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29 FEBBRAIO 1920 – SCUOLE DI CORSO DI PORTA ROMANA/PIAZZA MISSORI

Attacco delle forze dell’ordine durante il comizio della Lega Mutilati

Dove? Scuole di Corso di Porta Romana, 10/Piazza Missori

Soggetti coinvolti: socialisti, Lega Proletaria dei mutilati, carabinieri

Arresti: Nessuno formalizzato

Feriti:

Nella cronaca si parla di diversi feriti, ma è registrato solo il nome di:

  • ● Maria Zanchi, 41 anni, madre di un caduto durante il conflitto mondiale, ferita e dichiarata guaribile in 10 giorni.

Vittime:

  • ● Stefanoni Angelo, 42 anni, residente in Viale Vittoria, 23, reduce di guerra e tramviere, morto per le ferite di arma da fuoco
  • ● Franzini Pasquale, 30 anni, residente in via Bergamo, 6,  invalido di guerra e agente postale, morto per le ferite di arma da fuoco

Il comizio nella palestra delle Scuole di Porta Romana riesce affollatissimo. La Lega Proletaria vuole illustrare la proposta di memoriale presentata al Governo. Ma anche sensibilizzare la cittadinanza in merito alle misere condizioni in cui versano molti ex combattenti e le loro famiglie: la scarsa assistenza statale, le difficoltà a trovare un lavoro e a reintegrarsi nella società dopo gli anni del conflitto. Hanno portato come testimonianza sé stessi, i corpi martoriati dalle schegge delle bombe, le protesi, le vedove e le madri che hanno perso i loro affetti. 

Milano ha risposto in maniera accorata alla convocazione. La palestra è gremita e molti sono costretti a rimanere fuori. Ma ancora più imponente è la mobilitazione delle forze dell’ordine. Le scuole di Corso Romana sono circondate di cordoni di carabinieri, e già prima dell’inizio del comizio si registrano provocazioni. 

In un crescendo di concitazione, mentre si avviano all’uscita i partecipanti sono duramente insultati dai carabinieri. Nel tentativo di sgomberare al più presto la strada, gli agenti spingono e percuotono anche i mutilati. Alcuni invero si rifiutano di caricare, disobbedendo agli ordini del commissario Sedelmayer, e anzi tentano di esprimere la loro solidarietà agli ex combattenti. Ma l’atteggiamento prevalente è violento e aggressivo, e per questo molti tentano di ripararsi salendo sui tram incolonnati in corso di Porta Romana. 

Uno di questi è bruscamente bloccato da un drappello di carabinieri allo sbocco di Piazza Missori. Il conducente Angelo Stefanoni, anch’egli reduce di guerra, alza immediatamente le mani per mostrare di non avere cattive intenzioni, ma la situazione precipita in un batter d’occhio. I carabinieri sparano numerosi colpi in direzione della carrozza traboccante di ex combattenti, ferendo gravemente il tramviere e un postino mutilato di guerra, Pasquale Franzini. I due muoiono poche ore più tardi presso la Guardia Medica di via Cappellari, dove vengono stati portati d’urgenza dopo la sparatoria. 

La popolazione è sconcertata. Gli onorevoli Repossi e Beltrami cercano di raggiungere la Questura per denunciare l’accaduto, ma sono fronteggiati da un gruppo di carabinieri. Repossi viene bastonato da un maresciallo, mentre Beltrami trova rifugio in un portone di un’abitazione privata per sfuggire al manganello. Il questore Gasti, messo al corrente dell’accaduto, ha assicurato alla commissione di protesta – tutta spiegazzata per le legnate – che gli assassini sarebbero stati posti immediatamente in arresto, e il maresciallo ritirato dal servizio. Le giustificazioni vertono attorno alle poche mele marce. 

Appena la notizia della morte dei due lavoratori si diffonde, i tranvieri fermano le carrozze in segno di protesta. A sera, le associazioni dei lavoratori dichiarano uno sciopero generale di 24 ore. Milano deve fermarsi per il sangue versato.

Angelo Stefanoni, «Avanti!», 3 marzo 1919 (Digiteca della Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea, Roma)

Armando Borghi, Mezzo secolo di anarchia (1989-1945), Gwynplaine, Camerano 2015, pp. 235-236

Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista. 1919-1922, Feltrinelli, Milano 2003, p. 285

Paolo Mencarelli (a cura di), Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia, Biblion Edizioni, Milano 2019, pp. 162-169

Un eccidio di cittadini a Milano. La vibrante protesta del sentimento popolare; Le “gaffes” questurinesche del giornalone, «Avanti!», 2 marzo 1920

Un’agitata giornata. Gli anarchici provocano il proseguimento dello sciopero generale; Lo sciopero generale di Milano. Un manifesto dei mutilati, «Avanti!», 3 marzo 1920

Il Fascio di Combattimento e lo sciopero generale, «Il Popolo d’Italia», 2 marzo 1920

Un eccidio di cittadini a Milano. La vibrante protesta del sentimento popolare. Episodi. Il pubblico comizio indetto e tenuto domenica a Milano dalla Lega proletaria mutilati, invalidi, reduci e vedove di guerra, per agitare di fronte al paese le … e legittime rivendicazioni di questi miseri avanzi, di questi tronconi cotanto trascurati, dopo il servizio e il sacrificio, dall’arricchita borghesia in genere e dal Governo in particolare, aveva raccolto, come doveva, la simpatia e la solidarietà unanime della cittadinanza. […] All’imponente comizio, in cui gli autentici reduci mutilati e invalidi di guerra, anche in divisa militare, erano innumerevoli, non occorreva proprio tutto lo sfoggio … e provocatore dei carabinieri [parole censurate] di cui l’ha voluto circondare l’autorità politica milanese. Perdio, un po’ di buon senso, un po’ di senso di opportunità, se non altro! O che temevano, signori, dai quei poveri …, da quei poveri zoppi, da quei poveri demoliti? […] La nostra cronaca è la fotografia fedele dello svolgersi dei tragici e mostruosi avvenimenti seguiti al comizio. […] Non un bastone, non un sasso, non un grido, non un canto. Non la solita e del resto incruenta ed innocua pressione della folla. Niente. Soltanto un tramvai pieno di reduci mutilati, di donne e di bambini, di pacifici cittadini, che segue il suo binario… a passo d’uomo. E improvvisamente, sena ombra la più lontana di …, senza intimazione, senza niente, la furia della mitraglia regia e borghese contro l’innocente tramvai. […] La cronaca. Ancora una volta sangue proletario. Ancora una volta il proletariato milanese è costretto ad incrociare le braccia per protestare contro la follia omicida della forza pubblica. Protestare? […] I lavoratori non hanno che una sola protesta veramente vigorosa da fare: quella di stringere ancor più saldamente le loro fila e di prepararsi con tenace volontà e con maturata coscienza, al grande giorno della riscossa che dovrà decisamente por fine ad uno stato di cose che è ormai ridotto all’intollerabile. Quello che è avvenuto domenica conferma ancora una volta come lo stato d’animo – chiamiamolo così – dei carabinieri, delle guardie, degli aggiunti, dei delegati, degli ufficiali della «Benemerita», ecc., sia di tale natura da escludere in modo assoluto che questa gente possa mantenersi calma di fronte alle manifestazioni operaie e sovversive. D’altra parte l’autorità politica fa sempre del suo meglio per dimostrarsi impari alla gravità della situazione ed anzi sembra che essa non l’avverta nemmeno questa gravità della situazione ed anzi sembra che ess non l’avverta nemmeno questa gravità. Infatti perché inviare tanta forza pubblica ad un comizio che non poteva avere in modo certissimo un’eco clamorosa in Piazza del Duomo, il tempio che non dev’essere contaminato dalle folle operaie mentre lo si lascia quasi ogni giorno insozzare dai giovanotti capitanati dai … e dai noti mantenuti di non meno noto e ormai tramontate celebrità liriche? E perché si mandano nelle dimostrazioni i carabinieri … armati di mitraglia, di pugnali e di randelli? E perché si permette ad ufficiali del R. Esercito d’intromettersi in tutte le dimostrazioni in piazza in qualità di agenti provocatori? Chi era, per esempio, quel tenente colonnello degli alpini che si è intrufolato in mezzo ai comizianti e che poi si è mostrato impettito e provocante alla testa di un forte nerbo di borghesi? Chi era questo signor colonnello e chi erano soprattutto quei signori che egli capitanava? Erano agenti od erano volontari della Guardia bianca? È quanto desideriamo, vogliamo sapere e che sapremo? Ci sono ancora troppe incognite nel servizio di P.S. a Milano; ed è ancora troppa gente che non è sicura per l’ordine pubblico nemmeno quando è in galera, che pur compare sempre in tutte le dimostrazioni spavaldamente armata e che noi non intendiamo più tollerare. A buon intenditor… Il comizio. Veniamo pertanto alla cronaca dei sanguinosi fatti di domenica. La Lega Proletaria fra mutilati, invalidi, tubercolotici, reduci, vedove ed orfani di guerra, aveva indetto un comizio pubblico per illustrare alla cittadinanza il memoriale presentato al Governo dalla Lega stessa. Prima delle ore 14, sul Corso Romana e più precisamente nei pressi delle Scuole poste al n. 10, incomincia ad affluire la folla che in gran parte si dimostra composta dai reduci di guerra. Alle 14.30 arriva un primo gruppo di mutilati di guerra; vi sono dei senza braccia, senza gambe, ciechi, ecc. Che cosa fanno di male costoro? Nulla, assolutamente nulla. Cantano «Bandiera Rossa» e si avviano verso il cortile dove si deve tenere il comizio. Ma i carabinieri mordono il freno, non ne possono più, debbono sfogarsi e lo fanno gettandosi [CENSURA] sopra quel gruppo di mutilati di guerra percuotendoli. La scena è disastrosa, insopportabile: da ogni parte si elevano proteste. Un tenentino dei carabinieri – che è alla testa del plotone di servizio davanti all’ingresso delle Scuole – al colmo dell’eccitazione e dell’incoscienza grida «Cento per volta ne faccio ammazzare di queste canaglie!». (A proposito: che provvedimenti intende pigliare la signora autorità politica nei riguardi di questo disgraziato?). Gli incidenti si succedono agli incidenti: la situazione sembra aggravarsi. Alcuni compagni, fra i quali vediamo Bensi, Mazzola, Corbella, Bastiani, Frigoli ed altri, si adoperano per indurre il commissario Sedelmayer a fare allontanare il plotone dei carabinieri. Non appena questo avviene la folla si riversa nel cortile ed il comizio è aperto. […] Il comizio è proceduto tranquillo. Fuori invece sono avvenuti continuamente incidenti. Si dice che tre ufficiali della Guardia Regia siano stati inseguiti e percossi da un gruppo di dimostranti. La notizia ci è poi confermata. L’eccidio. La folla, terminato il comizio, si avvia lentamente verso l’uscita. Qualche gruppo di giovani intona i nostri inni. Nulla però che possa in qualche modo giustificare l’assalto che il solito plotone di carabinieri compie contro i primi che escono sulla strada. La ferocia dei monturati è indicibile. Essi percuotono senza ritegno anche i mutilati. A questo fatto si deve se molti dei dimostranti cerano scampo alla violenza poliziesca prendendo d’assalto alcuni trams che erano rimasti fermi davanti al luogo del comizio. Il trams si muovono lentamente e si avviano verso Piazza Missori. Intanto il commissario Sedelmayer fa avanzare la cavalleria, la quale compie una prima carica. I soldati sono ammirevoli: trattengono i cavalli e stringono la mano ai mutilati. [CENSURA] Sono già passati a traverso i primi cordoni alcuni trams: eco avanzarsi quello guidato dal manovratore Stefanoni Angelo, d’anni 42, reduce di guerra, che a passo d’uomo segue le altre vetture, già passate. Giunto all’altezza del Corso Italia, proprio all’imbocco di Piazza Missori, un gruppo di carabinieri sardi fa per opporsi alla marcia della vettura. Lo Stefanoni leva le mani in alto come per dimostrare che egli non manovra. Ad un tratto, fulmineamente i carabinieri impugnano le armi e sparano a bruciapelo colpi a mitraglia contro lo Stefanoni. Si odono diversi spari seguiti da grida di dolore e di spavento. Molte donne, fuggono e così fanno molte altre persone. Il grosso della folla invece si stringe sempre più dappresso alla carrozza tramviaria e si divide in due colonne, onde dar modo ad alcuni compagni nostri di raccogliere i feriti e di trasportarli alla vicina Guardia Medica di via Cappellari. I feriti sono: Stefanoni Angelo fu Luigi, di anni 42, reduce di guerra, tramviere, ferita d’arma da fuoco, gravemente. Franzini Pasquale, invalido di guerra, di anni 30, agente postale, ferito gravemente. Una donna, madre di un morto in guerra, di anni 41, Zanchi Maria, ferita, è guaribile in 10 giorni. Lo Stefanoni ed il Franzini appaiono subito gravissimi. Il loro ricovero all’ospedale avviene d’urgenza. La folla è costernata, esasperata. La situazione minaccia di diventare gravissima. Beltrami, Repossi ed altri si recano in commissione dal questore per protestare. Giunti all’altezza di via Rastrelli – dopo aver già imboccata la piazza del Duomo – i nostri compagni venivano affrontati da un altro gruppo di carabinieri. Un maresciallo – non nuovo a certe imprese – colpisce Repossi con una piattonata. Beltrami, Bastiani ed altri protesta vivacemente contro i monturati che sembrano aver perduto completamente il bene dell’intelletto. Finalmente la commissione può giungere in Questura. I provvedimenti presi dall’autorità. Il comm. Gasti viene minutamente informato di quanto è accaduto ed accade in piazza per opera dei carabinieri e di alcuni funzionari. Il questore – come sempre accade – dice di aver dato ordini precisi e deplora – come più tardi ha fatto il prefetto – che per l’eccesso di alcuni militi siano avvenuti fatti … Aggiunge che coloro che hanno sparato sono due soldati aggiunti ai carabinieri che – sempre stando alle dichiarazioni del questore – non erano neppure di servizio in quel luogo. Costoro sono stati subito posti in istato di arresto e deferiti all’autorità giudiziaria. In quanto al maresciallo che ha percosso Repossi, è stato subito ritirato dal servizio. Ma tutto questo è … relativamente. Due incoscienti o tre, colpevoli di omicidio, denunciati all’autorità giudiziaria non impedirà a guardie ed a carabinieri di commettere altri delitti. È ormai una situazione di fatto creata dalla guerra, incoraggiata, stimolata dal brigantaggio politico-militare e le conseguenze di questo atto di fatto pesano tutte su coloro che le hanno create e volute. Noi di fronte ad una situazione come questa non abbiamo che un solo dovere: difenderci e difendere il proletariato. Ed è quanto faremo, unendo di tutte le nostre forze e non basandoci sull’effetto di uno sciopero di protesta, ma rendendo sempre più palese e reale agli occhi ed alla coscienza del proletariato la gravità dell’ora presente e i doveri dei socialisti per superarla vittoriosamente e con mezzi propri. La versione di un testimone oculare. Il cittadino Rampi Angelo, abitante in via Rosolino Pilo 24, ci ha dato dell’infame eccidio compiuto dai carabinieri la seguente versione: «Mi trovato nella carrozza tramviaria n. 23 diretto in piazza del Duomo. All’imbocco di piazza Missori, avendo i soldati lasciato passare la vettura tramviaria, un nucleo di carabinieri – comandato da un tenente biondo – si scagliarono contro la carrozza e battendo con i calci dei fucili volevano imporre al conducente di fermare. Siccome però altre vetture spingevano dal di dietro era assolutamente impossibile fermare subito. Allora senza che nessun grido, nessun gesto fossero partiti dalle persone, tutti i carabinieri si misero a sparare contro il davanti della vettura. In questa si trovavano parecchie donne le quali gridavano dallo spavento. Fu allora che vidi il manovratore cadere ferito.» Il Rampi afferma che non vide mai tanta brutalità e accanimento contro la folla da parte della polizia. Degno di nota il fatto che due allievi carabinieri dopo aver sparato il primo colpi non furono più capaci di ricaricare il fucile. La morte di due tra i feriti. Durante la notte lo Stefanoni e il Franzini si sono aggravati e verso le prime ore di lunedì hanno cessato di vivere. Tale notizia ci riempi di dolore e di costernazione. Davanti alle salme delle due nuove vittime della ferocia monturata ci inchiniamo commossi ed inviamo alle famiglie colpite da tanto lutto le nostre affettuose e sentitissime condoglianze. Lo sciopero generale proclamato. Non appena i tramvieri ebbero notizia dell’eccidio abbandonarono il servizio su tutte le linee. Alla sera si riunirono in comizi rionali e decisero d’astenersi dal servizio in segno di protesta e ad essi si è unito tutto il proletariato milanese con deliberazione presa nella serata stessa dalle Organizzazioni … e dal Partito Socialista. («Avanti!», 2 marzo 1920)

Le “gaffes” questurinesche del giornalone. Il Corriere della Sera ha la pretesta d’essere in signore della cronaca obiettiva e quasi perfetta. I fatti però non sono di questo parere. Ecco qua: «Dal portone delle scuole i carabinieri in servizio d’ordine, fatti oggetto di motteggi e di scherzi, vennero ritirati: ma ciò non vale a placare le ire di un manipolo di anarchici e teppisti, quelli che non mancano mai alle dimostrazioni e sono gli aizzatori di conflitti i quali rimasero sull’ingresso a far baccano». No, caro signore, della cronaca ad uno della borghesia e dei fanatici, non è proprio così. C’è una piccola variante, e cioè: i carabinieri di servizio davanti all’ingresso del portone delle scuole di Corso Romana – senza motivo alcuno – assalirono un gruppo di mutilati in divisa e lo percossero violentemente. Da questo semplice fatto scaturì l’indignazione di una parte dei dimostranti contro i carabinieri; ma bastò l’intervento di alcuni «pompieri» –  così sono chiamati quelli che vedono tutta l’assurdità di certe proteste a base di parole più o meno parlamentari – per ottenere l’allontanamento del plotone dei carabinieri e quindi la fine del «motteggio», come lo definisce il … e informatissimo organo di tutti e di nessuno. Più già, sempre il Corriere, narrando del tragico eccidio – e on conflitto – così si esprime, dopo aver detto che il povero Stefanoni rifiutò di fermare la vettura: «Ne nacque un tafferuglio attorno al tram, i cui vetri andarono in frantumi: volavano anche dei pezzi contro i carabinieri. Ad un tratto echeggiarono alcuni spari seguiti da altri. I carabinieri facevano fuoco perché – hanno affermato – dalla folla erano partiti colpi di rivoltella al loro indirizzo». Ah truffantelli! Colle mani nel sacco, eh? Voi non raccogliete informazioni precise e obiettive, ma andate alla fonte incriminata: dai carabinieri. Benone, non ci stupisce: quello che ci stupisce è che voi vogliate essere più realisti dei re, cioè difendere dei colpevoli già ritenuti tali anche dalle autorità politiche. Ma voi non fate la cronaca ad uso del proletariato… e quindi tutto si spiega.[…] L’ultima: «Altri incidenti avvennero in via Cappellari, davanti alla Guardia Medica, fra dimostranti e non dimostranti. Dei primi, il segretario della Sezione socialista di Milano, l’on. Luigi Repossi, si beccò una bastonata, mentre l’on. Beltrami scansò le botte riparando in una casa vicina». Ma dove prende le sue informazioni il Corriere della Sera? Di quanto sopra è detto non vi è una parola di vero! […] Deposizioni schiaccianti. Dalla Sezione postelegrafonica riceviamo: «Caro Avanti!, dalle deposizioni raccolte dal compagno …, che si trovava nella piattaforma della carrozza numero 23, insieme al portalettere ucciso Franzini, e proprio alle spalle del manovratore Stefanoni, risulta che lo Stefanoni fermò immediatamente la vettura appena avuta l’intimazione dai carabinieri provenienti dal Corso Italia. Dopo la rottura dei vetri, mentre uno dei carabinieri salito sul respingente faceva fuoco a bruciapelo sul povero tramviere, gli altri avvicinatisi alle aperture laterali scaricavano le armi in direzione dell’interno della vettura. Altro testimone oculare è il portalettere … e l’impiegato … Ringraziando, Borrelli. («Avanti!», 2 marzo 1920)

Un’agitata giornata. Gli anarchici provocano il proseguimento dello sciopero generale. I fatti. La Camera del Lavoro e la Sezione socialista […] avevano deciso la ripresa del lavoro per ieri mattina. Infatti gli operai – ossequienti alla disciplina – si erano presentati alle fabbriche ed il lavoro era stato ripreso. La città aveva riassunto il suo aspetto normale e colla completa circolazione dei tram, la riapertura dei negozi, ecc. La cosa non ha incontrato la simpatia – diremo così perché non riteniamo questo il momento opportuno per far polemiche – del gruppo anarchico sindacalista, che si è decisamente opposto alla continuazione del lavoro nelle fabbriche ed alla circolazione dei tram. Ad evitare conflitti fra operai ed operai e per ragioni di evidente opportunità, i nostri compagni operai hanno abbandonato le officine pur non facendo proprio l’atteggiamento degli anarchici. In molti stabilimenti sono avvenuti incidenti che fortunatamente non hanno avuto gravi conseguenze, ed in altri si è lavorato a pieno. Gli anarchici hanno commesso anche violenze ai danni della Camera del Lavoro, provocando vivaci incidenti seguiti da pugilati e da qualche bastonata. […] L’accusa di tradimento era tutta l’argomentazione del gruppetto anarchico contro i dirigenti della Camera del Lavoro, che giustamente non potevano dare la … ad un voto di minoranza che proclamava la continuazione dello sciopero, e che per giunta cambiava aspetto e significato allo sciopero. Non pochi anarchici – nostri amici personali – conversando con noi, hanno convenuto che da uno sciopero generale di protesta […] non ci si può aspettare la rivoluzione e nemmeno una cosa più modesta. Il comizio all’Arena. Le autorità politiche avevano dichiarato che avrebbero proibito il comizio all’Arena indetto per le ore 15 dagli anarchici, e dai soci dell’Unione Sindacale. […] L’Autorità – dietro le insistenze di Borghi – ha dato il nulla-osta dietro assicurazioni che al comizio si sarebbe trattato della ripresa del lavoro. […] Errico Malatesta … affermando che egli ha sempre desiderato la concordia di tutti coloro che lavorano per la nuova umanità: ma intanto attacca vivacemente i dirigenti della Camera del Lavoro – che non sono presenti – e ripete le sue note opinioni contro il parlamentarismo e contro i deputati socialisti. Conclude affermando che egli non farà alcuna proposta, perché soltanto la massa dev’essere padrona della situazione e che per questo egli s’inchinerà a quanto crederà di fare la folla. È ora la volta di Armando Borghi, che naturalmente è ancora più… feroce di Malatesta contro i compagni che dirigono la Camera del Lavoro. […] E Borghi, sì proprio Borghi!, ha concluso il suo dire – vivamente contrastato – sostenendo che l’unica soluzione che oggi s’impone è la scissione fra anarchici e socialisti. […] La forza pubblica. Grande apparato di forza nella giornata di ieri a Milano. In ogni angolo della città vi furono truppe di riserva. Qua e là si verificarono incidenti non gravi. Numerosi piuttosto gli arresti fatti a casaccio, come in tutte le circostanze di grande fermento. La città sembra in stato d’assedio. Ovunque stazionano truppe e carabinieri. Anche le autoblindate fanno brutta mostra di sé nelle vie e sui bastioni. […] Un appello della Camera del Lavoro. LAVORATORI! Le vostre organizzazioni politiche ed economiche hanno deciso di far riprendere il lavoro! Non prestiamo il fianco a provocazioni interessante da qualunque parte esse vengano. Attraverso le vostre organizzazioni preparate le condizioni nuove che ci permettano, in un domani non lontano, la realizzazione dei nostri postulati. La disciplina è l’arma più formidabile. Tornando al lavoro voi date il più alto esempio della vostra maturità. Viva l’Organizzazione! LA COMMISSIONE ESECUTIVA, LA SEGRETERIA. N.B. Non uscite dagli stabilimenti se non dopo precisi ordini. («Avanti!», 3 marzo 1920) 

Lo sciopero generale di Milano. Un manifesto dei mutilati. La Lega Proletaria fra mutilati, invalidi, feriti e reduci di guerra ha diffuso il seguente manifesto: Cittadini italiani! I mutilati e i reduci di guerra, le vedove e i genitori dei caduti in guerra, denunciano a voi le gesta feroci del governo borghese. Le vittime della guerra, che languiscono nella miseria dopo aver dato il sangue e la loro giovinezza per la patria dei loro padroni, si erano riuniti pacificamente a comizio per innalzare la loro voce di protesta contro l’incuria del governo che non sa o non vuole assicurare loro nemmeno quel tozzo di pare e quel diritto alla vita che sino dai tempi più lontani il padrone assicurava allo schiavo. [CENSURA] Noi non possiamo credere che il governo ignori la gravità della situazione e non veda l’infamia crudele di questo atteggiamento. [CENSURA] Vittime della guerra! La reazione non prevarrà. Noi lotteremo compatti fino in ultimo per difendere la nostra vita, la vita delle donne e dei bambini e dei vecchi genitori dei nostri compagni caduti. La nostra agitazione deve continuare, deve svilupparsi ovunque più vibrante, sempre più decisa, fino a quando il governo non accoglierà integralmente le nostre richieste contenute nel memoriale del 5 gennaio scorso. [CENSURA] Compagni a noi, sotto la bandiera della Lega Proletaria che combatte per il diritto e le rivendicazioni dei martoriati della guerra. Il Comitato Centrale». Il Comitato centrale ha inviato il seguente telegramma al presidente del Consiglio dei Ministri: «Il Comitato Centrale della Lega Proletaria protesta per l’atto (censura) della polizia di Milano che, senza motivo alcuno, ha proditoriamente aggredito e ferito ciechi e mutilati di guerra, nonché e dove ed organi mentre si recavano al comizio regolarmente indetto, ed ha sparato uccidendo lavoratori inermi. Noi continueremo la nostra agitazione declinando responsabilità perché la nostra voce non venga strozzata dai nuovi … d’Italia spalleggiati da funzionari (censura). Il Comitato Centrale». («Avanti!», 3 marzo 1920)

Il Fascio di Combattimento e lo sciopero generale. […] Dopo breve e concorde discussione fu deciso di non prendere – allo stato delle cose – posizione di fronte allo sciopero generale, limitandosi a tenere raccolti nei locali del «Popolo d’Italia» tutti i fascisti milanesi per essere pronti alle eventuali complicazioni. Ai fascisti: In conformità alla surriportata deliberazione tutti i fascisti sono impegnati a trovarsi nelle ore mattutine e pomeridiane in via Paolo da Cannobio, 35. Il conflitto. […] Vari oratori […] avevano preso la parola, mentre nel cortile e all’ingresso delle scuole un gruppo turbolento interrompeva gli oratori, alcuni dei quali erano sembrati non abbastanza energici e rivoluzionari, e dava luogo d’altra parte al ripetuto intervento della forza pubblica che veniva dileggiata ed aggredita, tanto che un ufficiale delle guardie regie, aggredito e malmenato, era stato costretto a rifugiarsi nel portone della casa n. 15, da dove poi veniva condotto all’Ospedale Maggiore. Terminato il comizio la folla degli intervenuti si riversò sul corso, indirizzata verso la piazza del Duomo. Proprio in quel momento dinanzi alle scuole si erano fermate alcune vetture tramviarie, pare per un guasto al «trolley» accorso ad una vettura della linea 23. Così la folla respinta dalle prime cariche dei carabinieri e degli artiglieri a cavallo, e trattenuta da un cordone teso all’altezza di via Paolo da Cannobio, pensò bene di salire sulle vetture tramviarie ed arrivare, su di essere in piazza del Duomo. Per altra malaugurata combinazione, proprio in quel momento, un guasto verificatosi al «trolley» della vettura proveniente da via Bergamo si riparava, e tra le grida degli improvvisati tumultuanti e passeggeri le vetture si posero in cammino lentamente sboccando in piazza Missori, dopo aver attraversato a viva forza il cordone di truppe. Ma qui un funzionario di P.S. affrontò risolutamente lo strano corteo ingiungendo al manovratore della prima vettura di non procedere più oltre. Parole al vento. Dall’interno del tram partivano incitamenti a proseguire. Grida, sberleffi e ingiurie all’indirizzo della forza pubblica. Il funzionario volle far seguire alle parole qualche cosa di più energico: alzato il bastone mandò in frantumi il vetro posteriore della vettura. E scoppiò il conflitto. L’autorità afferma che in questo momento dall’interno della vettura partirono alcuni colpi di rivoltella ai quali fecero subito eco altri colpi partiti dalla forza. Immediatamente le vetture si vuotarono e la folla si allontanò precipitosamente per opposta direzione. Sulla prima vettura giacevano feriti il manovratore stesso a nome Angelo Stefanoni fu Luigi, d’anni 30, abitante in viale Vittoria, 23, e certo Franzini Pasquale di Gerolamo, abitante in via Bergamo 6, postelegrafonico. Lo Stefanoni aveva una ferita d’arma da fuoco con foto d’entrata alla cresta iliaca sinistra con arresto della pallottola nella regione sottostante; il Franzini è stato ferito d’arma da fuoco all’ipocardico sinistro. Altri feriti lievemente d’arma da fuoco da bastonate e da colpi di pietra erano tra gli agenti e i dimostranti. I due feriti gravi furono immediatamente trasportati alla Guardia medica di via Cappellari e quindi all’Ospedale Maggiore. La dimostrazione si spezzettò in tanti piccoli episodi, più o meno disgustosi e si protrasse sporadicamente fino a sera con qualche tentativo a riprendere la caccia selvaggia agli ufficiali incontrati isolatamente, come avvenne verso le 22 in piazza Cordusio. Ma niente di grave si ebbe a deplorare nella giornata. […] Una solenne bastonata si ebbe l’on. Repossi ed un’altra ne ebbe pure l’on. Beltrami durante un tafferuglio in via Cappellari avvenuto poco dopo lo scontro di piazza Missori. I due onorevoli si recarono in questura a protestare. […] Strane richieste dei tranvieri. […] Alcuni rappresentanti dei tranvieri si sono recati a palazzo marino per esporre al sindaco alcuni desiderata della classe. Il sindaco ha ricevuto la Commissione ed ha udito l’esposizione delle richieste che si riducono alle seguenti: rilascio per tutti i tranvieri del porto d’arme, e ciò non in dipendenza degli incidenti di ieri, ma per ragioni di sicurezza personale per le condizioni in cui si svolge il loro servizio specie nelle ore notturne e ai capi linea suburbani infestati dalla teppa; vietato il transito gratuito sulle vetture dei funzionari e agenti della fora pubblica, questura e regia guardia; abolizione del servizio notturno che è stato appena iniziato in via di … . Nella discussione seguita, queste richieste dei tranvieri sono state alquanto temperate per l’insistenza stessa del sindaco che ha richiamato alla realtà i membri della Commissione operaia. Per quanto riguarda il porto d’armi furono apportate modificazioni nel senso che non siano ostacolate dalla questura le domande individuali […]. Per il divieto di circolazione degli agenti si decise di soprassedere allo scopo di evitare nell’attuale stato d’animo incidenti spiacevoli. Il sindaco si riservò di esaminare i risultati dell’esperimento notturno e provvedere in seguito. («Il Popolo d’Italia», 2 marzo 1920)

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