6 LUGLIO 1919
TUMULTI PER IL CAROVIVERI
La mattina del 6 luglio Milano si sveglia sicura di trovare i prezzi delle merci al mercato ribassati.
Il costo della vita, in crescita già negli ultimi mesi della guerra, ha subito un improvviso incremento a maggio, con il rincaro di prodotti utilizzati in particolar modo del proletariato. L’aumento dei prezzi, dovuto alla scarsezza di riserve alimentari e al forte squilibrio tra produzione e consumi, è all’origine di vere e proprie sommosse popolari a partire dal mese di giugno. La classe operaia, con i salari decimati dalle spese salate, dopo settimane di privazioni si ribella.
Agli inizi di luglio, la cittadinanza milanese è allo stremo, ma è anche convinta che un calmiere non tarderà ad arrivare. In altre città, a seguito di dure proteste, i prezzi delle derrate alimentari hanno subito una riduzione, ma la prima domenica del mese le donne che si recano presto al mercato trovano la stessa situazione dei giorni precedenti.
Lo sgomento e la frustrazione lasciano subito il posto alla rabbia. Reclamando la riduzione del 50% sui prezzi dei generi alimentari, la folla inferocita assalta e saccheggia carretti e esercizi commerciali in diverse parti della città. Lo scenario è sconcertante: vetrine di negozi frantumate, banconi ribaltati, scaffali distrutti e frutta e verdura sparse ovunque. Alcuni rivenditori decidono di abbassare le saracinesche, pur di non vedere la propria merce rubata, per poi assistere allo sradicamento delle inferriate e alla razzia. C’è chi inizia a vendere i prodotti a prezzi calmierati.
Un pollo a 5 lire
Una dozzina di uova a 2 lire
Lardo, prosciutto, salame a prezzi che non si vedevano dal 1914
C’è chi appende con prudenza dei cartelli alle porte:
Merce a disposizione della Camera del Lavoro
Ma questa mossa non sembra placare gli animi. In una mattinata di sospensione dell’ordine costituito, la folla esasperata dalle restrizioni dà vita a un assalto che si propaga come un contagio nei quartieri della città. Per le strade la merce ricopre il pavé, calpestata nella fretta e lasciata a marcire sotto il sole. Nella calca non ci sono solo operai malandati, ma si distinguono anche abbienti patrioti, colti nell’atto di riempirsi le tasche della loro parte di bottino. Da via Case Rotte nel pomeriggio fa il suo ingresso trionfale in Piazza della Scala el birocc della rivoluzione, un carro strabordante di mercanzia guidato da giovanotti che dichiarano candidamente alle forze dell’ordine di volersi recare al Marina vendere a prezzo equo la propria roba. Nel viale di Porta Nuova, un carico di ventiquattro quintali di patate è distribuito alla gente.
Sembra il preludio di una rivoluzione. O almeno così pensano gli anarchici, che per tutto il giorno tentano di tenere viva la protesta. I socialisti invece non sono dello stesso avviso. La Camera del Lavoro nei giorni precedenti ha concertato con l’autorità politica una serie di provvedimenti che prevedono il ribasso dei prezzi, minacciando di indire uno sciopero generale qualora le richieste non vengano accolte. Il tentativo è quello di evitare che la situazione degeneri come in altre città italiane. Tuttavia, le misure tardano a entrare in vigore, e l’agitazione delle prime ore del mattino di domenica si trasforma in rivolta.
Il consiglio esecutivo della Camera del Lavoro decide allora di inviare nei quartieri cittadini i propri esponenti, per mettere a freno scorribande e depredazioni. In ultimo, un manifesto compare nelle strade:
«Cittadini operai!Noi comprendiamo il vostro giusto sdegno, e di questo, come avrete appreso, ci siamo energicamente fatti interpreti presso l’autorità competente che ci ha assicurato di provvedere entro oggi stesso. Non svaligiate i negozi, non distruggete la merce, perché così facendo si favoriscono pochi, danneggiando la collettività e fra pochi giorni non vi sarà più merce. Gli esercenti saranno obbligati li obbligheremo a sottostare al calmiere. Quelli che non venderanno al prezzo che verrà stabilito e nasconderanno la merce, questa verrà requisita senza nessun compenso. Operai!Cooperate tutti affinché le vostre giuste aspirazioni non vengano frustrate in inutili dispersioni di forze e in inutili danni. Non molestate i soldati che sono vostri fratelli!»
Nondimeno, la forza pubblica scarseggia. I carabinieri sono in numero troppo esiguo per fronteggiare i disordini, e si registrano anche casi di fraternizzazione di soldati con i rivoltosi, tanto che l’impiego dell’esercito su larga scala non sembra opportuno all’autorità. Malgrado ciò a fine giornata i cittadini fermati in transito prima da San Fedele e poi a San Vittore sono più di duemila, e saranno in seguito giudicati dal Tribunale di Milano per mezzo di una sezione speciale appositamente costituita.
Il lunedì, giorno di chiusura dei mercati cittadini, scorre nel tentativo di mettere ordine in una città che ha vissuto le prove generali della tanto attesa rivoluzione. Il giorno successivo alla riapertura i prezzi sono calmierati, ma la popolazione è ancora in fermento.