Le origini del castagno

Articolo a cura di Isacco Beritognolo, IRET CNR, Porano (TR)

Le selve castanili fanno parte del paesaggio della Lombardia e siamo abituati a considerare il castagno come una pianta naturalmente presente negli habitat di montagna e collina. Tuttavia, la situazione attuale è il risultato di processi naturali di evoluzione e diffusione avvenuti in ere preistoriche, a cui si sono aggiunti gli effetti delle attività umane negli ultimi millenni. 

Per meglio comprendere le origini e la diffusione di questo albero è importante considerare il suo inquadramento botanico. Il castagno europeo, Castanea sativa, appartiene alla famiglia Fagaceae, che include anche altri alberi delle foreste temperate, come le querce (genere Quercus) e il faggio (genere Fagus). Altre specie del genere Castanea, molto affini al castagno europeo, sono diffuse in altri continenti. Le più importanti sono il castagno cinese Castanea mollissima, il castagno giapponese Castanea crenata e il castagno americano Castanea dentata

Il castagno europeo è attualmente distribuito sulle montagne dell’Europa meridionale e centrale, fino al Regno Unito, in Asia e in nord Africa. L’attuale distribuzione geografica è principalmente determinata dalla domesticazione, dalla selvicoltura e dalla coltivazione come albero da frutto, avvenute dopo il neolitico. Per queste ragioni non è semplice ricostruire l’area nativa di origine del castagno (Fig. 1).

Figura 1. Mappa di distribuzione geografica del castagno europeo. Le popolazioni originate da processi naturali di disseminazione a partire dall’area nativa vengono dette naturali. Invece, quelle originate per disseminazione da piante introdotte sono definite popolazioni naturalizzate. Fonte web: https://www.euforgen.org/species/castanea-sativa/

Lo studio dei pollini fossili e antichi (Fig. 2) ha permesso di definire la distribuzione e l’ecologia durante il quaternario, prima della domesticazione della specie. Secondo questi studi, l’area nativa del castagno corrisponde alle montagne dell’Europa meridionale (Fig. 1). Le tracce di polline indicano che, in epoca preistorica, il castagno era una specie minoritaria in boschi misti.

Figura 2. Granuli di polline di castagno europeo osservati al microscopio elettronico a scansione. Fonte web: https://www.cabidigitallibrary.org/doi/pdf/10.5555/20220080586. Horčinová Sedláčková et al. 2021. Study of morphological characters of pollen grains sweet chestnut (Castanea sativa Mill.) by scanning electron microscopy. Agrobiodivers Improv Nutr Health Life Q ual, 5, 2021(1): 116–125. DOI: https://doi.org/10.15414/ainhlq.2021.0012.

Nel corso dei millenni, per l’alternarsi delle glaciazioni, l’areale del castagno europeo ha avuto fasi di espansione e contrazione. Durante le glaciazioni, il castagno è sopravvissuto nelle zone più meridionali del suo areale, definite rifugi (refugia) e localizzate nella regione Trans-Caucasica, nel nord-ovest dell’Anatolia, sui versanti degli Appennini lungo la costa Tirrenica, nella regione del Monte Vulture e sulla costa Cantabrica della penisola iberica. Dopo l’ultima glaciazione, a partire dalle zone rifugio, il castagno si è diffuso verso nord e ovest originando gli attuali popolamenti, la cui struttura genetica conserva le tracce dei percorsi e di ricolonizzazione post-glaciale. Infatti, persiste una forte differenziazione genetica tra le zone geografiche che furono colonizzate a partire da rifugi separati. 

I processi naturali di diffusione del castagno furono amplificati dalle attività umane, con la domesticazione e la coltivazione per produrre frutti e legname. Le più antiche prove derivanti da resti di polline, che dimostrano moltiplicazione attiva del castagno da parte degli uomini sono state trovate in regioni dell’Anatolia, della Grecia e dell’Ungheria e risalgono a 3700 anni fa. Nella penisola italiana la più antica prova della domesticazione del castagno è datata circa 2800 anni fa e corrisponde a resti carboniosi rinvenuti in Emilia Romagna e in Piemonte. Inoltre, resti di frutti di castagna della tarda età del bronzo, ritrovati vicino Zurigo, indicano che alcuni scambi potrebbero essere avvenuti attraverso le Alpi in quell’era. I Romani introdussero il castagno in molte regioni del loro impero, ma non avevano ancora adottato la coltivazione di piantagioni. Gli abbondanti accumuli di polline in strati di datazione medievale testimoniano un’accelerazione della coltivazione del castagno. Infatti, fu nel medioevo che la coltivazione sistematica del castagno basata su piantagioni ebbe il maggiore impulso e condusse a un grande ampliamento dell’areale e alla creazione dei castagneti. Gli attuali castagneti da ceduo o da frutto sono formazioni boschive non naturali, in cui la presenza del castagno come specie dominante è determinata da attività di selvicoltura e coltivazione. In condizioni naturali, invece, il castagno coesisterebbe in boschi misti con altre specie, come il faggio, il ciliegio selvatico, il platano, l’olmo montano, il cerro, il carpino, l’acero e il frassino.


Letture consigliate per approfondire (in lingua inglese):

Fernández-López J. e R. Alía. 2003. EUFORGEN, Technical Guidelines for genetic conservation and use for chestnut (Castanea sativa). International Plant Genetic Resources Institute, Rome, Italy. 6 pages. Available from: https://www.euforgen.org/species/castanea-sativa/

Conedera M. et al 2004. The cultivation of Castanea sativa (Mill.) in Europe, from its origin to its diffusion on a continental scale. Veget Hist Archaeobot (2004) 13:161–179. DOI 10.1007/s00334-004-0038-7. Available from: https://www.researchgate.net/publication/225459482_The_cultivation_of_Castanea_sativa_Mill_in_Europe_from_its_origin_to_its_diffusion_on_a_continental_scale

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