A ferragosto 2017 abbiamo celebrato la ricorrenza e il periodo festivo dando voce a un’avversaria (e vittima) di Augusto, Cleopatra – la Cleopatra di Samuel Barber = https://users.unimi.it/latinoamilano/articles/2017/08/14/nel-nome-di-augusto/. Oggi celebriamo l’agosto 2018, con qualche ritardo rispetto alla data originariamente pensata, dando voce a un’altra vittima, questa volta indiretta, di Augusto, ossia a Didone. Fra le molte morti / i molti lamenti di Didone che fanno parte del repertorio musicale, e non solo lirico, è parso giusto iniziare da Hector Berlioz, 1803-1869. Nell’opera Les Troyens, che risale al 1858 (ma che non fu mai rappresentata per intero finché rimase in vita l’autore), vistosamente ricavata da Virgilio, Berlioz non si limita infatti a musicare una vicenda narrata dal poeta antico; Les Troyens sono, a tutti gli effetti, un enorme, continuo commento al testo antico. Berlioz era persona dotta, con tenaci passioni letterarie: Virgilio, Shakespeare, Goethe e Byron costituirono per lui una galassia di autori sui quali tornare continuamente a ragionare e riflettere. Ma di questo vorrei parlare più diffusamente in un’altra occasione. Qui mi limito a riportare, come ho fatto l’anno scorso, l’addio alla vita di Didone: il recitativo accompagnato “Ah! Je vais mourir…” e l’aria “Adieu, fière cité”, che corrispondono a quella sorte di autoepitafio che la Didone virgiliana pronuncia ai vv. 651-662 del IV libro. Eccone il testo integrale:
Ah! Je vais mourir…
Dans ma douleur immense submergée…
Et mourir non vengée!
Mourons, pourtant!
Oui, puisse-t-il frémir
A la lueur lointaine de la flamme de mon bûcher.
S’il reste dans son âme quelque chose d’humain,
Peut-être il pleurera sur mon affreux destin!
Lui, me pleurer!
Enée! Enée! Oh! mon âme te suit,
A son amour enchaînée,
Esclave elle l’emporte en l’eternelle nuit.
Vénus, rends-moi ton fils!
Inutile prière
D’un coeur qui se déchire…
A la mort tout entière,
Didon n’attend plus rien que de la mort.
Adieu fière cité, qu’un généreux effort
Si promptement éleva florissante!
Ma tendre soeur qui me suivis, errante;
Adieu, mon peuple, adieu!
Adieu, rivage vénéré,
Toi qui jadis m’accueillis suppliante;
Adieu, beau ciel d’Afrique, astres que j’admirais
Aux nuits d’ivresse et d’extase infinie;
Je ne vous verrai plus, ma carrière est finie.
L’esecuzione risale a un concerto del 4 gennaio 1966. L’orchestra è quella della radiotelevisione francese (Orchestre Philarmonique de l’ORTF) diretta da Jean-Claude Hartemann, 1929-1993. La voce è invece quella splendida, sensuale, e di bellissima dizione di Régine Crespin, 1927-2007, uno dei miti del canto lirico del XX secolo, donna di grande fascino ed intelligenza, anche se, come spesso succede, più nota all’estero che in Italia, nonostante fosse di madre italiana. Alla Scala, per dire, cantò solo nella Fedra di Ildebrando Pizzetti nel 1959 e come Sieglinde nella Walküre di Wagner, in quattro recite del 1968… Qui si ammireranno la chiarezza di elocuzione, le mezze voci espressive, la capacità di trasformare ogni nota in qualcosa di significativo (l’Ah! iniziale, ad esempio, o i due diversi Adieu al v. 4 dell’aria propriamente detta), la dignità concessa alla regina cartaginese, che non contrasta con le intenzioni espressive di Virgilio (e di Berlioz).