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20 SETTEMBRE 1919 – VIALE LOMBARDIA

Aggressione fascista durante l’occupazione delle fabbriche

Dove? ditta Bottali, viale Lombardia 108

Soggetti coinvolti: socialisti, forze dell’ordine, fascisti

Arresti: Nessuno

Feriti: Nessuno

Vittime:

  • Eugenio Agrati, 21 anni, operaio della ditta Bottali, residente in via Melzo 4, morto per le ferite d’arma da fuoco riportate

Approfondimento:

In una città sul piede di guerra, le fabbriche sono occupate e gli animi esasperati dalla tensione. Tutta l’attenzione di Milano è rivolta alle maestranze in sciopero. Gli stabilimenti sono costantemente presidiati dalla guardia rossa, per garantire che tutto proceda secondo gli ordini e non si verifichino incidenti. 

È il 20 settembre quando, intorno alle 4 di notte, gli operai posti a guardia dello stabilimento di strumenti musicali della ditta Bottali in viale Lombardia sono ridestati da rumori provenienti dalla strada. Sembrano i lamenti di un uomo che chiede aiuto. I ragazzi si precipitano fuori, ma immediatamente si rendono conto di essere stati vittime di un’imboscata. Reduci dell’addestramento militare, si lanciano a terra, per evitare i colpi di mitraglia sparati da alcuni individui emersi da cespugli ai lati della strada. 

Nel conflitto a fuoco un giovane di appena 21 anni, Eugenio Agrati, viene ucciso. Il corpo, trapassato da dodici colpi di proiettile, rimane al suolo finché il suono della sirena all’interno della fabbrica non dà l’allarme e gli aggressori fuggono indisturbati nella notte. 

La Questura e i carabinieri forniscono versioni contrastanti dell’accaduto. La polizia sostiene che non sia stata un’imboscata, ma una reazione di carabinieri appostati per scovare ladri, in una zona dove notoriamente si verificano rapine e violenze. I carabinieri invece dichiarano di essersi imbattuti in un gruppo di giovani armati a cui, dopo aver intimato l’alt, hanno sparato colpi di moschetto. 

Gli operai coinvolti loro malgrado nello scontro sono sicuri invece che gli aggressori siano borghesi. Riferiscono che uno di loro, prima dell’incidente, è stato fermato da due arditi e un giovane in abiti civili, e tempestato di domande, prima di esser lasciato libero. 

Sebbene vi siano forti sospetti che una delle solite squadre fasciste abbia macchinato un’aggressione contro gli operai in sciopero, il Popolo si affretta a validare la versione dei carabinieri, senza rispetto nei confronti di un giovane lavoratore ucciso: ma proprio uno stabilimento dove si fabbricano corni o trombette avrebbero scelto i fascisti per iniziare la temuta offensiva?

Renzo Del Carria, Proletari senza rivoluzione. Storia delle classi subalterne italiane dal 1860 al 1950 (vol. II), Edizioni Oriente, Milano 1970, pp. 99-111

Paolo Mencarelli (a cura di), Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia, Biblion Edizioni, Milano 2019, pp. 162-169

Pietro Nenni, Storia di quattro anni, 1919-1920. Crisi del dopoguerra e avvento del fascismo al potere, SugarCo Edizioni, Milano 1976, pp. 109-110

Paolo Spriano, L’occupazione delle fabbriche. Settembre 1920, Einaudi, Torino 1964, pp. 49-52

Nell’ombra; Una brigantesca imboscata. Operai presi a colpi di mitraglia, «Avanti!», 21 settembre 1920

I funerali del compagno Agrati, «Avanti!», 22 settembre 1920

Un fantastico agguato fascista. Operaio ucciso in uno scontro con i carabinieri. Si accusa e si sequestra un fascista – I sistemi della “Ceresviciaica”. Lo scontro, «Il Popolo d’Italia», 21 settembre 1920

Nell’ombra. Abbiamo pubblicato altra volta come proceda, per parte di certi sicari, l’ingaggiamento di giovinetti, soprattutto appartenenti alla «strada», ai quali poi si affidano mansioni… delicate come quella indimenticata e indimenticabile di Lodi. Il grosso dell’ingaggiamento è fatto però per l’invio del materiale umano «di ricambio» alla Perla del Quarnaro. I presi di mira sono di preferenza giovani di 16 e di 17 anni. L’età in cui lo spirito è più facilmente suggestionabile tanto alle buone come alle cattive imprese. […] I veri colpevoli sono coloro che agiscono nell’ombra – magari coll’ausilio di qualche commissario di P.S. – e che parlano agli spiriti accesi dei sedicenni. Sono gli «assoldatori» che armano la mano di questi irresponsabili, sono gli assoldatori che riempiono di ricco odio l’anima di questi giovani colla rievocazione di fatti di guerra; colla diffamazione di partiti e di uomini, sono insomma coloro che agiscono nell’ombra che spingono l’assoldato alla violenza contro l’individuo, all’atto collettivo e brigantesco contro una istituzione proletaria e socialista. […] Una brigantesca imboscata. Operai presi a colpi di mitraglia. […] In viale Lombardia trovasi lo stabilimento Bottali per la fabbricazione di strumenti musicali. Lo stabilimento è occupato dalla maestranza. L’altra notte, verso le quattro, le sentinelle di guardia hanno udito alcuni lamenti provenienti dalla strada. Era la voce di un uomo che invocava soccorso. Sono usciti subito cinque operai che si sono diretti verso il luogo da dove provenivano i lamenti. Avevano appena fatto cinquanta mentre verso il luogo accennato, dove crescono alti cespugli, che hanno visto alzarsi, da una parte e dall’altra della strada, dei gruppi di individui armati di moschetto. I cinque operai – reduci della trincea – alla vista dei moschetti, hanno subito intuito che si trattava di una imboscata tesa contro di loro e si sono gettati subito a terra, meno uno: Agrati Eugenio della classe ’99. Contemporaneamente una … scarica di fucileria veniva diretta contro di essi da parte dei sicari. L’Agrati emetteva un urlo altissimo e cadeva bocconi per terra. Nell’interno della fabbrica si aveva pertanto la sensazione di quanto avveniva fuori e si dava il segnale d’allarme. All’urlo della sirena dello stabilimento Bottali, rispondevano quasi immediatamente le sirene di tutti gli stabilimenti vicini. Vedette e gruppi di operai si dirigevano subito verso il viale Lombardia, iniziando un’accurata e appassionata caccia ai sicari. I quali si erano dati alla fuga in gruppo compatto. Sì, in gruppo compatto, ciò che fa pensare che fra le pattuglie dei carabinieri e delle guardie regie in servizio da quelle parti ed i sicari, vi siano rapporti tutt’altro che… tesi. E questa nostra ipotesi è avvalorata da certe informazioni che abbiamo raccolte sul posto e che all’occorrenza pubblicheremo. Dopo la scarica di fucileria e dopo la fuga dei sicari, alcuni compagni raccolsero il povero Agrati che non dava più segno di vita e lo portarono allo stabilimento. Provvidero poi a chiamare d’urgenza i pompieri che trasportarono il ferito all’Ospedale Maggiore dove fu immediatamente sottoposto alle cure del caso. Il suo corpo è trafitto da ben 12 ferite, il che fa supporre che i briganti abbiano sparato a mitraglia. Per quanto i chirurghi affermino trattarsi di proiettili di piccolo calibro, lo stato dell’Agrati è gravissimo. La notizia dell’agguato si è sparsa rapidamente nelle fabbriche … e negli ambienti operai, ed ha sollevato vivissima indignazione. La versione della Questura… La Questura da del fatto una versione assai strana. Mentre non esclude che possa trattarsi di sicari, racconta che da quelle parti vi sono molti ladri e che perciò tutte le notti vi vengono scaglionati dei pattuglioni di carabinieri, con agenti investigativi e commissari. Siccome il povero Agrati è stato ferito da pallottole a mitraglia, può darsi – così dice la Questura – che il colpo sia partito dal moschetto e dai moschetti dei carabinieri appostati (nessuno dei cinque operai dice d’aver visto fra i due gruppi che hanno sparato carabinieri) nelle adiacenze dello stabilimento Bottali per dar la… caccia ai ladri. Una versione del genere la Questura cercò di dare anche quando furono tirate le revolverate contro l’edificio dell’Avanti! Non passò però nemmeno una giornata che la versione in parola si dimostrò infondata e che vennero alla luce particolari tali da dimostrare in modo tassativo che le revolverate erano partite da una casa di una certa via, via nella quale abitano certi sicari, ecc., ecc. Ad ogni modo, anche a voler tener conto delle contraddittorie notizie uscite dal palazzo di S. Fedele – c’è da domandarsi per quali motivi i carabinieri e compagni avrebbero preparata la imboscata contro gli operai del Bottali e perché mai, poi, sarebbero scappati! La gravità del fatto – che è costato la vita ad un giovane operaio – richiede luce ampia e completa. …e quella dei carabinieri. I carabinieri che hanno fatto parte del pattuglione – di cui è cenno nella versione della Questura – hanno dichiarato ad alcuni giornalisti d’essersi imbattuti, dopo le cinque, con un gruppo d’individui armati, ai quali hanno intimato l’alt, ma hanno avuto come riposta dei colpi di rivoltella. I carabinieri hanno risposto a colpi di moschetto. Ahi, ahi, la versione della Questura fa, come si vede, ai pugni con quella dei carabinieri ed il mistero, fra l’una e l’altra, e la nostra, presa sul posto e raccolta dalla viva voce degli operai, è tutt’altro che… impenetrabile! Non v’è chi non lo veda. Confermiamo la versione da noi data ieri, nella nostra edizione speciale, tanto più che a suffragarla sono … le versioni contraddittorie e questurinesche (la Questura si affanna in modo strano, stranissimo, a far apparire come autori dell’imboscata i carabinieri, mentre questi, almeno fino a ieri, negarono decisamente d’aver sparato e d’esser stati presenti al fattaccio che è costato la vita all’operaio Agrati) dei giornali borghesi. Gli operai dello stabilimento Bottali insistono nell’affermare che i due gruppi che hanno sparato erano composti di borghesi, e che di carabinieri non ne hanno visti. Di più, aggiungono, che dopo avvenuto l’eccidio, mentre la sirena fischiava, udirono distintamente alcuni degli assassini gridare: «Fate pure fischiare la sirena, tanto quello che volevamo fare è ormai fatto!». Se, dunque, come desidera, stranamente desidera la Questura, si tratta di carabinieri, o di … ladri, sarebbe non curioso, ma doveroso, che la cittadinanza avesse una chiara e precisa spiegazione della frase oscura e cinica che sopra abbiamo riportato. Attendiamo che altri parlino per vedere se la nostra versione dovrà essere modificata. Dubitiamo, però, che aspetteremo un pezzo!… E questa come si spiega? Prima che avvenisse l’efferato eccidio, tre individui – due in tenuta da arditi e l’altro in borghese – con moschetti spianati, diedero l’alt al compagno Pierpaoli Alessandro, che transitava per viale Lombardia per rincasare. Alla ingiunzione di farsi conoscere, il nostro compagno rispose di essere un … [non si legge] che ti trattasse di guardie rosse. Ma dopo, [non si legge] e trovandosi in istato di inferiorità, dovette spacciarsi per un industriale. Ma i tre sicari non si accontentarono di questa dichiarazione, e tempestarono il nostro compagno di molte altre domande, sino a chiedergli conto della… cravatta alla … che il Pierpaoli porta al colletto. Fu rilasciato dopo non poco tempo. La morte dell’Agrati. Alle ore 20 di domenica è spirato, fra indicibili sofferenze, il povero Agrati, fra la costernazione dei fratelli che si trovavano presso il letto di dolore della vittima dell’infame imboscata. Alla famiglia, ai compagni di lavoro, l’Avanti!, la Camera del Lavoro e la Sezione socialista porgono le più sentite condoglianze. I funerali dell’operaio Agrati. Il comitato della locale Sezione della F.I.O.M. comunica che oggi, alle ore 15, avranno luogo i funerali dell’operaio Eugenio Agrati ucciso nella infame imboscata compiuta davanti allo stabilimento Bottali. Il corteo funebre si muoverà all’Ospedale Maggiore per il Cimitero Monumentale. Sono invitate a partecipare alla manifestazione di cordoglio tutte le Commissioni interne degli stabilimenti metallurgici, tutti i compagni operai disponibili e le Organizzazioni sindacali sovversive con bandiera. («Avanti!», 21 settembre 1920)

I funerali del compagno Agrati. Alle ore 15 hanno incominciato ad affluire all’Ospedale Maggiore gruppi e gruppi di operai e di compagni con numerosi vessilli per partecipare al trasporto funebre del povero Eugenio Agrati caduto vittima dell’infame imboscata consumata davanti allo stabilimento Bottali. Verso le 15.30 il corteo, preceduto da un gruppo di ciclisti rossi e dal Gonfalone della Camera del Lavoro, si è messo da via Ospedale incamminandosi per via Osti e percorrendo il corso di P. Romana, si è portato alla stazione delle tramvie funebri di P. Romana. Qui hanno dato l’espremo saluto alla salma del compagno […]. Sul carro funebre abbiamo notato quattro bellissime corone della famiglia, dei coinquilini, dei compagni di lavoro e dell’organizzazione. Anche la Ditta Bottali aveva inviato una corona di fiori; ma la famiglia del povero morto – che ha seguito a piedi il feretro fino al Monumentale – e compagni della C. della Ditta stessa hanno rifiutato i fiori inviati dai Bottali per delle giustissime ragioni che non importa rendere pubbliche. («Avanti!», 22 settembre 1920)

Un fantastico agguato fascista. Operaio ucciso in uno scontro con i carabinieri. Si accusa e si sequestra un fascista – I sistemi della “Ceresviciaica”. Lo scontro. Nella notte fra il sabato e la domenica scorsa un pattuglione di carabinieri in perlustrazione lungo viale Lombardia si imbatteva in un gruppo di individui sospetti, ai quali fu intimato il fermo. L’ingiunzione dei carabinieri fu accolta, dall’altra parte, con una scarica di revolverate che ebbe pronto e salutare riscontro con un contrito fuoco di moschetteria da parte dei birri. Lo scontro avveniva nei pressi dello stabilimento Bottali, dove si fabbricano istrumenti musicali e che è, naturalmente, occupato dalle maestranze. Lo stabilimento è posto al numero 108 del viale Lombardia. I carabinieri non si accorsero di aver ferito alcuno, né avvertirono niente di anomalo quando, più tardi, passarono dinanzi allo stabilimento Bottali. Allucinazione? Ma ben diversamente è raccontato il fatto dagli operai di guardi alla fabbrica di strumenti musicali e non [non si legge] Agrati Eugenio, di anni 30, dimorato in via Melzo 4, facente parte della maestranza che occupa lo stabilimento Bottali, era a terra mortalmente ferito con ben dodici proiettili nel corpo. Dietro a cinque operai di guardi allo stabilimento, fra i quali si trovava il ferito, che verso le ore 4 la loro attenzione fu attratta da un gruppo – dicono – di una cinquantina di persone che sembravano come in agguato poste poco distanti dal fabbricato. Fu dato il solito allarme con le sirene e furono sparati contro le ombre intraviste alcuni colpi di rivoltella. Dal viale – raccontano sempre gli operai – venivano dei gemiti, allora i cinque di vedetta uscirono dirigendosi verso il luogo donde sembrava venissero i lamenti. Ma appena fuori li investì una scarica di colpi di moschetto. E fu allora che [non si leggono cinque o sei righe]. L’arresto del fascista. […] Deve essere avvenuto allora fra gli operai una specie di conciliabolo inquisitoriale, e il sospetto che il Carità avesse … far parte della comitiva degli ipotetici aggressori balenò nella loro mente. Infatti il Carità fu raggiunto e condotto nell’interno dello stabilimento dove è tuttora sequestrato. E qui è tutto. L’Avanti! intitola il racconto dell’episodio una «imboscata brigantesca», ma l’imboscata non è che nel titolo allarmista; che invano nel testo della cronaca abbiamo cercato un elemento di fatto che possa fare pure una lontana ombra di veridicità alla supposizione dello scrittore in malafede e ai sospetti degli operai, i quali sembra vogliano instaurare i sistemi della famigerata polizia bolscevica, che arresta e condanna per… intuizione. Ma proprio uno stabilimento dove si fabbricano corni o trombette avrebbero scelto i fascisti per iniziare la temuta offensiva? Comunque, se ancora non l’hanno fatto, gli operai della ditta Bottali faranno assai bene a rimettere in libertà il fascista sequestrato, oppure a consegnarlo all’autorità di pubblica sicurezza, la quale dovrebbe pure ricordarsi che ad accertare la responsabilità dei sospettati e degli indagati tocca precisamente a lei. Intanto la perizia medica ha stabilito che le ferite dell’Agrati erano state prodotte da proiettili a mitraglia – sparati naturalmente dai carabinieri – che di moschetti i fascisti non ne posseggono, per ora… Inquisizione rossa. In serata ci è stato possibile avere alcune notizie del prigioniero. Anche noi abbiamo la nostra polizia segreta. Egli deve essere stato picchiato selvaggiamente – quasi fosse a San Fedele – perché presenta lividure alla faccia. Gli inquisitori hanno preteso che il Carità stracciasse la tessera dei Fasci e firmasse una dichiarazione in cui egli fa promessa di non occuparsi più di fascismo. Poi tanto per seguire i metodi delle famigerate polizie … hanno promesso al Carità di occuparlo presso non sappiamo quale azienda, sempre dietro promessa di non partecipare più alla vita dei Fasci. Per la bisogno si recò allo stabilimento un certo uomo dell’Avanti!, e chissà che questa … non appaia sulla pozzanghera rossa una dichiarazione del Carità, strappatagli con gli argomenti persuasivi già operati dalle cosiddette Guardie rosse nel lasciare sul volto del fascista i segni riscontrati da chi non ha avuto modo di vederlo. Ma ogni nodo tornerà al pettine! («Il Popolo d’Italia», 21 settembre 1920)

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