La stagione che avanza invita a programmare qualche gita fuori porta. Ecco dunque una proposta d’escursionismo praticabile da inizio estate ad autunno inoltrato. Si tratta di una gita in montagna, seguendo percorsi già presenti nelle fonti latine.
Come si sa, gli antichi non andavano per monti per puro diletto. Nell’immaginario greco la montagna è lo spazio del primitivo, del selvaggio, del ferino (o della regressione allo stato ferino). Nella letteratura latina si parla relativamente spesso di scalate e ardite imprese d’alta quota, ma sono per lo più imprese militari: Annibale che varca le Alpi in Livio, Alessandro che conquista roccaforti sulle vette dell’Himalaya in Curzio Rufo. Le montagne dominano spesso il paesaggio (maioresque cadunt altis de montibus umbrae), sono luogo adatto per la caccia e la pastorizia, si prestano al transito commerciale o militare. Appunto in quest’ultima funzione compare per ben due volte la valle dello Spluga, o Splügen Tal (o Rheinwald, propriamente “bosco del Reno”), ossia la valle dei Grigioni, in Svizzera, che dal passo di San Bernardino scende fino a Coira (la valle che noi in Italia chiamiamo “dello Spluga”, e cioè quella che da Chiavenna si reca al passo dello Spluga, propriamente avrebbe nome di “valle di San Giacomo”). Nei due itinerari previsti dalle nostre fonti è compreso sempre l’attraversamento delle Alpi, e quindi si fa riferimento implicito anche al versante meridionale dei valichi che immettono nella suddetta valle: ossia la val Mesolcina, nei Grigioni italiani, da Bellinzona al passo di San Bernardino; e la già ricordata valle di San Giacomo, da Chiavenna allo Spluga.
In questo post mi occuperò del primo itinerario, partendo da questa pagina di Ammiano Marcellino (XV 4):
Re hoc modo finita, Lentiensibus, Alamannicis pagis, indictum est bellum, conlimitia saepe Romana latius inrumpentibus, ad quem procinctum imperator egressus in Raetias camposque venit Caninos, et digestis diu consiliis id visum est honestum et utile, ut eo cum militis parte Arbetio magister equitum, cum validiore exercitus manu relegens margines lacus Brigantiae pergeret protinus barbaris congressurus. Cuius loci figuram breviter, quantum ratio patitur, designabo.
Protagonista del brano è Giuliano: è lui l’imperator citato da Ammiano, Augusto al fianco del più anziano Costanzo. La situazione delineata (prima si era parlato della crudeltà di Costanzo nei confronti degli amici del suo collega) è quella della lunga lotta contro gli Alamanni, qui rappresentati dalla tribù dei Lentienses, accusati di invadere spesso i territori romani. Si decide perciò di intervenire militarmente contro di loro. Luogo dello scontro, che si rivelerà non facile, è il Lago che oggi chiamiamo di Costanza, un’ampia fossa al confine tra Svizzera e Germania, arricchita dalle acque del Reno. Prima di narrare la battaglia, Ammiano indugia però a descrivere il Reno orientale e la sua valle, cioè l’attuale Splügen Tal cui facevo riferimento prima: lì scorre infatti un ramo del Reno, l’Hinterrhein o Reno Posteriore, proveniente dal ghiacciaio dell’Adula (un altro ramo oggi considerato preminente, il Vorderrhein o Reno Interiore, deriva invece dalla collaterale valle dell’Oberalp, e si unisce al primo poco distante da Coira). Come si legge nel brano che ho riportato, Giuliano, partito da Milano (egressus), all’epoca una delle capitali imperiali, si reca in Rezia – la regione che includeva Svizzera centro-orientale, Austria Meridionale e Baviera – e alla località di Campi Canini. Da lì decide di mandare avanti, verso il Lago di Costanza, il magister di cavalleria Arbezione. Ora, Campi Canini è la località comunemente identificata con l’attuale Bellinzona. Per recarsi da Bellinzona al lago di Costanza anche al moderno viaggiatore si aprono, in linea teorica, tre strade: quella del San Gottardo, improbabile, perché difficile e troppo spostata a occidente; la valle del Lucomagno (il nome latineggiante ne indica la natura di lunghissimo anfratto boscoso); oppure, il passo del San Bernardino, per riallacciarsi poi, sull’altro versante, alla strada che scendeva diretta dal passo dello Spluga.
Se accettiamo l’identificazione di Campi Canini con Bellinzona – comunemente ammessa, ma non accolta da tutti, va precisato – sembra conseguenza obbligata pensare all’attraversamento delle Alpi attraverso la Mesolcina prima, la Splügen Tal poi. In effetti, la presenza dei Romani nella Mesolcina è accertata da una serie di ritrovamenti archeologici (piccoli manufatti), ma nel complesso risulta piuttosto scarsa. Il passo di San Bernardino, ca. 2065 m s/m, Mons Avium nella sua antica denominazione, non compare né sulla Tabula Peuntigneriana né nei principali itinerari antichi. Nell’attuale territorio di San Bernardino rimangono però due elementi a ricordare l’esistenza di antichi passaggi delle Alpi lungo quella direttrice (a parte la sempre significativa onomastica). Il primo è il cosiddetto “ponte romano” – in realtà, un ponte ad arco d’età medievale, costruito sul modello dei ponti romani – che scavalca la Moesa fra Pian San Giacomo e San Bernardino. Ci si può arrivare solo a piedi o in mountain bike. Per farlo, si consiglia di giungere in automobile o in autocorriera fino a San Bernardino (1600 m ca.); di rimontare il lago artificiale posto sotto il paese, fino alla diga che lo chiude verso valle; di scendere poi per un chilometro ca. (una mezz’ora a piedi) lungo la strada forestale, impedita al traffico automobilistico, che scende dall’estremità orografica destra della diga, in direzione appunto di Pian San Giacomo. Una deviazione segnalata indica la vicinanza dell’altrimenti poco visibile ponte.
Il lago di San Bernardino (o lago d’Isola) – veduta dalla diga verso il paese e il Pizzo Uccello, m 2717, che fa da testata al Passo di San Bernardino
Il ponte romano visto da sud
Il ponte romano visto da nord (foto di Jacopo Mascheroni)
La seconda traccia è invece la cosiddetta “strada romana” che consente di salire a piedi al Passo, partendo dalla fine dell’abitato di San Bernardino, dalla frazione che ha nome Albarella, di fronte al grande albergo che domina il luogo (come succede spesso in Svizzera, l’attacco del sentiero è mal segnato; poi, man mano ci si inoltra, le indicazioni si fanno ottimali). Anche in questo caso si tratta, in realtà, di una via d’età medievale, che reca poche e non sicure tracce del periodo romano. Ma è comunque una via lastricata alla maniera antica, che prima – sotto forma di sentiero – attraversa alcuni pascoli; poi si alza a tornanti fra i baranci; infine si inoltra verso il cosiddetto Sass de la Golp, 1980 m ca., segnalato da un cartello turistico; da lì il sentiero prosegue quasi in piano lungo il grande vallone che immette verso il Passo propriamente detto – sempre correndo a fianco, ma su diversa traiettoria, dell’attuale strada cantonale, di cui si può tranquillamente ignorare l’esistenza (la strada cantonale, costruita fra il 1818 e il 1821, fu voluta e in parte finanziata dal Regno di Sardegna, perché attraverso Bellinzona e Locarno consentiva di superare le Alpi aggirando i territori controllati dall’Austria e non pagando quindi dazi alle gabelle viennesi; ma raggiunge, indicandolo come Passo, una diversa infossatura dell’altopiano sommitale della valle). Tornando alla gita a piedi, lungo la parte alta del percorso, dopo il Sass de la Golp abbondano le pietre lastricate alla maniera romana, e poco importa stabilire se siano davvero romane – come si dice di alcune di esse – o solo medievali. Questo è un bellissimo percorso che permette di isolarsi per un’ora circa dal resto del mondo (il dislivello è di soli 400 m e la salita non è mai veramente faticosa), entrando in una dimensione antica, per una strada non difficile da compiere, ma che permette di ammirare, appunto, il sistema di lastricatura antico.
Giunti al Passo è possibile tornare a San Bernardino per la stessa via; scendere dall’altra parte, verso l’abitato di Hinterrhein (ma è strada assai meno suggestiva); tornare a San Bernardino attraverso la cantonale, a piedi (con molte scorciatoie) o utilizzando il mitico postale svizzero (il servizio di autocorriere). I più audaci possono portarsi a piedi al piccolo laghetto vicino all’ospizio che abbellisce il Passo moderno, rimontandolo fino all’estremità che si affaccia su San Bernardino. Qui parte un bellissimo sentiero in quota (segnalato), che con diversi saliscendi consente di tornare verso il paese passando per la località alpestre di Confin Basso (la stazione di arrivo degli impianti di risalita per gli sport invernali). Da lì, un rapido ma agevole sentiero a tornanti riporta poi in poco tempo a San Bernardino. Attraverso questa via, non difficile ma lunga, si gode in compenso della visione dall’alto di tutta la conca di San Bernardino, come da un poggiolo sospeso nel nulla.
Attenzione, nel mese di luglio l’esercito svizzero spesso usa questa area per le sue esercitazioni di tiro! Meglio informarsi prima della partenza, a scanso di spiacevoli sorprese…
Non conoscevo prima questi posti: è stata una scoperta me-ra-vi-glio-sa!!! Grazie tante, Latinoamilano! Sei stato una guida formidabile!!