Allevamento caprino in area pre-alpina

L’allevamento caprino

A livello mondiale l’allevamento caprino sta attraversando una fase di crescita costante che ha visto aumentare il numero di capi del 78% dal 1990 (FAOSTAT, 2018). Tale incremento appare significativo, soprattutto se rapportato alle altre realtà zootecniche dove, nello stesso periodo, l’aumento di animali da reddito è stato soltanto del 15% sia per i bovini che per i suini e nullo per gli ovini (FAOSTAT, 2018). Dagli ultimi dati disponibili (FAOSTAT, 2018) risulta che il settore caprino si attesti, per numerosità, al terzo posto (1.489.744.504 bovini, 1.209.467.079 ovini, 1.045.915.764 caprini, 978.332.119 suini).

L’Europa possiede solo il 2,5% delle capre mondiali, ma produce ben il 18% del latte di capra. L’allevamento caprino europeo si caratterizza per una spiccata eterogeneità a causa della sua disomogenea distribuzione territoriale, concentrata negli Stati affacciati sul Mediterraneo, e delle diverse condizioni e tecniche di allevamento.

In Italia, l’allevamento caprino sta attraversando in questi anni una fase di profondo rinnovamento ed evoluzione, processo che vede il passaggio dello stesso da comparto marginale ad elemento fortemente innovativo e ad alto indice di professionalità impiegata. La maggior parte del patrimonio caprino allevato in Italia risiede nelle regioni meridionali e insulari dove, però, vengono allevate greggi di piccole dimensioni, secondo metodiche tradizionali ed estensive, a discapito della produttività individuale, dell’innovazione e managerialità del comparto e delle prospettive future. Considerando infatti la produzione di latte totale in rapporto alla numerosità dei capi allevati nelle tre macro-aree del Nord, Centro e Sud, si osserva una drastica differenza nel livello produttivo (Tab. 1).

Tab. 1. Consistenze dei capi, produzione di latte di capra raccolto presso le aziende agricole dall’ industria lattiero-casearia (in quintali) e media della produzione per capo anno per le tre macro-aree e per il totale. (ISTAT, anno 2018)

La Lombardia, a partire dagli anni Settanta, ha visto, a differenza delle altre regioni italiane, un costante aumento del numero di caprini presenti sul suo territorio, accompagnato anche dal diffondersi di nuove tecniche di allevamento di tipo semi-intensivo e intensivo, con la formazione di greggi di medie dimensioni di 50 o più animali.
All’interno della regione, le province con la maggior concentrazione di bestiame caprino sono quelle dell’areale alpino e prealpino, Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Sondrio e Varese (Tab. 2).
Gli allevamenti caprini lombardi si concentrano soprattutto nelle aree di collina e montagna che hanno ampia disponibilità di superfici pascolative e di alpeggi. Fa in parte eccezione a questa regola la provincia di Varese che, seppur disponendo in scarsa misura di aree vocate alla pratica

del pascolamento, tuttavia detiene un buon numero di capi caprini soprattutto nelle sue zone più settentrionali. Bisogna però considerare che in provincia di Varese, essendo del tutto assente la pratica del pascolo per il bestiame bovino e marginale quella del bestiame ovino, la quasi totalità dei pascoli montani è virtualmente a disposizione dell’allevamento caprino.

Tab. 2. Consistenze dell’allevamento caprino in alcune province lombarde (Elaborazione dei Dati presenti nella banca Anagrafe zootecnica al 31-12-2016)

L’allevamento caprino in Lombardia, pur non rappresentando un settore zootecnico particolarmente rilevante sotto il profilo numerico, sta assumendo un ruolo sempre più importante grazie all’alto livello organizzativo e professionale del settore e alla superiore domanda rispetto all’offerta sia di carne che di latte e derivati, spesso di alta qualità come le D.O.P. del Bitto e della Formaggella del Luinese.

Tra le razze allevate in Lombardia rivestono grande importanza le due cosmopolite, la Saanen e la Camosciata delle Alpi, ma anche alcune razze autoctone come la Bionda dell’Adamello, l’Orobica (o della Val Gerola) e la Frisa, e la Nera di Verzasca, di origine svizzera.
La Saanen, originaria dell’ omonima valle svizzera, è la razza caprina più selezionata al mondo e la più produttiva, con produzioni di latte di 800-1.000 kg e oltre in 300 giorni di lattazione.
La Camosciata delle Alpi è anch’essa originaria della Svizzera, è leggermente più rustica della Saanen; tuttavia rimane un’ottima razza da latte con una produzione quantitativa di poco inferiore ma con una qualità del latte in genere leggermente superiore.
La Bionda dell’Adamello appartiene alle razze del ceppo alpino ed è autoctona della Val Camonica.
È diffusa principalmente in Val Saviore, in Val Camonica ma anche in Val di Scalve. È una razza molto rustica, a duplice attitudine, latte-carne, con discrete produzioni che possono superare i 300 kg di latte all’anno. L’Orobica è una razza autoctona originaria della Val Gerola, che, a causa dell’isolamento della popolazione, si distacca per alcuni peculiari aspetti morfologici dalle altre popolazioni residenti nell’ arco alpino. È una razza rustica a duplice attitudine, latte-carne.
La Frisa è una razza del ceppo alpino, originaria della Valtellina, a duplice attitudine, latte-carne, la cui produzione di latte può superare i 300 kg.

La razza Nera di Verzasca deriva dall’omonima Val Verzasca, nelle Prealpi Svizzere, dove viene allevata in forma semibrada. Dal punto di vista etnico appartiene alle razze del ceppo alpino. Era una razza in via di estinzione ma, grazie a un efficace programma di recupero, è stata eliminata dalle liste delle razze minacciate (Linee guida per la conservazione e la caratterizzazione della biodiversità animale di interesse per l’agricoltura, Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, 2013). È una razza particolarmente vivace che ben si adatta alle condizioni climatiche più diverse. La produzione media di latte è discreta, superando in media i 400 kg di latte per lattazione.

Riguardo al sistema di allevamento, in Lombardia si ritrovano tutte e tre le tipologie: intensivo, semi-intensivo, estensivo.
Il sistema intensivo è tipico delle zone di pianura o dei fondovalle alpini. In questi allevamenti, che possono superare anche i 100 capi, gli animali sono stabulati liberi in capannoni solitamente chiusi con la possibilità di accedere a paddock esterni. L’alimentazione degli animali viene fatta con foraggi autoprodotti in azienda o acquistati e con mangimi complementari, senza far ricorso al pascolo. Con questo sistema di allevamento è possibile raggiungere le produzioni di latte più elevate e, frequentemente, viene fatto ricorso alla destagionalizzazione della fase riproduttiva al fine di avere la produzione di latte più o meno costante per tutto l’anno. La mungitura viene fatta una o due volte al giorno nell’apposita sala di mungitura o su palchetti. Le razze allevate sono Saanen e Camosciata delle Alpi ad elevata produzione. Normalmente il latte prodotto viene venduto all’industria casearia.
Gli allevamenti semi-intensivi si concentrano nelle zone collinari e montane, solitamente sono a gestione famigliare, il latte è trasformato nel caseificio aziendale e spesso hanno un punto di vendita diretta dei prodotti. Le greggi sono normalmente composte da una cinquantina di capi delle due razze cosmopolite (Saanen e Camosciata) ma anche dalla più rustica Nera di Verzasca.
Nel periodo invernale gli animali vengono alimentati con foraggi autoprodotti in azienda o acquistati e con mangimi complementari ma, già da marzo fino ad ottobre, viene fatto ricorso al pascolo integrando l’alimentazione delle capre con foraggi e/o concentrati in misura differente in funzione dell’intensità del pascolamento. Il pascolo è un fattore di benessere per gli animali e le essenze vegetali presenti sulle aree pascolive forniscono ai formaggi caratteristiche organolettiche particolari. Tuttavia, il pascolo è fonte anche di rischi sanitari in quanto espone gli animali all’acquisizione di parassiti, nello specifico di nematodi del tratto gastrointestinale, tramite l’ingestione di foraggi contaminati dalle forme infestanti (larve). Tali parassiti sono considerati i più importanti sul piano zoo-economico in quanto la loro presenza è correlata a significative perdite di produzione. La mungitura viene fatta una o due volte al giorno nell’apposita sala di mungitura o su palchetti.
Il sistema estensivo si ritrova solamente nelle zone montane. La produzione principale è la carne, la mungitura, se fatta, può essere manuale o con sistemi mobili. Le razze allevate sono prevalentemente razze autoctone più rustiche che meglio si adattano alle diverse condizioni ambientali.

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