Più volte si è sentita esprimere la convinzione (anche dalle pagine di questo sito), che la traduzione di un testo, quale che sia la lingua in cui si esprime l’originale, debba essere solo l’ultima tappa di un percorso più lungo e vada quindi affrontata, specie nella forma scritta, solo nel momento in cui lo studente, insieme all’insegnante, abbia già svolto un lavoro di comprensione e di analisi profonda del testo di partenza. Il discorso vale, ovviamente, anche per il latino. Anzi, soprattutto per il latino. L’eterogeneità dei percorsi liceali che prevedono lo studio di questa materia, caratterizzati da un diverso numero di ore settimanali scuola per scuola, il permanere o meno della disciplina nel percorso quinquennale e le diverse finalità alle quali, stanti le indicazioni ministeriali, lo studio del latino dovrebbe oggi guardare, rendono assolutamente necessario esplicitare l’impossibilità di cercare nella traduzione una sorta di risposta unica e universale al testo; e allo stesso tempo anche l’assurdità di costruire muri, figli di un malinteso grammaticalismo e della “flotta di Roma” che non è “romana”, al posto di aprire ponti con il mondo classico e innalzare nuovi edifici sulle fondamenta di quello.
Propongo dunque qui, a partire da questa convinzione, un possibile testo di esercitazione (da sfruttare così come è, o come semplice modello), che si immagina valido per studenti di fine biennio o di terzo anno, e che può essere utilizzato come prova di accertamento linguistico o come verifica pratica delle nozione acquisite nel percorso di letteratura. Il brano che si presenta contiene infatti una serie di costrutti che, stando alla maggior parte dei libri di grammatica del biennio, sono stati ampiamente affrontati a metà circa del secondo anno.
Partiamo dunque dal testo. Ho scelto un passo di Cesare, De bello Gallico VI, 24.
Fuit antea tempus, cum Germanos Galli virtute superarent, ultro bella inferrent, propter hominum multitudinem agrique inopiam trans Rhenum colonias mitterent. […] Nunc quod in eadem inopia, egestate, patientia qua Germani permanent, eodem victu et cultu corporis utuntur; Gallis autem provinciarum propinquitas et transmarinarum rerum notitia multa ad copiam atque usus largitur, paulatim adsuefacti superari multisque victi proeliis ne se quidem ipsi cum illis virtute comparant.
Dall’originale ho eliminato un ac iniziale, che, come spesso accade in Cesare, collega il capitolo con quello che precede. In realtà, volendo inserire il brano in un contesto che lo renda più facilmente comprensibile (e, personalmente, penso che avrei fatto così in classe), mi sembrerebbe opportuno accompagnare il testo con il capitolo che viene prima e con quello che viene dopo, in originale ma accompagnati da una traduzione italiana, come succede nella pratica delle prove olimpiche e, in misura solo parziale, per la seconda prova dell’esame di Stato nei licei classici. Allo stesso modo, ho tolto la parte centrale del capitolo, facilmente recuperabile per chi la volesse reintegrare, perché meno incentrata sulla contrapposizione antea / nunc che mi premeva mettere in evidenza. Le frasi tagliate, con i loro riferimenti alle popolazioni che hanno successivamente occupato la silva Hercynia e all’’auctoritas di Eratostene e degli altri geografi greci consultati da Cesare, mi sembravano divagare da questo e spostare l’attenzione dal nucleo centrale del brano. Naturalmente, diverso sarà l’atteggiamento di chi, come detto, nel testo cerca una verifica dell’agire letterario di Cesare e di chi, come farò ora invece io, al brano è interessato principalmente per il suo nocciolo concettuale e per le possibilità di verifica che esso offre.
In tale prospettiva, ritengo possibili tre diversi approcci, applicabili in contesti e situazioni differenti. Non si tratta di scegliere l’uno piuttosto che l’altro, alla ricerca di quale sia il metodo migliore; ognuno è semplicemente in grado di suscitare domande diverse, così da sollecitare risposte e competenze diverse. Pertanto, una volta somministrato il testo alla classe, si chiederà di rispondere alle domande che seguono. Valgono due regole generali: la risposta va formulata in italiano; parte integrante della risposta è però l’individuazione della frase latina che la determina, e che va sottolineata nel testo e trascritta come elemento irrinunciabile della risposta. Ecco dunque le tre possibilità.
PRIMO APPROCCIO: comprendere “dal” testo
- Per quale motivo i Galli, nel passato, hanno colonizzato il territorio dei Germani?
- Che cosa è cambiato nel corso del tempo per le popolazioni germaniche?
- Quali elementi hanno determinato la trasformazione dei Galli?
- La debolezza dei Galli con quali parole è esplicitata in conclusione del brano?
Questa modalità ha un limite evidente. Cercando la traduzione sui molti siti per studenti disponibili in rete, è relativamente facile fornire la risposta in italiano e poi risalire da questa alla frase in latino che la giustifica. Questa tipologia di lavoro è perciò consigliabile in situazioni in praesentia, dove la possibilità di accedere alla rete è assente (o, almeno, dovrebbe esserlo). Il pregio di quest’approccio è la possibilità di superare, soprattutto per gli studenti del biennio, l’ansia della traduzione, permettendo nel contempo di far capire che prima della traduzione è imprescindibile la comprensione del brano. Volendo, naturalmente, è sempre possibile integrare questa formulazione con domande di più stretta osservanza grammaticale. Valga d’esempio, nel nostro brano, la possibilità di individuare particolari costrutti quali il cum narrativo, le subordinate causali, i participi congiunti etc…
SECONDO APPROCCIO: comprendere un mondo
In questo secondo caso, le modalità di somministrazione del testo e di risposta ai quesiti formulati non sono differenti. Cambia semplicemente il focus delle domande. Pertanto, si tratta di un esercizio che non è necessariamente alternativo al primo, ma che si può immaginare come suo complemento. Ecco allora due possibili domande suscitate dal brano:
- Nel brano è possibile scorgere, da parte di Cesare, un collegamento polemico anche con il presente di Roma? Se sì, in quale parte tale riferimento viene, secondo te, esplicitato?
- Nella frase Trans Rhenum colonias mittere Cesare usa il termine “colonia”, vocabolo strettamente “romano”, per indicare operazioni politico-militari dei Galli. Che cosa si intende nel mondo latino per colonia?
Tali domande hanno lo scopo non solo di verificare la comprensione del brano, ma anche di aiutare a costruire un collegamento tra ciò che si legge e ciò che già si conosce (o si dovrebbe conoscere). Ovviamente, le domande possono essere modificate a piacere, partendo da quanto ciascun docente ha approfondito nello sviluppare le competenze di “civiltà” della cultura latina, come suggerito dalle cosiddette “indicazioni Gelmini”, e/o dal contributo interdisciplinare che ha offerto il collega di Storia del biennio. Va osservato che per rispondere a queste domande la traduzione del brano ricavata da qualche sito può essere certo d’aiuto, ma non è dirimente. Il lavoro di fondo deve venire per forza di cose realizzato dallo studente, e deve essere realizzato mettendo in relazione fra loro vari strumenti e varie acquisizioni di sapere, nessuna delle quali è di per sé in grado di sostituirsi alla sua autonoma rielaborazione del tema.
TERZO APPROCCIO: comprendere “nel” testo
Anche in questo caso le modalità di somministrazione del testo e di risposta ai quesiti formulati possono restare le stesse. Cambia di nuovo, però, il focus delle domande. Per questo, si tratta sempre di un esercizio non necessariamente alternativo ai precedenti. Ecco quindi altre due possibili domande suscitate dal brano:
- Alla prima riga si fa riferimento a un passato in cui Germanos Galli virtute superabant; cosa intende qui Cesare con il sostantivo virtus?
- Il termine virtus ritorna nel finale del brano. Perché è così importante questo concetto all’interno del passo in esame? Che cosa vuole far comprendere Cesare nel suo racconto?
In questo approccio, l’idea è di partire dal testo per scavare nella sua profondità. I brani hanno sempre un messaggio che vogliono veicolare, ed è importante aiutare gli studenti a percepire il senso profondo di quanto leggono. Oltre alla grammatica, quindi, e alla “semplice” comprensione di ciò che accade, è necessario che essi sappiano intuire anche il valore del brano che leggono, prescindendo dalla sua traduzione in italiano, che, anzi, nel migliore dei casi finisce per essere tutt’al più uno strumento di servizio, ma non la finalità del lavoro (e quindi il recuperarla via internet non aiuta per davvero lo scavo del testo, visto che questa resta un’attività lessicale e concettuale, che inevitabilmente deve partire dalla lingua originale).
Come s’è detto, i tre approcci proposti possono essere utilizzati contemporaneamente; nulla vieta di costruire una prova che abbia al suo interno obiettivi diversi e richieda competenze diverse, e che possa quindi mettere in luce livelli diversi di profondità nell’accostarsi a un testo. Se il primo approccio meglio si presta a una prova in praesentia, come s’è detto, e fosse anche la “presenza virtuale” cui ci costringono questi giorni, gli altri due non solo non hanno una simile necessità, ma addirittura possono trarre beneficio dall’absentia. In tutti i casi, rinunciando a un (intrinsecamente impossibile) tentativo di trasporre alla lettera un messaggio da una lingua a un’altra, non diventa però per questo automaticamente impossibile mantenere vivo il dialogo con il mondo classico. Vicini, lontani, presenti, assenti. Nulla, in realtà, cambia per davvero.
© Davide Marelli, 2020