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2 DICEMBRE 1919 – GALLERIA VITTORIO EMANUELE, PIAZZA DEL DUOMO, PIAZZA FONTANA

La «caccia all’ufficiale»

Dove? Galleria Vittorio Emanuele, Piazza del Duomo, Piazza Fontana

Soggetti coinvolti: forze dell’ordine, socialisti

Arresti: sui quotidiani si parla di circa 500 arresti, ma non vengono fornite liste di nomi

Feriti:

Borghesi: 

  • ● Laerte Goria, 15 anni, via Adige, ferito alla mano destra; 
  • ● Attilio Capettani; 
  • ● Pietro Marelli; 
  • ● Luigi Dell’Occhio, 50 anni, ferita d’arma da fuoco alla testa; 
  • ● Angelo Livio, 19 anni, cuoco, ferita al torace; 
  • ● Tito Arturi, 39 anni, sellaio, ferita leggera; 
  • ● Angelo Malocchi, 23 anni, operaio, viale Romania 41, ferita polpaccio sinistro; 
  • ● Egidio Gamba, 14 anni, meccanico, via Nicolini 6, ferita grave all’addome; 
  • ● Giosuè Brilli, 52 anni, muratore, via Bramante 4; 
  • ● Sebastiano Speda, 21 anni, via Cerva 11, fantino, ferita coscia destra; 
  • ● Corrado Nisi, 47 anni, falegname, via Varese 20, ferita al polpaccio sinistro; 
  • ● Carlo Biffi, 38 anni, meccanico, via Poliziano 10, ferita gravissima al dorso; 
  • ● Giuseppe Pirola, 23 anni, muratore, via Lincoln, ferita regione glutea; 
  • ● Bartolomeo De Carli, 49 anni, pulitore, via Angelico 8, ferita coscia sinistra; 
  • ● Lorenzo Pozzani; 
  • ● Attilio Casiraghi, 21 anni, meccanico, ferita regione deltoidea; 
  • ● Natale Brusa, 23 anni, elettricista, ferita di arma da fuoco al braccio; 
  • ● Gerolamo Angolani, 39 anni, facchino, viale Lodovica, ferita al polpaccio destro; 
  • ● Ernesto Bendini, 18 anni, tornitore, via Gentilino 13, ferita alla gamba sinistra; 
  • ● Dante Serafini, 29 anni , via Scarlatti 29, meccanico, ferita al calcagno sinistro; 
  • ● Lorenzo Fargoni, 12 anni, mercante, ferita alla coscia destra ed al ginocchio. 

Militari: 

  • ● Brigadiere dei carabinieri Anacleto Colombo, ferita al piede destro; 
  • ● tenente Agnelli, contusioni; 
  • ● tenente dei carabinieri Pietro Calzato, contusioni alla testa; 
  • ● carabiniere Giuseppe Meschianti, contusioni; 
  • ● brigadiere dei carabinieri Gaetano Siroda, ferita al piede destro; 
  • ● carabiniere Domenico Storelli, contusioni; 
  • ● carabiniere Antonio Fazzi, contusioni alla testa; 
  • ● tenente del Genio A. Pedruzzi contusioni; 
  • ● carabiniere Barbato, ferita polmone destro; 
  • ● carabiniere Giuseppe Grioni, ferita al collo

Vittime:

  • ● Luigi Brocca, 35 anni, ebanista, morto all’Ospedale Maggiore, colpito da arma da fuoco 
  • ● Luigi Corloio, 25 anni, allievo carabiniere, morto alla Guardia Medica di via Cappellari, colpito da arma da fuoco
  • ● Arrigo Capraghi, 27 anni, meccanico, residente in via Marco d’Oggiono, 16, caduto al Biffi colpito da arma da fuoco

Il 1° dicembre a Roma si verifica un fatto piuttosto inconsueto.

Violando tutte le norme militari, duemila ufficiali – tra cui ben otto generali – si lasciano andare a gesti di esultanza al passaggio del re, che si sta recando alla Camera dei Deputati per assistere alla prima seduta dopo le elezioni di novembre. Indignati da questa bizzarra violazione del protocollo, i deputati socialisti e repubblicani decidono di alzarsi e abbandonare l’aula in segno di protesta, lasciando il re sbigottito come un cane uscito allora dall’acqua dopo aver corso il rischio di annegare, nelle parole di Gaetano Salvemini. 

Al termine della cerimonia inaugurale, socialisti e militari si scontrano duramente per le vie del centro. Questo episodio singolare ha un’eco importante in diverse città italiane, soprattutto a Milano. Qui ben prima che venga dichiarato ufficialmente lo sciopero – per la difesa dell’identità e degli uomini che sono portavoce e portabandiera del socialismo – molte maestranze delle fabbriche cittadine decidono autonomamente di smettere di lavorare. 

All’ora di pranzo, quando già molti tranvieri hanno fermato le carrozze, arriva la notizia dal consiglio esecutivo della Camera del Lavoro: lo sciopero generale è iniziato. Coloro che al mattino si sono recati regolarmente nei posti di lavoro lasciano le proprie mansioni, e in men che non si dica una folla consistente invade le strade del centro. L’afflusso delle forze dell’ordine, parimenti, è continuo. 

Ogni tentativo di contenere gli scioperanti è vano. Quelle che prima sono isolate ingiurie contro gli ufficiali, diventano ben presto aggressioni provocate ad arte con qualsiasi pretesto: un’occhiata di troppo, la vista di una rivoltella esibita con troppa supponenza… Un imprudente gallonato è accerchiato dai socialisti nell’ottagono, ed è liberato mentre si ripara a stento dalle legnate solo grazie all’intercessione di un redattore dell’Avanti!. 

Per ogni soldato assediato e sbeffeggiato – si parla di berretti volati nel Naviglio, o plateali disarmamenti – le reazioni sono furiose. Anche la stampa borghese lo ammette: si spara sulla folla, le autopompe lanciano potenti getti d’acqua, si aizzano i cavalli durante le cariche e in un batter d’occhio la Piazza del Duomo e la Galleria diventano un vero e proprio campo di battaglia. Gli unici squilli che si sentono, tra le urla, sono quelli del cornetto della Croce Verde che percorre la terra di nessuno con le lettighe, per trasportare i feriti alla Guardia Medica di via Cappellari. 

Molti testimoni giurano, dalle pagine del quotidiano socialista, di aver assistito a spari furibondi provenienti dal Biffi e dal Camparino in Galleria, dai cui tavolini di solito fanno bella mostra di sé futuristi e fascisti. I gestori dei caffè si affrettano a dichiararsi estranei ai fatti, e assicurano di aver addirittura chiuso le serrande all’inizio dei tumulti. Con certezza però a fine serata i bossoli in terra sono centinaia, come i sassi divelti dal selciato lanciato dai socialisti. Il sangue versato è di nuovo operaio: un ebanista e un meccanico muoiono agonizzanti a causa di spari alla testa davanti al Campari, ma trova la morte anche un allievo carabiniere di 25 anni. 

In un’atmosfera spettrale a sera il prefetto Pesce emana un manifesto, che si diffonde rapidamente in città: sono vietate nella città di Milano gli assembramenti e le riunioni di più di cinque persone sulle pubbliche vie e piazze. I trasgressori saranno passibili di arresto.

Il giorno seguente dopo pranzo, alla spicciolata, i lavoratori ancora in sciopero riempiono il pulvinare dell’Arena nonostante il divieto prefettizio. La folla è nervosa e sgomenta per la reazione delle forze dell’ordine, ma allo stesso tempo eccitata di partecipare a quello che sembra l’inizio di una rivolta. La ribellione contro gli ufficiali, che da mesi abusano dei propri poteri ai danni della classe operaia, era quasi prevedibile, ma non si immaginava di certo che potesse avere le dimensioni di una sollevazione popolare. 

Ma la rivoluzione, anche questa volta, è rimandata: a notte fonda un telegramma della Confederazione del Lavoro e della Direzione del Partito socialista ordina la cessazione dello sciopero e la ripresa del lavoro a partire dalle 24 del 3 dicembre. 

COMPAGNI! LAVORATORI! CITTADINI! Ancora una volta Milano socialista ha dato una mirabile prova di forza e di fede, ne siamo orgogliosi. I lavoratori riprenderanno oggi il lavoro, pronti e decisi ad un’opera di intensa preparazione rivoluzionaria per il trionfo della causa degli oppressi. Milano proletaria, a te i tuoi destini. Viva il Socialismo!

Vignetta di Scalarini sull’«Avanti!» del 6 dicembre 1919 (Digiteca della Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea, Roma)

Vincenzo Mantovani, Mazurka blu. La strage del Diana, Rusconi, Milano 1979, pp. 137-140

Il proletariato risponde spontaneamente alla provocazione militarista. Lo sciopero generale – Morti e feriti – Dal “Biffi” e dal “Campari” si è sparato contro la folla – Episodi di violenza e di sangue; I manifesti del Prefetto, «Avanti!», 3 dicembre 1919

La seconda giornata di protesta. Tutta Milano operaia ha scioperato. Incidenti di poca gravità. Circa 500 arresti. Un ordine provocatore. Rettifiche e conferme. Il grandioso comizio all’Arena. Funzionari e agenti isterici. Lo sciopero è finito. Sciopero ammonitore, «Avanti!», 4 dicembre 1919

Bombe, revolverate e… fumo!, «Avanti!», 6 dicembre 1919

Lo sciopero generale. Violenze e tumulti. 3 morti e parecchi feriti. La caccia agli ufficiali, «Il Popolo d’Italia», 3 dicembre 1919

Violenze e sassaiole; Bombe a mano contro la truppa, «Il Popolo d’Italia», 4 dicembre 1919

Il proletariato risponde spontaneamente alla provocazione militarista. Lo sciopero generale – Morti e feriti – Dal “Biffi” e dal “Campari” si è sparato contro la folla – Episodi di violenza e di sangue. Appena negli ambienti operai si è saputo che a Roma era stato proclamato lo sciopero generale di protesta per gli atti di teppismo consumati ai danni di alcuni deputati socialisti, si è subito notato un vivo fermento che è andato mano a mano crescendo fino ad esplodere in una grande manifestazione di solidarietà col Partito socialista. Le maestranze del Bianchi e del Pirelli hanno abbandonato il lavoro e subito dopo i tramvieri. La Commissione Esecutiva della Camera del Lavoro e il Comitato direttivo della Sezione Socialista riuniti d’urgenza hanno deliberato la proclamazione dello sciopero generale. Appena la deliberazione è stata nota negli stabilimenti, le maestranze hanno abbandonato il lavoro ed in corteo, percorrendo diverse vie, si sono portate alla Camera del Lavoro. Qui le sedi delle Leghe si sono subito affollate ed ovunque si domandavano ansiosamente notizie di quanto era successo nella capitale e di ciò che si intendeva fare a Milano. La massa si è subito mostrata indignatissima ed eccitata. Essa ha sentito che nella provocazione di Roma c’era la provocazione di tutto il proletariato italiano che non poteva non accoglierla. I lavoratori milanesi non intendono più oltre – questo capisca il Governo – essere «vittime» di uno sparuto manipolo di gallonati che non vogliono rendersi conto che la forza è nel popolo lavorato, che il popolo è sovrano. Una dimostrazione in Galleria V.E. Verso le 15.30, una massa imponente di popolo si riversa in piazza del Duomo e poi invade la Galleria. Tutto procede tranquillamente. Si inneggia al socialismo e si emettono grida di protesta in vario senso. In mezzo ai dimostranti si porta subito il compagno Luigi Repossi. […] Dopo di che Repossi ed i comizianti si avviano verso la Camera del Lavoro. Per un momento la piazza sembra che debba riacquistare il suo aspetto normale,  ma da ogni parte continuano ad affluire frotte di operai e di operaie con delle bandiere rosse. Alle ore 18 una forte colonna di operai penetra in Galleria e preceduta da bandiere rosse si dirige verso Palazzo Marino. Nel centro dell’ottagono sotto gli uffici del «Corriere della Sera» il compagno Schiavello fa per arringare i dimostranti ma ha appena pronunciato poche parole che si nota un grande scompiglio. Che cosa è successo? Ci portiamo dove la confusione è maggiore, notiamo subito un ufficiale preso in mezzo ad un cerchio di compagni che cercano di sottrarlo all’ira dei più. è un ufficiale che pare abbia tentato di … . L’atto è notato da alcuni ed è subito … ritenuto come una provocazione. Noi stessi ci adoperiamo a liberare il malcapitato imprudente. Un altro ufficiale dei mitraglieri nell’imbocco della Galleria provoca la reazione di una parte di dimostranti perché con aria spavalda e da solo fa per opporsi all’ingresso di una colonna di dimostranti in Galleria. Centinaia di colpi di rivoltella. In fondo alla Galleria, dalla parte della Scala, si odono sinistri e continui squilli. La folla è spinta verso il «Campari» fuori dalla Galleria. Qui imbattiamo in una nostra vecchia conoscenza: il commissario Puma. Costui ordina all’agente-trombettiere di suonare gli squilli. Immediatamente osserviamo un carabiniere che estrae la rivoltella e che fa fuoco sulla folla. Puma vede e tace, Bastiani lo avvicina per invitarlo a pensare al gravissimo momento. Un agente in borghese – in servizio col puma – un giovane biondino improvvisamente estrae la rivoltella – siamo davanti al «Campari» – ed urla – Bastiani è a due passi da lui – Armi alla mano! Fuoco! Si ode subito una scarica spaventevole, continua, terribile. La folla in parte fugge, in parte resiste, ondeggia e si difende. Volano anche dei sassi che colpiscono il gruppo di carabinieri ai comandi di Puma. Dal “Campari” si spara. Un carabiniere morto. Restiamo dove il pericolo è più forte. È il nostro dovere di socialisti e di giornalisti. Soprattutto di giornalisti perché – come sempre – la cronaca sarà falsata dai giornali che passano per la maggiore – vedi «Corriere» e «Secolo» non parliamo poi di quel vecchio arnese di questura che è la «Sera»; questo fogliaccio muove più schifo che sdegno – ed infatti possiamo registrare cose veramente incredibili. Dal «Campari» alcuni delinquenti sparano; i carabinieri sparano. Vi sono dei morti, dei feriti? Sì. Vediamo un carabiniere per terra: è agonizzante. Siamo sotto le finestre del «Campari». Scorgiamo Franco Mariani – segretario generale della Camera del Lavoro – che si avvicina, insieme a altri compagni, al ferito che è subito sollevato da terra e condotto verso l’ottagono della Galleria ove è un forte numero di carabinieri. Mariani fa consegnare il ferito ai «compagni d’arme», ma costoro si limitano ad esclamare che la guardia medica è in via Cappellari! E gente che non ha un briciolo di sentimento di solidarietà nemmeno per la «propria carne», può essere tenuta in piazza a mantenere il buon ordine! Abbiamo detto che, dal «Campari» si è sparato e lo confermiamo senza tema di smentita, anzi diciamo di più: che la sassaiola della folla è stata diretta contro il «Campari» e non contro i carabinieri che avrebbero compiuto assai meglio il loro dovere se anziché sparare contro inermi cittadini, avessero impedito a quei quattro briganti di assassinare il prossimo imboscati nelle sale superiori del «Campari». Sappiamo che anche dalle finestre del «Biffi» si è sparato. Cercheremo di raccogliere in proposito più ampi particolari. È certo intanto che in questi due locali in occasione di pubbliche dimostrazioni si rifugiano non pochi teppisti in guanti gialli. Ciò dev’essere d’ora in avanti evitato. Altri incidenti. In Piazza Fontana un gruppo di operai s’incontra con alcuni ufficiali che fanno mostra delle rivoltelle ben custodite al fianco ed a portata di mano. Gli operai tentano di disarmare i militari, i quali fanno subito uso delle armi e sparano diversi colpi. La cosa sembra che prenda una brutta piega, ma poi intervengono carabinieri e truppa e l’incidente non ha seguito. La Piazza del Duomo è un vero campo di battaglia. La voce che i carabinieri hanno sparato si sparge in un baleno per i rioni popolari. Avviene così che lo sgombero della Piazza del Duomo diventa sempre più difficile. Sono gruppi di cittadini che ansiosamente chiedono notizie di congiunti; sono gruppi e gruppi di dimostranti che non intendono abbandonare la piazza. Intanto si continua a sparare. La Piazza sembra diventata un immenso campo di battaglia. Di quando in quando l’aria è lacerata dal lugubre squillo della cornetta della Croce Verde e da quella dei pompieri. Sono le auto-lettighe che passano cariche di feriti e che vanno alle Guardie Mediche ed agli Ospedali. Si notano anche dei gruppi di volenterosi compagni che raccolgono i feriti e sotto le scariche li conducono in posti di medicazione. Vediamo «requisire» alcuni camions privati per adoperarli a trasportare i feriti. Un camion, che era fermo davanti al Palazzo Reale, è richiesto dalla folla per il trasporto di un morto. Prima d’abbandonare la Piazza registriamo l’assalto di un buon numero di dimostranti ad un’autopompa che continua a gettare acqua sulla folla. Questo atto provoca un altro intervento della forza pubblica con conseguenti colpi di rivoltelle, feriti, ecc. La situazione si aggrava. Raccogliamo pertanto notizie di altri incidenti, quali leggeri, quali gravi. Al ponte del Naviglio, in corso Romana, il sottotenente Agnelli è percosso da alcuni dimostranti. Un gravissimo particolare. Un giornalista si è recato, nell’ora dell’eccidio, nella sede dell’Associazione Lombarda dei giornalisti, in via Silvio Pellico 8. Costui afferma d’aver udito dei colpi di rivoltella partire dagli ammezzati sottostanti dove ha sede una delle tante Associazioni dei combattenti, precisamente quella di cui è presidente il tenente Bini. Anche altri giornalisti videro il fumo degli spari uscire dalle finestre e ci si assicura che essi votarono in proposito un ordine del giorno. […] I morti. Brocca Luigi, d’anni 20, ebanista, morto all’Ospedale Maggiore; Gondola Luigi, allievo carabiniere, morto alla Guardia Medica di via Cappellari, Caproghi Arrigo, d’anni 27, meccanico, abitante in via Marco d’Oggiono 10, caduto al Biffi. I feriti. Borghesi: … Natale, ferito d’arma da fuoco; Goria Laerte, a. 15, via Adige, ferito alla mano destra; Capettani Attilio; Marelli Pietro; Colombo; cav. Luigi Dell’Occhio, a. 50, via Cappa… 14, ferita d’arma da fuoco alla testa; Livio Angelo, a. 19, cuoco, ferita al torace; Arturi Tito, an. 39, sellaio, ferita leggera; Malocchi Angelo, a. 23, operaio, viale Romania 41, ferita polpaccio sinistro; Gamba Egidio, a. 14, meccanico, via Nicolini 6, ferita grave all’addome; Brilli Giosuè, a. 52, muratore, via Bramante 4; Speda Sebastiano, a. 21, via Cerva 11, fantino, ferita coscia destra; Nisi Corrado, a. 47, falegname, via Varese 20, ferita al polpaccio sinistro; Biffi Carlo, a. 38, meccanico, via Poliziano 10, ferita gravissima al dorso; Pirola Giuseppe, a. 23, muratore, via Lincoln, ferita regione glutea; De Carli Bartolomeo, a. 49, pulitore, via Angelico 8, ferita coscia sinistra; Pozzani Lorenzo; Casiraghi Attilio, a. 21, meccanico, ferita regione deltoidea; Brusa Natale, a. 23, elettricista, ferita di arma da fuoco al braccio; Angolani Gerolamo, a. 39, facchino, viale Lodovica, ferita al polpaccio destro; Bendini Ernesto, a. 18, tornitore, via Gentilino 13, ferita alla gamba sinistra; Serafini Dante, a. 29, via Scarlatti 29, meccanico, ferita al calcagno sinistro; Fargoni Lorenzo, a. 12, mercante, via P… 2, ferita alla coscia destra ed al ginocchio. Militari: Colombo Anacleto, brigadiere carabinieri, ferita al piede destro; tenente Agnelli contusioni; tenente dei carabinieri Calzato Pietro, contusioni alla testa; carabiniere Meschianti Giuseppe, contusioni; brigadiere dei carabinieri Siroda Gaetano, ferita al piede destro; carabiniere Domenico Storelli, contusioni; carabiniere Fazzi Antonio, contusioni alla testa; ten. Del Genio Pedruzzi A. contusioni; carabiniere Barbato, ferita polmone destro; carabiniere Grioni Giuseppe, ferita al collo. («Avanti!», 3 dicembre 1919)

I manifesti del Prefetto. Il Prefetto della provincia di Milano: considerata l’urgenza di ristabilire prontamente l’ordine pubblico turbato dai fatti oggi accaduti: visto l’articolo 3 della legge Comunale e Provinciale; Decreta: Sono vietate nella città di Milano gli assembramenti e le riunioni di più di cinque persone sulle pubbliche vie e piazze. I trasgressori saranno passibili di arresto a termine dell’articolo 6 della legge di pubblica sicurezza e puniti ai sensi dell’articolo 434 del C.P. Gli ufficiali e gli agenti della pubblica sicurezza e della forza pubblica sono incaricati della esecuzione del presente decreto. Milano 2 dicembre 1919. Il Prefetto: Pesce. Cittadini, nuovi dolorosi fatti provocati da tumultuose violenze hanno funestato la vostra città. La giustizia farà il suo corso con serenità, rapidità ed energia. Intanto l’ordine che, come ha ieri proclamato l’… Capo dello Stato è necessità di esistenza, dev’essere immediatamente e compiutamente restaurato. La cittadinanza, sono certo, sarà di conforto e di ausilio all’Autorità in ogni atto che valga a ristabilire la calma ed il rispetto della legge. Milano, 2 dicembre 1919. Il Prefetto: Pesce. («Avanti!», 3 dicembre 1919)

Lo sciopero generale. Violenze e tumulti. 3 morti e parecchi feriti. La caccia agli ufficiali. Gruppi di giovinastri e di teppisti, ieri a Milano, si sono dati alla caccia agli ufficiali. È stato uno spettacolo indegno. Gli ufficiali isolati, venivano circuiti, aggrediti, disarmati. Le peggiori ingiurie, i vituperi più grossolani si accompagnavano alle percosse. Dai soliti caporioni socialisti, prudentemente anonimi, dietro i “si dice” si dava ad intendere che fossero stati gli ufficiali ad aggredire alcuni deputati socialisti a Roma. La diceria è destituita di fondamento. A Roma sono stati gli ufficiali a salvare dall’ira della folla i “dodicimila” socialpussisti. Agli ufficiali dell’Esercito Italiano, fiore della nostra gente, sangue purissimo del sangue dato signorilmente in olocausto alla Patria, la solidarietà piena, assoluta, intera, del “Popolo d’Italia”. La cronaca della giornata. Ieri, verso le 13, improvvisamente, la cittadinanza notò, non senza meraviglia, che i trams non circolavano più. furono domandate spiegazioni ai tramvieri stessi, i quali spiegarono che in segno di protesta per la cattiva accoglienza fatta ad alcuni deputati socialisti dai cittadini romani, il proletariato milanese aveva proclamato lo sciopero generale. Infatti, verso le 12,30, all’«Avanti!» era giunta da Roma una telefonata con la quale si comunicava che per ordine dei capi presenti alla capitale era stato dichiarato lo sciopero generale. Anche le maestranze degli stabilimenti abbandonarono il lavoro e la città ben presto assunse l’aspetto ormai noto dei giorni di sciopero. In piazza del Duomo, fra i gruppetti di curiosi e di cittadini, molti dei quali protestavano in termini assai energici per l’improvvisa, irragionevole sospensione del servizio tramviario, si aggiungevano alcuni tristi figuri che divulgavano notizie catastrofiche asserendo con sfacciata sicumera che a Roma «erano stati uccisi ben quattro deputati socialisti». Dai quartieri popolari arrivavano intanto gruppi di operai, finché alle 15 molte centinaia di persone occupavano la piazza. Comizi e cortei. A questa folla, oratori improvvisati, fra i quali il socialista Repossi, rivolsero parole d’occasione stigmatizzando le violenze che, secondo gli oratori erano state consumate a Roma in danno dei deputati socialisti. Si cantava, si gridava, si insultavano i passanti che non andavano a genio, specie se ufficiali. E, tra piazza del Duomo, la Galleria e piazza della Scala, la folla sostò alcun tempo senza per altro dar luogo ad incidenti incresciosi. Ma ecco che si forma un corteo che imbocca via C. Alberto, sosta in corso Romana ad … all’indirizzo del nostro giornale e prosegue verso il ponte sul Naviglio. La caccia all’uomo. All’altezza giusta del ponte il corteo si imbatte in un giovine ufficiale. È il sottotenente Agnelli. Egli viene affrontato dai dimostranti, sbattuto, percosso, sputacchiato; si minaccia di scaraventarlo nel Naviglio, ed un giovinastro per ispregio gli leva il berretto e glielo getta in acqua. È uno spettacolo di sì bestiale vigliaccheria che alcuni cittadini, sfidando l’ira dei dimostranti, intervengono e riescono a trarre dalle mani dei forsennati il povero giovine che finalmente riesce a riparare dietro il cordone di truppa che sbarra la via Paolo da Cannobio. Questo primo episodio segna l’inizio di una feroce caccia all’uomo. Altra colonna di dimostranti, composta in gran parte di giovinastri che cantano l’inno anarchico: Farem le barricate/e piombo contro piombo da porta Vittoria si avvia verso il centro. Lungo il passaggio questa gente si abbandona ad atti di teppismo e di violenza. Signore sono svillanneggiate, cittadini vestiti un po’ bene vengono percossi e rincorsi, ufficiali insultati. I vetri dei negozi rimsti aperti vanno in breve frantumati. Questa folla arriva in piazza del Duomo, penetra in Galleria ed indisturbata grida, impreca, insulta. Ancora ufficiali vengono aggrediti, presi in mezzo, bastonati e gettati a terra. Il tenente del Genio Petrucci esce dalle mani dei rivoltosi assai malconcio, e viene ricoverato all’Ospedale Militare. «Occhio agli ufficiali!» Un testimone oculare racconta: – e l’episodio lo prendiamo come esempio per gli altri tanti che si sono svolti dalle 16 alle 16.30 in piazza del Duomo, in Galleria e nelle vie adiacenti. Ad un certo punto da via Santa Radegonda sbuca un gruppo di giovinastri; sono tutti armati di randelli ed hanno le tasche piene di sassi, che tengono pure in mano. Presso la pasticceria Baj il gruppo sosta un poco: uno che sta in prima fila dice: «Ehi, attenti alla parola d’ordine, occhio agli ufficiali, addosso». Venva in quel momento dalla piazza del Duomo un capitano con un mantello bleu; subito contro di lui si inizia una sassaiola fittissima; in un attimo l’ufficiale è circondato, bastonato, battuto con grossi sassi sulla testa, gettando a terra, sfugge per miracolo lasciando in mano agli aggressori il mantello e rifugiandosi nella porta a lato del ristorante «Orologio». I conflitti. Ma gli episodi di maggiore violenza si svolgono in Galleria. La forza pubblica ha avuto il torto imperdonabile di non prevedere le dimostrazioni e di permettere l’occupazione della piazza da parte della folla; così le aggressioni si sono svolte senza che in nessuno dei casi la forza sia intervenuta ad impedire ed a reprimere; né si è pensato a bloccare, sgombrata una prima volta, la Galleria Vittorio Emanuele. Alle 16,30 la folla è di nuovo in Galleria. Ma il suo contegno è eccessivamente violento. Contro le saracinesche – immediatamente abbassate dei negozi e dei caffè – vengono lanciati grossi sassi che i dimostranti hanno portato o che hanno divelto dalla piazza. Anzi, si organizza una specie di rifornimento-munizioni, mentre alcuni dimostranti sono intenti a svellere i ciottoli nella piazza, altri pensano a recapitarli presso le prime linee. È una vera battaglia. I carabinieri due volte sono respinti dal gettito fatto di sassi, così i dimostranti si rendono padroni assoluti del centro della Galleria. Un plotone di carabinieri è all’imbocco del braccio della Galleria che mette in via Tommaso Grossi. I militi cercano sbandare i dimostranti, i quali esaltanti dalla non resistenza fino allora incontrata, si imbaldanziscono ancor di più e si fanno più audaci e violenti. Inutilmente vengono suonati gli squilli, inutilmente i pochi carabinieri tentano caricare; un altro gruppo di dimostranti sbuca da via Silvio Pellico, e la sassaiola – fitta, violenta – prende in mezzo i carabinieri. Allora si odono i primi spari. I carabinieri hanno fatto fuoco ed anche i dimostranti hanno risposto. C’è chi afferma anche che da una finestra dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti siano partiti in quel momento dei colpi di rivoltella, ma alcuni membri del Comitato, in quell’ora riuniti, hanno potuto fornire ad una commissione di scioperanti prima e ad un funzionario poi, prove tali da persuadere autorità e folla dell’insussistenza del sospetto. Approfittando del primo momento di panico e di fuga, i rinforzi di truppa e carabinieri finalmente sono giunti. La Galleria è stata sgombrata e gli sbocchi ne sono stati bloccati. Al suolo, cosparso di centinaia di sassi, giacevano alcuni feriti, tra i quali due morti. Due ore di guerriglia. Tutto il macchinario repressivo viene ora messo in moto – troppo tardi invero – ed autopompe, cavalleria, truppa con baionetta inastata convergono in piazza del Duomo cercando di rigettare e di disperdere lontano i dimostranti, che per nulla intimoriti dalla prima scarica e dai morti, iniziano una vera guerriglia, spezzettando l’azione in tanti episodi. Tutto attorno alla Galleria scoppiettano colpi di revolver e di moschetto. Qualche soldato viene disarmato, ed evidentemente l’arma conquistata serve a rinfocolare la resistenza dei dimostranti, quali ormai non sono più che dei rivoltosi decisi a tutto. Un gruppo di giovinastri muove all’assalto di un negozio d’armi posto in via Pattari. Accorre la polizia, carica e spara in aria, riuscendo ad impedire che il proposito degli assalitori sia condotto a termine. In piazza, evoluzioni di cavalleria ed il getto delle auto-pompe riescono ad allontanare temporaneamente i dimostranti ed a ristabilire una relativa calma. Nelle vie adiacenti continuato i disordini; le truppe che passano attraverso i dimostranti respinti dalla piazza, vengono fatto segno a dileggi ed insulti. Ma più tardi i disordini riprendono. In piazza si sono infiltrati gruppi di dimostranti che gettano sassi e sparano colpi di rivoltella contro carabinieri e soldati. Si risponde da parte della forza con scariche in aria. Le cariche della cavalleria si seguono senza interruzione e gli idranti spruzzano da ogni parte. Carabinieri vengono continuamente ricoverati alle guardie mediche, con ferite d’arma da fuoco e da colpi di pietra. Alla guardia media di via Cappellari agonizza un carabiniere ferito da proiettile di rivoltella, che, entrato dalla fronte è uscito dal Foccipite; un altro carabiniere ha un proiettile conficcato nel collo; un brigadiere il piede sinistro perforato, pure una pallottola di rivoltella. Due cavalli grondano sangue per colpi di coltello ricevuti. Ancora un episodio di violenza. Improvvisamente, schianto lungo il duomo, un gruppo di dimostranti riescono ad avvicinarsi ad un’auto-pompa e la prendono d’assalto. Un soldato a guardia dell’idrante, rimane ferito e viene ricoverato all’ospedale militare; ma presto l’auto-pompa è liberata dall’accorrere di rinforzi accolti – come sempre – da colpi di pietra e da radi colpi di rivoltella. Sembra quasi che sia impossibile liberare la piazza dai rivoltosi; è notte oramai, e le cariche si seguono alle cariche. La sassaiola riprende qua e là e le scariche di fucileria risuonano sinistramente. Alle 18,30 la calma non è ancora ristabilita, che un plotone di carabinieri proveniente da via Mercanti è investito da sassate e da revolverate; i militi retrocedono e si sbandano un poco, poi eseguiscono una scarica in aria e hanno ragione dell’ultima resistenza dei dimostranti. Nel frattempo altri episodi di violenza, altri tafferugli, altri scambi di revolverate si hanno nelle vie adiacenti alla piazza del Duomo, e da parte dei dimostranti vengono consumate altre violenze contro cittadini isolati e contro negozi. Solo verso le 19 i disordini hanno termine. La Galleria è tenuta sgombra, gruppi radi di curiosi sostano in piazza del Duomo a commentare i fatti e pattuglie di cavalleria perlustrano lungo via Torino, via Carlo Alberto, Corso Vitt. Emanuele, via Dante, ecc. Un carabiniere ucciso. Il carabiniere caduto in Galleria, colpito alla fronte da un proiettile di rivoltella di un piccolo calibro, è il venticinquenne Luigi Corloio, della Legione di Roma, qui accasermato in via Parini. Raccolto sanguinante e privo di sensi, fu trasportato alla Guardia Medica di Via Cappellari, dove si riebbe un istante, e disse a chi lo assisteva: – Non mi importa di morire. Ma non avrei voluto morire ucciso da un proiettile italiano. Le sue condizioni erano gravissime. Dopo la prima medicazione fu subito trasportato all’Ospedale Militare. Ma durante il tragitto il disgraziato cessava di vivere. […]Due dimostranti morti. Dopo il primo più grave tumulto, sgombrata la Galleria, due dimostranti rimasero a terra, uno davanti al Biffi, l’altro davanti alla Gran Mercurio. Furono trasportati all’Ospedale Maggiore, ma ogni cura era ormai vana. Il primo, Luigi Brocca, di 35 anni, ebanista, è stato riconosciuto più tardi dalla madre; l’altro è certo Arrigo Capraghi, di anni 27, meccanico, abitante in via Marco d’Oggiono 16. Entrambi sono morti di ferite d’arma da fuoco alla testa. («Il Popolo d’Italia», 3 dicembre 1919)

La seconda giornata di protesta. Tutta Milano operaia ha scioperato. Incidenti di poca gravità. Circa 500 arresti. Un ordine provocatore. Rettifiche e conferme. Il grandioso comizio all’Arena. Funzionari e agenti isterici. Lo sciopero è finito. Sciopero ammonitore. Dicevamo alcuni giorni or sono a proposito dell’affollatissimo comizio tenuto alla Camera del Lavoro per l’avventura d’Annunziana a Fiume, che esso attestava la sensibilità acquisita dalla classe lavoratrice non per le «questioni di ventre» come dicono lor signori, ma per le questioni di politica generale internazionale, e che di ciò dovevano tener conto le classi dirigenti come un salutare ammonimento per esso. Possiamo dire oggi la medesima cosa a proposito dello sciopero generale della classe lavoratrice non per una questione di salario o di officina – e sono anche queste questioni gravi e degne – ma per la difesa della propria identità, della propria bandiera, degli uomini a cui quella bandiera fu affidata e che il proletariato non intende siano aggrediti, vilipesi, malmenati, in quanto sono portavoce e portabandiera del Socialismo. […] Coccodrilli e bugiardi. I giornali cosiddetti – per suprema ironia delle cose – ben pensanti, versano calde lacrime per gli incidenti che hanno funestato ieri Milano ed altre città d’Italia. […] Il Corriere e tutti gli altri organi minori che ne seguono la falsa-riga, non hanno avuto parole di protesta per le violenze consumate da ufficiali in divisa, contro alcuni … socialisti. Il Corriere dava la cronaca degli incidenti con evidente compiacenza e ad ogni riga metteva in bocca al «popolo» (quale?) il grido di: Abbasso il socialismo! […] La cronaca della giornata. La seconda giornata di sciopero generale è trascorsa senza incidenti gravi, ma già dalle prime ore del mattino si ha la sensazione che l’astensione dal lavoro sarà completa. Infatti nessuno stabilimento ha aperto i battenti. Pure i negozi tanto al centro che alla periferia sono in grande maggioranza chiusi o quasi. Il decreto prefettizio che proibisce qualunque assembramento è vivacemente commentato dai cittadini. I rioni popolari sono in piena animazione. Si nota ovunque un crescente nervosismo. Le notizie provenienti da tutta Italia sono che tutto il proletariato ha risposto entusiasticamente all’appello del Partito Socialista e della Confederazione Generale del Lavoro. Milano operaia è compatta nell’astensione dal lavoro e vibra di gioia e di fede nell’apprendere che le classi lavoratrici di tutta la penisola sono colle armi al piede in attesa di ordini. Ad onta del decreto prefettizio, gruppi e gruppi di operai circolano per la città con bandiere rosse per assicurarsi che nessun operaio tradisca la causa della libertà e del socialismo. avvengono qua e là incidenti provocati dall’intervento di pattuglie di carabinieri e di agenti. Viva impressione suscita nella folla la notizia che fra ieri ed ieri notte la questura ha operato oltre 500 arresti. Gli arresti – come sempre avviene in occasione di tumulti – sono stati fatti a casaccio e quindi non saranno mantenuti. [CENSURA] Rettifiche o conferme? Nel numero di ieri abbiamo scritto che da alcune parti veniva assicurato che dalle finestre del «Biffi» si era sparto sulla folla durante le dimostrazioni in Galleria. Ora il compagno avv. Griziotti ci scrive che la voce da noi «raccolta con riserva» deve essere esclusa perché prima delle 16 e precisamente subito dopo l’abbassamento delle saracinesche in Galleria, il detto comproprietario del caffè aveva chiuso a chiave l’unico uscio di accesso al piano ammezzato: e ciò appunto per evitare che qualche intruso, per curiosità od altro, abusivamente vi salisse e si affacciasse alle finestre durante la dimostrazione. Aggiunge che le finestre dell’ammezzato soprastanti alla scritta «Caffè Ristorante Biffi» sono diverse, ma quelle appartenenti effettivamente al Caffè sono soltanto tre e non arrivano all’angolo dell’ottagono verso la Galleria: ciò a scanso di equivoci e di recriminazioni indebite. Con ciò non è smentito un bel nulla: se non si è sparato dalle finestre «appartenenti effettivamente al Caffè» si sarà sparato da una delle «diverse finestre» alle quali accenna anche il compagno Griziotti. Fatto sta che a noi da più parti si conferma che da una finestra sopra al «Biffi» si è sparato e noi, come raccogliamo la voce dell’avv. Griziotti, non possiamo non raccogliere le voci di conferma che ci vengono da altri compagni di fede e di indubbia serietà. Anche la Direzione del «Campari» ci scrive per… rettificare e dice d’aver compiuto una diligente e obiettiva inchiesta, la quale avrebbe escluso che «dal locale della ditta siano stati sparati colpi di arma da fuoco». Ma pure noi dobbiamo confermare quanto abbiamo scritto ieri perché ci è confermato da Franco Mariani, segretario generale della Camera del Lavoro, dal compagno Nicola e da molti altri.  Di più ecco quanto ci scrive un cittadino: «Caro Avanti!, ieri fui spettatore io in Piazza del Duomo, unitamente a mio fratello, a dei casi di aggressioni, da parte dei signori borghesi, veramente ributtanti. Ero in Piazza dalle ore 14 e vi rimasi sino alle 18,30: dunque io posso dire di aver visto, e sono a disposizione di chicchessia. Dal Bar Commercio (l’antico caffè Carini) furono sparati numerosi colpi di rivoltella, contro la folla. Pure dal Campari vidi benissimo parecchi individui sparare contro la folla e due ragazzi furono feriti: posso anche affermare che il carabiniere caduto e poi morto sotto la Galleria non fu ucciso dalla folla dei dimostranti! Da alcune finestre di via Patteri vidi pure benissimo partire colpi d’arma da fuoco contro alcuni passanti tra i quali vi ero io. In via … poi [CENSURA] fecero bella mostra delle loro rivoltelle contro innocenti ragazzi, uno tra i quali fu ferito ad una gamba e da me prontamente soccorso e trascinato in una vicina farmacia. I militi della benemerita insieme a degli agenti di Nitti, impugnando persino due rivoltelle alla volta, … di «eroismo» contro una folla d’inermi; ed anch’io la scampai bella da questi associati di …! Ti ho riferito ciò che ho visto coi miei occhi e non temo di essere smentito. Grazie e saluti dal tuo Francesco Landi». Ed avemmo tante e tante altre conferme da pubblicare; ma le riteniamo superflue. Comprendiamo come la direzione del «Campari» e quella del «Biffi» ci tengano a far sapere che nei rispettivi locali delle due ditte non si rintanino degli assassini: ma i fatti rimostrano che ciò può essere… noi non possiamo dar torto ai fatti. […] Funzionari ed agenti pericolosi. Abbiamo più di una volta richiamato la … del comm. Gasti sul commissario Puma perché è provato essere un funzionario dai nervi facilmente… eccitabili. Ieri ci è capitato di trovarci a contatto con degni colleghi ed inferiori del Puma. In Piazza Cardusio notiamo un agente – ed il comm. Gasti lo sa – che colpisce all’impazzata con un bastone quanti gli capitano sotto mano. Eleviamo la nostra protesta presso il commissario – una bestia nuova ai servizi di polizia… milanese – il quale per tutta risposta c’invita ad osservare il decreto prefettizio e di… circolare. Siamo appena in due, ma di front ad un cervellone di tal fatta non vale discutere e ce ne andiamo pensando che le assicurazioni del questore s’infrangono quasi sempre sulla dura testa dei suoi dipendenti. Vi sono, insomma, funzionari ed agenti – specie se investigatori e quindi in diritto di essere armati di bastoni – che costituiscono dei veri pericoli in tempi di eccitazione popolare. Certi elementi debbono essere tenuti in «custodia» per servizi di… magazzino, ma non certamente – a meno che prefetto e questore non vogliano rendersene complici – debbano essere adibiti ad incarichi quali sono quelli del mantenimento dell’ordine in momenti di tanta gravità. Chi deve intendere, dunque, intenda e per sempre. Gli arrestati saranno rilasciati. Ci si assicura che tutti gli arrestati, fatti nelle due giornate di sciopero e che non hanno commesso reati, saranno rilasciati entro la giornata. Lo sciopero generale è finito. Alle ore 22 ai compagni della Camera del Lavoro è giunto il telegramma della Confederazione del Lavoro e della Direzione del Partito Socialista che ordinano la cessazione dello sciopero a partire dalle ore 24 i questa notte. Il lavoro quindi deve essere ripreso questa mattina a Milano e Provincia. COMPAGNI! LAVORATORI! CITTADINI! Ancora una volta Milano socialista ha dato una mirabile prova di forza e di fede, ne siamo orgogliosi. I lavoratori riprenderanno oggi il lavoro, pronti e decisi ad un’opera di intensa preparazione rivoluzionaria per il trionfo della causa degli oppressi. Milano proletaria, a te i tuoi destini. Viva il Socialismo! La Camera del Lavoro, la Sezione Socialista, la Fed. Prov. Socialista. («Avanti!», 4 dicembre 1919)

Violenze e sassaiole. Anche ieri truppa, carabinieri e ufficiali hanno dato prova di uno spirito di abnegazione ammirevoli. Fatti segno a insulti volgarissimi, tutti si mantengono calmi, sereni, impassibili anche sotto la pioggia dei ciottoli pesantissimi. Ad un tratto, in mezzo alla folla, si odono colpi di rivoltella. Tuttavia né la truppa né i carabinieri reagiscono. Nel primo urto fra i dimostranti e la forza pubblica si sono avuti due feriti da corpo contundente: gli operai Carelli Roberto di anni 37, meccanico, domiciliato in corso S. Gottardo, 40 e Cocorrezzi Arturo di anni 35, domiciliato in via Aleardo Aleardi, 8. Sono stati medicati alla Guardia Medica di via S. Vincenzino dai dottori Monselice e Calza e dichiarati guaribili entro venti giorni. Segue un momento di sosta. Una parte dei dimostranti si sbanda verso via Meravigli e di là si dirige in centro. Gli altri si accaniscono nuovamente contro il cordone di Largo Cairoli: riescono dopo nuovi tafferugli e nuove colluttazioni a farsi strada e imboccano via Dante. Bombe a mano contro la truppa. La truppa si riorganizza e si riunisce di nuovo in cordone. Ma in via Sante si stanno eseguendo lavori stradali: e i dimostranti ne approfittano per fare nuova raccolta di pietre. Sotto la sassaiola violentissima la truppa non si scompone, ma è costretta tuttavia a retrocedere lentamente. Il suo contegno è ammirevole di fronte alla furia degli assalitori. Nuova truppa sopraggiunge, e all’altezza di via Meravigli viene steso un nuovo cordone che gli scioperanti non possono pensare di travolgere. La folla sosta tumultuando e ad un tratto qualcuno dei soliti eroi anonimi e incoscienti scaglia contro la truppa degli oggetti ai quali sulle prime nessuno fa attenzione. Si tratta invece di bombe a mano, tipo Sipe. Fortunatamente gli ordigni micidiali non esplodono. Vengono raccolti e consegnati al commissario di P.S. Renzanigo che li fece trasportare in questura insieme a un’enorme quantità di randelli e bastoni sequestrati ai dimostranti arrestati. Durante questi incidenti, si sono avuti numerosi contusi che dovettero ricorrere alle cure dei sanitari della Guardia Medica di via S. Vincenzino. Un’altra vittima dei tumulti di ieri l’altro. Fra i cittadini rimasti feriti nei tumulti avvenuti ieri l’altro in Galleria e in Piazza del Duomo, abbiamo segnalato il quattordicenne Egidio Gamba, fu Francesco, meccanico, abitante in via Niccolini, 6. Il ragazzo, che aveva avuto l’addome trapassato da un proiettile d’arme da fuoco, fu ricoverato all’Ospedale Maggiore in condizioni gravissime, e immediatamente sottoposto a laparotomia. Le cure prodigategli furono vane. Nelle prime ore di ieri mattina, il Gamba cessava di vivere. («Il Popolo d’Italia», 4 dicembre 1919)

Bombe, revolverate e… fumo! Dunque le «alcune bombe» gettate contro la truppa sono ridotte ad una sola. Una cara e simpatica S.I.P.E., una sorellina mite (eh, già: non ha esploso!) di quella cattivona che fece tanto male alla folla socialista la sera del 17 novembre in via S. Damiano. Si tratta insomma di una bombetta errabonda che per non avere destinazione è finita ai piedi di un commissario di P.S. E le revolverate contro la folla? Macché! Bubbole! Invenzioni di cronaca! Sono piovute delle smentite da ogni parte… interessate; altre smentite raccomandate di Spartaco altro non fanno che porre in maggiore confusione gli smentitori! Ma pure colpi di revolver ci furono anche se i cronisti del Corriere della Sera dicono di no; ad essi, del resto, non potevano giungere per telefono e nemmeno di rimbalzo! E furono sparati – ad onta di tutte le smentite – dal «Campari», dal «Biffi» e da altri siti ancor. La nostra meraviglia fin qui è di non aver ancora ricevuto la smentita-conferma del commissario Puma, anche se le sue difese sono state prese da un giornale che non si nomina perché nessuno lo legge. E quel fumo? Ah, quel fumo che fu visto dall’amico Bolognesi e dall’avv. Longoni uscire dalle finestre dell’Associazione Mutilati Invalidi ecc. che ha per presidente quella perla d’uomo dell’ex tenente Bini, o tenente tuttora! Come non sapete la storia di quei bioccoli di fumo? Ebbene, dietro quel fumo c’è un eroe: lo stesso presidente della predetta associazione che ha sede in via Silvio Pellico, 8. Costui, mentre la Galleria risuonava di spari, di urla di spavento, di dolore e di morte, fumava tranquillamente la sigaretta alla finestra. Eroe ed… imprudente! Sicuro imprudente perché quel fumo lasciò supporre che si fosse trattato niente po’ po’ di meno che di revolverate. Fortuna per quel presidente che non era un… bolscevico! («Avanti!», 6 dicembre 1919) 

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