Thermae Romae è un manga (fumetto rigorosamente in bianco e nero) di Mari Yamazaki, pubblicato in Giappone sulla rivista “Comic Beam” a partire dal febbraio 2008; in Italia è stato pubblicato dalla “Star Comics” a partire dall’ottobre 2011, quando è uscito il primo volume, e fino a gennaio 2013, data del sesto e ultimo volume. In Giappone dal 12 gennaio al 26 gennaio 2012 sono state inoltre trasmesse su Fuji TV le tre puntate dell’anime (cartone animato) tratto dal manga; è stato poi realizzato anche un film, uscito nei cinema giapponesi nell’aprile 2012 e in Italia nel 2014, e ora disponibile in DVD.
L’autrice è nata a Tokyo nel 1967, ma ha studiato all’Accademia di Belle Arti a Firenze: da lì nasce il suo amore per l’Italia, dove attualmente vive con il marito italiano. Thermae Romae, il suo manga più famoso, non segue una narrazione continua, ma si divide in episodi; ognuno di questi ha una struttura di base fissa, che si articola in tre momenti. Nel primo Lucius Modestus, architetto romano che vive nel 128 d.C., si vede affidata una committenza, che riguarda sempre le terme (nuove terme, vasche private, vasche all’aperto…). Di conseguenza, Lucius viaggia nel tempo e nello spazio, grazie a dei tunnel subacquei dai quali ha scoperto di poter essere risucchiato e che lo “depositano” nel Giappone del 2008. Qui, nelle stazioni termali (onsen) e nei bagni giapponesi, scopre soluzioni tecnologicamente avanzate, usanze particolari, accorgimenti estetici che destano in lui grande stupore, ammirazione, e un po’ di vergogna per l’inferiorità di Roma. A questo punto, Lucius torna a Roma e utilizza quanto scoperto in Giappone per creare progetti innovativi, che riscuotono sempre grande successo.
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Come ho già detto, Thermae Romae si sviluppa in sei volumi. Io prenderò in considerazione il primo. L’idea fondamentale su cui il manga si basa è quella del viaggio nel tempo e nello spazio, alla scoperta di mondi alternativi, reali o di fantasia: un tema ampiamente sfruttato dalla letteratura di tutti i tempi e tutte le lingue, ma qui declinato con alcune intenzioni particolari. Da un lato, infatti, l’espediente del viaggio fra Roma antica e il Giappone moderno serve a evidenziare le comunanze e le differenze tra i costumi del passato e del presente (l’autrice, accusata di avere dato spazio anche ad alcune usanze antiche ritenute disdicevoli se non addirittura oscene alla sensibilità moderna, si è più volte difesa invocando una continuità sotterranea fra le due culture in gioco). D’altra parte, il ritorno all’indietro del protagonista gli consente di cambiare il corso degli eventi. Ad esempio, nel primo episodio del volume uno, Lucius scopre il latte aromatizzato alla frutta, una bevanda molto popolare in Giappone; tornato a casa, lo vende subito nelle sue nuove terme, riscuotendo grande successo. Aggiungo che se il viaggio in realtà diverse è espediente vecchissimo (in età moderna, almeno dall’Utopia di Thomas More, 1516; ma non sono in fondo un “altro” dove tutto è possibile anche la graeca urbs e Crotone nel Satyricon, o la Tessaglia entro cui sprofonda Lucio nelle Metamorfosi di Apuleio?), anche nei fumetti è un espediente piuttosto diffuso, e tutti i supereroi Marvel, prima o poi, compiono il loro viaggio (Batman, Superman, Flash…); esistono poi diversi manga che sviluppano questo tema, come Dragon Ball, Inuyasha o Sailor Moon, per citare titoli noti al pubblico occidentale. Più raro è però che il viaggio nel tempo, come accade in Thermae Romae, sia il tema centrale e portante del racconto; più raro ancora, che questo tema sia utilizzato essenzialmente per riflettere su somiglianze e differenze tra popoli e società storiche, e non per permettere al protagonista di salvare il mondo o cambiare il proprio destino; raro anche, mi pare, che l’espediente serva a celebrare la superiorità del nostro mondo, piuttosto che a metterlo in crisi (anche quando, magari, il finale lo riscatti a confronto del passato o del diverso, come ad esempio avviene per l’Iter Subterraneum di Ludvig Holberg, 1741). L’idea dell’autrice è quella di offrire un raffronto tra le due popolazioni e la loro vicendevole passione per le terme. Per questo, alla fine di ogni episodio vengono inserite un paio di pagine con riflessioni e spiegazioni, anche storiche, di alcuni elementi della cultura romana. Nel primo di questi interventi l’autrice dichiara esplicitamente che “mi convinco sempre di più che per gli antichi Romani le terme rappresentassero qualcosa di molto vicino ai bagni pubblici per i Giapponesi di un tempo”. La narrazione punta così a generare un effetto comico basato sulle differenze materiali e tecnologiche tra i due popoli, mentre dal punto di vista culturale si assiste a una certa consonanza. Ad esempio, tutte le volte che Lucius scopre qualcosa di tecnologicamente avanzato nei suoi viaggi in Giappone, si sforza di riproporlo a Roma, adattando materiali e forme a ciò che concretamente si può trovare o produrre nella sua città; allo stesso tempo, però, come dice nel terzo episodio: “ogni volta che vengo in questo mondo sento un lacerante senso di sconfitta”. Si tratta di un tema molto giapponese, quello di sentirsi inadeguato al proprio compito; allo stesso tempo, le parole e l’atteggiamento di Lucius non appaiono particolarmente strani o impropri per un Romano, che non può accettare che Roma non sia veramente caput mundi, anche per quanto riguarda le innovazioni tecnologiche. Lucius, inoltre, interpreta la realtà giapponese con le sue categorie mentali: quando si rende conto di trovarsi in mezzo a stranieri “dalla faccia piatta”, ad esempio, crede che si tratti di schiavi. Di contro, i Giapponesi percepiscono che Lucius è uno straniero, ma, in fondo, le sue difficoltà linguistiche e culturali lo rendono del tutto simile a un europeo contemporaneo alle prese con un onsen: la differenza temporale tra i due mondi non emerge particolarmente, perché né il protagonista né i Giapponesi che incontra ne sono consapevoli (almeno nel primo volume).
Leggere Thermae Romae, per un latinista, è un’esperienza particolare, e in qualche modo opposta a quanto l’autrice si proponeva: il pubblico di riferimento, per la Yamazaki, è giapponese, e deve trovare strano Lucius e assolutamente normale l’onsen; per un latinista (ma più in generale, per un italiano mediamente colto), è vero l’opposto. Nessun problema con lo strigile, presumibilmente, ma qualche perplessità di fronte al cappello per lo shampoo… In ogni caso, la storia funziona: gli elementi comici si colgono piacevolmente, la lettura è scorrevole, gli spunti di riflessione sono tanti. Unica cosa un po’ disorientante: il manga, nella sua versione italiana (così come anche in quelle inglese e francese, alle quali l’italiana sembra rifarsi; ne offro due esempi qui sotto, ricordando ai lettori che i manga si leggono dall’ultima alla prima pagina, con la rilegatura a destra, e le vignette vanno lette da destra a sinistra, prima la fascia alta poi quella bassa), presenta tutte i pensieri di Lucius e le sue battute con gli altri Romani in italiano, così come le battute dei Giapponesi fra di loro o con Lucius; quando Lucius pronuncia frasi in Giappone, sono invece in latino (con traduzione italiana tra parentesi). Il che, peraltro, rende il fumetto particolarmente interessante come approccio ludico alla lingua di Roma…
© Chiara Formenti, 2017
Su Thermae Romae segnaliamo anche l’articolo di Giuseppe Galeani, La fortuna di Roma antica nel manga contemporaneo: spunti di riflessione, in “ClassicoContemporaneo” 3 (2017), scaricabile gratuitamente, previa iscrizione al sito, all’indirizzo http://www.classicocontemporaneo.eu