Luciano Berio - Outis


Antonio Somaini
Recensione dell'azione musicale "Outis" di L. Berio


2. Appunti per una discussione
 


Nei due saggi Morfologia di un viaggio e Dei suoni e delle immagini ["Outis", catalogo di sala, Edizioni del Teatro alla Scala, RCS - Rizzoli Libri, Milano 1996, pp. 37-38 e 39-42],Berio espone le caratteristiche principali della struttura formale dell' azione musicale "Outis" e fornisce alcune interessanti indicazioni sulla propria concezione del teatro musicale, sia per quanto riguarda l'interazione tra le diverse componenti della rappresentazione, che per quanto riguarda il ruolo del fruitore e il problema del rapporto con la tradizione operistica.

 
"Outis" si articola in cinque cicli, ognuno dei quali è composto dalla diversa concatenazione di cinque momenti (a, b, c, d, e), in modo da dar vita non tanto ad un intreccio narrativo lineare, unitario e raccontabile, quanto ad un succedersi di situazioni drammatiche e liriche apparentemente frammentarie, ma in realtà tenute insieme sia da molteplici richiami testuali che da un'innegabile continuità timbrico-armonica. Schematicamente, la struttura formale dell'opera, che a detta degli autori non è stata ricostruita a posteriori ma è servita da filo conduttore sia per la composizione della musica che per il reperimento dei testi che compongono quella fitta trama di citazioni di cui è costituito il libretto, si presenta in questo modo :

Primo ciclo a b c d e
Secondo ciclo a b c d e
Terzo ciclo a b c b
Quarto ciclo a d b c e
Quinto ciclo a e b c d e

Soltanto nei primi due cicli la sequenza dei cinque momenti si presenta nella sua forma-base, quella che costituisce in un certo senso il paradigma narrativo [ivi, p. 37] dell'opera nel suo complesso, mentre nei rimanenti tre cicli l'ordine viene alterato. Il primo momento (a), riproposto ciclicamente all'inizio di ognuna delle cinque parti, presenta l'uccisione di Outis da parte del figlio Isaac, che lo cerca pur non conoscendolo ; sulla scena l'azione viene rappresentata in maniera schematica ed essenziale, anche se ogni volta con qualche piccola variazione : il braccio levato di Isaac colpisce Outis che cade a terra, mentre il suo doppio, una figura nascosta dietro di lui, rimane in piedi. All'atmosfera statica che caratterizza il ripetersi ciclico di questa situazione iniziale, fin troppo carica di valenze simboliche, segue il secondo momento (b), che presenta invece una situazione di tensione, " un pericolo, oppure un conflitto o una persecuzione", che assume in ognuno dei cinque cicli un a forma diversa : l'asta vorticosa e violenta del primo ciclo si tramuterà nei cicli successivi in un tumultuoso salone di una banca che si rivela un bordello, in un labirintico supermercato dal quale scaturisce un coro di deportati, in un war game messo in scena da un gruppo di bambini, e infine in una tempesta, luogo emblematico dell'instabilità e dell'incertezza. Si tratta in ognuno dei cinque cicli del momento in cui si concentra il maggiore dinamismo sia scenico che strumentale, a partire dal quale i rimanenti tre momenti si presentano come un graduale ritorno alla stasi iniziale. Soltanto il terzo ciclo, dopo il quale non a caso cade l'intervallo, si chiude con una tensione irrisolta, quando sulla scena compare un coro di deportati che intona dei versi di P. Celan. Il terzo momento (c) rappresenta, secondo le stesse parole di Berio, " il superamento o la rimozione del conflitto", il quarto (d) un " virtuale ritorno", il quinto, infine, quella che forse è proprio la costante tem atica di tutta l'opera : il " viaggio"[Ibid.]

Morte, pericolo, superamento-rimozione, ritorno, viaggio : sono questi i nuclei tematici, molto astratti, che costituiscono l'ossatura dell'opera, la cui cifra stilistica è costituita proprio dal raggiungimento di una coerenza drammatico-espressiva a partire dalla continua variazione e dal continuo sovrapporsi di materiali tematici e narrativi di diversa provenienza. Come scrive lo stesso Berio, " la variabilità della musica, del testo e della scena è la costante "narrativa" di Outis, che resta comunque ancorato a condizioni strutturali non prescrittive, ma intese a proteggere una coerenza sintattica, e, appunto, espressiva"[Ibid.].

Il continuo impiego di una terminologia derivante dalla narratologia strutturalista, che insiste sul rinvenimento di variabili e costanti, e sulla continua mobilità di funzioni e contenuto, è finalizzato al tentativo di descrivere quello che Berio chiama " un ideale di metateatro musicale. Non nel senso di un teatro che trascende se stesso ma di un teatro che è consapevole, in tutti i suoi dettagli e ad ogni istante, del suo farsi ; di un teatro abitato da figure assolute e non da personaggi ; di un teatro fatto da azioni permutabili dove le parole, dette o cantate, non hanno effetto palese e immediato sugli altri perché la struttura musicale ha il sopravvento e l'effetto è già organizzato dal tempo dei processi musicali. Un teatro (...) caratterizzato dalla mobilità e intercambiabilità delle sue funzioni e capace di suscitare una drammaturgia non lineare, cioè non fatta di cause narrative ed effetti musicali, ma di cause musicali che possano anche produrre effetti narrativi" [Ivi, p. 38].

Se queste affermazioni programmatiche di Berio riflettono l'effettiva non-linearità narrativa di "Outis", controbilanciata da una notevole continuità espressiva, che fa sì che l'opera appaia all'ascoltatore come un succedersi di tableaux che emergono da una perdurante, quasi ossessiva atmosfera musicale, qualche riserva può essere espressa riguardo alla mobilità e permutabilità delle azioni : anche ad un ascolto ripetuto permane l'impressione che il viaggio di Outis si a fatto di momenti che tornano ciclicamente ma che non sono affatto permutabili, cioè sostituibili l'uno all'altro ; proprio la densa, a volte eccessiva pregnanza simbolica dei testi cantati e delle azioni rappresentate sembra assegnare ad essi una posizione non modificabile nel percorso drammatico. Emerge chiaramente, invece, la priorità della musica sulle altre componenti della rappresentazione, una musica che, stando alle stesse parole di Berio, " tende a organizzare, a scoprire e a porsi come regist a di funzioni narrative e drammaturgiche che, spesso, essa stessa genera" [Ivi, p. 39]. Rispetto ad essa le scene devono essere puramente emblematiche, cioè simbolicamente pregnanti ma comunque arbitrarie e sostituibili, mentre il rapporto con il testo deve configurarsi come una reciproca indipendenza, capace di generare percorsi continuamente diversi : "Un senso profondo e durevole del teatro musicale sembra realizzarsi solo quando la concezione drammaturgica è generata dalla musica ed è strutturalmen te analoga ad essa senza esserne tautologicamente simile. Più precisamente, direi che drammaturgia musicale e drammaturgia narrativa devono potersi intendere, se non proprio identificarsi, sui "tempi lunghi" e sul disegno globale, mentre i momenti particolari possono salvaguardare una loro autonomia ed entrare provocatoriamente in conflitto fra loro. La musica può esprimere, commentare e addirittura descrivere una scena, ma può anche alienarsene, esserne indifferente ed entrare in conflitto con essa. E' c omunque indispensabile che il disegno globale e le traiettorie narrative istituiscano un rapporto, dialettico e conflittuale fin che si vuole, con la musica" [Ivi, p. 40]

Il teatro musicale di Berio, di cui "Outis" rappresenta l'ultimo risultato di un percorso iniziato ormai vari decenni fa, sembra quindi voler sostituire ad un'unità lineare di tipo narrativo che vincola i rapporti tra le diverse componenti drammaturgiche, una polifonia che esplora le infinite potenzialità del convergere e del divergere di musica, scena, testo e gestualità, ognuna delle quali ha una sua temporalità intrinseca e richiede all'ascoltatore delle diverse modalità di ricezione. A quest'ul timo viene idealmente richiesto di porsi in una posizione di ricezione creativa, capace di instaurare percorsi sempre diversi tra le diverse stratificazioni di senso che le molteplici dimensioni dell'opera gli presentano, e capace di tener conto anche del tratto parodistico che ogni nuova opera di teatro musicale inevitabilmente ha in sé : " Noi siamo vicini a un'idea di teatro musicale che è un teatro della mente e della memoria, magari un teatro virtuale, un teatro che invita a un'oscillazion e continua della nostra attenzione dall'ascolto allo sguardo e ancora all'ascolto, un teatro che riesce a mettere costruttivamente alla prova chi guarda e chi ascolta e che provoca il desiderio di ascoltare con gli occhi e di guardare con le orecchie. Con occhi che sappiano ascoltare cose diverse in una stessa prospettiva e con orecchie che possano vedere anche una sola cosa ma in prospettive diverse. Pensiamo cioè a un teatro che non è reso necessariamente intelligibile solo dalle cose specifiche che vedi amo e da quelle che ascoltiamo ma, anche, dal desiderio di penetrare, scoprire e confondere i tempi diversi dei suoni e delle immagini"[Ivi, p. 42].


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