in via Paolo da Cernobbio, presso la tipografia ove si stampa Il Popolo d’Italia, quando abbiamo afferrato il seguente colloquio fra un tenente degli arditi ed un sergente: Per domani bisogna dare l’assalto all’Avanti!, bisogna essere più cauti. Daremo la scalata agli uffici, come l’altra volta, romperemo i vetri e le imposte. A questo punto si sono avanzati i carabinieri ed i fattorini telegrafici hanno dovuto allontanarsi. Ripetiamo che possediamo i nomi di questi tre giovanotti, i quali sono a disposizione di chiunque per essere interrogati. Evidentemente siamo di fronte ad una vera e propria associazione a delinquere. I feriti di via San Damiano. Nella portineria della casa al n. 24 di via San Damiano, fu trasportato Aldo Agati, di 25 anni, operaio da Catanzaro, gravemente ferito. Il compagno dott. Prampolini gli apprestò le cure d’urgenza e poi con l’autolettiga dei pompieri, lo trasportò all’Ospedale Maggiore. Gli furono riscontrate due profonde ferite all’opero destro con scoperchiamento dell’osso ed una grave ferita alla regione carotidea destra con lesione dei vasi. Rimane ricoverato. Furono anche ricoverati all’Ospedale: Rizzi Alfredo, di anni 17, calabrese, abitante in via Lulli, 30, parruchiere con ferite all’ipocondrio ed alla regione deltoidea entrambe gravi. Bravi Francesco, di anni 17, abitante in via Pier Lombardi, 23, parrucchiere, con ferita alla testa; Rossi Carlo, di anni 18, abitante in via Meda 15 A, con ferita da schegge all’orecchio destro; Lascini Giuseppe, di anni 30, abitante in via G. Ferrari, 12, ferito alla testa ed all’occhio destro; Ventura Alfredo, di anni 23, abitante in via C. Simonetta, 19, ferito alla testa; Macchi Eugenio; Parini Battista, di anni 23, abitante in via M. Mucchi, 1, ferito al collo ed al braccio destro; Bellasi Bassano, ferito al collo da schegge e Fagnani Amilcare con ferite varie alla testa. I nomi dei feriti in Piazza del Duomo. In piazza del Duomo rimasero feriti Colombo Marco, alla testa; Cozzi Luigi, tramviere, mentre guidava un tram, alla mano destra; Venzini Vittorio, alla fronte; Bitoni Giovanni, ebbe perforato il timpano dell’orecchio destro dallo sparo di un moschetto a brevissima distanza, Roveda Pasquale, alla mano sinistra; Prati Gino, al braccio sinistro; De Nava Francesco, alla testa con frattura del naso; Ludini Pietro, alla gamba destra e Bradano Alberto, alla testa. Tutti furono medicati alla Guardia Medica di via Cappellari e poi condotti all’Ospedale Maggiore, ove rimangono ricoverati solo i più gravi. [dal POPOLO: I feriti. La scarica aveva feriti otto dimostranti. Essi sono: Luigi Cozzi, tranviere, colpito alla mano destra con esportazione di due dita da un proiettile di rivoltella mentre trovavasi sulla vettura in transito per piazza del Duomo; Pietro Luchini, operaio, ferito d’arma da fuoco alla coscia destra; Colombo Marco, abitante in via Rosmini, 10, ferita lacero contusa alla testa; Vittorio Vezzani, abitante di Corso Buenos Aires, 37, ferito di punta e taglio alla fronte; Pasquale Roveda, contusioni varie; Gino Protti, da Roma, contusioni alla testa e in altre parti del corpo; De Nava Francesco, frattura del naso. Queste ferite non da arma da fuoco sono state prodotte evidentemente da baionette e calci di fucili nel momento in cui la folla premeva contro il cordone di truppa. […] Intanto sulla piazza pattuglie di cavalleria giungevano facendo evoluzioni per disperdere gli ultimi dimostranti; finché prima della mezzanotte sulla piazza non rimanevano che dei piccoli gruppi a commentare l’accaduto. Durante il tumulto furono arrestati cinque individui, si dice, sorpresi a lanciare sassi contro la forza pubblica. («Il Popolo d’Italia», 18 novembre 1919) Un altro comizio in Piazza del Duomo. Dopo avvenuti i tragici fatti di via San Damiano e le fucilate in Piazza del Duomo, un forte numero di lavoratori e di compagni si riunisce in Piazza del Duomo. Dalla scalinata parlano alla folla il compagno Brambilla, consigliere comunale ed altri compagni. La deliberazione per lo sciopero generale. Subito dopo i sanguinosi incidenti si sono riuniti i rappresentanti della Confederazione del Lavoro, della Camera del Lavoro e del Partito socialista e dopo una breve discussione è stato deliberato lo sciopero generale di protesta a partire da questa mattina. Il corteo-comizio. Tutti i lavoratori sono convocati stamane alle ore 9 alla Camera del Lavoro in via Manfredo Fanti, 19. Di qui la massa procederà in corteo attraversando le principali contrade cittadine per riunirsi all’Arena. Il Comizio deciderà i provvedimenti da esplicare contro i responsabili dei fatti delittuosi e ignobili consumati ieri sera. L’ordine pubblico sarà mantenuto dagli incaricati delle nostre organizzazioni politiche e sindacali. […] Per le ore 8 di stamane sono pure convocati i ciclisti rossi e quei compagni che dispongono di biciclette. La nostra dimostrazione deve riuscire grandiosa e veramente degna della travolgente imponenza delle nostre forte e dei nostri successi. La sezione Socialista. La Camera del Lavoro. OPERAI, COMPAGNI. Oggi voi dovete dimostrare l’alta educazione politica che avete imparato combattendo per il socialismo. Mantenetevi sereni e tenete un contegno dignitoso. Nessun grido che non sia quello della fede. […] Irruzione della polizia nella sede dei briganti. Bombe a mano, rivoltelle e pugnali sequestrati. Stanotte, nella sede dei fasci del banditismo, agenti in borghese e carabinieri sequestravano grande numero di bombe a mano, rivoltelle e pugnali. Nel covo n. 2 della banda – via Silvio Pellico, 6 – sono stati arrestati sedici giovinastri prezzolati per assassinare i cittadini inermi, tra cui gli arditi Pavani Angelo, Casagrande Giordano, Veneri Augusto, … Marco Salvatore, Porcu Flavio, sardagnolo. La banda del covo n. 2 ha naturalmente parte in quella che sparava contro onesti lavoratori a Lodi o che si ubriacava nel ristorante di via Bossi, pagatore Capodivacca, lancia spezzata di Benito Mussolini, e del segretario stipendiato dei fasci, Umberto Pasella. Nel covo n. 1. Pure stanotte, in via Cerva, covo n. 1 dei fasci del banditismo, la pubblica sicurezza procedeva ad una … perquisizione che portava alla scoperta di un grosso quantitativo di bombe, pugnali, pistole, petardi, coltelli. A guardia del deposito vi erano dieci macellai, che furono arrestati. Suicidio. Nelle acque del Naviglio è stato pescato un cadavere in istato di avanzata putrefazione. Era quello di Benito Mussolini. La polizia cerca dei diversivi. Sono stati arrestati, dopo gli incidenti di piazza del Duomo cinque operai accusati di aver lanciato sassi contro la forza pubblica. Essi sono: Riva Alfredo, di anni 32; … Ippolito, di anni 25; Oggioni Francesco, di anni 18; Tarducci Girolamo d’anni 38; tutti denunciati perché trovati in possesso di sassi. Cattaneo Carlo è stato invece denunciato per oltraggio agli agenti dell’ordine. E così la polizia cerca dei diversivi alla sua … col brigantaggio fascista arrestando dei dimostranti che, essa dice, lanciavano dei sassi e lasciando liberti uccelli di bosco e terroristi del futurismo politico. («Avanti!», 18 novembre 1919)

Quantunque in un suo primo supplemento l’Avanti! si scagliasse con gioia felina contro di noi che – da soli – abbiamo avuto il coraggio di scendere in campo a bandiera spiegata, senza cercare appoggi od alleanze e senza nascondere nulla del nostro passato e del nostro pensiero, noi disapproviamo le violenze che sono state tentate contro i dimostranti ieri sera. Con quella stessa sincerità e coraggio con cui ci riteniamo materialmente e moralmente solidali coi nostri compagni che a Lodi hanno difeso la nostra libertà di comiziare, così crediamo di interpretare il pensiero dei dirigenti del Fascio di Combattimento e dei gruppi aderenti al Fascio, diciamo che non si può impedire ai socialisti di giubilare per il loro successo elettorale. Ma i socialisti non vadano oltre, perché non siamo disposti, come qualcuno di loro può sperare, a scomparire dalla circolazione politica. Noi, come in altre precedenti occasioni, assistiamo tranquillamente allo svolgimento di questo tripudio bolscevico. I nostri «blocchi» passino nella giornata d’oggi e più propriamente nelle prime ore della mattinata al Popolo e al Fascio a ricevere le istruzioni del caso. («Il Popolo d’Italia», 18 novembre 1919)

Dimostrazione in Piazza del Duomo. Feriti e contusi. L’esito della votazione, com’era da prevedersi, entusiasma le masse socialiste. Infatti sin dalle prime ore della sera nei quartieri eccentrici si formano aggruppamenti e piccoli cortei; si cantava e si inneggiava alla vittoria. Anche in piazza del Duomo intano gruppi arrivavano cantando, alcuni avevano delle bandiere rosse. I cittadini numerosi in quell’ora in Galleria e in piazza del Duomo assistevano alla dimostrazione con un senso di curiosità passiva, poiché ritenevano logico e umano che dimostrazioni simili – quando fossero rimaste nei limiti di una esplosione incruenta di gioia e non fossero degenerate in subbuglio tendente ad offendere ed a violentare la libertà degli altri pur numerosi cittadini – avessero ad avvenire. Alle 20.30 la folla è già numerosa in piazza del Duomo, nessuno ha tentato di contrastare con grida od altro la dimostrazione socialista. A quest’ora un folto gruppo di dimostranti penetrano in Galleria e si portano a fischiare e ad urlare invettive atroci e volgari sotto la sede del Comitato Fascista. I nostri rispondono alle ingiurie con uno scambio di grida, di abbasso e di evviva; ma non è che un innocuo conflitto verbale. La polizia ad evitare che il tumulto degeneri provvede, da una parte ad allontanare i socialisti dalla Galleria, dall’altra a bloccare il portone d’ingresso dello stabile posto al N. 6 di Silvio Pellico, allo scopo di impedire che i fascisti scendano e vengano a conflitto con gli avversari. Il conflitto. In piazza erano rimasti gruppi numerosi di dimostranti in gran parte giovani, continuamente ingrossati da altra folla proveniente dai quartieri popolari. Verso le 22 il corteo reduce dell’«Avanti!» faceva ritorno in piazza del Duomo, e la folla si raccoglieva – sempre cantando e inneggiando alla Russia e a Lenin – nello spazio tra il Duomo e l’imbocco della Galleria, che nel frattempo era stata sgombrata e bloccata a tutti gli ingressi. Un idrante era stato portato all’imbocco dinanzi al Caffè Campari. Oratori improvvisati lanciarono parole di speranza e di … alla folla già inebriata dal successo. Ad un tratto le migliaia di persone lì raccolte, come avessero obbedito ad una parola d’ordine o ad un incitamento mossero con impeto verso l’imbocco della Galleria con l’intenzione evidente di invaderla ad ogni costo. L’idrante allora fu messo in funzione e getti d’acqua si riversarono sulla folla che in un primo tempo si arrestò e indietreggiò un poco sbandandosi; ma fu scompiglio di poco momento, ché di nuovo raccoltasi tornò all’assalto prendendo la mira l’idrante. L’autopompa fu fatta indietreggiare verso l’interno della Galleria e la folla allora più impetuosa mosse contro i cordoni di carabinieri e di truppa che sbarravano l’ingresso della galleria stessa. Più di una volta il getto d’acqua e la resistenza della forza pubblica valsero a respingere i dimostranti. Ma durante uno di questi ritorni offensivi che si facevano ogni volta più violenti, partivano dalla folla dei colpi d’arma da fuoco seguiti da una vitta sassaiola, frammisti ai sassi divelti dalla pavimentazione della piazza, volavano pezzi di legno e di ferro. La forza indietreggiò un poco, la compattezza delle file di carabinieri e di fanti si spezzò in alcuni punti. Il cordone cedette. Si vide il getto d’acqua dell’idrante prima proiettarsi in alto e poi cessare, poiché la folla era giunta presso la macchina asserragliando i soldati posti a guardia. Si udirono gli squilli, più volte e frequenti, ma senza efficacia. I carabinieri allora impugnarono le rivoltelle sparando prima a salve e quindi in direzione della folla. Anche i soldati di fanteria – sembra senza averne ricevuto l’ordine dai superiori – caricarono i moschetti e fecero atto di puntarli, ma ne furono impediti dalle ingiunzioni energiche degli ufficiali. La scarica allontanò la folla, che si disperse per la piazza. Non tardò però a raccogliersi di nuovo ed a muovere ancora verso l’ingresso della Galleria rinnovando il lancio di sassi. Ancora i carabinieri e le guardie, senza però fare uso delle armi, caricarono i dimostranti i quali si sbandarono lanciando ancora sassi. Colpi isolati di rivoltella si udirono ancora e più precisamente si distinsero cinque esplosioni come di petardi e di bombe. La massa si disperse definitivamente. («Il Popolo d’Italia», 18 novembre 1919)

L’inchiesta giudiziaria. Verso le 10, il sostituto Procuratore del re avv. Tessadri ed il giudice istruttore Foà, assistiti da un cancelliere, hanno fatto un sopralluogo in via San Damiano, prendendo i rilievi nel luogo ove fu lanciata la bomba. I magistrati hanno fatto anche una sosta nei nostri uffici per chiederci se avessimo avuto da comunicare loro notizie od istruzioni. I due magistrati, che sono quelli che cureranno l’inchiesta giudiziaria de fatto, si sono poi recati all’Ospedale Maggiore, per interrogare d’urgenza il povero Agati Aldo, lo stato del quale nella notte è andato aggravandosi, tanto che si dispera di salvarlo. Altre perquisizioni. Il cap. Vecchi e Marinetti arrestati. I funzionari di P.S. hanno continuato ieri la perquisizione della sede del Fascio in via Silvio Pellico e nel covo dei briganti dell’Associazione «L’Ardita» in via Cerva. Furono rinvenute altre numerose bombe a mano, vecchi pacchetti di cartucce e parecchie pistole e pugnali. Un servizio di appostamento presso la sede dell’«Ardita» portò all’aresto di altri affiliati, una ventina circa, che furono condotti in questura. In un appartamento di via Paolo da Cannobbio, non lungi dalla cloaca furono sequestrate molte bombe a mano, pugnali, pistole ed altri arnesi del mestiere. [CENSURA] In questa casa, di cui non possiamo dare altri particolari perché la questura mantiene il più assoluto riserbo, furono arrestati parecchi individui indossanti la divisa degli arditi, nonché un certo capitano Vecchi Ferruccio ex ufficiale dei reparti d’assalto. Costoro furono condotti in questura e lungamente interrogati. Inviato a recarsi in questura fu pure l’esibizionista F.T. Marinetti. Costui fu dichiarato in arresto ed ora è a masturbarsi nella camera di sicurezza. Parte degli arrestati ed i due capo banda saranno inviati al Cellulare e deferiti all’Autorità giudiziaria per incitamento all’odio fra classi. L’arresto di Mussolini. Ieri sera la questura ha proceduto all’arresto di Benito Mussolini ritenendolo, come Vecchi e Marinetti, capo di una associazione alla quale sono state sequestrate armi, munizioni, esplosivi, ecc., che tenevano contrariamente agli ultimi decreti e alla legge 1913 (?). Nell’edizione supplemento dicevamo che la perquisizione nella sede del Popolo d’Italia aveva dato esito negativo, invece ora la Questura comunica che vi sono sequestrate rivoltelle, bombe, esplosivi, ecc. («Avanti!», 19 novembre 1919)

Benito Mussolini, reo di aver difesa la Nazione in guerra, entra al cellulare. Il compenso è venuto e quale nessuno di noi osava sperare. Benito Mussolini è in carcere. Ai demagoghi del Partito Socialista che trascinano nel fango la Vittoria e rinnovano in gioia aperta il tripudio silenzioso di Caporetto, il governo di Sua Eccellenza Francesco Nitti ha voluto gettare un uomo, un simbolo e una bandiera. Benito Mussolini. […] Ma siamo fieri ed orgogliosi di dichiararci colpevoli con lui. Il suo reato è il nostro. Giuridicamente e moralmente ci accusiamo. Lui è noi; noi siamo lui. Se i demagoghi socialisti hanno bisogno di essere placati ci offriamo a loro. Oggi come ieri. Domani come dopodomani. Sempre. Viva l’Italia! (firmato: Michele Bianchi, Nicola Bonservizi, Lido Catani, Giovanni Capodivacca, Giacomo di Belsito, Giuseppe Dominione, Arturo Fasciolo, Alessandro Giuliani, Agostino Lanzillo, Manlio Morgagni, Gaetano Polverelli, Gino Rocca, Arturo Rossato, Cesare Rossi, M. Sarfatti, Luigi Vigentini, Matteo Cavallari). («Il Popolo d’Italia», 19 novembre 1919)

Tre perquisizioni al nostro giornale. Ieri mattina per tempo i nostri uffici erano invasi da un nugolo di carabinieri e di guardie di pubblica sicurezza, all’ordine del commissario Gedelmayer. Si trattava di una… prima perquisizione, effettuata in piena regola per ogni dove: dalle cantine agli uffici dell’amministrazione, a quelli di pubblicità, a quelli del direttore. Più tardi abbiamo avuto il bis e verso sera… il tris! Esito della triplice perquisizione il sequestro di una ventina di rivoltelle… nuovissime, di un centinaio di proiettili e d’una pistola Very per il lancio dei razzi (scambiata poi in questura per un… lanciafiamme!). L’arresto di Mussolini. Nella mattinata di ieri, in seguito alle perquisizioni di cui parliamo più sopra, si era sparsa la voce che il nostro Direttore sarebbe stato arrestato da un momento all’altro. Vi fu anche qualcuno che consigliò a Mussolini di prendere il largo. Il nostro Direttore, naturalmente, sorrise e rimase al suo posto. Allontanarsi? Avrebbe potuto farlo con tutto il suo agio. Ma perché? Mussolini rimase, circondato da tutti i suoi redattori e da numerosi amici. – Vengano pure – esclamò – Mi troveranno. Verso le quindici si presentarono, infatti, ai nostri uffici un funzionario e vari agenti. Chiesero di Mussolini e lo trovarono. – Il questore desidera parlarle. – Cosa vuole? – Non lo so. La prega di recarsi da lui. – Vengo subito. Si guardò il giro abbracciandoci tutti con uno sguardo luminoso e sorridente. Poi partì. – Vi aspettiamo qui, ha detto qualcuno di noi. Ed ha detta una verità che ha una profonda salda radice in tutti i nostri cuori. Lo aspettiamo qui! Per riprendere la lotta, per continuarla insieme. Mussolini fu condotto subito in questura, sottoposto ad un lunghissimo interrogatorio e dichiarato in arresto. Tra le dichiarazioni ch’egli fece – la prima, la più importante, è questa: – Io non ho fatto nulla e sono perfettamente tranquillo nella mia salda coscienza. Ho speso tutta l’opera mia, in trincea e in piazza, sul giornale e tra le folle, per la grandezza e la salvezza d’Italia. Posso ben essere sereno! Alla fine dell’interrogatorio – durato circa due ore – il nostro valoroso amatissimo Direttore fu condotto al Cellulare. Lo accompagnavano un funzionario, alcuni agenti, e la nostra solidarietà, affettuosa e fraterna. […] Ne ci sorprende il contegno dell’autorità, così prontamente sollecita agli ordini dei nuovi vincitori della scheda. Non ci sorprende, perché non dimentichiamo che a capo del governo c’è il signor Nitti, il ministro che noi abbiamo combattuto e che combatteremo inesorabilmente. […] («Il Popolo d’Italia», 19 novembre 1919)

Perquisizioni ai Fasci ed alla sede dell’“Ardito”. Ieri notte, dopo gli incidenti verificatisi in piazza del Duomo e in via San Damiano, il questore comm. Gasti, coadiuvato dal commissario cav. Villa, dal maggiore dei carabinieri cav. Tommasi, e da altri funzionari e agenti, si è recato alla sede del Comitato dei Fasci di combattimento, in via Silvio Pellico, 6, operandovi una minuziosa perquisizione. Nell’interno dei locali vennero trovati alcuni giovanotti indossanti la divisa da arditi senza le stellette, che vennero dichiarati in arresto. Essi sono: Angelo Pavesi, Giordano Casagrande, Salvatore De marzo, Flavio Porcu e Battista Venere. Contemporaneamente altri funzionari, alla testa di uno stuolo di carabinieri e di agenti, ha operato una sorpresa nella sede dell’Associazione degli Arditi, in via Cerva, facendo altri arresti sequestrando armi. Nella mattinata di ieri nella sede del Comitato dei Fasci e della Associazione degli Arditi, sono continuate le perquisizioni, e sono stati tratti in arresto un’altra ventina di ex arditi, nonché il capitano in congedo degli arditi Ferruccio Vecchi. Anche F.T. Marinetti fu invitato in questura, e dichiarato, alla sua volta, in arresto. Pare che entrambi siano stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per eccitamento all’odio di classe. («Il Popolo d’Italia», 19 novembre 1919)

Al salvataggio dei sicari. L’arditismo futurista deve avere molti diritti al rispetto e alla considerazione della borghesia e del capitalismo, se i giornali che dall’una e dall’altro prendono imbeccate e ispirazione, sono così dolenti dell’avventura toccatagli. L’arresto di Mussolini, Marinetti, Vecchi e compagnia ha strappato grida di dolore alle viscere dell’onorata società formatasi nella guerra e nella guerra prosperata. Il «Secolo» ha creduto di difendere i suoi alleati e compari bombardieri e pugnalatori, facendo distinzione fra delinquenza individuale e… collettiva. Il «Corriere» fa osservare col consueto acume, che il brigantaggio mussoliniano e futurista non è di data recente. Se l’autorità voleva fare il suo dovere poteva trovare materia ed intervenire anche più del necessario nell’opera svolta da quella gente in questi anni… Come vedete, due difese ben costruite. Ma entrambi i fogli della borghesia agonizzante fanno questa desolante costatazione si deduce che bisognava lasciare che gli arditi – o i delinquenti travestiti da arditi – sbrigliassero i loro istinti delittuosi lanciando bombe sulla folla radunata a pacifica dimostrazione di giubilo come la sera di lunedì in via S. Damiano, o sparassero revolverate contro un frammento di corteo reduce dal comizio socialista come in piazza del Duomo la sera del 7 novembre, o venissero pugnalate a piacimento (dei pugnalatori, s’intende!) le quante volte a codesti delinquenti individuali (come li definisce il «Secolo») fosse piaciuto. È verissimo che l’autorità politica ha trovato il coraggio di muoversi solo quando il proletariato milanese – con uno di quegli scatti di collera sacrosantissima che non hanno bisogno di incitamenti e di suggestioni – glie lo ha imposto; ma ciò sta solo a provare che fin qui tutti avevano un pauroso tenore del brigantaggio terroristico perpetrato dal mussolinismo futurista. Quando la masnada saccheggiò, incendiò, devastò l’«Avanti!», e se ne vantò per la bocca dei suoi capi come di una impresa gloriosa, nessuno ha protestato, nessuno si è scandalizzato, e il «Corriere» confida, al solito, sulla smemorataggine dei suoi lettori se suppone di poter dare ad intendere d’aver affrontato la più pura impopolarità per dichiarare il proprio dissenso dai fascisti quando essi reagirono contro l’«Avanti!». La verità è che i fascisti criminali furono per quattro anni i beniamini protetti e premiati di questa borghesia rapace e codarda che vedeva in loro i sicari da adoprarsi per le sue rappresaglie. Di essi la borghesi credeva e sperava di potersi servire ancora e sempre, per ricattare Governi, intimidire Autorità, provocare l’esasperazione delle folle quando fosse stato necessario farle esplodere per … . I cosiddetti fascisti d’azione erano in realtà il braccio che eseguiva o tentava di eseguire gli atti criminosi che maturavano nell’atmosfera d’odio perfido e vile che i giornali dell’interventismo lustrascarpe degli stranieri o oltraggiatore del popolo italiano, prepararono e coltivarono per anni con la loro opera infame. Sicché, a tutto rigore, la mala compagnia criminale che congiurava contro la verità, la libertà, la giustizia, il … diritto dei cittadini, deve considerarsi unica in quanto fossero diverse le attribuzioni e i compiti. I giornalisti si … ogni mattina di dimostrare che il nemico della Patria era in via S. Damiano, che i deputati socialisti erano venduti al tedesco, che i capi socialisti e l’«Avanti!» erano il solo pericolo della nazione, e i fascisti d’azione raccoglievano bombe, pugnali, rivoltelle (a proposito, e se tutto questo ben di dio fosse per caso sottratto all’amministrazione militare, non si incorre per caso anche nel reato di furto qualificato, come accadeva a coloro che si allontanavano dal corpo… col le scarpe ai piedi e perciò si vedevano condannati anche per furto!) o aspettavano le occasioni propizie per adoprarli. Tutta l’opera della borghesia milanese in questi anni si è svolta nel delitto e pel delitto. Chi l’ha fatta franca e chi no. I borghesi del «Corriere» e del «Secolo» – per tacere degli altri – credono d’essersi fermati in tempo. La banda criminale suppone invece di poter continuare all’infinito il gioco suo triste e pericoloso. In questa supposizione era indotta dall’opinione che si era formata delle cosiddette Autorità in genere e della giustizia in ispecie. Questi magistrati che sono abitualmente così inflessibili quando sanno di poter contare sulla fedeltà protettiva dei carabinieri avevano dimostrato tanta affinità coi bombardieri e con gli incendiari da sorridere indulgenti e beati delle gesta di costoro. Anzi avevano fatto un passo più in là, ma ogni delitto dell’interventismo – quanti ne registra ormai la sola cronaca milanese – si trovavano sempre dei delegati di P.S., dei giudici istruttori, dei procuratori del re, pronti ad iniziare inchieste, ad operare arresti, ad architettare accuse… contro le vittime dell’interventismo criminale. Quando il delitto era commesso per la santa Patria, i magistrati si sentivano intenerire di commozione. Moralità, probità, senso del dovere civile, umanità, diritto, tutto doveva essere pos… al patriottismo… anche se dietro di esso stavano i fornitori e i pescicani di guerra. Così, solo così, è stato possibile che a Milano, e a Milano soltanto, abbia potuto inradicarsi questa mala pianta del fascismo spavaldo e criminale che ha dato lunedì sera l’ultimo saggio della sua bravura. E così si spiega anche come «Corriere» e «Secolo» abbiano sentito il bisogno di protestare contro l’Autorità che ha osato procedere contro i fascisti che credono di poter irridere a tutte le leggi, instaurando per loro conto la dittatura del delitto. Ma il proletariato socialista – ormai padrone della sua libertà e consapevole della sua forza – non subirà più altre aggressioni e nuove prepotenze. La miserabile genia che ha recato tanti benefizi all’Italia, spazzata via dal ciclone elettorale, non deve illudersi di poter rivalorizzarsi ancora coi procedimenti faziosi e criminali usati fin qui. La liquidazione di guerra comincia ora. Il popolo italiano schiaccerà inesorabilmente tutti i suoi nemici incoscienti e consapevoli, mandanti e mandati. Ne risparmierà i manutengoli che gli uni e gli altri credessero di poter ancora trovare nei vecchi organismi e nelle Autorità. Scarcerazione. Ieri sera è stato scarcerato Benito Mussolini. Si dice che l’epilogo del tragico arresto abbia toccato il maestro della commozione, specie quando il duce potè, dopo tanto e si duro carcere riabbracciare i suoi numerosi satelliti. Si afferma che piangevano anche i secondini. L’eroe annuncia che scriverà le «sue prigioni». («Avanti!», 20 novembre 1919)

Rapida fine di una montatura. Mussolini scarcerato. L’episodio del mio arresto non ha una grande importanza né personale, né politica, quantunque abbia suscitato un fiero e simpatico movimento di protesta fra i miei amici, che sono molti, e sempre vivi. Io non so perché mi abbiano mandato, sia pure per sole ventiquattro ore, al Cellulare. Se in questo momento io mi decido ad ignorare le necessità politiche che impongono l’adozione di certe misure, la faccenda del mio arresto assume i contorni dell’assurdo più ridicolo. La scoperta delle rivoltelle non denunciate… Sta bene. Ma il Questore Comm. Gasti, ignorava, dunque, quando ordinava il mio arresto che la mancata denuncia di armi rientra nel quadro delle semplici contravvenzioni per le quali non c’è ragione di arresto preventivo? Il Comm. Gasti li conosce o non li conosce i decreti? È naturale che l’Autorità Giudiziaria si sia affrettata a correggere la «gaffe» commessa dalla questura e a ordinare la mia immediata scarcerazione. Tutto ciò nel giro di ventiquattro ore. Morale: bisognava placare le ire dei socialisti trionfanti, i quali come è dimostrato in altra parte, annunciarono il mio arresto prima ancora che fosse eseguito e, per ciò, bisognava trovare il primo pretesto a portata di mano. Poiché altri non ce n’erano, si scovò fuori la mancata denuncia di una ventina di revolver chiusi e sigillati in una cassaforte! Insomma: o si ha il coraggio di far risalire a me tutta la responsabilità morale dell’azione energica del fascismo e allora dovrei essere ancora dentro o questo non è, e allora il ricorrere alla contravvenzione è semplicemente pietoso. Ad ogni modo chi ci fa una figura meschina in tutto ciò non sono precisamente io, ma la Questura e i socialisti. Ripeto che l’episodio è di scarso rilievo. Dico con tutta profonda sincerità che un più lungo soggiorno alla Casa grande di via Filangeri mi avrebbe fatto bene, anche non desiderandolo. Il passaggio è stato troppo rapido. Comunque, io ringrazio vivamente i miei compagni di lavoro della redazione e dell’amministrazione, per la loro fraterna attestazione di solidarietà, i colleghi degli altri giornali milanesi, e tale ringraziamento estendo agli amici delle altre parti d’Italia. Ora bisogna seriamente pensare a quelli che sono rimasti dentro: agli amici di Lodi e a quelli di Milano; a Ferrari, a Banfi, a Vecchi, a Marinetti e a tutti gli altri minori. Una raffica si è abbatuta sul Fascismo, ma non riuscirà a schiantarlo. Riordiniamo immediatamente le file e prepariamo le nuove e imminenti battaglie. Mussolini («Il Popolo d’Italia», 20 novembre 1919)

Per la storia. Neghiamo decisamente che Benito Mussolini sia stato arrestato perché sono stati trovati nei nostri locali armi, esplosivi e munizioni. Mussolini fu arrestato, per ordine del prefetto, vergognosamente, ignobilmente, supino alle imposizioni dei bicchi reazionari del pus. Documentiamo. Un primo invito del questore a Mussolini di recarsi in questura venne portato al giornale da un funzionario verso le 14. Poiché si trattava di un invito, Mussolini risposte che non aveva nessuna ragione e nessun desiderio di conferire col questore. Dichiarò che non si sarebbe mosso dal giornale, e mantenne la parola, sebbene gli fosse oltremodo facile sottrarsi all’arresto. Due ore dopo, lo stesso funzionario tornava con l’ordine di condurre Mussolini in questura. Ebbene, alle sedici, quando l’ordine di arresto era spiccato, le perquisizioni fatte al nostro giornale non avevano ancora scoperto le famose rivoltelle. Mussolini perciò non poteva essere tratto in arresto per la ragione delle armi. Fu anzi lui stesso a dichiarare al questore che nella cassaforte, aperta più tardi, verso le 18, esistevano alcune rivoltelle per la difesa dei locali e delle persone dei redattori. Niente bombe, niente esplosivi, niente pugnali, che non furono mai trovati né allora, né più tardi. Perché dunque fu arrestato Mussolini? Da chi partì l’imposizione del suo arresto? Leggiamo l’Avanti!: «Il comizio socialista del pomeriggio alle ore 16 è aperto da Repossi, il quale dà comunicazione del convengo avvenuto in Prefettura. Assicura Repossi che il prefetto ha accolto tutti i desiderata avanzati dalla Commissione e COMUNICA L’ARRESTO DI MUSSOLINI». Nel momento stesso in cui l’arresto avveniva, Repossi poteva comunicare la notizia al comizio della Camera del Lavoro, conglobando l’incarcerazione di Mussolini con tutti gli altri desiderata avanzati dalla Commissione dei poliziotti bolscevichi recatasi a invocare manette dal prefetto del re, contro il loro avversario più temibile. Resta provato così, che l’arresto di Mussolini fu reclamato dai novantotteschi forcaioli del pus. Resta provato anche che il prefetto del re e di Nitti si è messo ignobilmente al servizio dei reazionari rossi, facendosi strumento pavido e vile delle loro bieche ire di parte. Noi lo inchiodiamo al muro questo miserabile prefetto che si è reso colpevole di un grandissimo reato contro la libertà dei cittadini. Milano non può tollerare che il governo sia qui rappresentato da un imbelle funzionario, che per paura o per viltà va riempiendo le carceri di cittadini rei di amare l’Italia e sarebbe pronto anche a innalzare le forche in Piazza del Duomo, se i ciompi vittoiosi delle urne chiedessero più clamorose vendette e più sicuri provvedimenti contro gli uomini di fegato che non si lasciano intimorire dai loro successi cartacei. («Il Popolo d’Italia», 20 novembre 1919)

Spiritosa réclame. I nazionalisti milanesi hanno fatto una bella pensata. Visto che il loro giornale non trova che pochi cani di lettori, hanno affisso un manifesto a caratteri rossi di sangue, in cui – dopo avere detto che i borghesi che disertarono le urne si possono paragonare (nientemeno!) ai soldati che disertarono dalla trincea – avvisa il colto e l’incita che nel prossimo numero del giornale stesso inizieranno la pubblicazione dei nomi dei… disertori. Davvero una bella pensata. La posta sarà più di un romanzo d’appendice e gli interessati, almeno per sentire la punzecchiatura di questo piccolo ricatto, compreranno il giornaletto. Ne hanno delle buone, i nazionalisti. Si servono anche del «tradimento» per far quattrini. Che triste fine! («Avanti!», 22 novembre 1919)

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