N. 02_giugno 2021 Il ruolo dell’allevatore: quali scelte gestionali consentono la produzione di un latte più sostenibile

La produzione di latte, come tutte le attività umane, si sa, ha un certo effetto sull’ambiente. In questo secondo depliant, il progetto Clevermilk si propone di illustrare in breve alcuni tra gli aspetti gestionali a cui prestare maggiormente attenzione per la produzione di un latte più sostenibile.

Uno studio americano di Capper et al. (2009) ha confrontato l’impatto della produzione di latte negli anni ‘40 con l’impatto della produzione moderna, all’anno 2007. Il risultato ottenuto mostra che le aziende moderne richiedono un quantitativo nettamente inferiore di risorse per unità produttiva di latte rispetto al passato; nello stesso tempo, per queste aziende, la produzione di deiezioni, metano e protossido di azoto per kg di latte prodotto risulta essere di gran lunga inferiore rispetto al 1944. L’aumento dell’efficienza produttiva aziendale, che si sta verificando, ha quindi, contemporaneamente, portato a un beneficio per l’ambiente.

Perseguire la riduzione dell’impatto ambientale della produzione di latte deve essere uno degli obiettivi della zootecnia moderna; oltre al miglioramento della genetica deli animali, sono le scelte gestionali da parte degli allevatori ad avere un peso importante sulla sostenibilità ambientale. Infatti, l’efficienza produttiva è migliorabile, per esempio, aumentando il benessere e preservando la salute degli animali, oltre che prestando attenzione alla razione e a come gli animali vengono alimentati.

Ecco alcuni esempi:

  • Aumentare il benessere e preservare la salute degli animali

Quando gli animali stanno bene producono di più, vivono più a lungo e il loro impatto sull’ambiente è inferiore. Il primo passo per garantire il benessere animale è consentire un corretto comfort ambientale e quindi garantire il dimensionamento corretto e le condizioni ideali dell’ambiente in cui l’animale vive (ambiente ventilato e ombreggiato in estate, protetto da correnti d’aria e piogge nel periodo invernale). Un ambiente non confortevole e densità eccessive comportano maggiore dispendio energetico da parte dell’animale dovuto alla termoregolazione o a fenomeni di competizione tra animali; in conseguenza a ciò, vi sono una riduzione della produzione e un maggior rischio di insorgenza di patologie. Vi è infatti una relazione stretta tra l’esposizione a fattori stressanti (ambientali, sociali, alimentari) e la risposta del sistema immunitario dell’animale.

Un secondo aspetto a cui porre attenzione è proprio la prevenzione delle malattie. Bovine malate, infatti, producono meno latte, richiedono più cure (medicinali e antibiotici), che contribuiscono a loro volta all’impatto ambientale, e sono più spesso riformate precocemente; è provato, invece, che bovine con una carriera produttiva più lunga hanno minori emissioni per chilogrammo di latte e redditività migliori (Glandl et al., 2019).

  • Prestare attenzione all’alimentazione degli animali

È possibile ridurre l’impatto ambientale della produzione di latte anche attraverso corrette scelte alimentari. Una delle strategie più efficaci consiste nell’aumentare l’efficienza della razione, ottimizzando la digeribilità e la qualità degli alimenti e soddisfacendo il più possibile i reali fabbisogni dell’animale. In questo modo, non si penalizzeranno le vacche più produttive e si ridurranno le escrezioni.

È importante quindi conoscere la reale qualità degli alimenti che vengono somministrati facendo analisi periodiche sia della razione che dei singoli alimenti, soprattutto di quelli prodotti in azienda che potrebbero avere qualità variabile in funzione dell’annata.

Un’altra strategia possibile per la diminuzione delle emissioni è la riduzione della metanogenesi. La produzione di metano a livello ruminale è un processo fisiologico, legato alla capacità dei ruminanti di utilizzare alimenti fibrosi, quindi non è possibile azzerarne la produzione. Esistono, tuttavia, delle strategie di riduzione di questo gas, come la formulazione di razioni dal basso rapporto foraggi/concentrati e contenenti amido. In questo caso, è importante, però, prestare attenzione a mantenere un certo equilibrio poiché un apporto eccessivo di concentrati a scapito della fibra può causare problemi di acidosi. Altre strategie utilizzabili riguardano l’aggiunta di additivi nella dieta in grado di ostacolare la produzione di metano enterico, come ad esempio tannini, probiotici e prebiotici.

Un altro aspetto importante a livello ambientale è la provenienza degli alimenti utilizzati in razione, soprattutto degli alimenti proteici (es. farina di estrazione di soia), ma di questo argomento parleremo nel prossimo depliant…non perderlo!


Iniziativa realizzata nell’ambito del progetto CLEVERMILK, cofinanziato dall’operazione 1.2.01 “Informazione e progetti dimostrativi” del Programma di Sviluppo Rurale 2014 – 2020 della Regione Lombardia. Il progetto è realizzato da Università degli Studi di Milano e Associazione Regionale Allevatori Lombardia