Piero Treves

A cura di Francesco Ginelli

L’Ottantesimo anniversario della promulgazione delle leggi razziali in Italia ha offerto l’occasione di ritornare sulla figura intellettuale e sulla vicenda biografica di Piero Treves, inserendosi in un ampio ambito di analisi e di riflessioni di storia della storiografia già promosse da parte dell’accademia italiana. Nel caso di Treves, lo studio della vita personale e scientifica durante il periodo delle leggi razziali assume un’importanza cruciale: da un lato si associa a un esilio protrattosi dal 1938 al 1945, poi trasformatosi in una permanenza all’estero fino al 1955; dall’altro segna una parziale riduzione della ricerca e del lavoro in ambito antichistico a favore, invece, di un maggiore impegno politico e giornalistico oltremanica. La ripresa di un percorso accademico segnò anche un cambio negli interessi scientifici di Treves: lo studioso milanese iniziò a coltivare con sempre maggiore impegno e assiduità gli studi di storia della storiografia, fino ad assumere un ruolo di indiscussa autorità in questo campo di ricerca.

Sebbene Treves non abbia lasciato alcuna autobiografia articolata e specificatamente dedicata agli anni della formazione e dell’esilio, tale periodo può essere comunque ricostruito grazie a lavori apparsi negli ultimi trent’anni. Documenti preziosi sono anche i ricordi, le testimonianze, la produzione scientifica e giornalistica di Treves stesso. Un futuro complessivo riesame della documentazione e dei materiali di archivio permetterà di fornire un quadro ancora più completo dell’attività dello studioso a partire proprio dagli anni dell’epurazione razziale.

La famiglia e la formazione giovanile

Al momento dell’emanazione dei Regi Decreti Legge dell’estate-autunno 1938, la famiglia Treves era già stata fortemente colpita dalle politiche repressive del regime fascista. Nel 1926 il padre, Claudio Graziano Treves, fu costretto a intraprendere la via dell’espatrio forzato per le sue posizioni ideologiche e attività pubblicistiche. Torinese classe 1869, Claudio, dopo aver compiuto gli studi in giurisprudenza nel capoluogo piemontese, iniziò a muovere i primi passi nella politica avvicinandosi agli ambienti prima radicali e poi socialisti, conoscendo anche un breve confino nel 1894. Attivo giornalista per numerose testate in Italia e come corrispondente dall’estero, ricoprì la carica di direttore dell’Avanti! dal 1910 al 1912, si legò a figure di primo piano del panorama della sinistra italiana come Giacomo Matteotti e Filippo Turati. Una vita politica segnata da uno spirito socialista riformista, schieratosi su posizioni neutraliste alla vigilia del primo conflitto mondiale, poi attraversato da ripensamenti e riflessioni dopo la cesura di Caporetto. Con i mutamenti occorsi al termine del conflitto mondiale, Claudio Treves fu appunto tra i protagonisti dell’opposizione antifascista. Dopo l’entrata in vigore del Regio Decreto n. 1848 del 16 novembre 1926, che imponeva lo scioglimento forzato dei partiti e delle associazioni contrari al regime, Claudio Treves con Giuseppe Saragat e Carlo Rosselli rifondò clandestinamente il partito con il nuovo nome di Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI). Molti membri dei quadri dirigenziali socialisti furono quindi costretti a intraprendere la via dell’espatrio: tra il 19 e il 20 novembre 1926, Claudio Treves si rifugiò in Svizzera insieme a Saragat. Da qui raggiunse poi Parigi, dove partecipò attivamente alle iniziative degli antifascisti espatriati, trovando però la morte pochi anni dopo nel 1933.

Il ricordo dell’esperienza politica del padre si impone qui come accenno alla giovanile formazione politica di Treves, legata, dunque, all’ambiente socialista. Dal padre Claudio il giovane Treves aveva unita a una profonda educazione letteraria aperta a letture anglo-francesi, al punto che proprio il francese rappresenterà per Piero quasi una seconda lingua, appresa sin da bambino con studi privati. In ciò si può già rintracciare quella vicinanza al mondo accademico anglo-francese che segnerà parte degli interessi scientifici e delle visioni accademiche di Treves.

Da parte di madre (la veneziana Olga Levi), Piero Treves era legato al giurista Alessandro Levi, suo zio e vicino all’ambiente socialista di Giustizia e Libertà, e Carlo Levi, suo cugino. Piero, così come il fratello Paolo, ebbe quindi l’opportunità di formarsi a contatto con un ambiente secolarizzato (pur senza mai negare il proprio ebraismo, ma vedendo in esso una ragione di resistenza alle future politiche totalitarie) e attraversato da profondi stimoli letterari e intellettuali. Sono anni di crescita, ma anche di stretto controllo da parte delle autorità, insospettite dalla politica del padre e dall’attività politica dei figli. Fondamentali per la prima formazione politica e intellettuale di Piero furono il trauma del delitto Matteotti (1924) e gli studi superiori al Liceo Manzoni (vi entrò nel 1925, ma ne fu allontanato poco dopo per motivi politici), dove fu allievo dell’italianista Stefano Fermi, socialista e antifascista, e del professore di lettere classiche Antonio Maria Cervi, nietzschiano di vaste letture, non solo filologiche ma aperte a figure più recenti come Gabriele D’Annunzio e Stefan George. Un’influenza significativa è da rintracciare anche nelle collaborazioni con la stampa, concretizzatesi soprattutto negli anni Trenta, quali la rivista socialista Il Quarto Stato di Nenni e Rosselli, la Zeitschrift für Sozialforschung e Il Lavoro.

Completati gli studi liceali, nel 1927 Piero Treves iniziò a frequentare la facoltà di lettere dell’Università di Torino. Qui si legò alla figura del suo maestro, Gaetano De Sanctis, che nel 1929 seguì a Roma dopo che questi fu chiamato a sostituire J. Beloch alla cattedra di Storia Antica. Treves conseguì la laurea nel 1931: grazie alla mediazione di Benedetto Croce, con cui i Treves erano in contatto già dalla fine degli anni Venti, la tesi del giovane studioso venne accolta da Laterza e pubblicata due anni dopo come Demostene e la libertà greca. La congiuntura cronologica non è, però, favorevole al giovane studioso: l’allontanamento alla fine del 1931 di De Sanctis dal suo ruolo accademico in seguito al mancato giuramento di fedeltà al regime ricadde, infatti, anche sulle opportunità di carriera dell’allievo. Ancora una volta, però, Treves riuscì a beneficiare della mediazione di Croce, che si spese per procurargli il ruolo di precettore del figlio del senatore Alessandro Casati, Alfonso, che aveva lasciato il liceo Manzoni per non iscriversi alle organizzazioni giovanili fasciste (il fratello Paolo Treves fu segretario dello stesso senatore).

Nonostante i contraccolpi dovuti al forzato allontanamento dalle istituzioni accademiche, Treves diede prova delle sue qualità di classicista con una serie di contributi dedicati alla tragedia greca, in particolare a Euripide e Sofocle, aprendosi, però, anche all’analisi di Demetrio Poliorcete, figura su cui ritornerà in studi successivi, e più in generale a temi legati all’Ellenismo (testimoni ne sono gli studi dedicati ad Alessandro Magno, anche in rapporto con la sua tradizione) e che rappresenteranno uno dei molti terreni di scontro intellettuale e storiografico con Momigliano e altri esponenti dell’Accademia italiana.

Tra i lavori prebellici di Treves figurano anche contributi di ambito romano, dedicati in particolare alle figure di Annibale e Sertorio. La scelta dei soggetti manifesta già l’interesse di Treves nei confronti dei vinti e dell’antimperialismo (una sorta di “lucanismo” di ritorno in strenua difesa del valore della victa causa, secondo una felice immagine di R. Pertici 1994, op. cit.: 695.), riflesso di una vicenda biografica già segnata da un clima di oppressione politica, così come dell’influenza che un po’ De Sanctis ma soprattutto Croce ebbero su Treves.

Il primo vero terreno di confronto accademico ruotò, tuttavia, attorno alla già citata monografia demostenica. Essa si inseriva, infatti, in una più ampia disputa riguardante la natura e il valore del concetto di libertà nella Grecia classica ed ellenistica. Già Aldo Ferrabino, altro allievo di De Sanctis, nel saggio del 1929 La dissoluzione della libertà nella Grecia antica aveva interpretato la libertà e la divisione delle città greche come il segno stesso della loro debolezza politica di fronte a realtà, come quella macedone, più unitarie e, quindi, compatte. Dal suo punto di vista De Sanctis, in Essenza e caratteri della storia greca e della storia antica, osservava come la storia greca si riducesse a una lotta per l’unità perennemente insoddisfatta. Nel prendere parte a questo confronto, Treves proponeva di leggere la figura di Filippo come l’esempio di una politica di conquiste e di controllo tirannico che privò le cittàgreche della loro autonomia: in tale contesto, quella di Demostene diventava un’ultima e strenua rivendicazione di libertà e indipendenza. Diversamente, Momigliano (nella monografia Filippo il Macedone. Saggio sulla storia greca del IV sec. a.C. del 1934) aveva letto la politica macedone di Filippo come un progetto di unità sovranazionale oltre la frammentazione degli stati greci.

L’interesse di Treves per Demostene non si era tuttavia limitato solo al personaggio storico e al suo peso politico nel confronto con la demagogica politica macedone, ma aveva toccato anche gli aspetti letterari della produzione retorica dell’Ateniese. Così, dopo la pubblicazione del Demostene e la libertà greca e fino ai tragici eventi del 1938, Treves si dedicò a commenti per la scuola: l’orazione Per la corona, la seconda e terza Filippica, e le tre Olintiache. L’impegno del commentatore (che in questi lavori rinsaldava l’idea ‒ assunta a faro per l’intera vita di studioso ‒ di una filologia mai scevra e fine a sé stessa, ma sempre propedeutica a una esegesi) è però rivolto anche ad altri oratori attici quali Licurgo, di cui Treves curò la Contro Leocrate, e l’Isocrate del Panegirico e della A Filippo. Si trattava di impegni che poi confluivano in contributi su riviste scientifiche: da ciò derivano un confronto tra la Leocratea di Licurgo e la Corona demostenica, un’analisi della Seconda Filippica come summa del pensiero politico di Demostene, studi sugli apocrifi e le lettere dell’oratore. Sono, però, anche gli anni in cui Treves inizia a maturare quegli interessi per la storia della storiografia e della filologia che diventeranno poi una cifra caratterizzante della sua produzione nel secondo dopoguerra.

Le leggi razziali, l’attività giornalistica oltremanica e il tardivo rientro

In seguito al tragico affermarsi del clima razziale in Italia, Piero, insieme con il fratello e la madre, maturò la decisione di lasciare Milano. Già nel 1937 aveva raggiunto la Francia; poi, verso la fine del 1938, si stabilì in Inghilterra. Piero era stato infatti nominato Strathcona Research Exhibitioner al St. John’s College di Cambridge dall’ottobre 1938 al giugno 1940. Sono tuttavia anni che vedono una flessione della produzione scientifica in virtù di un più proficuo impegno politico e giornalistico. È infatti del 1941 il lavoro come announcer-translator dello staff dell’Italian service della British Broadcasting Corporation (BBC). A questo impegno si affiancò anche la collaborazione, insieme con il fratello, con Radio Londra.

Come già evidenziato, il periodo di vita all’estero segna una riduzione delle pubblicazioni e degli studi di ambito antichistico. Treves ripropone perlopiù temi sui quali si era già confrontato prima dell’esilio: è del 1938 un commento scolastico in francese alla Terza Filippica demostenica, riproposizione di riflessioni già apparse nella edizione napoletana del 1936; e su Demostene ritornerà anche negli anni successivi con contributi dedicati sempre alla Terza Filippica e all’orazione Sulla Corona. Segnano, invece, una parziale apertura verso nuovi argomenti di ricerca gli studi dedicati su Iperide e la tradizione di Efestione, sulla storiografia erodotea e sulla figura di Aribba, re dei Molossi. Il resto della produzione consiste perlopiù in recensioni.

Dopo la liberazione d’Italia, Treves restò in Inghilterra. Qui iniziò un’attività di giornalista e di analista politico dell’Inghilterra postbellica, che portò avanti, con fasi diverse, per circa un decennio, collaborando con testate come Il Corriere della Sera, Il Mercurio e Il Mondo. Il rientro in Italia è datato al 1955 e sarà accompagnato da Janet Munro Thomson, che Treves aveva sposato a Londra il 27 luglio 1953.

Già nel 1948 Treves aveva partecipato al concorso per la cattedra di storia greca e romana bandito dall’Università degli Studi di Messina, ma aveva riportato esito negativo. Il riavvicinamento col mondo accademico avvenne solo a metà degli anni Cinquanta, quando Treves ottenne un incarico di epigrafia greca all’Università degli Studi di Milano. La cattedra arriverà solo nel 1962: Treves insegnò storia greca per un breve periodo a Messina, poi presso le Università di Trieste (1963-65), Firenze (1965-69) e infine a Venezia (1969-81). Il campo era stato preparato da un rinnovato impegno scientifico al principio degli anni Cinquanta: alle voci per la Paulys Realencyclopädie erano infatti seguite le importanti monografie su Il mito di Alessandro e la Roma di Augusto ed Euforione e la storia ellenistica: un richiamo agli interessi per l’Ellenismo che avevano caratterizzato parte degli studi prebellici. La nuova stagione è però, come già più volte segnalato, votata allo studio della storia della storiografia e della filologia: studi che diventeranno la cifra più riconoscibile del Treves accademico e studioso. Sono, infatti, alcuni saggi degli anni Cinquanta e Sessanta a “fare scuola” e a diventare veri e proprio punti di riferimento: come le pagine su figure quali Valgimigli, Brambilla o Ciccotti, il fondamentale Ciceronianismo e anticiceronianismo nella cultura italiana del sec. XIX, o i più articolati L’idea di Roma e la cultura italiana del secolo XIX e Lo studio dell’antichità classica nell’Ottocento. L’analisi, però, non era mai limitata al solo mondo classico: da questa visione derivarono anche i lavori su quei poeti della tradizione italiana ritenuti più vicini al mondo delle letterature latine e greche per temi, stile o modalità compositive, quali Carducci e Pascoli, che accompagnarono Treves fino alla morte, avvenuta a Nizza il 7 luglio 1992. Un percorso personale e intellettuale, quello del Treves del secondo dopoguerra, sapientemente fissato dal commosso ricordo di Marcello Gigante: «Insomma, anche quando vi possa essere divergenza di valutazione, si è unanimi nel riconoscere all’opera del Treves il valore di aver aperto una breccia produttiva nella storia degli studi classici del secolo scorso, di aver validamente indicato la via da percorrere per far uscire la nostra storiografia filologica dalle generalizzazioni e dalle inesattezze e di avere mostrato la necessità che ogni figura di filologo sia connessa col movimento culturale del suo tempo e con le esigenze della società contemporanea».

Indicazioni bibliografiche

Per un profilo di Piero Treves si rimanda a: Gigante, M. (1987), ‘Per i settant’anni di Piero Treves’, A&R 32: 52-57; Id. (1992), Piero Treves (1911-1992), Napoli, Ist. Italiano per gli Studi storici; Braccesi, L. (1993), ‘Ricordo di Piero Treves (1911-1992)’, Sileno 19: 565-567; Id. (1993), ‘Ricordo di Piero Treves’, AIV 151: 567-578; Brambilla, A. (1993), ‘Ricordo di Piero Treves’, Bollettino storico piacentino 88/2: 261-265; Franco, C. (1994), ‘Werner Jaeger in Italia: il contributo di Piero Treves’, QS 39: 173-193; Pertici, R. (1994), ‘Piero Treves storico di tradizione’, RSI 106/3: 651-734 [= Id. (1999), Storici italiani del Novecento, Roma, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali], forse il saggio che restituisce il ritratto intellettuale più completo di Treves; Ceva Valla, L. (2007), ‘Cronache e schermaglie inglesi con Piero Treves’, Belfagor 62/5: 603-611; Bandelli, G. (2013), ‘Piero Treves, alcuni storici antichi e la cultura dell’Otto-Novecento’, RSI 125/1: 175-184. Sulla visione dell’ebraismo propria di Treves cfr. Pertici (1999), op. cit., 656-657 n. 12. Per ricostruzioni e raccolte dell’ampia prodizione bibliografica di Treves cfr. Franco, C. (1998), Piero Treves dal 1930 al 1996, Napoli, Enchiridion I.U.O; Id. (a cura di) (2011), Piero Treves. «Le piace Tacito?». Ritratti di storici antichi, Torino, Aragno; Cavaglion, A., Gerbi, S. (a cura di) (2006), Piero Treves. Scritti novecenteschi, Bologna, Il Mulino. Determinante per il giovane Treves fu l’influenza del padre Claudio Treves, importante figura per il socialismo italiano: tra i molti studi incentrati su Claudio Treves si segnalano Casali, A. (1985), Socialismo e internazionalismo nella storia d’Italia. Claudio Treves (1869-1933), Napoli, Guida Editori; Id. (1989), Claudio Treves. Dalla giovinezza torinese alla guerra di Libia, Milano, Franco Angeli. Si veda anche il profilo biografico di Scirocco, G. (2019), ‘Treves, Claudio’, in Dizionario Biografico degli Italiani. Vol. 96, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana che, proponendo un aggiornamento bibliografico, va a sostituire la voce biografica nella seconda appendice dell’Enciclopedia italiana di Cantimori, D. (1949), ‘Treves, Claudio’, in Enciclopedia italiana. II Appendice, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana. Fondamentali per il portato personale anche le note dei figli Paolo (in particolare Treves, P. (1945), Quel che ci ha fatto Mussolini, Roma, Einaudi [= Manduria, Lacaita, 1996], utile anche per ricostruire, secondo un’ottica più allargata, le vicende della famiglia) e Piero (Treves, P., ‘Ricordo di Claudio Treves’, in Avanti!, 31 dicembre 1966: 6; Id. (1969), ‘Nel centenario di Claudio Treves’, Critica sociale, 61: 681-685 [= Cavaglion-Gerbi, op. cit.: 17-26]). Per raccolte dei discorsi politici di Carlo cfr. Casanova, A. G. (1983), Claudio Treves. Scritti e discorsi (1897-1933). Con saggio introduttivo di Antonio G. Casanova, Milano, Guanda e Pacelli, M. (1995), Claudio Treves. Discorsi parlamentari (1906-1922). Introduzione di V. Spini, Camera dei deputati, Roma. Utile ai fini della ricostruzione della vita parlamentare di Treves è la pagina a lui dedicata nel portale storico della Camera dei deputati all’indirizzo https://storia.camera.it/deputato/claudio-treves-18690324). Anche sulla figura politica e accademica del fratello di Piero, Paolo Treves, si è raccolta una nutrita bibliografia: tra i lavori più recenti, che permettono di inquadrarne il profilo intellettuale e compiere primi sondaggi bibliografici, cfr. Ricciardi, A. (2018), Paolo Treves. Biografia di un socialista diffidente, Milano, Franco Angeli; Fiorani, F. (2020), Paolo Treves. Tra esilio e impegno repubblicano (1908-1958), Roma, Donzelli. Sull’influenza paterna in merito alla giovanile formazione politica e letteraria di Treves si rimanda all’approfondito saggio di Pertici (1994), op. cit.: 653-666. Sul legame di Piero Treves con lo zio materno Alessandro Levi, cfr. il ricordo dello stesso Piero in P. Treves (1974), ‘Alessandro Levi. Dal Risorgimento al socialismo, dal socialismo al Risorgimento’, Critica sociale 1 (suppl.): 41-45. Determinanti per la formazione del giovane Treves furono anche gli anni degli studi superiori e in particolare le figure dell’italianista Stefano Fermi e del professore di lettere classiche Antonio Maria Cervi. Su Fermi, cfr. il profilo curato dallo stesso Treves in Treves, P. (1996), ‘Fermi, Stefano’, in Dizionario Biografico degli Italiani. Vol. 46; ma vedi soprattutto Treves, P. (1978), ‘Ritratto di Stefano Fermi’, in AA.VV., Cultura piacentina fra Sette e Novecento. Studi in onore di Giovanni Forlini, Piacenza, Cassa di Risparmio: 201-218. Su Cervi si veda il ricordo in Treves, P. (1989-1990), ‘Omodeo studioso di storia antica’, AIIS 11: 615-633 e Alfieri, V. E. (1966) ‘In memoria di Antonio Maria Cervi’, La Cultura 4: 418-420 con Guzzo, A. (1966), ‘Ricordi’, Filosofia 17: 527-542. Fondamentale è stato l’incontro con Gaetano De Sanctis, sul cui legame cfr. la testimonianza dell’allievo in Treves, P. (1970), ‘Testimonianza’, in Commemorazione di Gaetano De Sanctis nel centenario della nascita. Accademia delle Scienze di Torino, Torino, Bona e la voce in Treves, P. (1991), ‘De Sanctis, Gaetano’, in Dizionario Biografico degli Italiani. Vol. 39. Si veda anche il recente lavoro di Amico, A. (2018), ‘«Piero mio» – «Mio caro, caro Maestro». Uno sguardo al carteggio fra Gaetano De Sanctis e Piero Treves’, Rationes Rerum 11: 31-59. Sul rifiuto di giurare tenuto da De Sanctis e altri undici accademici è stata prodotta una copiosa bibliografia; tra gli studi più recenti, che permettono un primo inquadramento bibliografico, cfr. Boatti, G. (2011), Preferirei di no. Le storie dei dodici professori che si opposero a Mussolini, Torino, Einaudi: 46-64.

Vastissima, come più volte sottolineato, la produzione scientifica di Treves. Nella nota sono stati ricordati i primi contributi sulla tragedia greca. Su Euripide, cfr. Treves, P. (1930), ‘Le Fenicie di Euripide’, A&R 11: 171-195; Id. (1930), ‘Interpretazioni dell’arte e del pensiero di Euripide’, RFIC n.s. 58: 306-310, mostrando qui già le prime dispute accademiche con il condiscepolo A. Momigliano. Per la produzione sofoclea si veda Treves, P. (1931), ‘Interpretazioni Sofoclee’, Civiltà Moderna 3, 1931, 16; Id. (1931), ‘Interpretazioni sofoclee’, Civiltà moderna 3: 70-83; Id. (1931), ‘Sofocle cristiano, ovvero il fantasma del prof. Perrotta’, Civiltà moderna 3; Id. (1931), ‘Il divino delle Trachinie’, A&R 12/2: 102-118. Il significativo numero di contributi di Treves apparsi su Civiltà moderna mostra la vicinanza di rapporti tra il giovane studioso e il direttore Ernesto Codignola. Per gli interessi su Demetrio Poliorcete cfr. Treves, P. (1931), ‘Dopo Ipso’, RFIC n.s. 9/3: 73-92 e 355-376; Id. (1932)., ‘Jeronimo di Cardia e la politica di Demetrio Poliorcete’, RFIC n.s. 10/2, 1932, 194-206. Tali studi si accompagnano agli interessi nei confronti dell’Ellenismo (si veda Treves, P. (1932), ‘La tradizione politica degli Antigonidi e l’opera di Demetrio II’, RAL VI s. 8/3-4: 167-205; Id. (1932), ‘La reggenza di Cratero’, RFIC n.s. 10/3: 372-374) e Alessandro Magno: Treves, P. (1953), Il mito di Alessandro e la Roma di Augusto, Milano, Ricciardi; Id. (1955), ‘Il problema storiografico del romanzo di Alessandro’, RFIC n.s. 33: 250-275; Id. (1956), ‘Cesare e Alessandro’, in Cesare nel bimillenario della morte, Roma, Radio Italiana: 67-82; Id. (1981), ‘Alessandro post-bellico’, Cultura e scuola 20/77: 81-91. Tra i lavori sull’età ellenistica si segnala anche Id. (1955), Euforione e la storia ellenistica, Milano, Ricciardi.

Tra i lavori prebellici di Treves sono stati ricordati contributi anche di ambito romano, dedicati soprattutto ad Annibale e Sertorio: Treves, P. (1932), ‘Le origini della seconda guerra punica’, A&R n.s. 13/1-2: 14-39; Id. (1932), ‘Sertorio’, Athenaeum n.s. 10/2: 127-147. Si ricorda anche un breve contributo, dallo spirito antifascista, dedicato a Cesare in Id. (1934), ‘Interpretazioni di Giulio Cesare’, La Cultura 13: 129-132, riedito da C. Franco in QS 37: 119-126 con una premessa che ricostruisce le traversie subite dall’articolo a causa del sequestro della rivista e la disputa storiografica su Cesare e le guerre puniche in cui Treves si era inserito.

Primo vero terreno di confronto accademico fu la monografia demostenica (1933), Demostene e la libertà greca, Bari, Laterza, sulle cui vicende editoriali cfr. Pertici (1994), op. cit.: 672 e 693 n. 85). La monografia era stata preceduta da Treves, P. (1932), ‘Per uno studio su Demostene’, RFIC n.s. 10/1: 68-74. Sul dibattito, fatto di continui confronti e recensioni, intorno alle figure di Demostene e Filippo II si è raccolta una nutrita bibliografia. Cfr, come primo orientamento, Pertici (1994), op. cit.: 693-699; Clemente, G. (2014), ‘Between Hellenism and the Roman Empire’, in T. Cornell, O. Murray (eds.), The Legacy of Arnaldo Momigliano, London-Torino, Aragno: 13-27; Id. (2016), op. cit.: 148-153. Altri lavori su Demostene del periodo precedente la Seconda guerra mondiale cfr. Treves, P. (1933), ‘Un’interpretazione della Leocratea’, RFIC n.s. 11/3: 315-333; Id. (1935), ‘La politica di Demostene e la seconda orazione filippica’, Civiltà moderna 7/5-6: 497-520; Id. (1936), ‘Apocrifi Demostenici’, Athenaeum n.s. 14/4: 153-174 e 233-258; Id. (1936), ‘Epimetron arpalico-demostenico’, Athenaeum 14/1: 258-266. Sugli impegni di commentatore di Treves, in particolare in testi per la scuola, cfr., seguendo l’anno di pubblicazione, Treves, P. (1932), Isocrate: Il Panegirico. Con note di Treves P., Torino-Milano, Paravia; Id. (1933), Isocrate: A Filippo. Trad. e note di Treves P., Milano, Signorelli; Id. (1933), Demostene: L’orazione per la corona. Con comm. di Treves P., Milano, Signorelli; Id. (1934), Licurgo: Orazione contro Leocrate. Con comm. di Treves P., Milano, Signorelli; Id. (1936), Demostene: La seconda Filippica. Con comm. di Treves P., Napoli, Rondinella; Id. (1936), Demostene: La terza Filippica. Con comm. di Treves P., Napoli, Loffredo; Id. (1938), Le tre orazioni olintiache. Prefazione, traduzione e note di P. Treves, Modena, Società tipografica modenese.

La produzione scientifica di Treves negli anni trascorsi all’estero si è concentrata sulla terza filippica (Treves, P. (1938), La troisième Philippique. Avec comm. par Treves P., Liège, Dessain; Id. (1940), ‘La composition de la troisième Philippique’, REA 42: 354-364; Id. (1940), ‘Les documents apocryphes du Pro Corona’, LEC 9/2: 138-174), l’orazione Sulla Corona (Treves, P. (1938), La troisième Philippique. Avec comm. par Treves P., Liège, Dessain; Id. (1940), ‘La composition de la troisième Philippique’, REA 42: 354-364; Id. (1940), ‘Les documents apocryphes du Pro Corona’, LEC 9/2: 138-174) e altri lavori di ambito vario (Treves, P. (1939), ‘Hyperides and the cult of Hephaestion’, CR 53/2: 56-57; Id. (1941), ‘Herodotus, Gelon and Pericles’, CPh 36/4: 321-345; Id., ‘The meaning of consenesco and king Arybbas of Epirus’, AJPh 63/2: 129-153). Il resto della produzione consiste perlopiù in recensioni: Tra le recensioni del periodo inglese si segnalano: Treves, P. (1940), ‘Démosthène, d’après M. Werner Jaeger’, LEC 9: 270-293; Id. (1943), ‘Walbank’s Philip V of Macedon’, JSH 63: 117-120; Id. (1944), ‘The problem of a history of Messenia’, JHS 64: 102-106.

Il ritorno di Treves in Italia e nel mondo accademico è segnato da un rinnovato interesse nei confronti dell’Ellenismo con le monografie su Il mito di Alessandro e la Roma di Augusto ed Euforione e la storia ellenistica. La nuova stagione è però in gran parte dedicata allo studio della storia della storiografia e della filologia. Oltre ai fondamentali Ciceronianismo e anticiceronianismo nella cultura italiana del sec. XIX, L’idea di Roma e la cultura italiana del secolo XIX e Lo studio dell’antichità classica nell’Ottocento, si veda, tra i primi lavori del secondo dopoguerra, Treves, P. (1956), ‘Ritratto (a cerchio) di Manara Valgimigli’, Nuova antologia 1865: 42-62; Id. (1958), ‘Ciceronianismo e anticiceronianismo nella cultura italiana del sec. XIX’, RIL 92: 403-464; Id. (1958), ‘Un dimenticato critico lombardo del Mommsen: G. Brambilla’, NRS 42: 185-204; Id. (1962), L’idea di Roma e la cultura italiana del secolo XIX, Milano-Napoli, Ricciardi; Id. (1962), Lo studio dell’antichità classica nell’Ottocento, Milano-Napoli, Ricciardi; Id. (1963), ‘A commemorazione di E. Ciccotti’, Athenaeum n.s. 41/3-4: 356-383. Si segnalano, inoltre, studi dedicati ad alcuni poeti della tradizione italiana, quali D’Annunzio, Carducci e Pascoli: Treves, P. (1963), ‘D’Annunzio e la cultura classica dell’Ottocento’, L’osservatore politico letterario 3: 96-118; ma si veda anche l’interesse per figure del risorgimento quali Cattaneo, cfr. Id. (a cura di ) (1981), Carlo Cattaneo. Scritti letterari. Voll.1-2, Firenze, Le Monnier, 1981; Id. (1968), Poesie scelte di Giosuè Carducci. Prefazione di P. Treves, Novara, Edizioni Club del Libro, 1968; Id. (1980), Giovanni Pascoli: l’opera poetica. Voll. 1-2. Scelta e annotata da Piero Treves, Firenze, Alinari.