Grazie all’applicazione di strumenti tecnologici negli allevamenti, è oggi possibile monitorare in continuo ambiente, animali e produttività aziendale. Si sviluppa così la zootecnia di precisione, studiata, nel progetto Clevermilk, come possibile supporto nella riduzione delle emissioni di gas climalteranti della produzione di latte.
Una gestione efficiente della riproduzione delle bovine è uno tra gli aspetti più importanti in un’azienda da latte. Ottimizzare i tempi di inseminazione e gli intervalli inter-parto consente, infatti, di ridurre il periodo improduttivo dell’animale e di ottenere il massimo rendimento dalle risorse impiegate in stalla; inoltre, in questo modo, è possibile favorire, in modo indiretto, una riduzione delle emissioni di gas climalteranti per kg di latte prodotto (Garnsworthy, 2004; Tullo et al., 2019).
Per una corretta gestione del ciclo riproduttivo delle bovine, è fondamentale la tempestiva rilevazione dei calori. Questa può essere eseguita, nel modo più semplice e affidabile, attraverso l’osservazione degli animali e del loro comportamento (per circa 20-30 min, più volte al giorno); questo metodo, però, risulta impegnativo e dispendioso, soprattutto nei grandi allevamenti e nel caso, sempre più frequente, in cui l’operatore aziendale abbia numerose altre mansioni da svolgere nel corso della giornata. Per compensare queste problematiche, sono stati sviluppati da diversi anni sensori in grado di rilevare l’attività motoria degli animali (attivometri o podometri), capaci di individuare circa il 70% delle bovine effettivamente in estro (Abeni et al., 2019); o, ancora, dei sensori per la rilevazione di molecole nel latte, come il progesterone, validi indicatori dello stato riproduttivo dell’animale. La rilevazione degli estri attraverso la tecnologia sembra essere, in generale, più efficiente di una rilevazione basata sulla sola osservazione da parte dell’uomo (Mayo et al., 2019).
Per verificare l’effettivo beneficio ambientale della zootecnia di precisione applicata nel campo riproduttivo, il progetto Clevermilk ha studiato l’impatto ambientale di due aziende da latte lombarde, nell’anno 2020, considerando la presenza o meno di attivometri o di sensori per la rilevazione del progesterone. Sono stati studiati i dati riproduttivi aziendali precedenti all’introduzione di tecnologia (anno 2008) ed è stato creato uno scenario nell’anno 2020, ipotizzando di non utilizzare strumenti di precisione per la rilevazione dei calori. Senza considerare modifiche nella genetica degli animali o nella formulazione delle razioni, o miglioramenti gestionali più generici, in entrambe le aziende, grazie all’uso di strumenti di precisione per la rilevazione dei calori, si è ottenuta una riduzione dell’impatto ambientale, per kg di latte venduto, in media del 10%.
L’ultimo aspetto su cui si è focalizzato il progetto Clevermilk riguarda la salute podale delle bovine. La zoppia è, infatti, una patologia con un impatto molto elevato, sia a livello economico, sia ambientale; ma, rispetto ad altre patologie, viene spesso sottovalutata e non diagnosticata in modo tempestivo. In media, un solo caso di zoppia produce circa l’1,5% in più di CO2 eq. per tonnellata di latte corretto in grasso e proteine (Mostert et al., 2018).
Poiché, però, gli strumenti per la rilevazione di zoppie non sono così diffusi (Bianchi et al., 2022), una valida soluzione potrebbe consistere nello studiare le variazioni nella produzione di latte e nel flusso di emissione, possibili segnali indiretti di problemi agli arti delle bovine (Juozaitiene et al., 2021). Se una bovina è zoppa tende infatti ad alzarsi per alimentarsi meno volentieri, questo porta prima di tutto ad una riduzione della produzione lattea. Inoltre se una bovina è sofferente per una problematica all’arto tende a produrre cortisolo, un ormone che sembrerebbe ridurre il rilascio di ossitocina, quest’ultimo fondamentale per una corretta e continua emissione del latte.
Da alcune prime analisi di dati raccolti in una azienda da latte lombarda, sembrerebbe che, già a partire da 20 giorni prima di un intervento di mascalcia, sia possibile prevedere casi di zoppia osservando variazioni nella produzione di latte: risulta, infatti, che bovine zoppe, in media, riducano il loro livello produttivo fino a 3 kg per mungitura.
Sempre da un’analisi degli stessi dati, emerge come bovine con zoppia abbiano un’emissione di latte spesso anomala, con una maggior frequenza di bimodalità. Mediamente, inoltre, hanno un picco di flusso più pronunciato: già da 20 giorni prima della diagnosi, una bovina zoppa emette circa il 2% di latte in più nei primi due minuti di mungitura, rispetto a una bovina sana.
Questi risultati dimostrano che, l’utilizzo di tecnologia, in diversi ambiti gestionali, riproduttivi o riguardanti il benessere e la salute degli animali, può contribuire ad una riduzione dell’impatto ambientale della produzione di latte.
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