Elio Franzini

 

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Elio Franzini (Milano 1956) è professore ordinario di Estetica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano. Dal 2004 al 2010 è stato Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano, dopo essere stato, dal 2000 al 2004, Presidente del Corso di laurea in Scienze della Comunicazione. Dal 2005 al 2010 è stato Presidente della Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Lettere e Filosofia. Nell’a.a. 2008-9 è titolare dell’insegnamento di Teorie della rappresentazione e dell’immagine. Nel 2018 è stato eletto Rettore dell'Università degli Studi di Milano.

Laureatosi con Giovanni Piana e Dino Formaggio, le sue ricerche si sono orientate, seguendo la tradizione della scuola milanese, verso la  fenomenologia, che ha indagato in alcune sue connessioni storiche e teoriche con particolare riferimento ai temi della costruzione artistica, del simbolo e dell’immagine.

 


 

Nel corso dell'Omaggio a Giovanni Piana organizzato durante il Convegno "Forme dell'inferenza e logiche della prassi nell'esperienza musicale" tenuto all'Università di Macerata il 12-13 novembre 2015, Elio Franzini ha fatto pervenire la seguente testimonianza che è stata letta dal Direttore del Dipartimento di Filosofia Prof. Carlo Pongetti:

 


 

"Giovanni Piana è stato, non solo per me, ma per molti studenti della mia generazione, un modello ineguagliabile. Un modello di rigore assoluto sul piano della ricerca, testimone di una ragione non mitica o mitizzata, ma capace di entrare come lama affilata nei problemi filosofici, rendendo chiare a noi tutti le articolazioni possibili dell'esperienza. Da lui si imparava a non cedere ai luoghi comuni, a giochi linguistici inconsapevoli di se stessi. Con voce bassa, densa di pensiero, Piana ricordava che, nel rispetto del suo nome e dei luoghi della sua nascita, non amava le vette ed era uomo di pianura. In anni dove le mode imperversavano, l'enfasi regnava sovrana, gli pseudoproblemi alteravano la filosofia, Piana è stato - è per noi - un modello di ethos filosofico: un modello che è sempre utile ricordare, segno di una serietà interiore che non può separarsi dalla serietà dell'atteggiamento pubblico. Da lui ho appreso un'originale lettura del pensiero fenomenologico, sottratto alle retoriche e a confuse operazioni sincretiche. Piana si è dedicato, come è noto, al pensiero fenomenologico sin dai primi anni sessanta, con una lettura che ama definire "strutturalismo fenomenologico". Con questa espressione non si intende ipotizzare una commistione tra fenomenologia e quello che storicamente si suole definire strutturalismo, più o meno linguistico. Piana ritiene invece che nella parola tedesca Wesen vi sia una sfumatura di significato che potrebbe essre meglio espressa con "struttura" piuttosto che con essenza. Il metodo fenomenologico vuole dunque caratterizzare gli atti di esperienza, esibendo le loro differenze di struttura. Richiamare l'attenzione sulla struttura significa sottolineare il senso vero, ed anzitutto polemico, della domanda fenomenologica intorno alle "essenze". Significa, ed è essenziale per Piana, sottolineare l'antipsicologismo come istanza essenziale per la fenomenologia, dal momento che la dimensione psicologica si è insinuata anche nella tradizione fenomenologica, in primo luogo in Francia con Merleau-Ponty e Sartre, al punto che Piana ritiene che tali pensatori abbiano meno relazioni teoriche con la fenomenologia rispetto a filosofi come Cassirer o Wittgenstein, certo più lontani da Husserl. Al tempo stesso, tuttavia, la fenomenologia non può essere ridotta a una "variazione" della filosofia analitica, a un banale e superficiale descrittivismo, incapce di discernere ciò che è significativo da ciò che non lo è, accontentandosi di sommare gli agli altri i risultati descrittivi. Lo scopo della fenomenologia, osserva Piana, non è quello di affastellare alla cieca descrizioni su descrizioni, ma - attraverso la descrizione - di portare a piena evidenza determinate circostanze significative di ordine strutturale. Di conseguenza, ritiene che l'esperienza possieda, in ogni sua forma di manifestazioni, una struttura, che la ricerca fenomenologica deve rendere evidente, mostrandone con chiarezza nodi e articolazioni. Questa dottrina dell'esperienza, che si allontana da ogni forma di idealismo, che Piana rimprovera in modo esplicito all'ultimo Husserl, pur non dimenticando l'importante funzione ideologica, etica e ideale delle tarde opere husserliane, lascia così al centro il solo legame tra Husserl e la tradizione empirista, anche con lo scopo di eliminare da essa ogni tema heideggeriano, sottolineando piuttosto la nozione wittgensteiniana di "gioco linguistico". Su queste basi Piana è a mio parere uno dei pensatori maggiori del dopoguerra italiano: mai prono alle mode, sempre originale e innovativo, come dimostrano i suoi essenziali contributi alla filosofia della musica. In sintesi un maestro in cui si ritrovano sempre momenti di autentico pensiero".

Elio Franzini