La produzione di castagne nel mondo è in forte aumento: i dati FAOSTAT più recenti ci dicono che nel 2022 sono state prodotte circa 2,1 milioni di tonnellate, con una crescita che in 10 anni è stata del 12% rispetto al 2012 quando i quantitativi prodotti erano di circa 2 milioni di tonnellate. Se poi confrontiamo con i valori dei decenni precedenti l’incremento della produzione è stato veramente notevole: tra gli anni ’60 (anni per cui sono disponibili i primi dati FAOSTAT) e i primi anni ’90 le produzioni annue si aggiravano infatti attorno alle 400-600.000 tonnellate, quindi complessivamente la produzione è quintuplicata. Le prime nove nazioni produttrici mondiali, Cina, Spagna, Bolivia, Turchia, Italia, Corea del Sud, Grecia, Portogallo, Giappone (Figura 1) contribuiscono a più del 98% della produzione globale con la predominanza indiscussa della Cina che nel 2022 ha prodotto il 73% delle castagne con 1,56 milioni di tonnellate. Seguono la Spagna (8% della produzione mondiale), la Bolivia e la Turchia (entrambe ca. 4%) e al quinto posto l’Italia (2,7%). Va sottolineato che la produzione asiatica è ottenuta da due specie di castagno, Castanea crenata – castagno giapponese e Castanea mollissima – castagno cinese, e da loro ibridi, diverse dal castagno europeo (C. sativa) e dotate di caratteristiche organolettiche differenti e spesso inferiori. In Europa, dalla Turchia al Portogallo, la produzione è basata sostanzialmente sul castagno europeo, sebbene l’utilizzo di ibridi eurogiapponesi, selezionati e coltivati inizialmente nel sud-ovest della Francia, sia in aumento in diverse aree europee, inclusa l’Italia.
E in Italia?
I dati sulla produzione italiana di castagne e marroni non riflettono lo stesso andamento che abbiamo descritto a livello mondiale. Infatti, se all’inizio degli anni ’60 la produzione era di circa 120.000 t, negli anni ’70, a causa della forte industrializzazione e dell’intenso movimento di persone dal sud al nord e dalle zone montane alle grandi città c’è stato un dimezzamento della produzione di castagne e marroni con un’ulteriore riduzione nel corso degli anni ’80 ed una ripresa negli anni ’90. Poi purtroppo negli anni 2000 è arrivato il cinipede, un insetto fitofago proveniente dall’Oriente particolarmente dannoso per il castagno. L’ISTAT per alcuni anni non ha più proceduto alla rilevazione dei dati di questa specie, ma secondo stime dell’AREFLH/Associazioni castagno ATS, basate su dati di mercato, abbiamo assistito ad una drastica diminuzione della produzione nazionale con il minimo storico di 18.000 t raggiunto nel 2014 e una situazione altalenante negli anni successivi. Fortunatamente, grazie all’utilizzo della lotta biologica, ovvero facendo dei veri e propri lanci di Torymus synensis, un insetto antagonista del cinipede, anch’esso proveniente dall’Oriente, il problema è decisamente rientrato e negli ultimi anni e la produzione è aumentata fino a raggiungere un massimo di ca. 70.000 t nel 2023 su una superficie di 40.750 ettari (dati ISTAT). La regione a maggior produzione è la Campania (37%), seguita da Piemonte (26%), Calabria (12%), Toscana (8%), Lazio (5%), Marche (3%) e Lombardia (2%), otto regioni che ricoprono il 94% delle superfici attualmente in produzione nel nostro Paese (Figura 2).
E in Lombardia?
In Lombardia la produzione raccolta negli ultimi quattro anni ha avuto un massimo di 2.290 tonnellate nel 2022 e un minimo di 1.530 nel 2023 su una superficie di 800-900 ettari. La provincia più produttiva è quella di Brescia con il 54% nel 2023, seguita da Bergamo (12%), Sondrio (11%), Como (10%), Lecco (9%), Varese (2%) e Pavia (1%) (Figura 3).