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31 AGOSTO 1920 – TUTTA LA CITTÀ

Occupazione delle fabbriche

Ti sentivi un brivido nella schiena e dicevi: è giunta l’ora, finalmente. E quasi non credevi ai tuoi occhi.

Alle 17 del 31 agosto 1920 gli operai metallurgici di Milano rispondono alla chiamata: i 300 stabilimenti della città vengono occupati. I lavoratori abbandonano i compartimenti e circondano gli uffici, mentre la guardia rossa inizia a piantonare gli ingressi. Il giorno dopo, tutte le fabbriche italiane ne seguono l’esempio. 

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Per comprendere questo avvenimento straordinario è utile tornare indietro nel tempo. Nel luglio 1919 la Federazione Italiana Operai Metallurgici dà inizio allo sciopero più lungo e partecipato sino a quel momento. Per due mesi i lavoratori incrociano le braccia per l’ottenimento dei minimi salariali, raggiungendo un accordo con gli industriali solo a fine settembre. La lunga protesta contribuisce però a esacerbare gli animi, provocando una rancorosa resistenza padronale. Con il tempo tutto ciò si trasforma in una dura contrapposizione alla concessione di qualsiasi miglioramento delle condizioni lavorative. 

La situazione diventa insostenibile e, durante un convegno straordinario, la FIOM decide di dare il via a pratiche di ostruzionismo a partire dal 20 agosto 1920. Economisti e cottimisti devono continuare a lavorare, ma limitandosi al necessario per ottenere la paga di base, al fine determinare un progressivo rallentamento dell’attività produttiva. In molti stabilimenti milanesi si verificano incidenti e scontri, legati soprattutto al ritiro del libretto paga raccomandato dal sindacato. Questo provvedimento, sebbene previsto dal regolamento, sino a quel momento non aveva trovato attuazione. 

In segno di protesta, alcuni reparti dell’Alfa Romeo smettono di lavorare e bloccano lo stabilimento del Portello. Qui, dopo giorni di minacce, aggressioni e il licenziamento di alcuni operai, il 30 agosto l’azienda ordina la serrata, contravvenendo a qualsiasi accordo con il sindacato. La FIOM, certa che questo comportamento sarebbe stato emulato su tutto il territorio, dispone l’occupazione di tutte le fabbriche e officine metallurgiche di Milano, invitando gli operai a rimanere al proprio posto a fine giornata. 

È questa una nuova tattica della classe operaia, che ha imparato a proprie spese che gli scioperi lasciano vuote le officine – che vengono immediatamente occupate dalle forze dell’ordine – e disperdono la potenza e l’unità dei lavoratori, distribuiti nei quartieri popolari.

Ti avvicinavi a una fabbrica, di quelle grosse, e tutti i cancelli erano chiusi. Sul muro di cinta c’era una sentinella col fucile. E la porticina di ferro era difesa dalle guardie rosse, ormai si chiamavano così, che facevano entrare le donne con la cena per gli operai. Era una cosa! E un movimento! In un gran silenzio, tutti si davano da fare. (Perelli, 10 maggio 1973)

Ben presto l’occupazione si estende anche agli stabilimenti non metallurgici: dai produttori di pneumatici Pirelli alle distillerie Campari, dalle fabbriche di birra alle industrie farmaceutiche come la Erba. Ma se pressoché ovunque le maestranze aderiscono alla protesta in maniera entusiastica, si registrano in molti casi episodi di resistenza da parte di impiegati e tecnici. 

Gli industriali insistono per lo sgombero degli edifici per riaprire il tavolo delle trattative con il sindacato. Mentre in altre città italiane si assiste a crescenti tensioni e scontri, a Milano la protesta procede in maniera relativamente pacifica. L’unico episodio di sangue è quello in seguito all’imboscata fascista presso la ditta Bottali in viale Lombardia, a seguito della quale un operaio dello stabilimento di strumenti musicali rimane ucciso da colpi di mitraglia. 

Negli ultimi giorni di settembre gli operai sgomberano gli edifici, e il 29 il lavoro riprende in tutte le industrie milanesi. 

Nel mese di occupazione, la percezione della popolazione è quella di trovarsi alla vigilia di un evento sovversivo. In realtà, la fine dell’estate del 1920 rappresenta non solo il culmine di quel periodo che si definisce «biennio rosso», ma anche il momento più importante della rivoluzione mancata. Scrive lo storico Renzo Del Carria: 

Ogni “occasione” obiettiva mancata, ogni “momento” di lotta delle masse che passa senza che niente si attui, segnano le successive tappe della sconfitta del movimento rivoluzionario. 

Questo clamoroso episodio della storia politica italiana segna il punto d’arresto dell’avanzata socialista, e l’inizio di una nuova era segnata dalla presenza sempre più massiccia dei fascisti, che solo due anni dopo prenderanno il potere con la marcia su Roma. 

Duccio Bigazzi, Il Portello. Operai, tecnici e imprenditori all’Alfa-Romeo 1906-1926, Franco Angeli, Milano 1988, pp. 407-425

Renzo Del Carria, Proletari senza rivoluzione. Storia delle classi subalterne italiane dal 1860 al 1950 (vol. II), Edizioni Oriente, Milano 1970, pp. 99-111

Vincenzo Mantovani, Mazurka blu. La strage del Diana, Rusconi, Milano 1979, pp. 267-268

Pietro Nenni, Storia di quattro anni, 1919-1920. Crisi del dopoguerra e avvento del fascismo al potere, SugarCo Edizioni, Milano 1976, pp. 107-110

Paolo Spriano, L’occupazione delle fabbriche. Settembre 1920, Einaudi, Torino 1964, pp. 49-52, pp. 90-91

La grande battaglia dei metallurgici. Come si svolge l’ostruzionismo e Nuove disposizioni, «Avanti!», 24 e 25 agosto 1920

La battaglia dei metallurgici, «Avanti!», 26, 27 e 29 agosto 1920

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