Cesare non si lasciò sfuggire la possibilità di controllare un altro importante mezzo di propaganda politica: la coniazione di monete. Infatti, la moneta era, ed è tuttora, uno strumento facilmente trasmissibile, non solo fra gli individui, ma anche da un luogo all’altro. Coniare monete offrì quindi un duplice vantaggio a Cesare, da un lato propagandistico, dall’altro economico, poiché per sostenere le spese della guerra civile egli si impossessò del tesoro dell’aerarium e stabilì, senza l’autorizzazione del Senato, che una seconda zecca monetaria lo seguisse nelle campagne militari, mentre in precedenza l’unica possibilità di coniare monete era utilizzare la zecca situata presso il tempio di Giunone Moneta sul Campidoglio, posta sotto la responsabilità dei tresviri monetales.
Fra le prime emissioni coniate da Cesare si trova una serie di nove aurei, composti da oro purissimo. Essi presentano sul diritto un ritratto femminile, identificato con Venere, a cui è accompagnato il simbolo ⟂II, da interpretare come la cifra romana LII, indicante gli anni di Cesare; sul rovescio la rappresentazione di un trofeo di armi galliche, fra le quali si riconoscono uno scudo, un elmo, una carnyx (uno strumento musicale dei Galli) e un’ascia. Il confronto dei dati presenti sulle due facce dell’aureo ha generato pareri discordi sulla data e sul luogo della sua emissione e sul messaggio che doveva suggerire.
L’incertezza è generata dalla discordia tra le fonti antiche nello stabilire l’età esatta della morte di Cesare, avvenuta a 56 anni secondo Plutarco, a 55 anni secondo Svetonio. Infatti, considerando la data di nascita di Cesare, l’emissione potrebbe essere avvenuta fra il 50 a.C. e il 48 a.C., rispettivamente in Gallia o in Illirico. Dunque, se Cesare fosse nato nel 102 a.C. avrebbe coniato l’aureo nel 50 a.C. in Gallia e il rovescio sarebbe stato un mezzo per celebrare la sua vittoria sulle popolazioni galliche, sottomesse alla forza militare di Roma. Al contrario, se la data di nascita fosse da collocare nel 100 a.C. a 52 anni Cesare sarebbe stato impegnato in Illirico e Grecia contro Pompeo e il suo esercito. In questo caso l’emissione sarebbe servita per ricordare alle sue truppe che la sconfitta di Durazzo altro non era che il preludio alla vittoria finale, come già avvenuto a Gergovia e ad Alesia in Gallia, motivo per cui sarebbe giustificata la presenza di un trofeo con armi galliche. L’ipotesi più probabile è la prima: dopo essersi impossessato dell’oro gallico, l’urgenza con cui Cesare si impadronì di quello custodito nell’aerarium di Roma (49 a.C.) contrasta con l’idea che la coniazione fosse avvenuta nel 48 a.C., prima o dopo la battaglia di Farsalo, in quanto l’oro gallico era finito e Cesare aveva urgente bisogno di quello situato a Roma.
Gli aurei della seconda coniazione, in tutto noti in tredici pezzi, hanno un carattere religioso e civile e sono accompagnati da simboli e inscrizioni relative alle cariche rivestite da Cesare. Al centro del diritto sono raffigurati una scure e un culullus, un vaso in terracotta utilizzato durante i sacrifici, simboli del pontificato; ai loro lati le scritte CAESAR e DICT. Sul rovescio si osserva una situazione analoga: una corona di alloro circonda una brocca e un lituus, simboli dell’augurato, carica che Cesare ricoprì dal 47 a.C.; gli oggetti sono accompagnati dall’iscrizione ITER, fondamentale ai fini della datazione perché indica che Cesare assunse per la seconda volta la carica di Dictator, assegnatagli fra il 48 a.C. e il 47 a.C., nello stesso anno in cui sconfisse Farnace II, re del Ponto. L’emissione è collegata proprio a questo episodio, perché dall’Asia Minore provengono alcuni esemplari della serie, e ad esso farebbe riferimento la corona di alloro presente sul rovescio. Pertanto, la coniazione di questi aurei sembra avere fini politici, ribadendo l’importanza delle cariche civili e religiose, di cui Cesare era ai vertici.
La terza emissione aurea realizzata da Cesare è datata al gennaio 44 a.C., è l’unica avvenuta a Roma e se ne conoscono trentuno esemplari. Sul diritto sono incisi il busto di una figura femminile, probabilmente Venere, e l’iscrizione CAES DIC QUAR ; sul rovescio la scritta COS QVINC è circondata da una corona di alloro. Le celebrazioni della quarta dittatura e del quinto consolato permettono di datare con sicurezza la moneta, dal momento che Cesare assunse le cariche all’inizio del 44 a.C. Questa emissione sembra la sintesi delle due precedenti, perché riassume la coesistenza della simbologia militare, documentata dalla prima coniazione, e di quella religiosa, presente nella seconda. Infatti, Cesare, possedendo entrambi i titoli contemporaneamente, aveva acquisito un potere assoluto, rappresentato dalla carica di Dictator, celebrata nella sua ultima emissione aurea.
Nel 46 a.C. e nel 45 a.C., esattamente fra la seconda e la terza emissione aurea di Cesare, si collocano rispettivamente le coniazioni di aurei di Aulo Irzio e Munazio Planco. che, pur non essendo riconducibili direttamente a Cesare, rendono comunque evidente la volontà di celebrare il Dictator, che aveva nominato i suoi collaboratori rispettivamente pretore e praefectus urbi. E proprio a commemorare questi eventi doveva servire la coniazione degli aurei.
Gli aurei di Irzio, datati al 46 a.C., presentano sul diritto il ritratto di una donna con il capo velato, identificata con Vesta o Pietas, circondata dall’inscrizione C. CAESAR COS TER; sul rovescio un lituo, un vaso e un’ascia accompagnati dalla dicitura A HIRTIUS PR.
Quelli di Planco, del 45 a.C., al diritto raffigurano il busto di una Vittoria alata e la scritta C. CAES DIC TER; al rovescio un praefericulum, un vaso utilizzato durante i sacrifici, e l’inscrizione L. PLANC PR. VRB.
Le emissioni monetarie di Cesare non si limitarono agli aurei, ma interessarono anche altri valori, in particolar modo il denario. Tutti i tipi erano in stretta relazione con Cesare e costituirono un mezzo per promuovere la sua persona e le sue imprese. Un denario del 49 a.C. proveniente dalla Spagna settentrionale o dalla Gallia meridionale ha raffigurato sul diritto la scritta CAESAR sovrastata da un elefante mentre calpesta una serpe, gesto interpretato come un’allusione alla guerra civile fra Cesare e Pompeo, in perpetua discordia come gli elefanti e i serpenti, la cui eterna lotta è ricordata da un passo di Plinio (nat.VIII, 32). Sul rovescio ci sono emblemi pontificali e sacerdotali, quali un simpulum, una coppa usata durante i sacrifici, un aspergillum, con il quale si irrorava l’acqua, un apex, simbolo dei Salii, e un’ascia.
Un denario battuto nel 48 a.C. dal magistrato monetario Lucio Ostilio Saserna ha suscitato notevole interesse per via di un ritratto maschile raffigurato sul diritto. Il volto è quello di un guerriero gallico, identificato da alcuni come Vercingetorige, il quale, al momento della realizzazione di questa moneta, si trovava nel carcere Tulliano a Roma in attesa del trionfo di Cesare, e avrebbe quindi potuto fare da modello per gli incisori.
Anche Enea divenne emblema della propaganda cesariana. Infatti, su un denario del 47 a.C. Cesare pose Venere al diritto e al rovescio Enea, in nudità eroica, con Anchise e il palladio. L’eroe troiano era simbolo identitario della gens Iulia e venne sfruttato come mezzo di affermazione politica. In questa serie di monete è interessante notare però l’assenza di Iulo/Ascanio, che entrò nell’iconografia numismatica solo sotto il principato degli Antoninî.
Dopo la fine del conflitto civile Cesare ottenne, per primo fra i cittadini romani, l’onore di apporre sul diritto dei denari autorizzati dal Senato e coniati dai quattuorviri monetales il suo ritratto, con la menzione della dittatura perpetua e sul rovescio l’effigie di Venere. In una serie di denarii, in cui Cesare è stato raffigurato velato capite, compare anche il titolo parens patriae, attribuitogli all’inizio del 44 a.C. È probabile che in questo modo Cesare abbia provato a realizzare quello che riuscì a portare a termine soltanto Ottaviano, ovvero porre la coniazione delle monete sotto controllo diretto di chi era al comando, grazie all’aiuto di uomini fidati.
Nemmeno dopo le Idi di marzo la figura di Cesare scomparve dalla monetazione romana, anzi vi furono diversi riferimenti a lui o alla sua morte negli anni immediatamente successivi al 44 a.C. sia da parte dei Cesariani che da quella dei Cesaricidi. Marco Antonio e Ottaviano desideravano presentarsi come eredi del defunto Dictator; i Cesaricidi come liberatori di Roma. Delle monete dei Cesaricidi, però, si conservano rarissimi esemplari, dato che dopo la sconfitta subita a Filippi, si assistette a una damnatio memoriae di persone e oggetti collegati alla loro fazione, e le monete da loro coniate, probabilmente rifuse, persero di valore.
© Niccolò Chiesa, 2019