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21 GIUGNO 1920 – PIAZZA MISSORI

Scontri

Dove? Piazza Missori

Soggetti coinvolti: fascisti, arditi, soldati, socialisti

Arresti:

  • ● Umberto Badiali, 25 anni, fabbro, denunciato per essere stato sorpreso mentre sparava contro la forza pubblica
  • ● Carlo Sara, 24 anni, residente in via Lattuada, 14, denunciato per lancio di sassi
  • ● Renzo Radico, anni 17, residente in via L. Mantegazza, 4, denunciato per lancio di sassi 
  • ● Carlo Dughi, 24 anni, residente all’Albergo Popolare

Feriti:

  • ● Francesco Carlo, medico, ferito al piede destro da un colpo di rivoltella
  • ● Anselmo Melandri, 15 anni, residente in via Ciro Menotti 8, ferito al piede destro
  • ● Giuseppe Carminati, 31 anni, impiegato residente in via Sambuco 17, ferito alla testa
  • ● Bruno Raotorres, 19 anni, studente, residente in via Gallo 2, ferito al naso ed al labbro superiore
  • ● Tranquillo Schinelli, 89 anni, meccanico, residente in viale Ticinese 6, ferite alla testa
  • ● Mario Bernasconi, 16 anni, muratore residente in via Farini 12, gravi ferite al capo
  • ● Silvestro Valernenghi, 39 anni, guardia notturna residente in via XXII Marzo 12, una ferita al collo e un’altra alla testa
  • ● Vittorio Paglierini, 18 anni, studente residente in via Unione 2, colpito da un colpo di rivoltella al torace. In gravi condizioni.

Vittime: Nessuna

Tra le pagine de Il Popolo d’Italia del 21 giugno si legge una convocazione: la cittadinanza e le Associazioni patriottiche di Milano sono invitate a partecipare – munite di bandiere e vessilli – a una manifestazione di protesta contro l’allontanamento di un reggimento del corpo dei Bersaglieri dalla città e la paventata riduzione dell’organico. L’appuntamento è alle 21 alla statua di Missori, l’eroe delle Cinque Giornate, e il suo caval strac.

Giunta la sera, solo poche decine di ufficiali e soldati si presentano. Dopo aver illustrato i propri punti, il drappello viene scortato dalle forze dell’ordine in Corso Italia, con l’intenzione di tentare una dimostrazione alla caserma di San Celso. Un gruppo di socialisti e anarchici, che teneva d’occhio i dimostranti, dà allora inizio a una contromanifestazione. Dal basamento del monumento, il compagno Letterio Lizzini pronuncia per i presenti un accorato discorso contro la guerra e la violenza.

In silenzio gli ufficiali, a cui si sono uniti i soliti fascisti e Arditi, tornano indietro da via Paolo da Cannobio. Quando qualcuno grida: «Arrivano i fascisti!» è già troppo tardi. Decine di colpi di rivoltella vengono sparati a altezza d’uomo in piazza, seminando il panico tra la folla. Mentre giovani e vecchi tentano di scappare per mettersi al riparo, arrivano squadre di carabinieri e guardie regie da Piazza del Duomo per sedare il conflitto. 

La diatriba continua il giorno successivo sulle pagine di cronaca dei principali quotidiani cittadini. A vicenda conclusa si accusa il nemico di aver innescato lo scontro a colpi di revolver. Sull’Avanti! si denunciano «i due pesi e le due misure dell’autorità politica locale in fatto di libertà di riunione», ma il questore fa il vago, per non incendiare ulteriormente gli animi. Si sostiene, inoltre, che un ufficiale, salvato dal compagno Mazzola dal linciaggio della folla e trasportato di forza dal Questore, pur avendo ammesso di aver sparato contro i socialisti, sia stato subito rilasciato. Per il Popolo d’Italia la prova che a sparare siano stati i socialisti è da rintracciarsi nel fatto che tra i feriti ci sarebbe il figlio di un generale, in gravi condizioni alla Guardia Medica via Cappellari. L’aria che tira in città è tesa. Non è difficile presagire nuovi conflitti.

Vincenzo Mantovani, Mazurka blu. La strage del Diana, Rusconi, Milano 1979, pp. 231-232

Una mancata manifestazione militarista. Ufficiali e «bollati» provocano gravi incidenti – ufficiali superiori e subalterni che sparano contro la folla – feriti e contusi- una spontanea manifestazione di protesta – le menzogne della stampa, «Avanti!», 22 giugno 1920

La manifestazione di stasera in onore dei bersaglieri, «Il Popolo d’Italia», 21 giugno 1920

Un selvaggio agguato contro cittadini ed ex bersaglieri. La premeditazione, «Il Popolo d’Italia», 21 giugno 1920

La manifestazione di stasera in onore dei bersaglieri. A tutte le Associazioni patriottiche di Milano, il Comitato di organizzazione conferma che per questa sera alle ore 21 in Piazza Missori gli associati dovranno trovarsi raccolti intorno alle proprie bandiere – perché, a nome di Milano tutta, il 12° Reggimento Bersaglieri rimanga nella nostra città e perché il Corpo dei Figli di Lamarmora non venga falciato da un intempestivo atto di riduzione di organico. («Il Popolo d’Italia», 21 giugno 1920)

Una mancata manifestazione militarista. Ufficiali e «bollati» provocano gravi incidenti – ufficiali superiori e subalterni che sparano contro la folla – feriti e contusi- una spontanea manifestazione di protesta – le menzogne della stampa. I «bollati» dopo aver vituperato in tutti i modi «l’uomo di Dro…», ora che costui è salito di nuovo a reggere i destini d’Italia covano la «speranziella» di ottenere la «sopraffazione delle revolverate» attraverso ad una reazione militaristica. […] infatti, ieri sera, i «bollati» avevano convocato le cosiddette associazioni patriottiche, per le ore 21, in Piazza Missori per reclamare che il «glorioso» 12° Bersaglieri non sia allontanato da Milano e perché i «figli di Lamarmora» non siano… diminuiti di numero. La scusa di quei quattro briganti che debbono vivere a fianco dei «danneggiati dalla pace», alimentando la delinquenza politica, era tanto evidente che i dirigenti delle nostre organizzazioni sindacali e politiche avevano dato ordine che i nostri compagni lasciassero solo, nella loro ridicola miseria di numero e di importanza, gli «ottanta» seguaci della «sopraffazione immediata a revolverate». Piazza Missori, infatti, all’ora convenuta dai sicari, conserva il suo aspetto normale. […] La protesta popolare. I «soliti» con un bandierone tricolore si sono stretti in gruppo ed hanno infilato Corso Italia. Ma allora si è proprio scoperto che, essi erano pochini, pochini, tanto pochini che la folla raccoltasi per curiosità in Piazza Missori li ha lasciati allontanare fra motteggi ironici. Nel frattempo il compagno Letterio Lizzini è salito sul basamento della statua di Missori ed ha rivolto alla folla plaudente un forte discorso contro il militarismo e contro ogni avventura guerresca. Dopo il nostro compagno hanno parlato altri oratori socialisti ed anarchici, tutti riscuotendo l’unanime approvazione della folla che cantava «Bandiera rossa» e gridava: Abbasso la guerra! Abbasso il militarismo. Gli ufficiali incominciano a sparare. Mentre la moltitudine che aveva seguito plaudente gli oratori sovversivi, stava sbandandosi, un ufficiale, senza alcuna ragione, ligio all’ipotesi della sopraffazione a revolverate, si è dato a sparare in aria pazzescamente. Egli, poi, si è dato alla fuga inseguito dalla folla che però non ha potuto dargli la meritata lezione. Questo incidente ha provocato un grave fermento e vivaci discussioni fra capannelli e capannelli di cittadini che sostano la Piazza Missori. Ad un certo momento è echeggiato il grido Arrivano i fascisti. Infatti i briganti, provenienti da corso Italia, colle rivoltelle in pugno tornavano in Piazza sparano all’impazzata. È stato un momento di grave panico. Da ogni parte si elevano grida di spavento e di indignazione. Si vedono cadere a terra feriti. La folla reagisce, ma è inerme. Entrano in scena i gallonati. Intanto da una via innominabile sbucano di corsa come tanti… forsennati un gruppo di «soliti» frammisti ad ufficiali e guidati da ufficiali superiori, uno dei quali, con un cane lupo a guinzaglio, ha sparato tutti i colpi della sua rivoltella. La scena è indescrivibile: donne che fuggono urlando, vecchi travolti da gente che scappa; giovani che resistono all’imboscata sanguinaria e vigliacca. Finalmente (è naturale non si tratta mica di anarchici) ecco avanzare di corsa da piazza del Duomo, un plotone di carabinieri e poi un altro di guardie regie dalla via innominabile. Brava, brava viva la forza pubblica! Appena sul posto del tumulto, carabinieri e guardie hanno estratto le rivoltelle ed avrebbero completata l’opera dei sicari se alcuni dei nostri compagni, Schiavello, Mazzola ed altri, non avessero energicamente richiamato i commissari di P.S. alla realtà tragica della situazione. Mazzola in questura. Il nostro compagno Mazzola Angelo, consigliere comunale, presente ai tumulti ha sorpreso nell’atto di sparare un giovane ufficiale e lo ha afferrato onde impedirgli di continuare la sua azione criminosa e gli ha tolto la rivoltella. Al Mazzola si è unito il compagno Rossinelli. L’eroico monturato, che deve la sua pelle ai due nominati compagni perché la folla voleva linciarlo, ha ammesso d’aver sparato soltanto alla presenza del questore. Il compagno Mazzola è stato in seguito a quanto sopra tradotto in Questura e dopo un breve interrogatorio rilasciato. Sono stati operati vari arresti compreso quello del tenente fermato dal compagno Mazzola mentre sparava. I feriti. Dott. Francesco Carlo, ferito al piede destro da un colpo di rivoltella; Anselmo Melandri, d’anni 15, abitante in via Ciro Menotti 8, ferito al piede destro; Giuseppe Carminati, d’anni 31, impiegato, abitante in via Sambuco 17, ferito alla testa; Bruno Raotorres, d’anni 19, studente, abitante in via Gallo 2, ferito al naso ed al labbro superiore; Tranquillo Schinelli, d’anni 89, meccanico, abitante in viale Ticinese 6, ferite alla testa; Mario Bernasconi, d’anni 16 muratore, abitante in via Farini 12, per sicure gravi ferite al capo; la guardia notturna Silvestro Valernenghi, anni 39, abitante in via XXII Marzo 12, per due ferite una al collo ed un’altra alla testa; Vittorio Paglierini di anni 18, studente abitante in via Unione 2, colpito da un colpo di rivoltella al torace. Questi due ultimi sono in gravi condizioni.  Alcuni giorni fa il questore proibiva agli anarchici milanesi di tenere un pubblico comizio pro vittime politiche perché – questa naturalmente era la scusa – essi non avevano chiesto nelle 24 ore sacramentali, volute dalla legge, il regolare permesso. Domenica sera, un’accolita di briganti sfida una città per tre quarti socialista con una manifestazione militaristica e la Questura interviene quando è già stato versato del sangue. Contestiamo, non protestiamo. È naturale che la Questura sia alleata con quella gente. È naturalissimo. Contestiamo perciò, semplicemente, i due pesi e le due misure de l’autorità politica locale in fatto di libertà di riunione. Abbiamo detto autorità locale? Potrebbe darsi, però, che essa obbedisse agli ordini nuovi – regnando Giolitti e… Bonomi, tutto è possibile – e che quindi quanto avviene da alcuni giorni a Milano non rappresentasse altro che i sintomi di una nuova politica di reazione e di provocazione ai danni del Partito socialista e del Proletariato. È quello che vedremo quanto prima. Pertanto è necessario vigilare ed «operare». Se l’uomo di 80 anni avesse la senile illusione di pesare … noi col pugno di ferro o di sangue del militarismo folle e parassitario, le masse operaie insorgerebbero col Partito socialista con un’anima sola: quella che il 10 novembre ha condannato inesorabilmente la guerra e i suoi responsabili! *** Ci fioccano proteste e smentite da ogni parte contro il Corriere della Sera e contro il Secolo. […] Il Corriere e il Secolo – ed oggi ad essi faranno eco gli organetti minori – falsano completamente, diciamo falsano, la cronaca degli incidenti di domenica. Infatti parlano di conflitto fra patriottici e socialisti. Quali sono i patriottici? I quattro avanzi della teppa che assaltò l’Avanti!? O quei dieci figuri assoldati per ogni mala azione e che hanno eretto a… mestiere la violenza ed a polemica la rivoltella? O sono forse patriottici quel gruppetto che irruppe nel Cinematografo Italia e che dal compiacente direttore dello stesso ebbe il bandierone che poi sventolò nella mischia? Sia che giova polemizzare con gente che ha elevato a sistema la menzogna? Con gente che ha la fobia antisocialista? Con gente che attinge le sue informazioni alla purissima fonte del commissario Seldemayer? No, non ne val proprio la pena, tanto più che questa gente si condanna con le proprie armi. Ecco qua: «In questura venne pure invitato il consigliere comunale di parte socialista Mazzola, insieme ad un ufficiale, ciò che aveva fatto correre la voce del suo arresto per aver aggredito e malmenato un ufficiale. Davanti al questore il Mazzola, in soccorso del quale erano intervenuti subito Schiavello e Bastiani, passò quasi dalla parte dell’accusatore, asserendo che era intervenuto per disarmare l’ufficiale che aveva sparato. L’episodio, secondo l’inchiesta fatta sul luogo dal maggiore dei carabinieri, sarebbe avvenuto così: il tenente Antonio Collodi, del 7° Fanteria si trovava sul tram n. 22 quando, giunto in Piazza Missori e visto gli assembramenti, scendeva dirigendosi verso Corso Italia. In quel momento avveniva lo scontro tra i due gruppi. Il Collodi, preso in mezzo da un gruppo di socialisti, si vide in pericolo ed estratta la rivoltella sparò un colpo in aria. Che ha sparato in aria lo ha ammesso anche il Mazzola, il quale sarebbe intervenuto fin da quel momento, disarmano l’ufficiale per evitare guai peggiori. Il fatto è che lo sparo anzi che salvare il Collodi, gli attirò addosso le ire del gruppo socialista che a spinte e percosse lo condusse in via Zebedia, ove, nonostante le buone intenzioni del Mazzola in suo soccorso, l’ufficiale sarebbe finito male se un aiuto ben più efficace non lo avesse portato un maresciallo dei carabinieri in borghese che si trovava casualmente a passare di là, e che si affrettò ad avvisare i carabinieri di quanto avveniva. I militi dovettero impegnare una viva colluttazione per liberare l’ufficiale, arrestando coloro che gli erano più vicini. E tra questi si trovava appunto il Mazzola. Ma dopo le sue dichiarazioni fatte davanti al questore, il Mazzola se ne poté andare liberamente. Il tenente Collodi dovette farsi medicare di alcune lesioni alla testa ed ad altre parti del corpo». Quanto sopra è del Corriere della Sera ed ora, sullo stesso episodio, eccola versione del Secolo: «L’autorità continua le sue indagini per il conflitto di Piazza Missori. Intanto si è saputo di un incidente toccato ad un tenente del 7° Fanteria, certo Collodi, che, durante le colluttazioni è stato circondato da un gruppo dei più scalmanati socialisti e fatto segno di violenze di ogni genere. Trascinato quasi di peso per la via Zebedia, il Collodi fu costretto ad estrarre la sua rivoltella e a sparare alcuni colpi, colpi che però andarono a vuoto. L’ira dei furfanti si scatenò maggiormente e il malcapitato ufficiale fu picchiato con bugni e bastonate e lasciato a terra quasi svenuto. Immediatamente avvertiti, accorsero sul posto carabinieri e guardi regie che procedettero all’arresto del fabbro Umberto Badiali, di anni 37, da Vigentino. Il Badiali risulta facente parte della comitiva che assalì l’ufficiale. Indosso gli fu sequestrata una rivoltella». Chi dei due mente più sfacciatamente? Sarebbe difficile precisarlo. È falso che il Collodi si sia trovato sul posto per caso; come è falso, spudoratamente falso che egli abbia dovuto ricorrere alla revolverata – ed infatti il Corriere non ha il coraggio di affermarlo: si veda nella sua versione le righe da noi sottolineate –; il Secolo, invece, dà il povero ufficialetto come fatto segno a violenze di ogni genere e salta a piè pari il particolare riguardante il compagno Mazzola. L’ufficialetto – visto ieri sera in Questura da un gruppo di giornalisti e di funzionari – non è stato per nulla fatto segno di violenze di ogni genere come lo stesso Mazzola fece constatare al questore; ma il Secolo, naturalmente, non può dimenticare d’aver qualche cosina in comune – specie ora che Bonomi è al governo – coi gloriosi fanti del… gallone! In quanto al Corriere che fa risalire la responsabilità degli incidenti di ieri sera ai socialisti che «non permettono qualunque cerimonia che ad essi non accomoda» non abbiamo che da ricordare il discorso di Bissolati alla Scala; le manifestazioni ostili a Palazzo Marino, la caccia da parte di ufficiali e di «patriottici» a socialisti ed operai «isolati», rei solo d’avere lo stemma dei Soviet all’occhiello della giacca. («Avanti!», 22 giugno 1920)

Un selvaggio agguato contro cittadini ed ex bersaglieri. La premeditazione. Nel comizio socialista-anarchico di via Gentilino era stato detto ben chiaramente che la manifestazione di simpatia organizzata in Piazza Missori sarebbe stata sbandata «a colpi di rivoltella». A molti dei convenuti al comizio di via Gentilino doloravano ancora le ossa per le bastonate ricevuto in corso Italia e sempre per avere molestata una pacifica manifestazione di bersaglieri. Per cui premeva loro di prendersi contro «i soliti» una qualunque rivincita. I compagni furono caldamente invitati a «prepararsi» e ad accorrere numerosi in Piazza Missori per l’ora convenuta. Ma la manifestazione, il cui annuncio era apparso sul nostro giornale, era già rinviata dalle stesse Associazioni organizzatrici. Comunque, poiché non era stato possibile avvisare la cittadinanza e gli stessi aderenti alle associazioni dell’avvenuto rinvio, folla numerosa, composta in gran parte da ex bersaglieri, era convenuta in Piazza Missori, fin dalle 21, per partecipare alla dimostrazione di simpatia ai bersaglieri. In un angolo della piazza, presso il cinematografo «Italia» sostavano alcune decine di socialisti che non osavano ancora affrontare la massa avversaria, che del resto non si degnava nemmeno di un insulto. Le prime bastonate. Ma quando un giovine ufficiale dei Bersaglieri salito sul basamento del monumento equestre di Missori accennò a parlare per comunicare il rinvio della manifestazione, il gruppetto fatto un po’ più numeroso principiò a interrompere intonando la solita sciocca canzone plagiata ai pellegrini d’Abruzzo. Male incolse ai perturbatori, che una raffica di legnate li spazzò via per le viuzze laterali. Ritornarono e la bastonatura e la fuga si ripeterono. Alcuni dei «dispersi» corsero allora a prelevare rinforzi ai vari circoli vinicoli della periferia e dei sobborghi, mentre la folla riunita intorno al monumento, appreso del rinvio della manifestazione, si divideva, parte sbandandosi e parte dirigendosi lungo il corso Italia, alla caserma del dodicesimo bersaglieri. Rimasta la piazza sgombra, tornarono ad affluire i socialisti, questa volta più numerosi e più audaci, per l’assenza degli avversari e per il fatto d’essere stati racimolati nei circoli vinicoli del suburbio. Essi improvvisarono un comizietto dove alcuni oratori presero la parola dicendo le solite fesserie sulla nuova guerra che si vorrebbe preparare e sul rifiorire del militarismo, mentre tra i convenuti si passavano rivoltelle. L’agguato. Socialisti e anarchici concionarono così per quasi un’ora, in attesa che coloro i quali s’erano recati alla caserma dei bersaglieri facessero ritorno, inconsapevoli e isolati, per aggredirli e revolverarli come era stato convenuto al comizio di via Gentilino. Infatti verso le 22,30 nella penombra furono avvistati i gruppi di reduci della manifestazione. La folla comiziaiola allora si raccolse, e come obbediente ad una parola d’ordine, si lanciò contro i sopravvenuti. Furono uditi subito alcuni colpi di rivoltella seguiti da altri numerosi spari. La scena si svolte in un attimo, subito seguito da un fuggi fuggi generale, da grida di spavento e da gemiti di dolore. Al suolo erano alcuni feriti, raccolti e trasportati alla guardia medica di via Cappellari. Due di essi furono ricoverati nei nostri locali. Intanto era sopraggiunta la forza pubblica che, infine, valse a salvare isolati onesti e pacifici cittadini fatti bersaglio agl’insulti e alle percosse della marmaglia. Tra gli aggrediti in questo eroicissimo modo era il tenente del 7° Fanteria, Antonio Collodi che, preso in mezzo alla teppaglia rossa, fu sospinto in via Zabedia e percosso brutalmente sotto gli sguardi compiacenti dei vigili urbani n. 732 e 6…, per cui l’ufficiale fu costretto ad estrarre la rivoltella e sparare un colpo in aria. Liberato l’ufficiale dal sopraggiungere dei carabinieri, fu scorto fra i più accesi dimostranti il consigliere comunale socialista Mazzola. Egli venne tradotto in Questura dove ebbe modo di dimostrare di non aver fatto che opera di pacificazione e di difesa, disarmando l’ufficiale. Il Mazzola, al quale fu sequestrata la rivoltella tolta all’ufficiale, fu rimesso in libertà. I feriti e gli arrestati. I feriti nella selvaggia aggressione son otto, fra i quali dei partecipanti alla dimostrazione patriottica. E ciò ci dispiace, benché questo venga a dimostrare come i colpi siano partiti dagli aggressori socialisti, come del resto è indubbio per tutti. I feriti sono: Anselmo Melandri di 15 anni, via C. Menotti 8, con ferita di arma da fuoco al piede destro; Tranquillo Schinelli, 29 anni, viale Ticinese 6, ferito transfossa alla regione frontale destra, probabilmente da scheggia; Mario Bernasconi, 16 anni, C. Farini 2, muratore, ferito alla coscia destra; Silvestro Valcarenghi, 39 anni, corso XXII Marzo 13, guardia notturna, ferito alla regione deltoidea destra; Paglierini Vittorio di Pietro, 15 anni, via Unione 2, ferita al ventre; Carlo De Francesco, 17 anni, ferito al piede destro; tutti da arma da fuoco; Giuseppe Carminati di Cesano, 31 anni, impiegato via Sambuco 17, ferita lacero-contusa alla testa e abrasioni alla faccia, da bastonate; Bruno Rentorres di Caetano, 18 anni, studente via Gallo 2, contusioni al labbro inferiore, pure da bastonate. Il giovinetto Vittorio Paglierini, figlio del generale e ferito gravemente al ventre, è stato operato di laparotomia. Tra gli arrestati non rilasciati si trovano: Umberto Badiali di Angelo, 25 anni, fabbro, che è stato denunciato per essere stato sorpreso mentre sparava contro la forza pubblica; Carlo Sara di Ambrogio, 24 anni, via Lattuada, 14 e Renzo Radico di Carlo, anni 17, via L. Mantegazza, 4, per lancio di sassi e tale Carlo Dughi, fu Luigi, 24 anni, abitante all’Albergo Popolare. La polizia afferma che i primi colpi contro i reduci della dimostrazione ai bersaglieri partirono da un gruppo di giovinastri sbucati da via Mauri dove ha sede l’Unione sindacalista anarchica. Testimonianze. Per la verità, e per non convincere cronisti e lettori in malafede del foglio socialista, pubblichiamo la seguente dichiarazione che del resto collima perfettamente con tutte le altre testimonianze: «Precedevo di qualche centinaio di metri il gruppo di giovani di ritorno dalla caserma dei bersaglieri. Ed ho visto che molti individui nascosti dietro il monumento di Missori ed appoggiati al muro del Liceo Beccaria, sparavano impugnando alcuni due rivoltelle contro i sopravvenuti da parte dei quali nessun colpo era ancora […] e fuggiti verso via Unione avevano fatto ritorno in piazza Missori mescolandosi alla folla ed asserendo, fra i gruppi che si erano fermati sul posto del comizio, aver visto i dimostranti patriottici sparare. Piero Comini, a nome anche dei suoi amici, Angelo Perfetti e Amilcare Sacchetti, antibolscevichi perché socialisti. Del coraggio! Del coraggio si chiede ai … della rivoluzione che ad ogni conflitto, o piagnucolano facendo le vittime o travisano in un modo così schifosamente stomachevole la cronaca degli avvenimenti da fare sempre apparire gli avversari i prepotenti e gli assalitori. Del coraggio hanno invece gli anarchici di Umanità Nova che amano la verità un po’ di più dei loro cugini di via San Damiano. E parlano chiaro, anche nei titoli, gli anarchici di Umanità Nova. Ecco, per esempio, il titolo posto in testa alla cronaca dei fatti di piazza Missori «Militaristi messi in fuga a revolverate». È chiaro? («Il Popolo d’Italia», 22 giugno 1920)

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