Con il pretesto di rinnovare le strutture più antiche per adeguarle al nuovo status di Roma, divenuta centro egemone dell’area mediterranea, Cesare realizzò un’opera di “cosmesi” edilizia della città, a partire dall’area del Foro Romano, nella quale eclissò i monumenti e i luoghi repubblicani.
Più di ogni altra iniziativa architettonica, il Forum Iulium costituì l’opus maius dell’edilizia cesariana. I lavori per costruirlo furono iniziati nel 54 a.C., dopo che Cesare aveva acquistato le aree private a nord del comitium, incaricando Cicerone e Oppio di espropriare i terreni. I costi delle operazioni furono ingenti e salirono dai sessanta milioni di sesterzi preventivati a cento milioni, forse anche a causa di una speculazione ai danni di Cesare.
Il complesso sorse fra l’area del preesistente Foro Romano e le pendici del Campidoglio e del Quirinale, motivo per il quale furono eseguiti interventi di incisione sulle pareti tufacee dei due colli. L’audacia degli interventi è evidente fin da questa azione: intaccando il Campidoglio, non erano state tagliate le pendici di un colle qualsiasi, ma quelle del colle che ospitava l’arx e il tempio dedicato alla Triade Capitolina.
Per di più, l’area del comitium era interessata dalla presenza di luoghi di culto sacri a Venere Cloacina, il cui sacello si trovava sopra un corso d’acqua sotterraneo, con una specifica valenza purificatrice: ciò contribuì a offrire a Cesare una solida base simbolica e religiosa per costruire il complesso, in virtù della sua (presunta, ma da lui molto celebrata) discendenza da Venere; nello stesso tempo, però, pose il problema del venire a intaccare un’altra area sacra.
Di fatto, durante lo scavo delle fondamenta gli operai violarono un’antica necropoli, le cui tracce (un gruppo di nove fosse circolari datate fra l’età del Bronzo Finale e l’inizio dell’età del Ferro, più un pozzo circolare di epoca tardo-arcaica e una cisterna a tholos del IV secolo a.C.) sono venute alla luce durante le campagne archeologiche del 2005-2008. Il ritrovamento, in tutte le strutture, di una conchiglia sottolinea una funzione specifica di questo ornamento: la sua presenza in contesti funerari potrebbe essere motivata dall’obbligo, avvertito dai costruttori cesariani, di purificare la loro azione empia per mezzo di atti piaculatori. La conchiglia, inoltre, è legata alla sfera della simbologia acquatica e della sessualità femminile, che trova, nel mondo greco-romano, la sua massima espressione nella mitologia delle ninfe e di Venere. In ogni caso, Cesare intervenne direttamente nel rito riparatore, nella sua qualità di Pontifex Maximus.
Il complesso fu inaugurato insieme al tempio di Venere Genitrice in occasione del trionfo del 46 a.C. sulla Gallia, l’Egitto e l’Africa, nonostante a quella data i lavori non fossero ancora completati.
Il Foro realizzato da Cesare, esteso in direzione est-ovest, si presentava come una grande piazza rettangolare, pavimentata con lastroni di travertino, circondata su tre lati da un doppio portico su due ordini, e chiusa sul quarto lato dall’Aedes Veneris Genetricis. Dietro al portico della navata meridionale si trovava una serie di tabernae, da intendere come uffici pubblici o luoghi destinati a raccogliere gli archivi giudiziari, perché il Forum Iulium non aveva carattere commerciale, ma era lo spazio in cui i Romani discutevano gli interessi dello Stato. Escludere le attività commerciali dalla piazza fu un chiaro ed evidente segno propagandistico, volto a concentrare l’attenzione sul nuovo dominatore di Roma e sulla sua divinità protettrice.
Alla piazza si poteva accedere solo dal lato opposto al tempio di Venere: il cittadino, entrando, si trovava così in un contesto chiuso e fortemente incentrato sul tempio, che sorgeva su un alto podio ed era il reale protagonista del Foro.
Il sistema decorativo scandiva il particolare rapporto fra Cesare, il Foro e le divinità legate al mondo acquatico. Ovidio ricorda la presenza di una serie di fontane dedicate alle ninfe in modo che il tempio fosse percepito come un ninfeo, dedicato alle ninfe e, di nuovo, a Venere. Così, la piazza era a tutti gli effetti una sorta di grande “santuario” della Gens Iulia.
Tra l’altro, Cesare collocò al centro due statue che lo raffiguravano: una equestre, in bronzo, in origine un’opera di Lisippo raffigurante Alessandro Magno, cui Cesare sostituì la testa con la propria; l’altra loricata, nonostante le regole sacrali vietassero che all’interno del Pomerio ci fossero uomini in armi o loro rappresentazioni.
Senza dubbio Cesare voleva edificare intorno all’area del Foro un complesso di edifici pubblici legati al suo nome e a quello della Gens Iulia, ma non riuscì a vedere la conclusione dei lavori progettati. Dopo la sua morte, fu Ottaviano a riavviare le operazioni nel 42 a.C., portando a termine il progetto cesariano, che però subì numerosi rifacimenti nei secoli successivi, fino a mutare in modo radicale il proprio aspetto.
Quello che qui interessa evidenziare è però che, anche come urbanista, Cesare fu una figura audace e innovativa, che venne a rappresentare una sorta di spartiacque fra il vecchio e il nuovo. Fu infatti il primo a personalizzare un’area nel cuore politico di Roma, creando un luogo consacrato a lui e alla sua gens; anticipò l’evoluzione cui andava incontro Roma; indirizzò la successiva monumentalizzazione della città. Dopo di lui, Augusto, Vespasiano, Domiziano e Traiano costruirono ciascuno il proprio foro monumentale, riconoscendo nell’operazione un importante strumento di propaganda, secondo il modello offerto loro da Cesare. E questa è, appunto, la seconda osservazione che giustifica il post: Cesare fu, ben prima di Ottaviano (che però seppe perfezionare la prassi), il vero creatore di una politica indirizzata alla gloria personale. Egli riconobbe il “potere delle immagini”, per dirla con Zanker (che parla di Augusto), e ne fece un uso disinvolto e spregiudicato, volto alla celebrazione di sé attraverso la propria stirpe. Nelle intenzioni di Cesare, probabilmente, i lavori di costruzione del Foro a lui intitolato non dovevano apparire troppo diversi dalla stesura dei Commentarii. In un caso come nell’altro, si trattava di realizzare un monumento destinato a segnalare alle generazioni contemporanee l’esatta misura della propria grandezza, e a tramandare a quelle a venire il proprio nome e la propria gloria.
© Niccolò Chiesa, 2019