';
5 APRILE 1919 – SCUOLE DI VIA CAMPO LODIGIANO

Contestazioni durante una conferenza dell’Unione Italiana Lavoratori sull’esperimento di Dalmine

Dove? Scuole di via Campo Lodigiano (via Campo Lodigiano)

Soggetti coinvolti: sindacalisti dell’Unione Italiana Lavoratori, contestatori socialisti e anarchici

Arresti: Nessuno

Feriti: Contusioni tra i partecipanti alla conferenza

Vittime: Nessuna

Le scuole di via Campo Lodigiano ospitano in serata una conferenza dell’Unione Italiana Lavoratori. L’operaio Nosengo, che fa parte del sindacato, aggiornerà i convenuti sull’esperimento di Dalmine, lo stabilimento metallurgico in provincia di Bergamo dove a metà marzo si è verificato il primo tentativo di occupazione di fabbrica della storia del movimento. I lavoratori intendono, con questo gesto, rivendicare un miglioramento del salario e pretendono una riduzione delle ore di lavoro e il riconoscimento dell’organizzazione sindacale. La principale novità, tuttavia, è il colore di questo tipo di manifestazione: per la prima volta, infatti, dagli stabilimenti di Dalmine sventola un tricolore, e non la tradizionale bandiera rossa. Inoltre, si tratta di uno sciopero produttivo: gli operai infatti hanno continuato a lavorare durante le proteste.

Mussolini, che proprio in quel momento sta pensando di lanciare la propria proposta politica sulla scena italiana, fiuta un’occasione imperdibile per seminare discordia nella classe operaia. Il 20 marzo, a contestazione terminata, si reca a Dalmine per manifestare il suo sostegno alla causa dell’U.I.L., affermando di voler distinguere sempre la massa che lavora dal partito che si arroga non si sa perché il diritto di volerla rappresentare.

Quel partito è consapevole di trovarsi di fronte un movimento sindacale interventista, che ha adottato uno strumento di lotta declinandolo secondo le proprie convinzioni politiche. L’accoglienza a Milano, dunque, avviene in un clima teso e agitato. Un centinaio di operai sono presenti per ascoltare Nosengo, insieme a qualche giovane socialista e anarchico pronti a un eventuale contraddittorio.

La scintilla è Kerenskij: secondo i socialisti, l’operaio ha sostenuto che l’episodio di Dalmine si possa riallacciare al pensiero del primo ministro della Repubblica russa dopo la caduta dello zar, in opposizione al comunismo di Lenin. Secondo il Popolo, invece, Nosengo non ha nemmeno alluso al rivoluzionario.

In ogni caso, è troppo tardi per cercare di capirne l’origine: in un attimo un uomo che si trovava presso il tavolo dell’oratore ha scagliato una bottiglia contro il gruppo di contestatori. Si è scatenata una baruffa generale, talmente violenta che nell’arco di poco si dichiara sciolta la riunione. L’arte del contraddittorio, in una Milano irrequieta, trova sempre meno spazio, a fronte di un uso diffuso della violenza.

Gli operai davanti allo stabilimento di Dalmine nel 1919, Giovanni Battista Pozzi, La prima occupazione operaia della fabbrica in Italia nelle battaglie di Dalmine (1919-1920), Società Editrice Tipografica Bergamasca, Bergamo 1921

Mimmo Franzinelli, Fascismo anno zero. 1919: la nascita dei Fasci italiani di combattimento, Mondadori, Milano 2019, pp. 40-41

Roberto Vivarelli, Il dopoguerra in Italia e l’avvento del Fascismo, 1918-1922, I. Dalla fine della guerra all’impresa di Fiume, Istituto Italiano per gli Studi Storici, Napoli 1967, pp. 291-929

Piccolo fallimento…, «Avanti!», 6 aprile 1919

Echi del comizio-pestaggio. Le storielle dell’“Avanti!”, «Il Popolo d’Italia», 7 aprile 1919

Piccolo fallimento… Iersera i sindacalguerraioli avevano invitato gli operai – gli scarsissimi ingenui che ancora li seguono – ad una riunione nelle Scuole di via Campo Lodigiano per spiegare loro i fatti del Dalmine. Nella sala si poterono contare un centinaio di persone. Intervennero pure pochi giovani socialisti ed anarchici. L’oratore designato incominciò coll’illustrare la portata economica dell’episodio. Poi volle ampliare la sua dissertazione entrando nel campo politico, con la pretesa di dimostrare che tali fatti si riallacciavano ai concetti socialpatrioti di Kerenski (non si legge), in opposizione ai concetti comunisti di Lenin, contro il quale iniziò una sequela di insolenze… Ma male gliene colse e non poté continuare. I socialisti e gli anarchici presenti – che qualora la discussione si fosse mantenuta nel campo delle … avrebbero volentieri tenuto il contraddittorio – lo rintaccavano per le rime. Pochi fegatosi socialguerragioli pretendevano imporsi ed incominciarono coll’usare violenza. E fu la fine. La colluttazione divenne generale e tutto andò a soqquadro. Ma il bello è che questi coraggiosi guerraioli, benché superiori in numero, batterono malamente in principiare ritirata. Figurarsi che … persino attraverso i vetri delle finestre! Anche un pettoruto tenentino, benché armato di rivoltella e scortato da un da un cane, si raccomandò l’… a un giovane sulla lista inerme. Un piccolo fallimento… E bisogna che questi signori si persuadano che… la legge non permette agli imbroglioni falliti di… riaprire bottega… («Avanti!», 6 aprile 1919)

 

Echi del comizio-pestaggio. Le storielle dell’“Avanti!”.Il giornaletto di via S. Damiano ha fatto un resoconto maldestro anzi che no della riunione di sabato sera: non ha avuto il coraggio di segnalare il successo per questo la consueta sfacciatagine non sarebbe bastata – ma ha ugualmente messo insieme alcune menzogne. Fra le altre ha affermato che Nosengo ha scagliato delle violenze contro Lenin; ora il santone di Mosca, a parer nostro, merita qualcosa di più che qualche ingiuria, ma per la verità Nosengo non ha nemmeno alluso all’opera del dittatore. Parlando di un episodio del movimento di Dalmine ha accennato alla forza dell’idealismo ha alluso a Kerenski. È bastato che fosse pronunziato questo nome per suscitare l’agognato tumulto. Può darsi che la versione dello sviluppo dell’incidente soddisfi i testoni dell’Avanti!,quelle bestioline sono abituate a … grossa da un pezzo – ma chi non condivideva simile … saranno i buoni compagni che hanno dovuto ricorrere alle virtù minerale per celebrare il trionfo consacrato sulle pagine del disinvolto giornale della rivoluzione del Sor Panera. («Il Popolo d’Italia», 7 aprile 1919)

milano_1920