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8 GIUGNO 1919 – STAZIONE DI BOVISA

Scontro tra socialisti e arditi

Dove? Stazione di Bovisa

Soggetti coinvolti: socialisti, arditi fascisti

Arresti: i due arditi che partecipano alla rissa, di cui tuttavia il commissario di P.S. della Bovisa rifiuta di dare i nomi alla stampa

Feriti:

  • Carrera Angelo, 20 anni, elettricista residente a Dergano, frattura della mano sinistra
  • Scarani Cleto, 29 anni, residente in via Carlo Goldoni, ferito da un corpo contundente alla regione sopraorbitale sinistra
  • Giuseppe Mancini, 40 anni, segretario della sezione del Partito socialista di Affori e della Lega Panettieri, ferite alla testa, al naso e al labbro superiore provocate da arma da taglio

Vittime: Giuseppe Mancini, 40 anni, segretario della sezione del Partito socialista di Affori e della Lega Panettieri, ferito gravemente dall’ardito e morto di polmonite dopo qualche giorno

Il treno delle 18.10 proveniente da Saronno e diretto a Milano è gremito di socialisti, che rientrano in città in seguito a un comizio. Disgraziatamente, sullo stesso treno viaggiano una decina di Arditi, accompagnati da due sergenti. In piedi in un angolo un giovane stringe ancora in mano un vessillo del Gruppo Giovanile Socialista della Bovisa.

Fiutata una preda facile, gli arditi gli strappano di mano la bandiera, sbeffeggiandolo. A niente valgono le rimostranze dei presenti: gli ex combattenti dichiarano che avrebbero restituito la bandiera solo una volta arrivati alla Stazione di Bovisa.

Giunti a destinazione, lo scherzo si trasforma ben presto in tragedia. L’ardito con la bandiera si affaccia dal finestrino sguainando un pugnale e inizia a picchiare con l’asta i compagni intenzionati a recuperare lo stendardo.

Se la volete, venite a prenderla!

Il soldato, sceso dal vagone, inizia a sferrare colpi di stiletto, sfregiando gravemente Giuseppe Mancini, il segretario della sezione del Partito socialista di Affori, che cerca invano di recuperare la bandiera. La colluttazione coinvolge socialisti e arditi. L’ardito con la bandiera cerca di darsi alla fuga, ma viene bloccato da un guardiano di uno stabilimento nelle vicinanze. Viene trasportato alla stazione di polizia della Bovisa, ma non ci sono certezze in merito alla punizione. Il commissario di P.S. Viscontini rifiuta persino di dare il suo nome alla stampa.

Mancini riporta preoccupanti ferite di arma da taglio al volto. Le sue condizioni sembrano in un primo momento migliorare, ma dopo pochi giorni di permanenza in ospedale contrae una polmonite che ne causa la morte prematura a soli 40 anni.

Sull’Avanti! si legge:

I meriti di guerra di questi ex combattenti non possono costituire, come pare pensi il signor generale Caviglia, un titolo perché abbiano ad esercitare nella vita civile o in condizioni di pace questa specie di terrorismo.

Illustrazione tratta da «Satana Beffa», n. 7, 25 maggio 1919

Vignetta di Scalarini sull’«Avanti!» del 10 giugno 1919 (Digiteca della Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea, Roma)

Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista. 1919-1922, Feltrinelli, Milano 2003, p. 280

Paolo Mencarelli (a cura di), Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia, Biblion Edizioni, Milano 2019, pp. 162-169

Grave incidente fra giovani socialisti ed arditi alla stazione della Bovisa, «Avanti!», 9 giugno 1919

La morte dell’operaio Mancini pugnalato alla Bovisa da un ardito, «Avanti!», 20 giugno 1919

Grave incidente fra giovani socialisti ed arditi alla stazione della Bovisa. Sul treno che parte da Saronno per Milano alle 18,10 viaggiavano ieri parecchi nostri compagni reduci dalla radunata socialista tenutasi a Saronno. In un carrozzone, su una piattaforma, stava un giovinetto che portava la bandiera del Gruppo Giovanile Socialista della Bovisa. Nello stesso carrozzone era una decina di «arditi» con due sergenti. Adocchiata la bandiera, uno degli arditi la strappò violentemente dalle mani del giovinetto. Questi, passato nel vagone vicino, informò del sopruso patito alcuni compagni che ivi si trovavano. Due di questi – il ferroviere Boriani e il muratore Ostoni – recatisi a chiedere la restituzione della bandiera, ebbero dai due sergenti la promessa che, quando il treno fosse giunto alla Bovisa (ove dovevano scendere) avrebbero riavuto la bandiera, lasciando capire che non ritenevano fosse quello il momento più opportuno per far rientrare in se stesso il loro compagno, evidentemente molto esaltato. Ma, giunto il treno alla Bovisa, e ripresentatisi i nostri per aver finalmente la bandiera, l’ardito che la teneva, affacciatosi con la bandiera in una mano e il pugnale sguainato nell’altra, gridò minacciosamente: Se la volete, venitela a prendere! E intanto, cominciava a picchiare l’asta sul capo dei nostri compagni. Qualcuno di questi, afferrata la bandiera dall’altra parte, cercò di strappargliela. L’ardito, allora, sceso dal vagone si gettò sul primo che gli capitò sotto mano e lo ferì con due colpi di pugnale alla faccia, dandosi quindi alla fuga lungo la linea. Alla zuffa parteciparono anche altri arditi e loro amici da una parte e socialisti dall’altra. Questi, inseguito da quattro o cinque nostri compagni, dopo aver gettato la bandiera, si vedeva sbarrata la via dal guardiano di uno stabilimento vicino, e tentava di intimorirlo minacciandolo col pugnale. Il guardiano gli rispondeva puntandogli contro la rivoltella. Così, l’ardito veniva raggiunto e ridotto all’impotenza dagli inseguitori, e poi accompagnato alla Sezione di P.S. della Bovisa. Trattenuto in arresto, veniva tradotto a Milano, a quanto ci si assicura col treno successivo. I feriti sono il compagno Mancini Giuseppe d’anni 40, segretario della Lega panettieri e della Sezione Socialista di Affori, veniva trasportato in un’automobile della Croce Rossa al nostro Ospedale Maggiore, ove ebbe le prime cure dal dott. Fra. Egli è ferito da colpi di pugnale al naso, al capo e al labbro superiore; Carrera Angelo, d’anni 20, elettricista abitante a Dergano, riportò la frattura della mano sinistra; Scarani Cleto, d’anni 29, abitante in via Carlo Goldoni, ferito da un corpo contundente alla regione sopraorbitale sinistra. Oltre all’ardito, venne arrestato anche un altro contendente. Il Commissario di P.S. della Bovisa, Viscontini, sebbene avesse ricevuto l’ordine dalla Questura centrale di dare i nomi degli arrestati, si è rifiutato di darli adducendo lo strabiliante motivo… che non li conosceva! L’incidente – così lo definiremo intenzionalmente perché non occorre proprio ricorrere a parole forti per riferire un fatto che s’inquadra in tutta una situazione psicologica sempre piena d’insidie e di pericoli – pone una volta di più in luce la necessità di esigere dal Governo atteggiamenti chiari e precisi. È fuor di dubbio che questi giovani focosi come li ha amabilmente chiamati il ministro Caviglia quando fu a Milano per i fatti del 15 aprile, a torto o a ragione si ritengono autorizzati a sfogare le ostilità che vengono loro inoculate contro i socialisti. Se non si sapessero cautelati da alti poteri e in precedenza assolti da ogni loro… iniziativa, penserebbero indubbiamente alla gravità delle conseguenze che potrebbero derivare dai loro atti. Il Governo deve sentirsi costretto a dire senza gesuitiche reticenze se intende di affidare agli arditi l’incarico di indirizzare la politica antisocialista. I meriti di guerra di questi ex combattenti non possono costituire, come pare pensi il signor generale Caviglia, un titolo perché abbiano ad esercitare nella vita civile o in condizioni di pace questa specie di terrorismo. Sono milioni i proletari che hanno stentato e sofferto nelle trincee, nella prigionia, negli ospedali, senza che tuttavia alcuno di essi abbia mai pensato di servirsi delle armi e delle violenze imposte dalla guerra guerreggiata, contro i partiti politici che i proletari hanno ragione e diritto di combattere. Le armi dei proletari e dei socialisti sono quelle della legalità. […] («Avanti!», 9 giugno 1919.)

 La morte dell’operaio Mancini pugnalato alla Bovisa da un ardito. Il compagno Giuseppe Mancini, segretario della Sezione socialista di Affori, vecchio, attivo, caro compagno, è morto. Egli fu ferito domenica 9 da un ardito durante una gira di propaganda. Portato all’ospedale Litta, stava guarendo dalla ferita, allorché lo colpì la polmonite. Venne trasportato all’Ospedale Maggiore. È morto ieri alle ore 14. I funerali avranno luogo alle ore 10 di oggi, a partire dall’Ospedale Maggiore. La Camera del Lavoro invita tutti gli operai a partecipare ai funerali e le Organizzazioni pure coi loro vessilli. («Avanti!», 20 giugno 1919.)

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